NOVEMBRE
VII. GIORNO
Sopra la prima beatitudine : si discorre de’ poveri.
« Beati pauperes spiritu, quoniam ipsorum est Regnum Coelorum. — Beati i poveri di spirito, perchè di questi è il Regno de’ Cieli » (Vangelo di Matteo 5, 3).
I.
Considera, che due sorta di poveri si ritrovano sulla terra. Alcuni di necessità, alcuni di volontà. E quantunque sì gli uni, come gli altri sian atti a conseguire ancor essi il Regno de’ Cieli, contuttociò non son essi que’ fortunati, a cui viene sì fermamente promesso qui dal Signore, ma sono i poveri da lui chiamati di spirito : Pauperes spiritu. Perchè se guardi ai meri poveri di necessità; come possono pretendere un Regno tale (a titolo della povertà da lor sopportata) quei che la sopportano sì, ma di mala voglia? E se guardi ai meri poveri di volontà, come lo possono ancor essi pretendere, quei che si sono ben da sè fatti poveri, ma per fasto, come quei filosofi antichi? A quelli dunque è qui con termini così espressi promesso il Regno de’ Cieli, i quali sono poveri, non solo di volontà, ma di spirito. E tali sono, nel senso più letterale, quei che per seguire l’impulso dello Spirito Santo, che a ciò gli mosse, hanno abbracciata la povertà evangelica consigliata da Cristo, con la rinuncia piena, puntuale, perpetua di tutto il loro. So che appartengono a questa Beatitudine quegli ancora, che benchè ricchi, saran disposti, potendo, a farsi ancor essi poveri per Gesù, quanto un San Francesco, tanto hanno dalle ricchezze staccato il cuore. Ma questi vi appartengono in senso rimoto assai, come appartengono allo stuolo de’ martiri quei che talor son iti tra i barbari più selvaggi, per incontrare ancor essi un Decio, un Diocleziano, ma non ve l’ebbero. Perciocchè questi non sono mai però veramente poveri. E se spirita sono pauperes, non sono pauperes spirito, ch’è quanto dire, sono poveri con l’affetto, non con l’effetto : e se hanno spirito di povertà, non però hanno altresì povertà di spirito. Vera povertà di spirito han quegli soli, che per Gesù veramente han lasciato il tutto, senza sperare di poter più racquistarlo, e senza curarsene, e che però gli posson dire ancor eglino con San Pietro : « Ecce nos reliquimus omnia, et secuti sumus te. —Ecco che noi abbiamo abbandonato tutte le cose, e ti abbiam seguitato » (Vangelo di Matteo 19, 27). Tale è la più probabile spiegazione di questo luogo, perchè è la più propria : ed è singolarmente di San Girolamo, di S. Basilio, di S. Bernardo, di S. Ambrogio, e di altri fra Padri antichi, ed è la più comune fra tutti i moderni. E però mira che bello stato è mai quello di que’ buoni Religiosi, sì miseri, sì mendici, che tu non dubiti forse ancor di schernire orgogliosamente. E’ uno stato di uomini destinati a sì gran Reame, qual è quello del Paradiso, promesso loro qui sotto titolo di Reame, perchè altro non ve n’è di maggiore altezza. Oh quanto più su di te dovrai tu ancora mirar forse forse il dì del Giudizio quei, ch’or non degni di ammettere al tuo cospetto !
II.
Considera, che quantunque questi poveri Evangelici, di cui qui si ragiona, non siano più che destinati a un tal Regno, non si è contentato Cristo di dire : « Beati pauperes spiritu, quoniam ipsorum erit Regnum Coelorum — Beati i poveri di spirito, perchè di questi sarà il Regno de’ Cieli », ma ha detto « quoniam ipsorum est — perchè di questi è ». E perchè ciò? se non che solamente per dinotare la certezza quasi infallibile, la qual hanno di conseguirlo : tanti sono gli aiuti, che questa santa povertà somministra ad astenersi dal male, ed a fare il bene. Ma senza ciò, non hanno già questi poveri benedetti sborsato per un tal Regno quel prezzo intero, che Cristo chiese quando egli disse : « Amen dico vobis, quod omnis qui reliquerit domum, vel fratres, aut sorores, aut patrem, aut matrem, aut uxorem, aut filios, aut agros, propter nomen meum, centuplum accipiet, et vitam aeternam possidebit — In verità vi dico, che chiunque avrà abbandonata la casa, o i fratelli, o le sorelle, o il padre, o la madre, o la moglie, o i figliuoli, o i poderi per amor del mio nome, riceverà il centuplo, e possederà la vita eterna »? (Vangelo di Matteo 19, 29). Però, siccome quando uno ha già sborsato interamente quel prezzo, che fu stabilito dal principe per l’acquisto d’una commenda, d’una contea, di un marchesato, si può dir già padrone di tal commenda, di tal contea, o di tal marchesato, benchè non ne abbia pigliato ancora il possesso; così si può dir padrone del Paradiso chi ha già sborsato in egual modo quel prezzo che fu per esso stabilito da Cristo con termini sì precisi. Solo rimane, che chi per Cristo si ritrova ridotto ad un tale stato di vero povero, si mantenga, e che non voglia in un tale stato medesimo affezionarsi nuovamente alle cose di questa terra, alle comodità, alle grandezze, alle glorie, alle preminenze, che non sono cose proprie di un tale stato. E che altro sarebbe ciò, che un ritogliersi a poco a poco quel prezzo che si è sborsato, e così decadere da quel diritto, che si possedeva al Reame? nel resto, chi nello stato di povero si mantien per Dio veramente povero in tutta la vita sua, e da povero si porta, e da povero si professa, beato lui ! Oh quanto egli è sicuro del Paradiso ! E però ecco come la povertà Evangelica mantenuta costantemente è segno di predestinazione. Anzi questa n’è il segno ancor più palpabile che vi sia. Perchè non si può negare, che segni tali son anche tutte le seguenti Beatitudini, come si scorgerà nel discuterle ad una ad una; ma non sono a noi così chiari. Perchè chi si può assicurare di avere in sè quella mansuetudine che si deve, quella mestizia che si deve, quell’ansia della giustizia che si deve, quella misericordia che si deve, quella mondezza che si deve, quella pace che pur si deve? Sono queste virtù, che principalmente consistono nell’ interno, e però quantunque sian anch’esse senza dubbio quel prezzo con cui si compera il Paradiso, contuttociò non danno così ben a conoscere di qual perfezione esse siano, o di quanto peso. Ma l’avere lasciato il tutto per Dio, e il portarsi da povero, e il professarsi da povero, è cosa che si viene a toccar con mano: e però oh quanto può darci di sicurtà! Che dici dunque tu, che non hai saputo ancora invaghirti di una Beatitudine così bella? Non sei folle a poterla participare tu ancora con un sol atto di volontà risoluta, ed a non curartene?
III.
Considera qual sia la ragione per cui il Signore per prima Beatitudine pose questa : la povertà. Fu per rimovere l’impedimento principale ch’han gli uomini alla salute, ch’è la ricchezza : « Amen dico vobis, quia Dives difficile intrabit in Regnum Coelorum. — In verità vi dico, che difficilmente un ricco entrerà nel Regno de’ Cieli » (Vangelo di Matteo 19, 23). Perchè quantunque la povertà sia cagione ancor essa di molti mali, conforme a quello : « Propter inopiam multi deliquerunt — Molti peccarono per la miseria » (Ecclesiastico o Siracide 27, 1) : Ciò solo ell’è quando si odia, non quando si ama. Anzi quando si ama ella arreca beni grandissimi, perchè se altro non fosse, coopera fortemente ad esser umile, mortificato, modesto : il che tra le ricchezze è quasi impossibile ad ottener perfettamente. Ond’è che lo spirito del Signore non incita mai a procacciar le ricchezze, ma a non curarsene : « Divitiae si affluant, nolite cor apponere. — Se le ricchezze vi vengono in copia, non ponete in esse il cuor vostro » (Salmo 62, 11). Senza che, questa povertà rende l’uomo più spedito, più sciolto, a correre dietro Cristo per l’universo; e così Cristo la mise per fondamento all’Apostolato : « Qui non renunciat omnibus qua’ possidet, non potest meus esse Discipulus. — Chiunque non rinunzia a tutto quel, che possiede, non può essere mio Discepolo » (Vangelo di Luca 14, 33). Nè solo ciò. Ma questa medesima è il fondamento altresì di tutte le altre Beatitudini susseguenti. Perchè a conseguir le virtù contenute in esse, se ben osservi, la povertà giova in sommo. Al povero è più facile l’essere mansueto. Al povero è più facile l’esser mesto. Al povero è più facile il sacrificarsi qual vittima alla giustizia. Al povero è più facile un cuor misericordioso. Al povero è più facile un cuore mondo. Al povero è più facile il mantenere un’alta pace tra le turbolenze di tutto il genere umano, s’egli è in istato, che già più non cura niente. E così Cristo per base dell’altre Beatitudini pose questa : la povertà sposata in terra per puro amor verso Dio. Oh se tu conoscessi sì bella sposa, quanto affetto tu ancora le piglieresti ! Mira il Figliuol di Dio, che la seppe sì ben conoscere. Giacchè non se la poteva sposare in Cielo, calò, affin di sposarsela, fin in terra : « Egenus factus est, cum esset dives. — Essendo ricco, diventò povero » (Seconda lettera ai Corinzi 8, 9). Che se tu non puoi più sposarti a tal povertà, almeno non la dispregiare, non la deridere, non la posporre dentro di te alla ricchezza, che quasi ad onta di Cristo, è stimata anch’oggi da molti la prima Beatitudine fra’ mondani.
IV.
Considera come a questa Beatitudine, promulgata in primo luogo da Cristo, corrisponde quel Dono dello Spirito Santo, che chiamasi di Timore. Perchè chi teme Dio grandemente, e teme de’ suoi giudizi, e teme de’ suoi gastighi, e teme sopra tutto que’ mali, che da lui possono sovrastargli ogni tratto nell’altro mondo, oh come va animoso a spogliarsi di tutto ciò, che ne suole essere ai più la cagion maggiore! E tali son le ricchezze da loro amate : « conservate in malurn Domini sui. — Le ricchezze accumulate per ruina del loro padrone » (Qoèlet 5, 12). Vedi tu come procedono i naviganti in occasion di tempesta che sia furiosa? Subito corrono a dar di piglio alle robe ancora più care, a lane, a lini, ad argenti di sommo pregio, e gettanle tutte in acqua senza riguardo : tanto può in loro il timore di aver a perdersi se son più arditi di ritenere le loro merci anche a vista di un mar che freme: « Timuerunt nauta’, et miserunt vasa, quae erant in Navi, in Mare, ut alleviaretur ab eis. — I marinai erano sbigottiti, e gettarono in Mare il carico della Nave per alleggerirla ». Così fan coloro, che temono veramente d’andar perduti in un Mare tanto più orribile, quant’è quello della Giustizia Divina montata in ira. Van (per salvarsi) van, dico, subito a gettar da sè le ricchezze qual peso infausto, che può dar tracollo alla nave. Che può dunque dirsi all’incontro di tanti ricchi, che in cambio di alleggerire la loro nave fra le tempeste, attendono più che possono ad aggravarla con un affanno, con un ardore inaudito? « Coacervant argentum quasi humum. — Ammassano argento come fosse terra » (Zaccaria 9, 3). Non han timore. Se temessero punto, vuoi tu ch’essi mai fossero sì insensati, che quando avrebbono a gettare le merci per salvar sè, andassero a gettar sè per salvar le merci?