GIUGNO
VII. GIORNO
Dell’Impenitenza finale.
« Non demoreris in errore impiorum; ante mortem confitere. — Non dimorare nell’errore degli empii: confessati prima che venga la morte » (Ecclesiastico o Siracide 17, 26).
I.
Considera qual è questo errore, che per antonomasia è chiamato l’error degli Empi: Non demoreris in errore impiorum. E’ il differire la penitenza alla morte. Non troverai verun peccatore sì perfido, sì perduto, che si proponga di voler andare all’Inferno; ciascuno dice, mi riconoscerò, mi ravvederò, mi confesserò. Ma quando? non glielo chiedere, perchè si vergognerà di rispondere nettamente. Dice con la lingua che vuol fare alla prima solennità; ma non così già dice ancora col cuore. Col cuore dice, alla morte. E’ vero forse, che lo vuol fare alla prima solennità. Ma non lo vuol fare di proposito. Lo vuol fare con una tale superficialità, che gli basti ad ingannar se medesimo, e a persuadersi di esser confessato. Nel resto a snodare i viluppi più faticosi, a spiegare le tele, a sbrigar le trame, aspetta tempo migliore. O pazzia solennissima della gente! Non l’imitare; « Non demoreris in errore impiorum; ante mortem confitere. — Non dimorare nell’errore degli empi; confessati prima che venga la morte ». Tale, per sentimento di S. Agostino, e di S. Ambrogio, e di più altri moderni interpreti, è il senso di questo luogo, che però intendono, per la Confessione qui ricordata dal Savio, la Confessione da noi detta Sagranientale, di cui pure nell’antica Legge trovavasi, se non altro, la sua figura che però pur l’Ecclesiastico disse altrove: « Non confundaris confiteri peccata tua. — Non ti vergognare di confessare i tuoi peccati » (Ecclesiastico o Siracide 4, 31). E’ vero, che nel linguaggio delle Divine Scritture, questo vocabolo di Confessione significa lode di Dio: ma cruesta è la prima lode, che ciascuno a Dio deve dare, accusar se stesso: altrimente che lode sarà mai quella? sarà sozza, sarà spiacevole: « Non est speciosa laus in ore peccatoris. — La lode prilla ha di bello in bocca del peccatore » (Ecclesiastico o Siracide 15, 9).
II.
Considera, che non dice, che tu non caschi in questo errore degli empi, dice, che non vi dimori; perciocchè il male non consiste in cascarvi, consiste in dimorarvi. Se tu caschi in questo errore di credere, che alla morte potrai bastantemente aggiustare le tue partite: riconoscerti, ravvederti, compungerti a piacer tuo, ma non aderisci all’errore, che conseguentemente non vi dimori; tu non fai male veruno, perchè fin qui è solo error d’intelletto. Il mal è. che tu vi dimori, perchè allora accetti l’errore, e così fai, che dall’intelletto trapassi alla volontà. Vero è, che il cascare in un error tale, e il dimorarvi comunemente è tutt’ uno. Imperciocchè, come il peccator una volta comincia a credersi, che potrà alla morte proveder quanto basta alle cose sue, non sa più ridursi ad intraprendere quella difficoltà, che ricercherebbesi a provedervi per tempo; va differendo di giorno in giorno, prolungando, procrastinando, sicchè dimora anche gli anni in error sì grave. Però non è questo ordinariamente un error di quei, che passano, è permanente, è perpetuo, dura tanto in alcuni, quanto essi vivono. Anzi allora il conoscono per errore, quando già più non sono in tempo a correggerlo, ma a scontarlo: Cum reddiderit tunc sciet (Giobbe 21, 19). Lo conoscono nell’Inferno. Se per disgrazia tu fossi incorso in un tale errore, come uomo, o per ignoranza, o per inconsiderazione, almeno guardati di non dimorarvi com’empio, scuotilo, scaccialo, ravvisalo per errore, perchè questo è il primo passo, che di necessità devi dare, a fine di uscirne.
III.
Considera, che ogni errore si fonda sul falso, e così è di questo. Perché ogni peccatore, il qual differisce il confessarsi, come dovrebbe; alla morte fa tre presupposti, tutti e tre tanto falsi, quanto fallaci. Il primo è di avere a confessarsi. Il secondo è, quando pur si confessi, di aversi a confessar bene. Il terzo è, quando pur si confessi bene, di avere a salvarsi. Ora non vedi, che intreccio è questo di errori? Non è però da stupire, se il Demonio con questo tien legati tanti empi sì fortemente, che non gli perde giammai: « Funiculus triplex difficile rumpitur. — Una cordicella a tre fila si rompe difficilmente » (Qoèlet 4, 12). 11 presupposto è di aversi a confessare. Ma di’, chi te lo promette? non può venire un accidente fortuito di caduta, di ferro, di fuoco, di apoplessia, che ti tolga di vita improvvisamente, con un assalto simile a quel de’ ladroni? Ecce venio sicut fur (Apocalisse di Giovanni 16, 15). E quando pur tu ti muoia nel proprio letto, che sai tu di qual morbo abbi da morire? « Nescit homo finem suum. — L’uomo non sa il suo fine » (Qoèlet 9, 12). Non può consistere in un letargo, che tutto t’istupidisca, in un soffocamento di catarro, in una soppressione di cuore, o in una febbre sì impetuosa, che tolgati ancor di senno? Va dunque allora, e confessati, se tu puoi. Tu fai come Amasa, che si fidò di Gioab, perché lo credè disarmato : Porro Amasa non observavit gladium quem habebat Joab (Secondo libro dei Re 20, 10). Scuoti un poco bene il mantello al tuo male estremo, e vedrai, quanti stili può tener sotto nascosti, a cui tu non badi, perché cammini a chius’occhi.
IV.
Considera, che il secondo presupposto, sopra il quale si fonda l’error degli empi, è, quando pure su quell’ultimo si confessino, di aversi a confessar bene. Ma qual cosa mai più difficile? Ad una buona Confessione ci vuol un esame assai diligente. Ma se tu sano peni tanto ora a farlo, che dovrai fare ammalato? « Colligata est iniquitas Ephraim, absconditum peccatum ejus. — L’iniquità di Efraim è avviluppata, il suo peccato è occulto » (Osea 13, 12). Le iniquità, che sono le colpe ch’ hai commesse contro il tuo prossimo, son cariche d’inviluppi, a cagion delle gravi restituzioni, che seco portano, o di riputazione, o di roba; Colligata est iniquitas Ephraim. I peccati, che son le colpe, che finiscono in te, sono profondissimi, a cagion di tanta varietà di cattivi consentimenti, ch’hai dati al male, senza poi pensarvi mai più: absconditum peccatum ejus. E come dunque potrai già languido, o sviluppare le malvagità avviluppate, o scorgere le nascoste? E pure se la difficoltà terminasse qui, non sarebbe niente. Il peggio è, che a fare una buona Confessione, non basta l’esame buono, ci vuole il pentimento, ci vuole il proponimento, ch’è quanto dire, ci vuol quell’alta mutazione di cuore, che non dipende totalmente da te; ma da te, e da Dio. E nondimeno per un capo, e per l’altro sarà difficilissimo ad ottenersi. Perchè quanto a te non sarà allora il vizio più impossessato, ch’ora non è, del cuore tuo? più robusto? più radicato? E come dunque ti prometti di poter allora vincerlo più che adesso? tu sai, come quel Viandante, il quale veduto ne’ suoi principii il Torrente, comincia a dire di mano in mano, atterritosi di saltarlo, lo passerò più giù, lo passerò più giù; e poi lo va a passar tanto giù, che non regge alla piena, e vi cade assorto: « Torrentem pertransivit anima nostra. — L’anima nostra ha valicato il torrente », quand’ella fu sollecita, questo è vero; ma che? per questo « pertransisset anima nostra aquam intolerabilem — l’anima nostra avrebbe valicata un’acqua insuperabile »? O quanto è da dubitarne! « forsitan pertransisset — forse l’avrebbe valicata ». E tu vuoi fidare al filo di un così debole forse la tua salute? Ciò non è dunque più solo errore, ma insania. E quanto a Dio, come potrai sperar di averlo propizio, quando sarà tanto più irritato allo sdegno. E’ misericordiosissimo, è vero; ma benchè misericordiosissimo, non lascia andar tuttodì dannate tant’anime nell’Inferno, di Turchi, di Giudei, di Gentili, di Eretici, e di cattivi Cattolici d’ogni sorta? E fra queste tante lascerà andarvi la tua, negandoti quella grazia efficace, che si ricerca in una Confessione perfetta, a pentirsi da vero, ch’è quanto dire a far ciò, che non fa si presto, chi lungamente stimò il peccato una burla. E’ Dio misericordioso, ma è parimente giusto: Dulcis et rectus Dominus (Salmo 25, 8). Però la mattina egli ti usò misericordia sì lunga, e tu ne abusasti, perdendo inutilmente l’ore migliori della tua vita; la notte aspettati, ch’egli ti usi giustizia : Ad annuntiandum mane misericordiam tuam, et veritatem tuam per noctem (Salmo 92, 3).
V.
Considera, che il terzo presupposto, su cui finalmente si fonda l’error degl’empi, si è, quando pure su quell’ultimo si confessino bene, di avere conseguentemente a salvarsi. Ma questo ancora è incertissimo, perchè ad assicurarti di ciò, bisognerebbe, che tu spirassi a un tratto. dopo esserti confessato; ma se ancor ti restino alcuni momenti di vita, non è agevolissimo, che i Demonii con quegli assalti terribili, ch’han licenza di dare ìn quel passo estremo, ritornino a guadagnarti? Sunt spiritus, qui ad vindictam creati sunt, et in tempore consummationis effundunt virtutem (Ecclesiastico o Siracide 39, 34). Sai, che arrivata la battaglia finale, tutti i Soldati fanno i loro ultimi sforzi : effundunt virtutem, si fa di tutto. Se si perde non ci è più speranza di guadagnare, se si guadagna non ci è più paura di perdere. Non ti maravigliare però, se i Demonii alla morte sian sì f uriosi: « Descendit ad vos Diabolus habens íram magnam. — A voi scende il Demonio, con gran furore »; e per qual cagione? « Sciens quod modicum tempus habet. — Sapendo d’aver poco tempo » (Apocalisse di Giovanni 12, 12). Benchè non ti credere, che nemmeno abbiano a sbracciarsi gran fatto affin di riguadagnare chi hanno posseduto sì lungo tempo: lo conoscono, lo comprendono, sanno ben dove egli è più debole ai loro assalti. E poi, che gran fatica ci vuole a far, che sì stolido ritorni tosto ad amar quella iniquità, ch’hai pigliata è vero a odiare, ma sol poc’anzi? La materia è troppo disposta a riconcepire il pristino fuoco; e però i Demonii non hanno allor da far altro, se non gettare « facem ignis in faeno — una fiaccola accesa nel fieno » (Zaccaria 12, 6), e poi lasciare, ch’essa operi da se stessa. Vedi però se tutti e tre i presupposti, sui quali si sostiene l’error degli empi, che differiscono la Confessione alla morte, sian mal fondati. Non ti lasciare dai tuoi nemici aggirare con vane promesse. Perchè questa è quella « repromissio nequissima — promessa perversissima », di cui l’Ecclesiastico disse, che « multos perdidit — ha rovinato molti » (Ecclesiastico o Siracide 29, 24). I Demonii al presente mai non ti vengono a dire, che sii contento di dare ad essi la tua anima in dono : chieggon solo, che la lasci lor in deposito sino a tanto, che debbi andartene all’altra vita. Ma va a fidarti, e vedrai, se tanto ti sarà stato darla ad essi in deposito, quanto in dono. Ah che questo è un avere depositata la pecora in bocca al lupo! ma « lupi vespere non relinquebant in mane — i lupi della sera nulla lasciano per l’indomani » (Sofonia 3, 3). Qual è dunque il vero consiglio? che quanto prima uadi a far quella Confessione, che tanto speri di poter fare alla morte : Vivus et sanus confiteberis (Ecclesiastico o Siracide 17, 27), non solo vivo, com’è di ogni moribondo, ma ancora sano. E questo è ciò che vuol dire: « Non demoreris in errore impiorum; ante mortem confitere. — Non dimorare nell’errore degli empi; confessati prima che venga la morte » ; perchè non sapendo tu quando abbi a morire, se vuoi confessarti di certo innanzi alla morte, convien che ti confessi il più presto, che sia possibile.