FEBBRAIO
VII GIORNO
San Romualdo.
Lo spirito che dee regolare le nostre operazioni qual sia.
« Si spiritu vivimus, spiritu et ambulemus. Non efficiamur inanis gloriae cupidi, invicem provосаntes, invicem invidentes. — Se viviamo di spirito, camminiamo in ispirito. Non fia mai che siamo avidi di gloria vana, provocandoci gli uni gli altri, e portando invidia gli uni agli altri» (Lettera ai Galati 5, 25, 26)
I.
Considera, che come il tuo corpo in tutte le sue operazioni è mosso dall’anima, così la tua anima dev’essere ancora mossa in tutte le sue operazioni dallo Spirito Santo; perchè come l’anima è vita del corpo, così lo Spirito Santo è vita dell’anima. Ma s’è così, che vuol dir dunque, che tu nelle tue operazioni ti guidi da un altro spirito, cioè dallo spirito proprio? Lo Spirito del Signore è quello, che unicamente ha da regolarti l’intelletto; perchè lo spirito proprio, ch’è il tuo capriccio, è uno spirito fluttuante, instabile, inquieto, non ha sodezza: « Sicut parturientis cor tuum phantasias patitur, nisi ab Altissimo fuerit emissa visitatio. – Il tuo spirito sarà come quel di una partoriente soggetto a fantasmi, eccetto che fosse mandata dall’Altissimo la visione» (Ecclesiastico o Siracide 34, 6). E lo Spirito del Signore è quello che ha da muoverti ancora la volontà, non lo spirito proprio, cioè non l’affetto naturale, che senti a quelle tue operazioni, qualunque siano. Altrimenti tu sarai di coloro, di cui sta scritto, che « ambulant in vanitate sensus sui. — Camminano nella vanità de’ loro pensamenti» (Lettera agli Efesini 4, 17). Sicchè se cotesto affetto tuo naturale non è cattivo, almeno è vano, è inutile, è insussistente, non ha nulla di merito. Vuoi tu camminare in modo, che tutte le tue operazioni, cioè tutti i passi dell’anima, dirittamente ti guidino al Paradiso? Lasciati regolare, e lasciati muovere sol dallo Spirito Santo: « Spiritus tuus bonus deducet me in terram rectam. – Il tuo spirito buono mi condurrà per diritto cammino» (Salmo 142, 10). L’anima consta d’intelletto, e di volontà; e così l’intelletto e la volontà ha da camminare solo in virtù di ciò, che è l’anima sua, cioè del Divino Spirito: «Si spiritu vivimus, spiritu et ambulemus. — Se viviamo di spirito, camminiamo in ispirito.
II.
Considera, che se tu unicamente ti hai da. guidare secondo lo Spirito Santo, molto più non ti hai da guidare secondo Veruno spirito, che sia contrario allo Stesso Spirito Santo. E quali son questi? Son quei tre vizi, che più di tutti gli altri son vizi puramente spirituali: la vanagloria, l’iracondia, l’invidia. E реrò dарpoi che l’Apostolo disse: « Si spiritu vivimus, spiritu et ambulemus – Se viviamo di spirito, camminiamo in ispirito», soggiunse subito: «Non efficiamur inanis gloriae cupidi, invicem provocantes, invicem invidentes. — Non fia mai che siamo avidi di gloria vana provocandoci gli uni gli altri e portando invidia gli uni agli altri». Questi sono i tre spiriti, i quali governano la maggior parte di tutto il Genere umano. Quelle persone medesime, le quali sono chiamate spirituali, talor niente di Spirituale hanno più, che questi tre vizi, da cui sono tiranneggiate. Perchè, ne vedi bene alcune fare delle limosine, altre studiare, altre stentare, altre disfarsi ancora su i pulpiti in gran sudori, ma per ambizione di applauso: « Dilexerunt gloriam hominum mаgis quam glorim Dei. — Amaron più la gloria degli uomini, che la gloria di Dio» (Vangelo di Giovanni 12, 43). Le vedi fare delle penitenze anche gravi, ma poi le scorgi impazientissime di ogni leggiero disprezzo, contenziose, colleriche, risolute di voler vincerle tutte. Le Vedi attente a promuovere il divin culto nell’amministrazione de Sacramenti, o in altri esercizi di dottrina, di divozione, di merito molto grande; ma poi le miri astiose, sicchè non possono sopportar che vi sia chi nè pur le agguagli. Oh quanto è facile, che qualcuno di questi tre iniqui spiriti si truovi ascosto nel sen dell’anima tua, sicchè egli sia, che talvolta non Solamente la indirizzi, e la muova, ma ancora l’agiti. Questo sarebbe un funestissimo segno, perchè «se qui spiritu Dei aguntur, hi sunt filii Dei — quelli che sono mossi dallo Spirito di Dio, sono figliuoli di Dio» (Lettera ai Romani 8, 14), che sarà « qui agitur – chi è mosso» da spiriti sì diversi? Allora uno «agitur – è mosso », quando vorrebbe una cosa, ma da forza quasi superiore è portato a volerne un’altra. Così è di alcune persone spirituali. Vorrebbono essere unili, mortificate, modeste, caritative, perchè conoscono che alla loro professione così conviensi; ma non sanno farlo, benchè lo bramino: « aguntur – son mosse». Non si può dir quanto importi levare a questi tre spiriti maledetti sì gran possanza.
III.
Considera quanto cattivo sia lo spirito di vanagloria, chiamata Spirito, perchè ha la proprietà di gonfiare. Ti riempie di vanità, perchè ti fa avidamente anelare a ciò, che non è nè sodo, nè vero, nè utile; e così è vano. I. Non è sodo, perchè la gloria, che ti viene dagli uomini, marcirà subito, quasi vil fiore di prato. « Omnis gloria ejus quasi filos agri. — Ogni sua gloria è come il fiore del campo» (Isaia 40, 6). II. Non è vero, perchè la gloria vera consiste nel ben, ch’è in te, e così parimenti ti perfeziona. « Gloria In Ostra haec est, testimonium bonae conscientiae. – Questo è il nostro vanto, la testimonianza d’una retta coscienza » (Seconda lettera ai Corinzi 1, 12). E non consiste nella buona opinione che di te abbiano gli uomini, benchè tutti si accordino a riputarti il maggior fra loro. Questo non fuori che una fantasima, un fantoccio, un idolo vano: « Populus vero meus mutavit gloriam suam in idolum. — E il popol mio ha cambiato la sua gloria in un idolo» (Geremia 2, 11). III. Non è utile, perchè non ti giova punto a conseguire tuo ultimo fine, ch’è la gloria del Paradiso; piuttosto a ciò ti pregiudica: « Recepisti mercedem tuam. — Hai ricevuto la tua mercede». Nota tuttavia, che non dicesi: « Non habeamus inanem gloriam, – Non abbiamo gloria vana», ma « non efficiamur inanis gloriae cupidi – non fia mai che siamo avidi di gloria vana», perchè la gloria va dietro anche a chi la fugge. Basta però, che tu allora, se sei costretto a riceverla, non l’apprezzi, non l’ami, non te ne gonfii, quasi che tanto più si degno di gloria, mentre ancor l’hai, non cercandola: perchè questo é già cominciare a bramarla. Dì, che per essa nè vuoi far punto di bene, nè vuoi desisterne, siccome quello, che lasci della tua gloria il pensiero a Dio: « Ego non quaего gloriаm meam: est qui quaerat, et judicet – Io non mi prendo pensiero della mia gloria: v’ha chi cura ne prende e ne giudica » (Vangelo di Giovanni 8, 50). Il Signore ha da giudicare quando ti sia convenevole, e quando no, venire approvato.
IV.
Considera quanto cattivo sia lo spirito d’iracondia, chiamata spirito perchè ha la proprietà di essere impetuosa: «Impetum concitati spiritus ferre quis poterit? – All’impeto d’uno spirito iracondo chi potrà reggere? » (Proverbio 27, 4). Ti fa precipitoso alle risse, e così fa che, mentre vai per offendere, resti offeso: « Perdis аnimam tuam in furore tuо. — Nel tuо furore laceri l’anima tua » (Giobbe 18, 4). Perciocchè ti leva ad un tratto tre sommi beni; la pace del cuore, la pace del prossimo, la pace con Dio. I. Ti leva la pace del cuore, perchè tu fai come il mare, che non può assaltare la nave, se non si turba. Che però è scritto: «Non te ergo superet iга, ut aliquem opprimas. — Non ti soverchi adunque lo sdegno per farti opprimere alcuno» (Giobbe 36, 18). Affinchè tu vinca un altro, è necessario, che l’iracondia trionfi prima di te. Ma non val più la pace del cuore, che non vagliono quelle tue vittorie da niente, per cui la perdi? « Melior est buccella sicca сum gaudio, quam domus plena victimus сum јurgio. — Val più un tozzo di pane secco colla pace, che una casa piena di laute vivande con la discordia » (Proverbio 17, 1). II. Ti leva la pace col prossimo, perchè l’ira tua provoca l’ira degli altri; ed ecco le gare: « Qui provocat iras, producit discordias. – Chi provoca lo sdegno, accende discordie» (Proverbio 30, 33). E pure, affine di mantenere questa pace, avresti di ragione a privarti di molte tue, benchè giuste, soddisfazioni, posponendo a lei, se bisogni, ancora i digiuni, ancora le discipline, ancor altre opere di virtù simiglianti, che senza dubbio sono tutte inferiori alla carità, mentre il Signore ha voluto, che questa infin preferiscasi al proprio culto: «Misericordiam volui, et non sacrificium. – La misericordia ho voluto, e non il sacrificio » (Osea 6, 6). III. Ti leva la pace con Dio, perchè mentre sei così pronto sempre a difendere te medesimo, par che non ti fidi di lui: « Da locum irae, – Dà tempo all’ira». L’ira Divina è la Divina Giustizia, che ti farà senza dubbio la tua ragione. Ma convien, che tu le di tempo, perchè ella non è un’ira precipitosa, com’è la tua: è un’ira tranquilla: « Cum tranquillitate judicat. – Giudica tranquillamente (Sapienza 12,18). Mentre tu però la precorri con tanto ardire, che puoi far altro, se non che provocarla contro di te? Vedi però se cotesto Spirito d’iracondia è uno spirito pernicioso.
V.
Considera quanto cattivo sia parimente lo spirito dell’invidia, chiamata spirito, perchè ha la proprietà di seccare: ti secca l’ossa: « Spiritus tristis exsiccat ossa. – Lo spirito attristato secca le ossa» (Proverbio 17, 22). Come tu giungi a così misero stato di rattristarti dell’altrui esaltazione, quasi ch’ella ridondi a tuo vilipendio, tu subito ti consumi in ogni virtù, perchè sta scritto: « Putredo ossium invidia. — L’invidia imputridisce le ossa». Hai tu notato, che mal sia la putredine? E’ mal che nasce dal buono, che non è suo. Anzi le parti più dilicate, più polpute, più pingui son quelle, che la producono maggiormente. Però l’invidia è nominata putredine, perchè nasce dal bene altrui. Ma oimè, che putredine, non solo distruttiva, non solo dolorosa, Ima stomachevole! E non è una somma vergogna, che ti attristi di quel medesimo, che ti dovrebbe far lieto? Se molti sono quelli che rendono gloria a Dio, non è tanto meglio? « Quis tribuat, ut omnis populus prophetet? — Chi mi darà, che profeti tutto il popolo?» (Numeri 11, 29) disse Mosè, quand’egli udì, che il suo spirito era trapassato in molti altri: e così dovresti dir tu, considerando, che se l’iracondia signoreggia chi ha perduto il suo senno, l’invidia domina chi non l’ha ancora acquistato: «Stultum interficit iracundia, et parvulum occididit invidia. — Lo stolto è messo a morte dall’ira, e il picciolo è ucciso dall’invidia » (Giobbe 5, 2); però fa presto. La putredine è un male, che sempre cresce, e cresce velocemente; e per conseguente conviene curarla subito, e curarla senza pietà. Non si ha da perdonare nè a ferro, nè a fuoco. Quando ti accorgi di aver commesso qualche vil atto d’invidia, rammaricandoti delle altrui lodi, divertendole, deprimendole, piglia di te qualche solenne gastigo, e così uccidi la putredine innanzi che uccida te, penetrandoti fino all’Ossa.
VI.
Considera, che l’iracondia e l’invidia sono due germogli pestiferi di quell’alto amore, che tu porti alla gloria umana, perchè se tu la sprezzassi, non ti dorrebbe tanto, o il dovere tu stare di sotto agli altri, e così non ti sfogheresti con tanto ardore; o il dovere altri stare di sopra a te, e così non ti struggeresti in tant’astio. Però l’Apostolo dopo aver detto: «Non efficiamur inanis gloriae cupidi – Non fia mai che siamo avidi di gloria vana», soggiunse subito, quasi dichiarando se stesso, « invicem provocantes, invicem invidentes – provocandoci gli uni gli altri e portando invidia gli uni agli altri». Bisogna dunque, che tu di alla radice, e così con via più spedita rimedii a tutto. Piglia alla gloria umana non solo abborrimento, ma ancora orrore, considerando, quanto l’amor di essa pregiudichi alla virtù: e a quest’effetto, ponendoti innanzi agli occhi il tuo Crocifisso Signore, mira com’egli conculcò su quel tronco tutta la gloria, e fattosi qual bersaglio de’ suoi nemici lasciò, che l’ira e l’invidia sfogassero sopra di lui tutti i loro dardi: affinchè tu contro di questi due vizi concepissi un odio il maggiore, che sia possibile, mentre tu vedi, che questi due furon quegli, i quali diedero morte al tuo buon Gesù, l’ira de’ Sarcedoti, sferzati dalle sue predicazioni, l’invidia degli Scribi, storditi da’ suoi prodigi.