GENNAIO
VI. GIORNO
Festa dell’ Epifania.
Dio a qual segno benefico, e con chi.
« Idem Dominus omnium, dives in omnes, qui invocant illum. — Lo stesso è il Signore di tutti, ricco per tutti coloro, che lo invocano » (Lettera ai Romani 10, 12).
I.
Considera quanto conforto ti devono arrecare queste parole: il Signore è Signore eguale di tutti: Idem Dominus omnium: chiama tutti, accoglie tutti, abbraccia tutti, si mostra al pari amorevole verso tutti. E però vedi tu, come appena nato vuol apparire questo Signore eguale; chè egli è « Rex omnis terrae Deus. — Dio Re di tutta la terra » (Salmo 47, 8); mentre riceve a suoi piedi i vicini, e i lontani, i Giudei, e i Gentili, i Pastori, e i Principi, gl’idioti, e gl’intelligenti, i più semplici, e i più sensati, gradisce egualmente i poveri tributi di latte, ed i ricchi d’oro. Che temi dunque tu? Se questo Signore è « idem Dominus omnium — lo “stesso Signore di tutti », conseguentemente è Signore ancora di te; dunque penserà ancora a te, dunque provvederà ancora a te, dunque non lascierà di portarsi anche teco da buon Padrone, solo che tu non lo sdegni. Ma questo è il pericolo; che tu arrivi talora anche a vergognarti della sua servitù, mentre vedi il tuo Re stare in una stalla. Anzi allora più che mai prostrati divoto a’ suoi piè co’ Santi Re Magi, e quivi umilia il tuo fasto, perchè s’egli ha deposta la sua maestà, l’ha deposta appunto per te, cioè perché tanto più facilmente tu possa accostarti a lui, parlar con lui, prevalerti di lui, raccomandarti a lui, come ad un Padrone si buono, che per te vuol fare anche il servo. Oh che confusione! Quegli, il quale è egualmente Signore di tutti, idem Dominus omnium, si fa servo a tutti egualmente; e pure tutti non egualmente si degnano servir lui.
II.
Considera, che questo Signore è ricco: Dives, ch’è quella dote, la quale i servi più bramano nel Padrone. Ma qual altro fu quel Padrone, che mai potesse per verità dirsi ricco? Ricco è colui, che non ha bisogno di niente. Ma gli uomini ancor più ricchi di quanto sono tuttodì bisognosi! Però si privano delle ricchezze medesime per trovare chi soddisfaccia ai loro bisogni, salariando tanti agricoltori, tanti artisti, tanti uomini di servizio. Iddio solo è quello, che non ha bisogno di niente, perchè ha in se stesso ogni bene. Oltre a ciò è vero, che molti Principi sono ricchi, ma ricchi di quel d’altrui. I Popoli sono quelli che li mantengono colle proprie sostanze. Mancate queste, ancor essi diverrebbono poveri al par degli altri. Dio solo è quello il quale è ricco del suo : nè solamente non riceve da niuno, ma dona a tutti: Dives in omnes.
III.
Considera, che gli uomini ricchi il più delle volte riescono ricchi avari. Il Signore non sol non è avaro, ma non può esserlo. Però tu vedi non dirsi qui ch’egli sia « munificus in omnes, qui invocant illum — liberale per tutti coloro che lo invocano », ma che sia a «dives — ricco », perchè in lui non v’è differenza. Tanto è l’esser ricco, quanto è l’essere liberale; mercè che la sua ricchezza è si indeficiente, che per quanto altri ne partecipi, nulla perde. Questo fa che sia « dives — ricco» non solamente « in aliquos — in alcuni », ma «in omnes — in tutti ». Vengano pur quanti vogliono a provvedersi, ve n’è per ogni uno. La sua ricchezza non è ricchezza di erario, qual è quella degli uomini è di miniera, e di miniera inesausta.
IV.
Considera, che il Signore è liberalissimo, ma tuttavia sempre vuole una condizione: vuol essere ricercato: « Dives in omnes, qui invocant illum — ricco per tutti coloro che lo invocano »; perchè egli vuol mandare la limosina ancor copiosa, ma vuole che gli sia chiesta, ancora istantemente, ancora importunamente, Sine intermissione orate. Il che non potendo in lui nascere da avarizia, come in colui che nulla perde nel dare, rimane che nasca da amore. Egli ha brama si grande, che tu stii séco, che fa sospirarti le grazie, perchè le chiegga. Non vedi tu come fai, quando tu vai pellegrinando a Loreto? Se incontri un figliuoletto vivo di spirito, il quale a te si presenti per la limosina, gliela dai, ma prima godi di fartelo venir dietro. Così fa Dio; vuole un poco goder di te: « Deliciae meae esse cum filiis hominum. — E’ mia delizia lo stare co’ figliuoli degli uomini» (Proverbio 8, 31). Ma come a ciò non rimarrai confusissimo? Par che piuttosto dovrebbe fare con esso te, come appunto fai tu medesimo con quei figliuoli sgraziati, a cui dai presto limosina non per altro, se non perchè non te l’abbiano a dimandare.
V.
Considera donde accada, ch’essendo il Signore, come s’è detto, « Dives in omnes, qui invocant illum — Ricco per tutti coloro che lo invocano », contuttociò tanti chieggono, e non ottengono. La ragione è manifestissima, perchè « non invocant illum — non invocano lui». Dimandano sanità, dimandano prole, dimandano prosperità, dimandano altri beni da lui distinti, e così « invocant ab illo — invocano da lui », ma non « invocant illum — non invocano lui ». «Non me invocasti Jacob. — Tu non hai invocato me, o Giacobbe » (Isaia 43, 22). Che è invocare il Signore, se non che pregarlo che voglia venire in te? Chi così lo supplica è infallibilmente esaudito: «lnvocabit me, et ego exaudiam eum — M’invocherà e io lo esaudirò ». «Non mea — le cose mie », ma « me — me stesso ». Non pare a te di fare un torto grandissimo al tuo Signore mentre gli addimandi altra cosa più di lui stesso? E pure, oh con quanto ardore talor gli chiedi beni di questa terra, che nulla vagliono, e poi sei freddissimo in chiedergli la sua grazia, la sua assistenza, il suo amore! « Non est qui invocet justitiam — Non v’ha chi chiegga la sua giustificazione» (Isaia 59, 4). Non gli addimandare mai nulla fuori di lui, se non con questa espressissima condizione, che ciò non ti pregiudichi ad aver lui.
VI.
Considera di vantaggio, che quando tu cordialmente chiedi al Signore quei beni, che sono i veri, quali sono gli spirituali, egli sempre ti esaudisce, ma non però ti esaudisce anche sempre patentemente; e così non è meraviglia, se a te non paia di essere esaudito. Il Signore è limosiniere grandissimo, Dives in omnes qui invocant illum; ma è limosiniere ancora segreto. Vuol ancor egli osservare in se stesso ciò che richiese dagli uomini, quando disse «Noli tuba canere ante te. — Non sonar la tromba davanti a te» (Vangelo di Matteo 6, 2). E cosi quantunque sieno moltissime quelle sue limosine, che si sanno; sono tuttavia sempre più quelle, che non si sanno. Non bisogna dunque, che tu mai ti perda d’animo. Perché avrai già forse ottenuto; ma il Signore non permette, che te n’accorga, per questo istesso, perché seguiti a dimandare. Tu puoi fare la limosina a un povero, sicché gli altri non se ne avveggano : ma non puoi però fargliela di maniera, che non se ne avvegga egli stesso, che la riceve. Iddio può farla. Anzi il più delle volte cosi la fa. E questa è la segretezza maggior di tutte.
VII.
Considera, che quando tu ti presenti dinanzi a Dio, cosi dunque hai da presentarti; come un mendico dinanzi a un limosiniere, il quale è già conosciuto liberalissimo: Dives in omnes qui invocani illum. E cosi la tua miseria non ha punto da spaventarti. Perciocchè non è necessario, che il povero per impetrar la limosina possegga in se stesso altro merito, se non che la sola fiducia, ch’egli ha nel ricco. Basta che per altro sia povero. Anzi quanto più povero, tanto ancor egli ha maggior titolo da impetrare. Onde tanto è da lungi, che la tua miseria abbia punto da spaventarti, come io diceva, che piuttosto ha da rincorarti: «Ad quem respiciam, diss’egli per Isaia, nisi ad pauperculum? — Verso di chi volgerò io il mio sguardo, se non al poverello? ».