DICEMBRE
VII. GIORNO
Sant’Ambrogio.
Sopra la vanità e lusinghe del mondo.
« Non accipiam personam viri, et Deum homini non aequabo. Nescio enim quandiu subsistam, et si post modicum tollat me Factor meus. — Non avrò riguardo alla persona dell’uomo; e non agguaglierò l’uomo a Dio. Perocchè non so quanto tempo io possa sussistere, e se il mio Creatore non sia tra poco per levarmi dal mondo » (Giobbe 32, 21, 22).
I.
Considera come tutte quelle prerogative esteriori, per cui talvolta apprezzi tu alcuni uomini più del giusto, copia di ricchezze, splendore di signoria, sublimità di sapere, beltà d’aspetto, sono una maschera, la qual non ti lascia discernere, che sian essi, benchè vi conversi ogni giorno; cioè non ti lascia discernere, che sono anch’essi un sacco vile di putredine, qual sei tu. E tu per essi giugnerai talvolta anche a dare disgusto a Dio? Non sia mai vero. Di’ piuttosto anche tu con vigor di spirito : « Non accipiam personam viri — Non avrò riguardo alla persona dell’uomo ». Che vuol dire : « Non accipiam personam viri — Non avrò riguardo alla persona dell’uomo »? Vuol dire: Non accipiam loco viri, personani viri. Non mi lascierò ingannare alla maschera, ch’egli porta, non guarderò alle sue ricchezze, non guarderò alla sua signoria, non guarderò al suo sapere, non guarderò al suo lusinghevole aspetto; ma senza timore alcuno, qualora un uomo tale mi stimoli a offender Dio, lo rigetterò via da me con indignazione. Oh ! quanto ti gioverà tener sempre viva nell’animo questa massima: che il mondo è simile ad una scena, la qual è piena di personaggi, belli sì, ma apparenti. Rispettali, ch’è dovere; ma pensa insieme, che discesi dal palco, appariranno tra pochi dì senza larva dinanzi a Dio, nudi, pallidi, palpitanti, a render conto di sè, tutti ad una forma : « Dominus Judex est, et non est apud illum gloria personae. — Il Signore è Giudice, ed egli non ha riguardo alla gloria delle persone » (Ecclesiastico o Siracide 35, 15).
II.
Considera, quanto importa praticare un tal documento. Importa tanto, che quando tu lo dimentichi, arriverai a preferire un personaggio da scena a quell’istesso Signor, ch’egli rappresenta, e lascierai di dare a Dio il dovuto ossequio, o la dovuta obbedienza : per qual cagione? Per non disgustare quell’uomo, che appena ha un’ombra delle ricchezze, della signoria, del sapere, delle bellezze Divine, da te neglette. Non solamente non hai tu da voler preferire alcun uomo a Dio; ma nemmeno hai da volerglielo agguagliare: Non accipiam personam viri, et Deum homini non aequabo. Mira se si può figurar distanza maggiore di quella, la quale corre tra il Creatore, e la creatura, tra il padrone, e ‘l servo, tra il principe, e lo schiavo, tra l’uomo, e Dio! E presso te staranno questi ad un pari? Oh ch’eccesso orribile! Vadane pur chi si vuole, anche più congiunto, sia per amicizia, sia per autorità, sia per qualunque altro titolo di rispetto. Dio solo ha da prevalere : « Quis tu, ut timeres ab homine mortali, et oblitus es Domini Factoris tui? — Chi sei tu, che temi un uom mortale, e ti sei scordato del Signore che ti fece? » (Isaia 51, 12).
III.
Considera, qual sia quel motivo col quale hai tu da animarti a non voler anteporre niun uomo a Dio, anzi nemmeno agguagliarlo. Ha da esser quello della tua morte imminente. Ti pare a sorte disparato, o disgiunto? Non è così. Di questo si prevalse chi disse in Giobbe : « Non accipiam personam viri, et Deum homini non aequabo— Non avrò riguardo alla persona dell’uomo, e non agguaglierò l’uomo a Dio ». E di questo hai da prevalerti anche tu, quando venga il caso : « Nescio enim quandiu subsistam, et si post modicum tollat me Factor meus — Perocchè non so quanto tempo io possa sussistere, e se il mio Creatore non sia tra poco per levarmi dal mondo ». E che sarà, se dovendo tu comparire fra tempo breve dinanzi al Tribunale di Cristo, pe r essere giudicato, abbia egli da rinfacciarti, che presso te ha potuto più o l’amicizia degli uomini, o l’autorità degli uomini, che la sua? Che confusione sarà la tua? Che cordoglio? Che crepacuore? Potrai tu sperare, che verun forse degli uomini a te già sì accetti, o da te già sì adorati, ti presti in quel Tribunale verun soccorso? Che parli per te? Che preghi per te? Che si offerisca a portar egli le pene dovute a te? Ahi misero, che non sai come dalle mani di Dio solo dipendono le tue sorti per tutta una eternità! E se lo sai, come dunque è possibile, che lo sprezzi per verun altro, o che non lo servi con quella fedeltà che gli si conviene? Vedi però, che connessione strettissima passa tra queste parole: « Non accipiam personam viri, et Deum homini non aequabo — Non avrò riguardo alla persona dell’uomo, e non agguaglierò l’uomo a Dio », e tra queste altre che sembrano sì sconnesse: « Nescio enim quandiu subsistam, et si post modicum tollat me Factor meus — Perciocchè non so quanto tempo io possa sussistere, e se il mio Creatore non sia tra poco per levarmi dal mondo ».
IV.
Considera, che se in bocca a veruno par che mai stessero bene queste parole, fu in bocca a quel sì grande Arcivescovo, ch’oggi veneri, Sant’Ambrogio. E non sai tu con che petto si oppose questi all’ Imperatore Teodosio, per altro principe sì poderoso, e sì pio, quando per la crudeltà dimostrata da lui nella strage di Tessalonica, gli negò fino l’adito nella Chiesa? Figurati dunque, che queste furono quelle parole, che lo animarono a tanto. E chi sa, ch’egli ancora non le dicesse in quell’atto stesso ch’hai qui sentito? Se non disse queste, disse almen altre ch’equivalessero a queste. Tu tienle pronte per tutte le occasioni, che ti si appresentino; e quando vuoi con grand’animo superare i rispetti umani, di’ fra te subito : « Non accipiam personam viri, et Deum homini non aequabo — Non avrò riguardo alla persona dell’uomo, e non agguaglierò l’uomo a Dio ». E se ciò non ti basta a vincerli prontamente, va innanzi, e di’ : « Nescio enim quandiu subsistam, et si post modicum tollat me Factor meus — Perocchè non so quanto tempo io possa sussistere, e se il mio Creatore non sia tra poco per levarmi dal inondo ».