La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

MARZO

VII. GIORNO

San Tommaso d’Aquino.

Della Sapienza, e della Prudenza.

 

« Dic sapiente  Soror mea es, et prudentiam voca amicam tuam, ut custodiat te a muliere extranea, et aliena, qual verba sua dulcia facit.— Di’ alla sapienza: tu se’ mia sorella, e alla prudenza dà il nome di tua amica, affinchè ella ti difenda dalla donna straniera ed aliena, la quale addolcisce le sue parole » (Proverbi 7, 4, 5).

 

I.

Considera la differenza, che passa tra la Sapienza Divina, di cui qui si ragiona, e tra la Prudenza, ambedue per altro unitissime; come quelle che sono doni di un istesso Spirito Santo. La Sapienza è quella, la quale ci fa conoscere in generale il nostro ultimo fine, che non è altro se non che il nostro Dio, che fa che a quello unicamente aspiriamo. La Prudenza è quella, che presuppone un tal fine, come principio delle sue operazioni, e tutta si attua a tre cose: I. a consigliar rettamente, quali siano quei mezzi che hanno a pigliarsi per conseguirlo; II. a giudicarli tra loro in particolare; III. a comandargli secondo che ha giudicato, che è quanto dire a fargli porre in effetto. Ora la Sapienza ha da essere tua sorella, cioè tua Sposa, che così la Sposa è mille volte chiamata nelle Scritture, e massimamente ne’ Cantici: « Vulnerasti cor meum Soror mea: Aperi mihi soror mea: Quid faciemus sorori nostrae? — Tu mi hai ferito il cuore, o mia sorella: Aprimi sorella mia: Che farem noi alla nostra sorella? » e la Prudenza tua amica. La Sapienza tua Sposa, perchè in essa hai da porre le tue delizie, con abbracciarti alla contemplazione sublime del tuo ultimo fine, e in lei riposare, e in lei ricrearti, e con lei sfogare tutti i tuoi teneri amori. « Dic Sapientiae: Soror mea es — Dì alla Sapienza, tu se’ mia sorella ». La Prudenza ha da essere quale amica : Et Prudentiam voca amicam tuam, perchè l’hai d’aver sempre pronta alle mani in tutte quelle operazioni che accadono alla giornata, come virtù più particolare, più pratica, e, come suol dirsi, usuale. Oh quanto bene al glorioso San Tommaso fu la Sapienza Sposa, amicissima la Prudenza.

II.

Considera per contraria, che per donna straniera (a parlar moralmente) qui devi intendere quella, che si oppone alla Sapienza, e per aliena, quella che non concorda colla Prudenza. Alla Sapienza si oppone, se ben riguardi, la tua sensualità, la quale stupida nel sapor delle cose, e conseguentemente anche stolta, si costituisce il suo fine in ogni altro bene, che in quello che è puro spirito, ma vuole beni che soggiacciano al senso. Alla Prudenza si oppone la tua umanità, la quale è vero, che non vuol diviar dall’ultimo fine, ma frattanto non si applica a conseguirlo efficacemente, come dovrebbe. La sensualità si può dire una donna « estranea  straniera », perciocchè ella è oppostissima alla Sapienza. L’umanità si può dire una donna aliena, perchè non è alla Prudenza contraria, ma non va con essa d’accordo in tutte le cose, si mostra aliena, almeno dall’operare efficacemente. Ciascuna di queste due parti, oh con che lusinghe si aiuta per adescarti alle proprie voglie ! « Verba sua dulcia facit  addolcisce le sue parole ».

III.

Considera le lusinghe della tua sensualità. Questa si studia di attrarti a se con volere, che tu non tanto ti regoli dal discorso, quanto dai sensi, e che però non t’innamori di beni astratti, impercettibili, ignoti, quali sono i Celesti, mentre per essi convien lasciar i terreni, cioè lasciare di godere il presente per il futuro. E cosi tende la temeraria a levarti ancora la fede, perchè non v’è cosa, la quale generi tanto l’infedeltà, quanto questa via di procédere animalesca.

IV.

Considera le lusinghe della tua umanità, cioè di quella tua parte della natura, non depravata, ma fiacca, alla quale alluse l’Apostolo, quando disse: « Humanum dico propter infirmitatem carino vestrae. — Parlo da uomo a riguardo della debolezza della vostra carne » (Lettera ai Romani 6, 19). Questa ancor ella verba sua dulcia facit, perchè ti dice, che convien servir a Dio tuo ultimo fine, ma che non bisogna ammazzarsi; che basta contentarsi di una bontà mediocre, senza volere aspirare alla santità; che è maggior gloria di. Dio operar con moderazione, e così potere col tempo giovare a molti, che operare con gran fervore, ma uccidersi innanzi il tempo.

V.

Considera come dalle lusinghe di ambedue queste ha da preservarti la sposa tua e la tua amica. La Sapienza, ch’è sposa tua, ha da preservarti dalle lusinghe della sensualità, con tenerti stretto fra le sue braccia, ch’è quanto dire, con fare, che tu stii sempre forte nella cognizione del tuo ultimo fine. Sinchè farà così non vi sarà rischio, che tu rivolti a questo le spalle, per idolatrar quei beni, che sono soggetti al senso. La Prudenza, ch’è tua amica, ha da preservarti dalle lusinghe della tua umanità, con far che tu discretamente consideri fino a qual termine sia conveniente di udirla, perchè nè tutto si deve a questa concedere facilmente, nè tutto crudelmente negare. Ci vuol prudenza. Non si può dare altra regola.

VI.

Considera, come questo santo Dottore Angelico seppe con quella Sapienza, e con quella Prudenza, ch’egualmente in lui furono sovrumane, schermirsi behe da quei lusinghevoli assalti, che in noi procedono o da iniquità, o da fiacchezza; mentre visse in terra qual Angelo di costumi. Ma se mai ciò divinamente egli fece, fu quando si schermì dagli assalti di quella sciagurata femmina, non pur aliena, ma strania, che andò a tentarlo. Allora sì ch’egli vide pronto il soccorso che ricevette e dalla Sapienza e dalla Prudenza. La Sapienza fece, ch’egli senza una minima esitazione la rigettasse a un tratto da sè ; la Prudenza che la rigettasse con un partito sì proporzionato, qual fu avventarle contro un tizzone. E tu pure impara, che a saperti ben governare tra assalti simili ci vuol Sapienza e Prudenza. Sapienza per tener sempre vivissima nella mente la cognizione del tuo ultimo fine, per aderire a lui con fortezza: Prudenza per fuggire le occasioni pericolose, o per isbrigartene, quando esse vengano contro tua voglia a trovarti.

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