La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

APRILE

VI. GIORNO

I vantaggi della vera Sapienza.

 

« Si sapiens fueris, tibimetipsi eris; si autem illusor, solus portabis malum. — Se tu sarai sapiente, lo sarai a tuo pro; e se tu sarai illusore, ne porterai il danno tu solo » (Proverbio 9, 12).

 

I.

Considera, che tanto è dir « Sapiens — Sapiente » nelle Divine Scritture, quanto è dir « Justus — Giusto », perchè questa è la vera sapienza, la santità: Plenitudo sapientiae est timor Dei (Ecclesiastico o Siracide 1, 20). Ora se tu sarai giusto, in qualunque modo sii giusto, sarà a pro tuo. La pienezza della giustizia ha tre parti; giacchè nel numero ternario consiste la perfezione: e però tu non puoi mai essere giusto pienamente se non sei giusto in te, giusto col prossimo, giusto con Dio. Giusto con Dio ti rendono gli ossequii tutti, che son detti di Religione: giusto col prossimo gli uffizi di fedeltà, di carità, di giustizia; giusto in te gli esercizi di tutte l’altre virtù, che in te si compiscono, come sono di verecondia, di mortificazione, di mansuetudine, di purità, di ubbidienza, di umiltà, di pazienza, e d’altre oltre numero. Adempi adunque qual vuoi di queste giustizie, il guadagno è tuo: Si sapiens fueris, tibimetipsi eris. Perchè se sei giusto in te, già si vede che « tibi eris — lo sarai a pro tuo », perchè tutto è tuo profitto: se sei giusto col prossimo, « tibi eris — lo sarai a protuo », perché da ciò che tu operi a pro del prossimo, può essere che talor egli non tragga profitto alcuno; può essere, che della tua fedeltà si vaglia a mal fine; può essere, che ammalato non si risani con tutti gli aiuti, che eserciti verso di esso, di carità, che ammaestrato non impari, che ammonito non intenda, che incitato a ben fare non si converta; può essere, che impieghi male quel danaro medesimo, che gli sborsi per debito di giustizia; ma non può essere, che in questi casi medesimi tu non tragga il profitto tuo. E finalmente se tu sei giusto con Dio, molto più ancor « tibi eris — lo sarai a tuo vantaggio »; perciocchè Dio non cava niente da ciò, che tu gli rendi in ossequio: « Quid prodest Deo si justus fueris? — Torna forse in vantaggio di Dio, se tu sarai giusto? » (Giobbe 22, 3), e pur ti paga come se lo cavasse. Che bella cosa è mai dunque l’operar bene! Questo è qùel traffico, che giammai non fallisce: « Si sapiens fueris tibimetipsi eris — Se sarai giusto, lo sarai a pro tuo ». Pensavi pur quanto vuoi, non troverai, che il medesimo dir si possa d’altre ricchezze, che di quelle della virtù. Se tu semini il grano, non sei sicuro della ricolta: se dai a cambio non sei sicuro: se dai a censo non sei sicuro; ma se tu fai del bene, in qualunque modo lo faccia, sei sicurissimo: « Seminanti justitiam merces fidelis. — Chi sparge semenza di giustizia ha sicura ricompensa » (Proverbio 11, 18).

II.

Considera, che come tanto è dir « Sapiens — Sapiente » nelle Divine Scritture, quanto è dir « justus — giusto »; così tanto è dir « illusor — illusore », quanto è dir « impius — malvagio ». Però siccome, se sarai giusto, sarà a tuo pro; così sarà a danno tuo, se sarai malvagio: Si autem illusor, solus portabis malum. Vero è, che « illusor — l’illusore » par propriamente colui, che opera variamente da ciò, che mostra, perchè chi fa così t’inganna, t’insulta, sembra, che col suo operare pretenda di beffeggiarti. Però ci sono nelle Divine Scritture tre generi di malvagi detti illusori. Alcuni sono illusori di se medesimi, altri illusori del prossimo, altri illusori di Dio. Gl’illusori più frequenti di Dio sono tra Cristiani coloro, che vanno all’orazione, vanno al Coro, vanno alla Chiesa, quasi che là pretendono di onorar Dio; ma poi lo stanno quivi piuttosto a disonorare; perciocchè orano colla mente distratta, cicalano, cianciano, e fin al tempo della Messa medesima danno a’ guardi ogni libertà giovanile. Questi son simili a quegli Ebrei, che la notte della Passione s’ inginocchiavano intorno a Cristo in sembianza di adoratori, ma lo schernivano nell’istesso adorarlo, con figurarsi di non venire gli stolti da lui veduti, perchè gli avevano posto un velo sugli occhi: « Et genu flexo ante eum, illudebant ei dicentes: Ave Rex Judaeorum. — E genuflessi dinanzi a lui lo schernivan dicendo: Ave Re de’ Giudei » (Vangelo di Matteo 27, 29). Gl’illusori principali del prossimo in genere di fedeltà sono quei Predicatori, che montano in pulpito, quasi zelanti di procurare il giovamento de’ Popoli, e poi solo procurano il godimento, adulterando i legittimi sensi delle Scritture, scherzando, fantasticando, freneticando, e talor anche dicendo facezie insane per farsi applaudire. Questi sono similianti a coloro, de’ quali scrisse San Pietro: « Venient in novissimis diebus in deceptione illusores, juxta proprias concupiscentias ambulantes, dicentes: Ubi est promissio? — Verranno negli ultimi giorni degli schernitori gabbamondi, viventi a seconda delle loro concupiscenze, i quali diranno: Dov’è la promessa? » (Seconda lettera di Pietro 3, 3). Perciocchè questi falsi Predicatori tolgono alla parola divina tutto il suo credito, come fanno gli Eretici, benché più ricopertamente. Gl’illusori principali del prossimo in genere di carità sono que’ compagni cattivi, che mostrano di lodarti come pio, come puro, come modesto, e per verità ti scherniscono, mettendo in burla tutto quel ben che tu fai. Questi son simili a que’ fanciulli insolenti, che vedendo Eliseo salire una collinetta per ire a Betel faceano mostra di animarlo a salire, e fra tanto lo deridevano: « Cumque ascenderet per viam, pueri egressi sunt de civitate, et illudebant ei dicentes: Ascende calve, ascende calve. — E mentre egli era per istrada, uscirono dalla città dei fanciulli, i quali lo deridevano dicendo: Vien su, o calvo, vien su, o calvo » (4 REG. 2, 23). Gl’illusori principali del prossimo in genere di giustizia sono quei ricchi, i quali mostrano di voler fare un contratto, non solo giusto, ma favorevole al povero, e frattanto gli succhiano quanto sangue egli ha nelle vene per via di usure, di soverchierie, di sottigliezze, di liti, che poi gli muovono. Questi sono simili a quegli Egiziani i quali mostravano di voler dare agli Ebrei da guadagnare molto con moltiplicare i loro lavori, e per verità gli opprimevano, non pagandoli: « Oderantque filios Israel Aegyptii, et affligebant illudentes eis; atque ad amaritudinem perducebant vitam eorum operibus duris luti, et lateris omnique famulatu. — E gli Egiziani aveano in odio gl’Israeliti, e aggiungevano all’oppressione gl’ insulti; e rendevan loro amara la vita col caricarli di faticosi lavori di terra cotta, e di mattoni, e con ogni specie di servitù » (Esodo 1, 13). Gl’illusori generici finalmente di se medesimi sono quei, che in mille modi procurano d’ingannarsi, con darsi a credere di voler bene a se stessi, mentre si vogliono male. Questi sono innumerabili, perchè sono tutti i peccatori, ma specialmente i Cristiani: « Novissimis temporibus venient illusores, secundum desideria sua ambulantes, non in pietate — verranno negli ultimi tempi degl’illusori, viventi secondo i loro appetiti, e non nella pietà » (Lettera di Giuda 18). L’insania loro apparisce chiara singolarmente in due cose, nel procacciarsi il male, e nell’abusare dei rimedi. Nel procacciarsi il male son carichi d’ illusioni, perchè a bello studio s’ingegnano di persuadersi, che il peccato sia un mal da niente, una leggerezza, una leggiadria, un’opera di onorata riputazione. affine di potere e commetterlo con più libertà, e vivervi con più pace: « Stultos illudet peccatum. — Lo stolto si burlerà del peccato » (Proverbio 14, 9). E carichi d’illusione sono altresì nell’abusare dei rimedi, o sian di quei, che dispongono l’empio a liberarsi dal male, o sian di quei, che lo tolgono. Perchè si vogliono dare ad intendere di andare anch’essi a predica, come gli altri, a congregazioni, a conferenze, a sermoni; ma di quant’odono non applicano niente a sè, tutto credono, che detto sia per qualche altro più bisognoso di riprensione: « Qui illusor est, non audit cum arguitur. — L’illusore non ascolta quando uno lo corregge » (Ibidem 13, 1). Nè solo ciò, ma di più vogliono darsi ancora ad intendere di frequentare, come gli altri, i Santissimi Sagramenti, di confessarsi, di comunicarsi, e poi non è vero; commettono sacrilegi, perchè nel cuore ritengono frattanto amore alla colpa, non hanno il vero pentimento, non hanno il vero proposito; cercano apposta un Sacerdote ignorante, da cui questi Sagramenti vengano loro amministrati con più grossezza: non curano di sapere gli obblighi giusti intorno al sequestrarsi dalle occasioni cattive, intorno al restituir la riputazione, intorno a render la roba, intorno al dare la pace a chi la dimanda, e talor anche nemmeno dicono interamente i peccati da lor commessi. Contro tutti costoro, a cui basta d’accostarsi in qualunque modo a’ Santissimi Sagramenti, senza curar le dovute disposizioni, grida Isaia: « Et nunc nolite illudere, ne forte costringantur vincula vestra. — Or dunque non ischernite più, affinchè non si stringano i vostri legami » (Isaia 28, 22). Or vedi tu se nel Cristianesimo stesso sono oggidì gl’illusori moltiplicati a sì alto segno, che puoi tu ancora giustamente temere di esser in questo numero. Guarda un poco, se in cosa alcuna beffi Dio, beffi il prossimo, beffi te; perchè alla fine tu sarai sempre il beffato: Si autem illusor, solus portabis malum.

III.

Considera, che se tu sei tra gl’illusori di se medesimi, « solus — solo », senza alcun dubbio, « portabis malum — ne porterai il danno »: perciocchè o sprezzi il peccato, o abusi dei rimedi, tutto sarà a danno tuo: « Moliuntur fraudes contra animas suas — macchinano frodi contro le anime loro » (Proverbio 1, 18). Ma non meno anche « solus portabis malum — solo ne porterai il danno », se tu pur sei tra gl’illusori del prossimo, perchè cagionerai ben forse a più di uno la dannazione con quei peccati di scandalo dianzi detti, e così « malum creabis — porterai danno » ancora agli altri : ma finalmente toccherà solo a te portar le tue pene, senz’aver neppur uno, che in tutti i secoli giammai ti aiuti a portarle; e così per contrario « solus portabis malum — solo ne porterai la pena ». Credi tu, che l’inferno ti riuscirà per ventura più sopportabile, perchè avrai teco condotti là più altri ad avvampare, ad arrabbiare, ad urlare con te? Anzi questo medesimo te lo dovrà rendere ancora più tormentoso, perché avrai laggiù doppio peso da sostenere; quel delle colpe proprie, e quel dell’altrui: e tu frattanto vedrai quei miseri penare, non te lo nego, in tua compagnia, ma non già penare in tuo cambio: « Unusquisque onus suum portabit. — Ciascheduno soL sterrà il proprio peso » (Lettera ai Galati 6, 5). Che se tu sei fra gl’illusori di Dio, che sarà di te? Più che mai finalmente sarà lo stesso: « Solus portabis malum — ne porterai il danno tu solo »; perchè quella specie di schemi, che tu mai sempre gli usi, tornerà tutta in ultimo a scaricarsi sulla tua testa. Egli ugualmente sta sempre bene a seder beato sopra il suo trono, e si ride di te, che tanto arditamente talor non temi ingiuriarlo, insultarlo su gli occhi suoi benchè non gli abbia già più velati, ma aperti: « Ipse deludet illusores. — Egli schernisce gli schernitori » (Proverbio 3, 34). Ecco ciò che il Signore fa su nel Cielo : schernire i suoi schernitori. Gli schernisce di presente, mentre gli arriva dove meno se ‘1 credono; facendo ch’essi trovino tossico ne’ diletti ne’ quali si promettevano trovar miele, discredito nella gloria, discapito ne’ guadagni: e più gli schernirà nel futuro, allora ch’essi come suoi fedeli diranno: ‹Domine, Domine, aperi nobis: — Signore, Signore, apriteci » (Vangelo di Matteo 25, 11), ed egli ad essi risponderà: « Nescio vos — Non vi conosco ». Or va ad entrare nel numero sventurato degl’illusori, quasi che questi non altro alla fine facciano, che scherzare. Anzi questi sono i peccatori dinanzi a Dio abbominevoli, perchè sono bruttissimi ingannatori; ingannan sè, ingannano il loro prossimo, e pare ancor che pretendano ingannar Dio: « Abominatio Domino est omnis illusor — gl’illusori tutti sono in abbominazione dinanzi al Signore » (Proverbi 3, 32).

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