La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

GIUGNO

 

VI. GIORNO

Le Opere di Cristo devono esser la meditazion più frequente del Cristiano.

 

« Tria sunt difficilia mihi, et quartum penitus ignoro: Viam Aquilae in Caelo, viam Colubri super petram, viam Navis in medio mari, et viam Viri in adolescentia. Talis est via Mulieris adulterae, quae comedit, et tergens os suum dicit: Non sum operata malum. — Tre cose sono per me difficili ad intendersi, e una quarta mi è affatto ignota: la via dell’Aquila per l’aria, la via del Serpente sulla pietra, la via della Nave in mezz o al mare, e la via dell’Uomo nell’adolescenza. Tale è anche la via della Donna adultera, la quale mangia, e si lava la bocca, e dice: non ho fatto verun male » (Proverbio 30, 18).

 

I.

Considera, che il tuo più caro pascolo nella Meditazione ha da essere intorno alle opere di Cristo Nostro Signore, le quali sono sì profonde, sì prodigiose, che sono intitolate Misteri, e però puoi ben in esse gettarti a nuoto con sicurezza di non mai dar nelle secche, se ti sostieni. Eccoti però Salomone, che dentro un versetto raccoglie in breve tutta la Vita di Cristo, con ripartirla appunto in quattro misteri. Nè dubitare, che con profetico spirito a questi non alludesse in senso ancor letterale, benchè allegorico, qual fu quello, che Cristo usò quando sotto nome di spine egli voleva intendere le ricchezze. Tal è il parere d’interpreti sublimissimi, e molto più ciò confermasi dall’udire, che Salomone comincia subito a dire, che cose tali eran assai difficili da capirsi non solo agli altri, ma ancora a lui : Tria sunt difficilia mihi, et quartum penitus ignoro. Ma come avrebbe ciò potuto affermare con verità, se avesse ragionato di cose, che non trascendessero l’ordine di natura? Non fu egli al Mondo quell’ uomo così sapiente, che non udì mai proporsi verun enigma sì avviluppato, sì arduo, che tosto non isciogliesse? « Non fuit sermo, qui Regem posset latere. — Non vi fu cosa che potesse esser ignota al Re ». Cosi di lui dice lo Scrittor Sacro. Non dice « qui lateret — che fosse ignota », dice « qui posset latere — che potesse essere ignota », per dinotarci, ch’egli sapea più rispondere, di ciò che altri sapessegli addimandare. E come dunque in questi quattro soli arcani esitò, anzi confessossi ignorante, se niente in sè venivano a contenere di sovrumano? Vero è, che quanto questi, mostrati a Salomone sì da lontano, valevano a svegliare in lui vivo desiderio d’intenderli pienamente, di possederli, di penetrarli, tanto più debbono eccitare in te confusione, mentre sei nato in tempo, nel quale già sono tutti venuti a luce. Ecco avverato quel, che disse il Signore: « Dico vobis, quod multi Prophetae, et Reges voluerunt videre, quae vos videtis, et non viderunt; et audire quae auditis, et non audierunt. — Io vi dico, che molti Profeti, e Regi bramarono vedere quello, che voi vedete, e nol videro; ed udire quello, che voi udite, e non l’udirono » (Vangelo di Luca 10, 24). Certo è, che Salomone e fu Profeta unitamente, e fu Re il maggiore del Mondo, e pur a lui non è toccata la sorte toccata a te.

II.

Considera, che il primo di questi Arcani, di cui qui parlasi, è « Via Aquilae in Caelo. — La via dell’Aquila per l’aria ». Questa via di certo è difficile, attesi i voli incertissimi, che dà l’Aquila, senza lasciare alcun segno d’essi in quell’aria, per cui passò. Ma se ‘I Savio non avesse alluso più oltre, avrebbe detto ciò, che ancora è comune agli Arioni, agli Avoltoi, a più altri Uccelli che volano su per l’alto. Quest’Aquila è Gesù Cristo: « Aquila grandis magnarum alarum — Aquila grande di estese ali » (Ezechiele 17, 3), che nella sua gloriosa Ascensione al Cielo die’ voli non più veduti, anzi ne anche più creduti possibili. Perciocchè Elia era bene ancor egli salito al Cielo, ma sopra un Cocchio di quattro focosi déstrieri, cioè portato da virtù altrui, non da propria: Cristo vi volò senza Cocchio. Trattienti tu a rimirare i suoi sommi voli, ma nell’istesso tempo anche infiammati ad imitarli, giacchè pur quest’è quel tuo Signore amoroso, che « sicut Aquila provocat ad volandum pullos suos — come Aquila addestra al volo i suoi figli » (Deuteronomio 32, 11). E perchè va al Paradiso, se non perché tu ancora la su lo seguiti? « Vado parare vobis locum. — Vo a preparare il luogo per voi » (Vangelo di Giovanni 14, 2). Nè dir già più che questa strada dell’Aquila sia, come prima, difficile da sapersi: perchè Cristo pur troppo te l’ha mostrata: «Quo ego vado scitis, et viam scitis. — Dove io vada, lo sapete, e la via la sapete » (Vangelo di Giovanni 14, 4). Seguita l’esempio di Cristo, patisci come lui, ubbidisci come lui, umiliati come lui, e poi tien pure per cosa certa di giugnere al Paradiso, e così di ritrovare la via dell’Aquila: Viam aquilae in Caelo.

III.

Considera, che il secondo de’ quattro Arcani è « Via colubri super petram. — La via del serpente sulla pietra ». Questa via pure è difficile, attesi gl’inaspettatissimi moti, che fa il Serpente, senza lasciare alcun vestigio di essi su quella pietra, per cui strisciò. Ma se il Savio non avesse alluso più oltre, avrebbe detto ciò, che ancora è comune a più altri insetti : Questo serpente ammirabile è Gesù Cristo: « Sicut exaltavit Moyses serpentem in deserto, ila exaltari oportet filium hominis. — Siccome Mosè esaltò nel deserto il serpente, così fa d’uopo che sia esaltato il figliuolo dell’uomo » (Vangelo di Giovanni 3, 14). Il quale deposto di Croce, e di poi sepolto si rivestì di spoglia ancor più splendida, e risorgendo uscì dalla Sepoltura, con lasciare intatta la pietra, che ricoprivala. Sì strani moti furono al Mondo novissimi, perchè da un sonno, qual è quel della Morte, era riuscito di destarsi anche ad altri, ma a forza dell’altrui voce; nessuno si era destato mai da sé stesso. Tu fermati a contemplare questo serpente, che prima morto per dare a tutti la vita, ritorna a vivere, perchè tu non tema il morire. E non sai tu, che con Cristo non può risorgere, chi non ha prima voluto morir con Cristo? « Fidelis sermo, nam si commortui sumus, convivemus; si sustinebimus, et conregnabimus. — E’ certo che, se insieme siam morti, insieme ancora vivremo; se saremo tolleranti, regneremo insieme » (Seconda lettera a Timoteo 2, 11). Ringrazialo però, che si sia degnato di farti intendere il modo, ch’hai da tenere, affine di poter tu ancora risorgere a miglior vita; Notes mihi fecisti vias vitae. Questo è morire a te stesso. Se fai così, sta pur certo, che verrà dì, nel qual ancor tu lascierai glorioso la tomba, per tener dietro l’orme del tuo Signore, e così vedrai, qual sia la via del serpente su la sua pietra: Viam colubri super petram.

IV.

Considera, che il terzo de’ quattro Arcani è « Viam navis in medio mari. —La via della nave in mezzo al mare ». Questa via pure è difficile a risapersi, attesi i velocissimi corsi, che fa la nave, senza lasciare orma di sè su quell’onde, ch’ ell’ ha solcate. Ma se ‘1 Savio non avesse alluso più oltre, avrebbe detto ciò, ch’è comune anche a’ pesci, che guizzano in tanti modi su l’istesse onde. Questa nave sì nobile è Gesù Cristo: « Navis institoris de longe portans panem suum. — Nave d’un mereatante, che da lungi porta il suo sostentamento » (Proverbio 31, 14). Nave, che sciogliendo da tanto lontan paese, recò la Divinità dal Cielo alla Terra, affine di trasportare l’Umanità dalla Terra al Cielo. Or chi può esprimere la via maravigliosa, che tenne così gran nave fra tanti flutti ! Furono innumerabili i casi tra lor contrari, che Cristo corse nella sua vita mortale; ora sublimato, or depresso, or approvato, or deriso; or amato, ora detestato. Di niun altro uomo, come di lui, potrà dirsi con verità, che fu « tentatus per omnia — tentato in tutto ». Mira tu questa Nave andar sì ondeggiando, finché alla fine arrivata nel mar più alto della sua penosa passione restò sommersa, e disponti a non voler far come quei discepoli, i quali a guisa di timidi battelletti, quando ingrossò la tempesta, l’ abbandonarono : Omnes relicto eo fugerunt. Tu sta pur forte, perchè qui si conosce la fedeltà. Segui l’esempio di Cristo, che per la salute del prossimo fu contento di esporsi ad ogni sorta di accidente sì prospero, come avverso : In mari via tua (Salmo 77, 20), e così saprai parimente qual fu la via della nave nel mare ondoso : Viam navis in medio mari.

V.

Considera, che il quarto dei quattro Arcani è « Via viri in adolescentia. — La via dell’uomo nell’adolescenza ». Questa è la via che Salomone affermò d’ignorare affatto : Quartum penitus ignoro: ma come, se tanto bene egli avea descritti in tanti luoghi gli andamenti de’ giovani? Adunque quanto è probabile, ch’egli intendesse perciò quella via occultissima che Cristo tenne nella sua vita nascosta? Quella sì, che fu « via viri in adolescentia — via di uomo nell’ adolescenza », perciocchè Cristo non solo giovine, ma fanciulletto fu «Vir — Uomo ». «Foemina circumdabit virum. — Una donna chiuderà in sè un uomo » (Geremia 31, 22). Vero è, che Salomone non dice « via viri in adolescentia sua — la via dell’ uomo nella sua adolescenza », dice « in adolescentia — nell’adolescenza », e così « adolescentia — adolescenza », qui può dinotare non solamente l’adolescenza di Cristo, ma ancor l’adolescenza della sua Madre. E secondo ciò eccoti l’alto mistero ineffabilissimo della Incarnazione di Cristo nelle purissime viscere di Maria; tanto più, che dove il Latino dice « in adolescentia — adolescenza », 1′ Ebreo dice in alma, cioè a dire « in adolescentula — nella giovinetta », e « in adolescentula clausa — nella giovinetta guardata », « in adolescentula custodita — nella giovinetta custodita ». Vedo ben io, ch’è più giusto di ritenere la version corrente, che dice « in adolescentia — nell’adolescenza »; ma ciò nulla pregiudica al nostro intento : imperciocchè non è nuovo, anzi usato nelle Scritture, che talor l’astratto significhi il suo concreto : «Uxorem adolescentiae tuae noli despicere. — Non disprezzare la moglie di tua prima età » (Malachia 2, 15). Se tu qui pigli l’adolescenza in astratto, che sposa ell’ha? Convien adunque che tu la pigli nel suo concreto : ed allora intendesi, che chi è vecchio non disprezzi, quasi annoiato, quella sposa, che tolse quand’era giovane. Ben dunque con egual frase potè affermare anche un Salomone, che « penitus ignorabat viam viri — affatto ignorava la via dell’uomo », cioè di un uomo perfetto, qual era Gesù Bambino, in Adolescentia, cioè in un’adolescenza sì illibata, sì illesa, qual fu quella di Maria Vergine: e, posto ciò, disse ben d’ignorarlo affatto : penitus ignoro, perchè il mistero dell’ incarnazione è sì alto, che troppo supera ogn’intelletto creato : « Novum faciet Dominus super Terram. — Nuova cosa farà il Signore sopra la terra » (Geremia 31, 22). Comunque siasi; Via viri in adolescentia, cioè, tutta quell’alta strada, che Cristo tenne, da che scendendo dal Cielo, egli giunse a compir la sua giovanezza, che fu fin presso ai trent’anni dell’età sua, sia qui il tuo pascolo amato. Quanto fia per te salutare se sai valertene! Ammira singolarmente quell’ubbidienza, che in questo tempo ben si può dire, che fu tutta la sua strada. Oh com’egli per essa non solo corse, ma parimente esultò fanciullo, e gigante! exultavit ut Gigas ad currendam viam (Salmo 18, 7). E se ti disporrai ad imitarlo, non dubitare, perchè saprai qual è la via di esser grande, ancor nella piccolezza : Viam Viri in adolescentia.

VI.

Considera, che Salomone, accogliendo dentro un sol versetto tutta la vita di Cristo nostro Signore, procede con ordine, come suol dirsi, retrogrado; perchè in cambio di salire dall’Incarnazione all’Ascensione, scese dall’Ascensione all’Incarnazione. Ma non devi maravigliarti, perchè lo fe’ per serbare la gradazione delle difficoltà, che scorgeva in misteri sì prodigiosi. Difficile a capirsi pare l’Ascensione di Cristo al Cielo, più difficile la Risurrezione, più difficile la Passione, ma difficilissima affatto è l’Incarnazione: Mysterium quod absconditum fuit a saeculis (Lettera ai Colossesi 1, 26). Presupposto questo mistero, più agevolmente di mano in mano s’intendono tutti gli altri, come tu da te puoi notare. L’istessa gradazione della difficoltà pure appar nelle allegorie, perchè mirabile è veder l’ aquila tanto bene librarsi, quand’ella vola, sulle sue penne, che non c’è mai pericolo, ch’ella caschi. Più mirabile è vedere il serpente strisciare così sicuro su un precipizio, che va come una saetta, benchè gli manchino penne, anzi ancora piedi. Più mirabile è vedere la nave, corpo vastissimo, non sol priva di penne, priva di piedi, ma priva d’anima, volar su l’ acque, e strisciare al tempo medesimo con tanta arte, che fa servirsi da quei medesimi venti, ch’ell’ha contrari. Ma mirabile affatto è mirar un giovane regolarsi di modo sul fior degli anni, che sia giovane insieme, e insieme perfetto: Sit Vir, et Adolescens, perchè se qui sono miracoli di natura, questo è un sommo miracolo della grazia. Di via ordinaria è, che ciascun vada nella perfezione avanzandosi a poco a poco, non è, che l’ottenga subito: « Justorum semita quasi lux splendens procedit et crescit usque ad perfectam diem. — La via de’ giusti è simile alla luce risplendente, che s’avanza e cresce sino al giorno perfetto » (Proverbio 4, 18). Contuttociò non ti avvedi, che cose tali non erano in se stesse sì imperscrutabili, che dovessero spaventare un intelletto sì nobile, qual fu quello di Salomone, se sotto la corteccia di splendide allegorie non avesse egli scorti misteri altissimi, ch’abbiamo qui dichiarati spettanti a Cristo? E però nota con quanta ingenuità, quand’egli entrò in così fatte materie, non si vergognò di dichiararsi ignorante: « Tria sunt ditticilia — Tre cose sono difficili ad intendersi », o come dice l’Ebreo, « abscondita mihi et quartum penitus ignoro — sono per me occulte, e la quarta mi è affatto ignota ». Tu quanto più cresce l’impercettibilità de’ misteri, tanto più stimagli degni di quel Signore, che gli operò. E che gran cosa sarebbe, se Dio non potesse arrivare ad operar più di quello, che tu possa arrivare col tuo pensiero a comprendere? « Ecce Deus magnus, vincens scientiam nostram — Certamente Dio è grande, e sorpassa ogni nostro sapere » (Giobbe 36, 26).

VII.

Considera, che la difficoltà conosciuta, in quanto si è finora discorso, conobbe Salomone altresì nell’arrivare a scoprire una donna adultera, la quale sazia di quei cibi sozzissimi, e sordidissimi, che furtivamente le ha dati a goder l’Amante, si sa di poi tanto bene lavar la faccia, che dà ad intendere di avere ancor digiunato: Talis est via mulieris adulterae, quae comedit, et tergens os suum dicit: non sum operata malum. Se badi alla corteccia, non pare al fine, che questo sia una malizia sì mostruosa; ma mostruosissima è, se lasciata la corteccia, tu passi al senso profetico, ch’ella cuopre, e trovi il midollo. Questa adultera infame è la Sinagoga, la quale ripudiò dinanzi a Pilato il suo vero Sposo, qual era Cristo, per andar dietro agli scellerati, ai sicari, ai Profeti falsi, e dipoi datolo a morte con quella facilita, con cui una lupa divorasi un agnelletto, angariatolo, assassinatolo, vuol tuttodì la sfacciata far l’innocente; e corrompendo le divine Scritture, e spergiurando, e soverchiando, e ingannando la gente semplice, che tra lei si ritrova, si va così più che può lavando le labbra, perchè non appariscano lorde di tanto scempio, di tanta strage, quant’operò nell’ uccidere un Dio fatt’uomo. Ma questo appunto è l’ultimo de’ suoi mali, perchè se piangesse la perfida il suo delitto, potrebbe ottener pietà. Ma perchè pretende in fin di giustificarlo, ella è insopportabile: « Si laveris te nitro, et multiplicaveris tibi herbam borith, maculata es in iniquitate tua coram me: dicit Dominus: Quomodo dicis non sum polluta? —Quando tu ti lavassi nel nitro, e facessi uso continuo dell’erba borith, dinanzi a me tu sei sordida per la tua iniquità: dice il Signore: e come dici tu, io non son contaminata? » (Geremia 2, 22). Ah che imprudenza sì strana, che andasse unita con tanta ingratitudine, con tanta ingiustizia, con tanta inumanità, con tanto eccesso di furore, mai più non è stata al Mondo, mai più non sarà! e però a pensarvi intimamente ella av anza qualunque capacità d’intelletto umano. Tu guarda, che quest’Adultera maledetta non adombri l’anima tua, che tante volte, voltate le spalle a Cristo, ha preteso ancor di nascondere in Confessione il peccato fatto: « Ecce ego judicto contendam tecum, dice il Signore, eo quod dixeris, non peccavi. — Ecco che io disputerò teco in giudizio, perchè hai detto, non ho peccato » (Geremia 2, 35).

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