APRILE
IX. GIORNO
Del giudizio Universale.
«Omnes nos manifestari oportet ante Tribunal Christi, ut referat unusquisque propria corporis, prout gessit, sive bonum, sive malum. — E’ necessario che tutti noi appariamo dinanzi al Tribunale di Cristo, affinchè ciascuno riporti ciò che fece durante la vita sua mortale, sia bene, sia male » (Seconda lettera ai Corinzi 5, 10).
I.
Considera, che questo Giudizio, di cui qui favella propriamente l’Apostolo, non è il particolare, è l’universale. E però egli dice: « Omnes nos oportet manifestari ante Tribunal Christi. — E’ necessario che tutti noi appariamo dinanzi al Tribunale di Cristo ». Nel primo « oportet manifestari singulos — è necessario che ciascun apparisca », ma non « omnes — tutti », perchè ciascuno sappia ciò, che a lui tocca, o di pena, o di premio: il secondo si fa, perchè ciascuno sappia altresì ciò, che tocchisi a ciascun altro; e però « omnes — tutti » in questo « oportet manifestari — è necessario che appariscano », e non solo « singulos — ciascuno ». Ecco pertanto a che sarà principalmente ordinato sì gran Giudizio; a far che il Mondo si confonda de’ suoi, quando vedrà, che brutti errori avrà colti o deprimendo chi conveniva esaltare, o esaltando chi conveniva deprimere. Ma ciò non potrà succedere senza un’altissima manifestazione di tutto ciò, ch’or si trova celato in tutti, di ogni pensiero, d’ogni parola, d’ogni opera. E però « omnes nos oportet manifestari ante Tribunal Christi — conviene che tutti noi appariamo dinanzi al Tribunale di Cristo ». Ma tu frattanto, che fai, mentre ora tieni i giudizi del Mondo in sì eccelsa stima? Che importa a te, che tutto il mondo ti biasimi, se Dio ti loda? Che importa a te, che tutto il Mondo ti lodi, se Dio ti biasima? Vuoi tu sapere per verità qual tu sei? quale apparirai nel Tribunale di Cristo.
II.
Considera, che non dice « oportet omnia nostra manifestari — è necessario che tutte le cose nostre appariscano », ma « omnes nos — tutti noi »; perchè il Signore non farà allora sapere le cose nostre recitandole, raccontandole, come si fa ne’ Fribunali degli uomini; ma le farà sapere, con far che tutti restiamo a un tratto scoperti in ogni parte più intima di noi stessi, come se divenissimo trasparenti. Che però dove il nostro Interprete dice « manifestari — che appariamo », il ‘resto greco dice « perlucidos fieri — che diveniam trasparenti ». Quindi figurati, che come un vaso di trasparente cristallo, dinanzi al Sole, non può dissimulare un piccolo bruscolo, che ei contenga; così sarà di te pur dinanzi a Cristo, ante Tribunal Christi. Oh che Sole vivissimo sarà quello a scoprire ogni tua lordura! Ecco l’iniquità posta a fronte della Bontà. Ecco l’ingratitudine Posta a fronte della Beneficenza. Ecco la bugia posta innanzi alla Verità, « ante Tribunal Christi — dinanzi al Tribunal di Cristo », e però giudica, se dovrà spiccare altamente: non potrà esser di meno: convien che spicchi: oportet manifestari, perchè il ‘cristallo è già posto rincontro al Sole. Qual confusione sarà per tanto la tua, quando apparirai per ventura così diverso da ciò. ch’or altri ti crede! « Omnes qui glorificabant eam, spreverunt illam, quia viderunt ignominiam ejus. — Tutti que’ che le davano lode, l’han disprezzata, perchè hanno veduto la sua bruttura » (Lamentazioni 1, 8). Non solamente la seppero, ma la videro, viderunt. Cosi potrà dirsi allor dell’anima tua. Credi tu forse di aver meno a confonderti. perchè se gli altri sapranno tutto il mal tuo. tu saprai pure tutto il mal degli altri? « Omnes nos oportet manifestari — Convien che tutti noi appariamo ». Oh quanto t’inganni! Ora tu formi la stima del tuo peccato da quello solo, ch’egli è stimato tra gli uomini, i quali son usi a vergognarsene meno, quando egli è già fatto male comune a molti; anzi son usi ad approvarlo, ad applaudergli: ma allor non sarà così. Allora formerai la stima di esso da ciò, ch’egli è dinanzi alla Verità, ante Tribunal Christi; e però oh come allora dovrai confonderti! tanto più, quanto nell’altrui confusione dovrai conoscere più vivamente la propria.
III.
Considera, che questo orribilissimo scoprimento sarà come appunto una confessione sforzata, che allor farai di ciò, che adesso nella tua confessione o diminuisci, o dissimuli, o almeno scusi. Però l’Apostolo vi aggiunge, « ut referat unusquisque propria corporis, prout gessit, sive bonum, sive malum — affinchè ciascuno riporti ciò che fece, durante la sua vita mortale, sia bene, sia male »; perchè tu medesimo con un linguaggio sì espressivo, sì esatto, qual sarà quello della tua nudità, dovrai riferir ad ognun ciò, che facesti, finchè vivesti sotto spoglia mortale; che questo propriamente significa propria corporis. Benchè chi sa, che ciò non voglia significar di vantaggio, che special conto tu dovrai rendere allora di quei peccati, che più propriamente si attribuiscono al corpo? Oh quante volte tu arrivi insino a sprezzarli! Seguiti l’error popolare, il quale de’ peccati di senso fa poca stima; o se non tanto, almeno attendi a lusingare il tuo corpo più del dovere, non lo mortifichi, non lo maceri, gli dai tutte quelle soddisfazioni ancor soprabbondanti, ch’egli desidera, sotto pretesto, che la virtù consiste nell’interno, non nell’esterno. Non dir così, perchè dell’esterno ancora hai da rendere stretto conto. Senti ciò, che dice l’Apostolo: « Ut referat unusquisque propria corporis, prout gessit, sive bonum, sive malum — Affinchè ciascuno riporti ciò che fece col suo corpo, o bene, o male ».
IV.
Considera, che questa parola Referat, non solamente significa recitare, ma riportare: e però quinti argomenta il fine principalissimo, per cui sarà fatto questo universale Giudizio, ch’è, perchè ciascuno riporti non solamente nell’anima, ma nel corno o quella pena, o quel premio, che gli conviene: Referat propria corporis, sive bonum, sive malum. Che se ciascuno ha da riportar « propria corporis — nel corpo ciò che gli conviene », qual dubbio c’è, che dovrà esservi risurrezion corporale? Ma tu frattanto mettiti a ponderar più intimamente ciò, che dir voglia, « sive bonum, sive malum — o bene, o male ». Oh che spaventosa dinunzia! Qui non v’è mezzo, o puro bene, o puro male: nè il male sarà mescolato col bene (com’è ora sopra la Terra), nè il bene sarà mescolato col male. O pura gloria, o pura abbiezione; o puro riso, o pura mestizia; o pura ricchezza, o pura mendicità: o pura felicità, o pura miseria, sive bonum, sive malum. E tu sai certo, che si tratta di tanto ancora per te, e non provvedi? E’ vero, che quello sarà un giudizio universale di tutti, ma tu devi figurartelo come tuo, perchè sarà universale di tutti, come se fosse particolare di ognuno, tanto sarà puntuale in ogni individuo: « Omnes nos manifestari oportet — E’ necessario che tutti noi appariamo », dice l’Apostolo; e pur non soggiunge, « ut referamus omnes, prout gessimus, sive bonum, sive malum — perchè tutti noi riportiamo quel premio, o quella pena che ci conviene »; ma « ut referat unusquisque — perchè ciascuno riporti »: perchè tu intenda, che quello sarà un giudizio particolare, non meno che universale.
V.
Considera, che tanto più tu devi ora pensare a te, quanto che in premiarti, o punirti, non si dovrà quel dì tener altra regola, fuorchè le tue operazioni: « Ut referat unusquisque prout gessit —Affinchè ciascuno riporti secondo quello che egli ha fatto »: non « prout alii gesserunt pro ipso — secondo quello che gli altri hanno fatto per lui », ma « prout ipse gessit — che ha fatto ei stesso ». Che val, che tutti preghino per te, se tu mai per te stesso non sai ridurti a far un’ora di orazione divota? che vai, che digiunino, se frattanto tu non fai altro, che crapolare? Che vai, che sì disciplinino, se frattanto non fai altro che careggiarti? che vai, che salmeggino tutta la notte per te, se tu stai forse in quel medesimo tempo lussureggiando? Ricordati, che il Signore « reddet unicuique secundum opera ejus — renderà a ciascuno secondo le opere sue », non « secundum opera aliorum — non secondo le opere degli altri », ma « secundum opera ejus secondo le opere sue » (Lettera ai Romani 2, 6). Dipoi non ti nego, che il tribunale degli uomini non guardi a molte altre doti. Può quivi facilmente giovarti la nobiltà, può giovarti la dottrina, può giovarti il danaro, può giovarti l’eloquenza, può giovarti eziandio la loquacità, ma il Tribunale Divino sol guarda all’opere. Vuol che « unusquisque referat prout gessit — ciascuno riporti secondo che ha fatto ». Se fece bene, abbia bene : se fece male, abbia male. Però disse Davidde: « Secundum opera manuum eorum tribue illis. — Dà ad essi secondo le opere delle mani loro » (Salmo 27, 4). Che fai pertanto, mentre ancora non ti applichi di proposito a ciò, che importa? « Quodcumque potest facere manus tua, instanter operare. — Tutto quel bene che puoi fare, fallo prontamente » (Ecclesiaste o Qoèlet 9, 10) : aiutati, affannati, perché si tratta, torno a dire, di cosa, che tocca a te: « Prope facite judicium vestrum, dicit Dominus. — Fatevi vicino al vostro giudizio, dice il Signore » (Isaia 41, 21). E come te lo puoi far più vicino, che figurandoti già di averlo presente? Mira come l’Apostolo non esclude da questo universale Giudizio neppur se stesso, mentre egli dice: «Omnes nos manifestare oportet ante Tribunal Christi. — Conviene che noi appariamo dinanzi al Tribunal di Cristo ». E pur sapea sé essere di coloro, i quali solo vi aveano a giudicare, non vi aveano ad essere giudicati. Tu sei di quelli, i quali non avranno da giudicare, ma bensì avranno da essere giudicati, e neppur vi pensi?