La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

MAGGIO

VI. GIORNO

La morte deve sempre temersi vicina.

 

« Memor esto, quoniam mors non tardat. —Ricordati, che la morte non tarda » (Ecclesiastico o Siracide 14, 12).

 

I.

Considera, che quanto male commettono i Cristiani, procede comunemente dal persuadersi che la lor Morte non verrà a trovargli sì presto, come si predica. Nè è maraviglia : Sono servi pigri. Ma chi non sa, che come questi sospettino, non che sappiano, che il Padrone tornerà tardi in Città, non han bisogno d’altro impulso ad usare ogni trascuraggine nelle loro faccende di casa? Così pur fanno i Cristiani. Qualor si possano immaginar, che il Signore ancor sia lontano, se non fanno altro di peggio, si danno all’ozio, alle commedie, alle crapule, ai passatempi. Dissi, se non fan di peggio; perchè i più da questa nociva persuasione pigliano ardire di trascorrere ad ogni eccesso. Senti, come dicea quell’adultera, che invitava il suo drudo a sollazzi osceni : « Non est vir in domo sua: abiit via longissima. — Il marito non è in casa sua : se n’è andato lontanissimo » (Proverbio 7, 19). Quel ricco, che volea tutto darsi a pigliar piacere, ad avanzare, ad accumulare, a far gemere i poverelli, dicea tra sè sul letto : « Anima mea, habes bona posita in annos plurimos. — Anima mia, tu hai de’ beni preparati per molti anni » (Vangelo di Luca 19). E quel servo infame che tolto il bastone in mano cominciò a percuotere tutte le ancelle di casa, ad aprir credenze, e cantine, e a scialacquar quanto vi era di vettovaglie e di vino con gente insana, cum ebriosis, perchè lo fece? perchè « dixit in corde suo — disse nel suo cuore » : « Moram facit dominus venire. — Il padrone tarda a venire » (Vangelo di Matteo 24). Nè solo ciò : ma come questa persuasion sì dannosa fa, che i Cristiani trascorrano in ogni eccesso, così fa poi, che trascorsivi, vadano differendo di giorno in giorno l’emendazione : fa che non abbandonin le pratiche scellerate, fa che non paghino Chiese, fa che non paghino Chiostri, fa che non depongano gli sdegni innati dal cuore, fa che non si confessino, fa che non si comunichino, fa finalmente, che trabocchino in perdizione, siccome accadde in quel sì funesto secolo di Noè, quando tanto di Mondo perì tutto impenitente, perchè credea, che il diluvio non l’avrebbe potuto sì tosto opprimere, come gli veniva minacciato : Non cognoverunt, donec venit diluvium, et tulit omnes. Non ti paia strano però, se il Savio qui ti dica a note sì chiare: « Memor esto, quoniam mors non tardat. — Ricordati, che la morte non tarda ». Importa troppo avere in mente quest’opinione vivissima, che la morte non tarderà. Contuttociò non ti dice « scias — sappi », ti dice sol « Memor esto — Ricordati » : perchè troppo gran torto egli ti farebbe, se ti volesse fare imparare una cosa, che è tanto nota. Presuppone già, che la sappi, e però ti dice solo con civiltà, che te ne rammemori: Memor esto.

II.

Considera, che i Cristiani non hanno gran difficoltà a ricordarsi, che la morte verrà: ma l’han grandissima a voler ri cordarsi, che verrà presto. Qui sta il tormento, qui il terrore, e però vanno con mille modi ingannandosi fin a tanto che « veniat mors super illos — venga la morte sopra loro », sicchè « descendant in Infernum viventes — discendan vivi nell’Inferno » (Salmo 54, 16), trovandosi nell’Inferno prima, che i meschini si accorgano di trovarvisi. Però dice il Savio: « Memor esto, quoniam mors non tardat. — Ricordati, che la morte non tarda ». Se non tarda, è segno dunque, che non ha da venire, ma che già viene, e che di più viene in fretta, senza divertimento, senza dimora, giacché tutto ciò è necessario di credere, se non tarda. E chi ne può dubitare? Chiunque tarda nel suo cammino, convien che tardi per qualche impedimento, o intrinseco, o estrinseco, che lo arresti. Ma la morte non ne ha veruno : perchè quanto all’intrinseco non ci è pericolo, ch’ella giammai si stanchi di camminare: non perde fiato, non perde forze, anzi è come un gonfio torrente. Più che di passo in passo si avanza nel suo viaggio, più si allena, più si avvalora, più acquista, perchè più ci ruba di vita: « Quid defraudat vitam? Mors. — Cosa ci priva della vita? la Morte » (Ecclesiastico o Siracide 31, 34). E quanto all’estrinseco, non solo ella non può temere verun arresto violento, avendo seco già da Dio troppo liberi i passaporti; ma nemmeno ella può temerlo fortuito; perchè non è nell’operare legata a veruna sorta di circostanze: non è legata a luogo, legata a tempo, legata a modo. Procede con mano regia: « Et calcet super eum, quasi Rex interitus. — E lui calpesterà, quasi sovrana, la morte » (Giobbe 18, 14). Se guardi il luogo, ella viene con mano regia, perché ti può egualmente raggiugnere da per tutto: per terra, per mare, in casa, in piazza, in colli, in piani, in giardini, in selve, in deserti, sicché per tutto ella regna con libertà. Se guardi il tempo, procede con mano regia : perchè ti può egualmente raggiugnere a qualunque ora, sì di giorno, come di notte: non rispetta l’età canuta, non teme la forte, non piegasi alla fiorita, non compatisce neppur in fasce la tenera : sicchè tutto il tempo è suo. E se guardi il modo, ancora in questo va colla medesima mano. con mano regia; perchè non è più ristretta ad uno, che a un altro : non a febbri, non a convulsioni, non a catarri, non a tossici, non a calcoli, non a cancrene, non a veruna sorta d’infermità; non ha bisogno di ferro, non ha bisogno di fuoco; col solo roderti ch’ella ti fa chiusa in seno, ti può finir senza che tu te ne accorga: « Consumentur velut a linea. — Saran consunti come da tignuola » (Giobbe 4, 19). Or mira dunque, s’ella può aver cosa alcuna, che l’impedisca : e se non l’ha, come dunque ti puoi tu fingere, ch’ella tardi? « Memor esto, quoniam mors non tardat. — Ricordati, che la morte non tarda ».

III.

Considera, che queste cose, le quali io ti ho dette fin qui, sono assai sapute. Ma questa è la maraviglia, che, benchè sapute, sia contuttociò di necessità così grande il rammemorarle: « Memor esto, quoniam mors non tardat. — Ricordati, che la morte non tarda ». Chi è, che non sappia, pur troppo, ch’egli è mortale? « Scio, quia mortis trades me, ubi constituta est domus oMni viventi. — Io so, che mi darai in balìa della morte, dove è assegnata abitazione ad ogni vivente » (Giobbe 30, 23). E pur la Chiesa ha determinato un giorno proprio dell’anno, in cui con alta solennità ciò rimembrisi a quanti sono, uomini, donne, piccoli, grandi, peccatori, giusti, dotti, ignoranti, quasi che ciascun se ne fosse dimenticato : « Memento homo, quia cinis es, et in cinerem reverteris. — Ricordati o uomo, che sei cenere, e in cenere ritornerai ». I Predicatori continuamente dai Pergami non fanno altro che gridare sui popoli, Morte, Morte. E le Divine Scritture con quante trombe risvegliano d’ora in ora una tal memoria? « Memorare novissima tua. — Ricordati de’ tuoi novissimi » (Ecclesiastico o Siracide 7, 40). « Memento finis. —Ricordati del tuo fine » (Ecclesiastico o Siracide 36, 16). « Memento novissimorum. — Ricordati de’ novissimi » (Ecclesiastico o Siracide 28, 6). « Memor esto judicii mei, sic enim erit et tuum. — Ricordati di quel ch’è stato di me: così sarà anche di te » (Ecclesiastico o Siracide 38, 23). Sicchè bisogna pur dire, che il rammemorare a ciascuno, ch’egli è mortale, non sia superfluo. Quanto dunque meno superfluo sarà il rammemorargli, che morrà presto, ch’è ciò di che ognuno si studia, più ch’egli può, di dimenticarsi, come di fantasma noioso? Non è questa la vera regola. La vera regola è conformarsi alla disposizione provvidissima del Signore, il quale ha voluto colmare il mondo d’immagini della morte, affinchè dovunque n’ andiamo ci sia presente : « Replevit omnia morte. — Empi tutto di morte » (Sapienza 18, 16). E però tu dovunque vadi avvezzati a contemplarla. Se cali in giardino, e là rimiri quei fiori, che appena schiusi, sul loro stelo languiscono, « Memor esto, quoniam mors non tardat. — Ricordati, che la morte non tarda ». S’ entri nell’orto, e là riguardi quegli alberi, che poc’anzi tanto pomposi, cominciano d’ogni intorno a sfiorire, a sfrondarsi, a spirare orrore, « Memor esto, quoniam mors non tardat. — Ricordati, che la morte non tarda ». Se giungi al campo, e vedi là quelle biade, che tutte gialle aspettano d’ora in ora la lor falce, « Memor esto, quoniam mors non tardat. — Ricordati, che la’ morte non tarda ». Se vai alla tua fontana, e scorgi quell’acqua, che dopo aver tanto corso, per giugnere là pur ella ad uscire in luce, va subito da se stessa a seppellirsi di nuovo giù nelle tenebre, « Memor esto, quoniam mors non tardat. — Ricordati, che la morte non tarda ». Se ti scaldi al fuoco, e osservi là quelle legna, che benchè da prima ostinate, sono alla fine costrette ad ardere, ad abbruciarsi, ad andar quante sono ridotte in cenere, « Memor esto, quoniam mors non tardat. — Ricordati, che la morte non tarda ». Se ti fai alla finestra, e di là guardi il Sole, che declinando, convien che anch’ egli quanto prima precipiti nell’Occaso, « Memor esto, quoniam mors non tardat. —Ricordati, che la morte non tarda ». Se in tua cella, in tua camera tu stai chiuso, e quivi scorgi quella candela medesima, che ti serve, a poco a poco distrutta, morir sugli occhi, « Memor esto, quoniam mors non tardat. — Ricordati, che la morte non tarda ». Queste, e altre innumerabili immagini, son tutte a guisa di tante splendide larve, sotto di cui puoi da per tutto incontrar velata la morte, giacchè non sempre puoi stare in Chiesa, o puoi stare ne’ Cimiteri, a vederla ignuda, qual è, sulle sepolture. E credi tu, che queste istesse non possano assai giovarti? Se non altro ti manterran vivo in mente questo pensiero di morte prossima. E questo solo è bastevole in un Fedele a sgombrargli presto dal capo ogni vanità, dal cuore ogni vizio, sicchè riducasi a vivere solamente a quello, che importa, cioè dire all’eternità.

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