La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

OTTOBRE

 

VIII. GIORNO

Infelicità di chi è diviso da Dio.

« Si quis in me non manserit, mittetur foras sicut palmes, et arescet, et colligent carri, et in ignem mittent, et ardet.— Se alcuno non resterà in me, sarà gettato fuori come il tralcio, e si seccherà, e lo raccoglieranno, e lo getteranno nel fuoco, e si brucia » (Vangelo di Giovanni 15, 6).

 

I.

Considera come tutti quei sentimenti medesimi, i quali Cristo nella meditazion precedente ti volle esprimere con la similitudine della vite rispetto a’ tralci, o de’ tralci rispetto alla vite; sembra che ti avrebbe egli potuto egualmente esprimere con la similitudine di qualunque altra pianta fruttifera, di melo, di pero, di pesco, o di cedro eletto, in ordine ai loro rami. Ma non è vero. Scelse egli la più opportuna. Perchè primieramente niun’altra pianta è sì pronta a rifornirsi, e a ricaricarsi di rami, come la vite di palmiti. Potala pure, sino a spogliarla di tutti: ecco che in pochi mesi ella gli rimette, anche in numero più di prima. E però niun’altra pianta dimostra al pari la poca necessità, la quale ha Cristo di noi, quando lo lasciamo : « Conteret multos, et innumerabiles, et stare faciet alios pro eis. — Egli ne atterra molti, anzi innumerabili, ed altri sostituisce ne’ posti loro » (Giobbe 34, 24). Dipoi niun’altra pianta dimostra al pari il gran pro, che torna ai suoi rami, non dipartirsi da essa. Perchè nè vi sono rami, i quali uniti alla pianta vagliano più di quel che vagliano i tralci uniti alla vite; tanti sono i frutti di soavità e di salute, che questi rendono : nè vi sono rami, che dalla pianta disgiunti, vagliano meno. Gli altri rami possono ordinariamente sortire anco disgiunti qualche buon uso, lavorati da mano dotta; ma i tralci niuno : non riman altro in un tal caso per loro che fuoco e fiamme. « Filii hominis: Quid fiet de ligno vitis ex omnibus lignis nemorum, quLe sunt inter ligna silvarum? Nunquid tolletur de ea lignum, ut fiat opus, aut fabricabitur de ea paxillus, ut dependeat in eo quodcumque vas? Ecce igni datum est in escam. — Figliuolo dell’uomo : Che si farà egli del tralcio della vite a preferenza di tutti gli altri legnami delle boscaglie? Si prenderà egli un pezzo di essa per farne qualche lavoro, ovver se ne formerà egli un cavicchio per attaccarvi qualche arnese? Ecco, che si mette a nudrir il fuoco » (Ezechiele 15, 2). Questo fu lo scopo primario, ove Cristo pretese al fin di ferire con la similitudine della vite : e però mira s’egli apportò la più giusta. iMa tu frattanto non palpiti dentro te, ripensando al cimento in cui ti ritrovi? Oh somma felicità, se ti contenti di star unito con Cristo per dilezione ! Oh somma miseria, se tu ne vuoi star diviso ! « Unum de duobus palmiti congruit: aut vitis aut ignis. Si in vite non est, in igne erit. — Una delle due conviene al tralcio, o la vite, o il fuoco. Se non s’attiene alla vite, sarà pasto del fuoco » (Aug. Tr. 81, annotai. ex Ezechiele 15).

II.

Considera il primo gastigo, dal quale Cristo incominciò a dimostrar l’infelicità di chi si è diviso da lui. E’ l’essere alla fin discacciato fuori della sua favorevole provvidenza : Si quis in me non manserit, mittetur foras sicut palmes. I tralci recisi già dalla vite, si gettano in primo luogo fuor della vigna, ove più non son degni di rimanere in compagnia di quegli altri, di cui si ha cura. E così avverrà finalmente di tutti i Cristiani cattivi alla loro morte. Saranno discacciati fuor della Chiesa, cioè fuori della Congregazion di tutti i Fedeli, con cui non saranno più a parte di bene alcuno, nè di grazia, nè di gloria, per tutta l’eternità : « Exibunt Angeli, et separabunt malos de medio justorum. — Verranno gli Angeli, e separeranno i cattivi di mezzo a’ giusti » (Vangelo di Matteo 13, 49). I tralci scacciati fuori della vigna una volta, non hanno sorte di ritornarvi mai più, no, mai, mai. E che sarà dunque di te, se tu sii di questi? Tralcio inutile! Tralcio iniquo! Allora sì, che getterai quelle lagrime inconsolabili, le quali ora non sai gettare. Ibi erit fletus, et stridor dentium, cum videritis Abraham, et Isaac, et Jacob, et omnes Prophetas in Regno Dei: vos autem expelli foras. — Ivi sarà pianto, e stridor di denti: quando vedrete Abramo, e Isacco, e Giacobbe, e tutti i Profeti nel Regno di Dio, e voi esserne cacciati fuora » (Vangelo di Luca 13, 28).

III.

Considera il secondo gastigo ne’ tralci, espresso col termine di seccarsi : « Si quis in me non manserit, mittetur foras sicut palmes, et arescet. — Se alcuno non resterà in me, sarà gettato fuori come il tralcio, e si seccherà ». Gettato fuor della vigna, resta il tralcio alla fine tanto arido, tanto asciutto, che perde qualunque stilla di quell’umore, ch’egli godevasi già congiunto alla vite. Misero peccatore! S’ebbe vivendo qualche bene da Cristo, gli viene, con la sentenza di dannazione, ritolto affatto. Finchè egli visse, rimase in lui l’abito almen della fede, con cui in qualche modo si potè dir, che a Cristo restasse unito, ancorachè mortamente: e se questo ancora perdè, com’ è negli Eretici, potè rimaner qualche abito almeno in lui di virtù morale, che l’adornasse, qual verde estrinseco, durante per un poco ne’ palmiti ancor recisi; qualche ispirazion, qualche istinto, qualche rimorso, che lo invitasse a ridursi al suo primo stato. Ma dopo morte sarà finito ogni bene: « Aruit tanquam testa virtus mea. — Il mio vigore è inaridito come un vaso di terra cotta » (Salmo 22, 16). Rimarrà privo il dannato di qualunque umore trasfuso in lui dalla vite per minimo che egli fosse; privo di tutte le disposizioni al ben fare, di tutte le doti, di tutti i doni, e privo di quei talenti medesimi, i quali egli ebbe in riguardo agli altri, cui faceva far molte volte quel bene, ch’egli frattanto non curavasi punto di far per sè: « Auferte ab illo mnam, etc. — Toglietegli la mina, ecc. » (Vangelo di Luca 19, 24). E tu prevedi una siccità sì funesta in tutta l’anima tua, nè ti raccapriccii? « Consumentur quasi stipula ariditate piena. — Saranno consunti come aridissima paglia » (Naum 1, 10),

IV.

Considera il terzo gastigo, espresso ne’ tralci col termine di venire legati in fasci, et colligent eum. Si denotan con questo tre crudi mali. I. La sottrazion della libertà al ben di prima : perché tralci dotati in sè di ragione, quali sono gli uomini, potean un tempo divisi dalla loro vite, qual era Cristo, ritornare ad unirsele. Ma dopo la sentenza sopra lor fulminata di dannazione, non sarà più così; perderanno a tanto ogni lena : « Ligatis manibus, et pedibus, mittite eum in tenebras exteriores. — Legatelo mani, e piedi, e gittatelo nelle tenebre esteriori » (Vangelo di Matteo 22, 13). Si dice, che lor si legano e mani, e piedi, perché non avranno i miseri podestà nè di far più il bene con l’opera, nè di tendervi con l’affetto. II. Il consorzio degli empi: perchè, come i tralci recisi si uniscono in fasci stretti, ove non son atti, se non che ad opprimersi, e ad oltraggiarsi tra loro, cosi pur sarà de’ dannati: saranno ligati tutti « in fasciculos ad comburendum — in fasci per essere pasto del fuoco » (Vangelo di Matteo 13, 30); cioè i superbi in un fascio, i sensuali in un fascio, gli avari in un fascio. E queste saranno le diverse magioni, che avrà l’Inferno, come il Paradiso ha le sue : saranno i diversi fasci, secondo i gradi diversi di punizione spettante al senso : « Sicut fecit facile ei — Rendetegli ciò che fece ». III. La soggezione a’ tormentatori : perchè come i tralci adunati in fasci non possono sfuggire le mani di que’ ministri ch’ hanno a gettarli nella fornace, o che gettativigli, co’ loro forconi gli voltano or sotto or sopra, così i dannati non potranno sfuggir quelle de’ demonii: « Congregabunfur (plures fasciculi) in congregatione unius fascis in lacum, et daudentur ibi in carcere. — Saran riuniti tutti (cioè parecchi fascetti) in un fascio nella fossa, e ivi saran chiusi in prigione » (Isaia 24, 22). Va pure, va, cerca ora quella libertà, la quale ti stimola ad andar lontano da Cristo. Ecco in che dovrà convertirsi.

V.

Considera il quarto gastigo espresso ne’ tralci col termine di venir gettati sul fuoco: Et in ignem mittent. Udisti già, che tal è la sorte de’ palmiti, o fruttificare, o bruciare, non ve n’è altra. Però, non essendo i dannati più atti a fruttificare, siccome quelli, che recisi al tutto da Cristo, avranno per se stessi la volontà indurata nel male, anzi imperversata, non altro resta per lor che un fuoco eterno: ma un fuoco, qual è quello che tocca a’ palmiti, ch’è totale. Però non si dice qui « igni damnabunt — lo condanneranno al fuoco »; perchè può essere condannato anche al fuoco chi brucia in parte, come que’ malfattori, a cui sono accostate fiaccole ai lati, al petto, alle piante, ma « in ignem mittent — lo getteranno nel fuoco »; perchè saranno gettati affatto sul fuoco senza risparmio, come si fa de’ sarmenti: « Ecce igni dal’n est in escam: utramque partem efus consumnsit iqnis. — Ecco, che si mette a nudrir il fuoco: l’una, e l’altra parte di lui l’ha consunta il fuoco » (Ezechiele 15, 4) : « utramque partem l’ una, e l’altra parte », è dire l’anima, e il corpo. Un solo dito piccolo, che ti scotti, tu dai nei gridi. Che sarà dunque scottarti, non sol di fuoco, ma dentro il fuoco, come i sarmenti, che tante volte vi getti su tu medesimo di tua mano: e poi di che fuoco? fuoco, che sempre ti consuma di spasimo, e pure non ti consuma mai quanto basti a cascare in cenere.

VI.

Considera il quinto gastigo espresso ne’ tralci col verbo di ardere: « In ignem mittent, et ardet. — Lo getteranno nel fuoco, e si brucia ». Non dice « ardebit — si brucierà », ma « ardet — si brucia », per dinotare quanta sia la furia, la forza, l’attività d’un tal fuoco sopra i sarmenti : gli fa tosto ardere. Un fuoco lento gli fa ben arder anch’ egli, ma a poco a poco. Un veemente fa arderli in uno stante. E così farà ne’ dannati il fuoco infernale: « Quomodo lignum vitis inter ligna silvarum, quod dedi igni ad devorandum — Come il legno della vite, fatto simile alle legna dei boschi, io lo dò al fuoco, che lo divori » : non « ad comedendum — che lo mangi », ma « ad devorandum — che lo divori »; « sic tradam habitatores Jerusalem — così farò degli abitanti di Gerusalemme » (Ezechiele 15, 6). Vero è, che secondo la disposizione maggiore nella materia, è maggiore ancor nel fuoco l’attività. Però essendo i sarmenti, di cui parliamo, rimasi già tanto secchi, quanto fu poc’anzi veduto; figurati se il fuoco infernale ha bisogno punto di tempo a farli ire in fiamme: In ignem mittent, et ardet. Se pure non ha voluto il Signore esprimere con quell’ardet, che il fuoco infernale è un fuoco, che arde sempre, come se allor cominciasse: « Devorabit eum ignis, qui non succenditur — Lo divorerà un fuoco che non alluma » (Giobbe 20, 26) : tanto quel fuoco dovrà seguir per tutti i secoli ad ardere sempre a un modo. Pare a te pertanto, che ai palmiti torni conto lasciar la vite? « Manete in dilectione mea. —Perseverate nel mio amore » (Vangelo di Giovanni 15, 9). Oh quanto ha ragione Cristo di rammemorarti, che non ti diparta da lui, per nessuna tempesta, la qual ti assalga! Dall’amar lui, dall’obbedirlo, dall’onorarlo, dal propagar la sua gloria con fedeltà, dipende in te ogni tuo bene. Ma se non ti muove il bene che a te risulta dal tenerti qual tralcio stabile in lui, come in vite amante, ti muova almeno il male, il qual ti verrà dall’abbandonarla.

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