La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

NOVEMBRE

 

VI. GIORNO

La legge sola di Cristo da la vera Beatitudine.

«Qui perspexerit in legem perfectam libertatis, et permanserit in ea, non auditor obliviosus factus, sed factor operis, hic beatus in facto suo erit. — Chi mirerà ben addentro nella perfetta legge di libertà, e in essa persevererà, non essendo uditore smemorato, ma facitore di opere, questi nel suo operare sarà beato » (Lettera di Giacomo 1, 25).

 

I.

Considera come l’ultimo fine, inteso da tanti umani legislatori con le loro leggi, è stato render beate quelle città, quelle case, quelle persone che l’osservassero. Ma nessuno d’essi ha potuto ottener l’intento : « Erunt, qui beatificant, seducentes, et qui beatificantur, praecipitati. — Andranno in rovina coloro che beatificano, col sedurre, e coloro che sono beatificati » (Isaia 9, 16). E la ragion è, perchè non essendo bastevoli quelle leggi a donare a veruno la vita eterna, nemmeno hanno potuto bear veruno, ma sol dannarlo. La Beatitudine si ottien solo con l’osservanza della legge di Cristo. E però scorgi, che quand’egli asceso sul monte co’ suoi discepoli, aperse la prima volta le sue santissime labbra per promulgarla, incominciò dall’ annunziare una tal Beatitudine : « Beati pauperes, beati mites, etc. — Beati i poveri, beati i mansueti, ecc. ». Fu senza dubbio un linguaggio quello pienissimo di stupore, perchè fu contra l’opinione di tutto il genere umano, il qual sino a quell’ora avea collocata la sua Beatitudine in cose del tutto opposte, in ricchezze, in glorie, in grandezze, in prosperità: « Beatum dixerunt populum, cui haec sunt. — Beato hanno detto quel popolo, che ha tali cose » (Salmo 144, 15). Però non senza ragion qui dice S. Giacomo : « Qui perspexerit in legem perfectam libertatis, etc. hic beatus in facto suo erit — Chi mirerà ben addentro nella perfetta legge di libertà, ecc. questi nel suo operare sarà beato », affinchè nessuno s’immagini di poter mai conseguir la Beatitudine, in conformarsi ad altra legge, che a quella di Gesù Cristo. Tu procura di capir bene una verità di tanta importanza, perchè qui sta il fondamento di fabbrica così eccelsa, qual è quella della nostra vita cristiana.

II.

Considera come questa legge di Cristo è chiamata legge perfetta di libertà: Qui perspexerit in legem perfectam libertatis. E’ chiamata legge di libertà, a differenza della legge giudaica, che fu legge di servitù, in servitutem generans (Lettera ai Galati 4, 24). Ed è chiamata di più legge perfetta, perchè la giudaica non arrivò a perfezionar mai veruno :« Nihil ad perfectum adduxit lex. — Niuna cosa condusse a perfezione la legge » (Lettera agli Ebrei 7, 19). E ciò è per due capi. Primo, perchè ad essa mancava la perfezione del fine, ch’era la vita eterna, a cui la legge non potè per se stessa condurre alcuno, ma sol disporvelo. E poi, perchè mancava anche ad essa la perfezion de’ mezzi, che sono stati i tre consigli Evangelici al tutto nuovi, con cui ciascuno sì speditamente oggi arriva a perfezionarsi, che vi può infimo aspirare ogni uomo di volgo : « Et ipse praecedet ante illum parare Domino plebem perfectam. — Ed egli precederà davanti a lui per preparare al Signore un popolo perfetto » (Vangelo di Luca 1, 17). Contuttociò, se può dirsi che più perfetta sia la legge di Cristo in una parte sua, che in un’altra, sicuramente ell’è tale in quelle otto sentenze sì prodigiose, da lui dette Beatitudini, le quali a dire il vero, non altro sono, se non che tante massime di virtù, ma di virtù esercitate in un grado eroico, cioè in grado più Divino che umano, ond’è che solo esse arrivano a bear 1′ uomo. E ciò vuol dire, se miri bene, San Giacomo, quando dice: « Qui autem perspexerit in legem perfectam libertatis, etc. hic beatus in facto suo erit —Chi mirerà ben addentro nella legge perfetta di libertà, ecc. questi nel suo operare sarà beato ». Sicuramente si può affermar ch’egli alluda con modo più speciale all’eseguimento di quelle sì eccelse massime, mentre esse sono, che Con modo ancor più speciale ti fan beato. Che fai tu dunque, che forse sino al dì d’oggi non hai giammai procurato di ben apprenderle?

III.

Considera, che Beato può dirsi l’uomo in due modi: Beato in re, e Beato in spe. Beato in re, è quando egli conseguiste la gloria del Paradiso: « Beati qui habitant in domo tua, Domine. — Beati coloro che abitano nella tua casa, o Signore » (Salmo 84, 5). E allora egli è beato perfettamente. Beato in spe, è quando egli ha una speranza assai fondata, assai ferma, di conseguire tal gloria : « Beatus quem elegisti, et assumpsisti, inhabitabit in atriis tuis.—Beato colui, cui tu eleggesti, e prendesti in tua società; egli avrà stanza nel tuo tabernacolo » (Salmo 65, 5). E allora egli è beato altresì, ma imperfettamente. Ora è cosa indubitata, che le otto Beatitudini del Vangelo non ti possono dare sopra la terra quella Beatitudine, ch’ è perfetta : perchè non possono farti beato in re: ma ti danno almen l’imperfetta, perchè ti fanno con specialissimo modo beato in spe. Sono esse segni di Predestinazione i più chiari che si ritrovino, e però ti fanno sperare la gloria del Paradiso con quel maggior fondamento, e con quella maggior fermezza, che fia possibile, persistendo entro ai termini di speranza : « Spe salvi fatti sumus. — In speranza siamo stati salvati » (Lettera ai Romani 8, 24). E tu non te ne invaghisci?

IV.

Considera come fra queste due Beatitudini dianzi dette, l’una in re, l’altra in spe, se ne trova una, per così dire, di mezzo, ed è quella, che non sol ti dispone a conseguir la gloria del Paradiso per via di merito, ma che incomincia a fartela ancor gustare per via di saggio. E questa appunto è la propria di que.ste otto gran massime di virtù. Perchè quand’elle sono esercitate in quel modo, che si conviene, cioè in modo eroico, ti fan cominciare a gustar in terra quella dolcezza di spirito sì ineffabile, ch’è propria de’ Santi in Cielo. E però qui dice San Giacomo : « Qui perspexerit in legem perfectam libertatis, etc. hic beatus in facto suo erit — Chi mirerà ben addentro nella legge perfetta di libertà, ecc. questi nel suo operare sarà beato ». Non dice « beatus ob factum — beato pel suo operare », perchè ogni giusto, che faccia qualunque opera meritoria, sarà per quella beato, sol che perseveri : ma dice « beatus in facto — beato nell’operare », ch’è ciò, che convien solo agli uomini Santi : perchè operando questi con modo eroico, non sol avvien, che sieno beati ob factum, cioè per l’opere loro, ma che sieno parimente beati in facto, cioè nell’opere; tanta è la contentezza, che provano in operar sì divinamente. E così in qualche maniera si può affermare, che questi giusti più segnalati sien ancor sulla terra Beati in re, perchè se non sono ancora immersi ne’ gaudii del Paradiso, ne cominciano almeno a gustare i rivoli. E senza dubbio seri più che Beati in spe, perchè hanno una speranza molto maggiore di dovere un dì immergersi in tali gaudii, che non han gli altri uomini giusti; siccome ha molto maggiore speranza del frutto ch’ egli desidera, chi sulla pianta già mira spuntare i fiori, che chi non vi mira più che le sole fronde. E perchè dunque ti vuoi tu contentar delle fronde sole, mentre puoi giugnere a conseguire anche i fiori, che son caparra sì indubitata del frutto?

V.

Considera, che se ami d’essere a parte di tanto bene quanto è quello, che partoriscono le Beatitudini sopra dette, conviene, che tu adempia due condizioni premesse qui da S. Giacomo. La prima è, che   tu arrivi ad intendere intimamente, che virtù sieno queste, le quali formano una legge così perfetta. E ciò vuol dire, « perspicere in legem perfectam — mirare ben addentro nella legge perfetta », non vuol dire altrimenti dar a sì bella legge un’occhiata superficiale, come si fa quando si leggono i bandi affissi alle cantonate delle città, perchè ciò sarebbe « perspicere legem, non perspicere in legem — mirare la legge, non mirare ben addentro nella legge ». Vuol dire mirarla sin al fondo, disaminarla, e discuterla, e contemplarla con attenzione. A tal effetto troverai qui le predette Beatitudini, digerite in tante distinte meditazioni ne’ dì seguenti, affinchè tu scorga il modo di rinvenire la verità de’ loro sensi, ma solo fino a quel segno, che giovino a tuo profitto. Hai tu notata la differenza che passa tra il nocchiero, e l’astronomo? Ambidue guardano attentamente di notte le Stelle in Cielo. Ma che? l’astronomo le rimira per curiosità di sapere più che mai può della loro altezza, dell’apparenze, degli aspetti, de’ moti; il nocchiero le rimira, ma solo in ordine a regger bene il suo corso. E questa seconda regola hai tu da usar parimente nel meditare. L’altra condizione si è, che quando hai ben intesa la nobile verità insegnata da Cristo, ti applichi dipoi con un animo molto grande a porla in esecuzione, con tenere per certo, che niun utile può arrecarti il fare tutto giorno all’amore con la Santità, se mai non la sposi. E ciò vuol inferire San Giacomo quando dice : « Qui perspexerit in legem perfectam libertatis, et permanserit in ea, non auditor obliviosus factus, sed factor operis, hic beatus in facto suo erit — Chi mirerà ben addentro nella legge perfetta di libertà, e in essa persevererà, non essendo uditore smemorato, ma facitore di opere, questi nel suo operare sarà beato ». « Permanere in lege —Perseverare nella legge » è una formola delle Divine Scritture, la qual esprime un’ osservanza di tal legge, incessante, stabile, salda : « Maledictus qui non permanet in sermonibus legis hujus, nec eos opere perficit. — Maledetto chi non istà fermo alle parole di questa legge, e non le adempie colle opere » (Deuteronomio 27, 26). E questa osservanza è quella che si ricerca nel caso nostro a divenir sì beato. Quindi è, che quando odi dire : « Beati pauperes, beati mites, etc. — Beati i poveri, beati i mansueti, ecc. », sempre ciò s’intende con questa condizione, se non espressa, almen tacita : « Si permanserit in ea lege perfetta paupertatis, mansuetudinis, etc. — Se persevererà in quella legge perfetta di povertà, di mansuetudine, ecc. ». Altrimenti è certissimo, che né anco sposata ch’abbi una legge così perfetta sarai beato, se poi pentito fra pochi dì ti risolvi di ripudiarla. Nel resto, che credi tu? Credi tu forse, che Cristo sia come tanti maestri umani, i quali si tengono già da’ loro uditori apprezzati assai quando gli scorgono aver essi capite per eccellenza quelle belle lezioni, che ricevettero o di medicina, o di morale, o di canoni, ancorchè non si curino di operare conforme ad esse? Tutto il contrario. Se tu non pratichi le lezioni di Cristo, sarà di te, come se le avessi del tutto dimenticate. Anzi molto peggio. Sarà di te, come se le avessi volute dimenticare. Che però chi non le pratica, non è chiamato semplicemente qui da San Giacomo : « Auditor obliviosus — Uditore dimentico », ma « Auditor obliviosus factus  — Uditore smemorato ». Perchè non è di lui core di uno, il qual sia obblioso semplicemente, ma il qual si sia voluto fare obblioso.

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