MARZO
VI. GIORNO
Il Sacrifizio che deve farsi a Dio.
« Obsecro vos per misericordiam Dei, ut exhibeatis corpora vestra hostiam viventem, sanctam, Deo placentem; rationabile obsequium vestrum.— Io vi scongiuro, per la misericordia di Dio, che presentiate i vostri corpi ostia viva, santa, gradevole a Dio; sia ragionevole il vostro ossequio » (Lettera ai Romani 12, 1).
I.
Considera, che pietà grande sia questa: vedere alcuni i quali potrebbono fare a Dio de’ lor corpi un sagrifizio bellissimo, e tuttavia non conoscono la loro sorte. Giovani, ricchi, dilicati, disposti, di sangue nobile: che scelte vittime, se si offerissero a Dio! Eppure i miseri marciscono ne’ diletti del falso mondo. Non ti maravigliar però se l’Apostolo cominci subito a compatirli, ed esclami : «Obsecro vos per misericordiam Dei, ut exhibeatis corpora vestra hostiam — Io vi scongiuro per la misericordia di Dio, che presentiate i vostri corpi ostia ». Vede ben egli, che molti restano di far ciò per difetto di cognizione, e però non vuole rimproverarli, li supplica. Nel rimanente, se può uno in terra desiderar giustamente di esser nato figliuolo ancora di Re, gentilissimo, garbatissimo, vezzosissimo, perché ha da desiderarlo? Per aver tanto maggior la comodità di darsi piacere, siccome fecero o un Adonia, o un Assalonne? No certamente: ma per potere essere emulo d’un Isacco. Vero è che pochi son coloro che intendano un tal linguaggio. Chi lo intende non ha comunemente opportunità di fare a Dio se non un sagrifizio ordinario; chi ha opportunità di farlo assai nobile, non l’intende; e però piuttosto vuol vivere a se medesimo, che sagrificarsi al suo Dio. Tu che vuoi fare? Non vuoi tu, qualunque ti sii, non per altro amare il tuo corpo, che per farne una Vittima a chi tel diede? « Obsecro per misericordiam Dei, ut exhibeas corpus tuum hostiam — Io ti scongiuro per la misericordia di Dio, che tu presenti il tuo corpo ostia ». Così figurati che dica a te in particolare l’Apostolo ciò, che ha detto a tutti in comune.
II.
Considera, che tre cose costituiscono il sagrifizio: la Vittima, l’Oblazion della Vittima, e l’Occision della Vittima. E tutte tre dall’Apostolo son qui espresse, « Corpus — il Corpo », ecco la Vittima, « Exhibete — Presentate », ecco l’oblazion della Vittima, « Hostiam — ostia », ecco l’occision della Vittima. Vero è, che qui non si tratta di sagrifizio reale, ma metaforico, e però si dice, che « exhibeas hostiam viventem — presenti ostia viva ». Oh te beato se veramente tu mai potessi sagrificare il tuo corpo a Dio, come lo sagrificarono i Martiri! Ma non ti essendo ciò conceduto, hai da supplire al sagrifizio di morte col sagrifizio di mortificazione. Questo è un martirio continuo, e però mentre questo ha da essere il tuo, figurati che il tuo corpo ha da essere vivo sì, ma insieme anche vittima. Tu pensi solo a mantenerlo, a pascerlo, a provvederlo, ma non pensi a sagrificarlo. Eppure per questa sola cagione hai da mantenerlo, per poterlo più lungamente sagríficare. Se non ti è dato una volta morire per Dio, come a uno Stefano, a un Pietro, a un Paolo, a un Lorenzo, hai da godere di vivere, per tornare ogni dì a morire: « Quotidie morior. — Io muoio ogni giorno » (Prima lettera ai Corinzi 15, 31). Ma quali son quei modi, con cui puoi fare a Dio così Vittima del tuo corpo? Sono tre. I. Sono i patimenti che tolleri per prestare al Signore il debito culto, vincendo a cagion d’esempio quella difficoltà che tu provi a levarti presto di letto per l’Orazione, a stare inginocchiato divotamente quando tu reciti in privato l’uffizio, o veramente, quando lo reciti in pubblico, a chinare il capo, a curvare il corpo, a esercitar con decoro altri riti simili. E questo è Sagrifizio di Religione: « Sacrificium laudis honorificabit me — Il sagrifizio di lode mi onorerà » (Salmi 50, 23). II. Son le penitenze che imprendi come reo dell’ira Divina a punir te stesso patendo fame, patendo freddo, sferzando spesso la tua carne rubella ecc. E questo è Sagrifizio di giustizia: « Sacrificate Sacrificium justitiae, et sperate in Domino. — Sagrificate Sagrifizio di giustizia, e confidate nel Signore » (Salmi 4, 6). III. Son le fatiche che duri per servizio del prossimo, consumandoti nello studio, predicando, pellegrinando, o esercitando qualunque altra opera di misericordia, non solo spirituale, ma corporale. E questo è Sagrifizio di carità: « Qui facit misericordiam offert Sacrificium. — Colui che fa l’opra di misericordia offerisce un sagrificio » (Ecclesiastico o Siracide 35, 4). In qual di questi tre modi ti trovi tu più disposto a sagrificarti? Gli sdegni tutti? Non sarai Ostia al tuo Dio.
III.
Considera, che alcuni pur troppo sagrificano il loro corpo: ma a qual Dio lo sagrificano? A quello ch’essi veramente si formano coll’affetto. I golosi hanno il ventre per loro Dio, perchè essi sono que’ miseri, « quorum Deus venter est, — il Dio de’ quali è il ventre » (Lettera ai Filippesi 3, 19). Gli avari il danaro, gli ambiziosi le dignità, i libidinosi han le loro malvage pratiche. E però a questi fan vittima il corpo loro, soggettandolo in grazia d’essi a patimenti, a penitenze, a fatiche molto maggiori di quante avrebbono mai da soffrir per Cristo. E tu vorrai dunque perderlo in simil forma? Non sia mai vero. Voglio che il tuo corpo sia Vittima, ma diversa da quella di certi martiri del Diavolo. Voglio che sia Vittima santa: « Obsecro ut exhibeatis corpora vestra hostiam viventem, sanctam — Io vi scongiuro che presentiate i vostri corpi ostia viva, santa ». Santo vuol dire ciò, ch’è consagrato a Dio, ma a Dio vero, non a Dio falso. E però le antiche Vittime de’ Gentili, quantunque fossero e offerte, e uccise ancor esse, non meno delle Vittime de’ Giudei, non erano però sante, ma immonde, ma profane, ma putride, perchè non erano sagrificate a quel Dio che si conveniva. Fa dunque un poco di speciale avvertenza alla vita tua, e va esaminando se ti torni conto di far mai Sagrifizio, che non sia tutto in onore del vero Dio, tutto per dar gusto a lui, tutto per dar gloria a lui, tutto per riconoscerlo con tal atto quel Dio ch’egli è. Se mai procedi altrimenti, sarà il tuo corpo Vittima sì quanto vuoi, ma non sarà santa. Che dissi, non sarà santa? Sarà iniquissima: perché non è mai dovere, che tu per altri ti logori, che per Dio. Non sei tutto suo? E come dunque vuoi consumarti a pro d’altri? Amati, apprezzati, non ti gettare sì vilmente per Vittima a chi si vuole. Che corti? che tribunali? che traffichi? che diletti di mondo infido? Se hai ad essere Vittima, sii Vittima al vero Dio: « Qui immolat bovem — Colui che sacrifica un bue » in altra forma di quella con cui vada immolato, « quasi qui interficiat virum — è come chi uccide un uomo » (Isaia 66, 3). Or s’è così, che sarà dunque di chi « immolat virum — sacrifica un uomo »? Qualunque volta tu ti consumi per altro, che per servizio Divino, assassini il tuo corpo, non lo sagrifichi.
IV.
Considera, che i Giudei dopo la venuta di Cristo offerivano, ed uccidevano Vittime al vero Dio, e così le Vittime certamente eran sante. Ma ciò che pro? Non erano ancor gradite, mentre il Signore aveva già ripudiati i lor Sagrifizi. « Quo mihi multitudinem victimarum vestrarum, dicit Dominus? plenus sum — Che ho da far io della moltitudine delle vostre vittime, dice il Signore? Io ne son già sazio » (Isaia 1, 11). Non basta adunque che tu sagrifichi il tuo corpo per Vittima al vero Dio co’ patimenti, colle penitenze, colle fatiche, che da principio si dissero; bisogna ancora, che quando glielo sagrifichi, procuri di stare in grazia; altrimenti la Vittima sarà santa, ma non già cara. Saran buoni i tuoi patimenti, saran buone le tue penitenze, saran buone le tue fatiche, ma non però ti porteranno quel frutto che è loro proprio. E perciò dice l’Apostolo: « Obsecro ut exhibeatis corpora vestra hostiam viventem, sanctam, Deo placentem — Io vi scongiuro che presentiate i vostri corpi ostia viva, santa, gradevole a Dio ». Vuol egli che le tue Vittime si distinguano e da quelle de’ Gentili ree, e da quelle de’ Giudei riprovate: da quelle de’ Gentili, e però dice « sanctam — santa », da quelle de’ Giudei, e però dice « placentem — gradevole ». Non pigliar dunque errore nel rimirare, che le opere che tu fai sieno buone in sè: ciò non è bastevole. Bisogna che sii buono anche tu nell’atto di farle. Che vale cominciar la Quaresima a digiunare, com’è dovere, udir Vesperi, udir Uffizi, recitar frequenti corone, e poi aspettare a confessarsi la Pasqua? Questa è una follia solennissima: « Victimae vestrae non placuerunt mihi. — Non mi piacciono le vostre vittime » (Geremia 6, 20) dice il Signore. E’ vero che tali Vittime non dispiacciono, perchè non sono come quelle de’ sensuali, degli ambiziosi, degli avari, de’ ghiotti, i quali sagrificano il loro corpo a un Dio falso; ma nemmen piacciono: Non placuerunt. Convien confessarsi prima; e allora le opere non solo saran sante, ma saran care, allora daran frutto di grazia, allora daran frutto di gloria, allora ti recheranno quell’alto pro, per cui furono istituite. Puoi tu dolerti che il campo tuo renda poco, se prima tu lo semini, e poi lo netti? « Novate vobis novale, et nolite serere super spinas. — Preparatevi una terra nuova, e non seminate sopra le spine » (Geremia 4, 3). Benchè nemmeno a te dee bastare, che le tue opere semplicemente piacciano a Dio. Procura che gli piacciano al maggior segno. E così qualor gli sagrifichi il corpo tuo, fallo con quegli atti che tu sai più perfetti d’amor divino, perchè questo è quello, a che non meno volle alludere l’Apostolo, quando disse, che « exhibeas hostiam placentem — presenti ostia gradevole ». Vuole che la sagrifichi come parlavasi anticamente, in odor di soavità.
V.
Considera, che a cagione di ciò, che pur ora ho detto, aggiunge l’Apostolo, che il tuo ossequio ha da essere ragionevole: Rationabile obsequium vestrum, perchè l’ossequio che rende il tuo corpo a Dio, quando egli è immolato qual Vittima, non ha da essere qual era quello, che anticamente gli rendevan i Tori, i Montoni, gli Agnelli, le Pecore, cioè un ossequio brutale. Vuol essere sempre mai ragionevolissimo, e innanzi al farlo, e nel farlo, e poi che si è fatto. Ragionevole innanzi al farlo, sicchè tu capisca l’onore, che Dio ti fa, in eleggerti per sua Vittima, e che però non vadi al Sagrifizio quasi per forza, come facevano tutti quegli animali, i quali non intendevano la lor forza; ma vi vadi allegramente, ma vi vadi animosamente. Questo è ciò che vuol la ragione. Vuoi dunque andare a sagrificarti al Dio vero, come se andassi al macello? « Voluntarie sacrificabo tibi. — Ti offerirò sagrifizio volontario » (Salmi 54, 8). Ragionevole nel farlo, perchè non si hanno ad effettuare queste opere di patimento, o di penitenza, o di stento qualunque siansi, come le suole effettuare chi non cerca altro che il materiale dell’opere. Bisogna accompagnarle con gli atti di religione, che si convengono, con atti di compunzione, con atti di carità, perchè questo è dare alle opere il lor valore: « Oblatio justi impinguat altare. — L’oblazione del giusto impingua l’altare» (Ecclesiastico o Siracide 35, 8). Quello che impingua l’altare, non è la Vittima, è l’oblazione, cioè quell’atto divoto, con cui tu l’offri. E finalmente ragionevole ancora poichè si è fatto, perchè colla varia pruova, che prendi di te medesimo, hai da osservare, se il Sagrifizio che fai di te, sia conforme alle forze tue, sicchè tu vi possa resistere. Sai che la vittima in questo Sagrifizio ha da restar viva, per poter tornare a immolarla. Bisogna dunque, che non risparmi il tuo corpo, nè lo distrugga: « Honor Regis judicium diligit. — L’onor del re ama l’ordine » (Salmi 99, 4) : e però bisogna altresì che tu ben distingua l’onore esterno, che rendi a Dio, dall’interno. L’interno non ammette veruna legge. Credi quanto puoi, spera quanto puoi, ama quanto puoi. Ma l’esterno non solamente l’ammette, ma la richiede, come ogni Vittima voleva sempre il suo sale. « Rationabile obsequium vestrum — Sia ragionevole il vostro ossequio ». Però la regola è questa, far tanto di bene esterno che ti aiuti all’interno, non ti inabiliti, perchè l’interno è fine, l’esterno è mezzo. Ma chi non sa che il fine solo è quello, che ha da volersi senza misura, siccome vogliono gl’infermi la sanità? Il mezzo si ha da volere fino a quel segno, che sia giovevole al fine, siccome vogliono parimente gl’infermi la medicina.