SETTEMBRE
V. GIORNO
In quali maniere debba vegliarsi contro l’universale nemico.
« Sobrii estote, et vigilate, quia adversarius vester diabolus, tamquam Leo rugiens, circuit quaerens quem devoret: cui resistite fortes in fide.— Siate sobrii, e vegliate, perchè il diavolo vostro avversario, come Leone che ruggisce. si aggira cercando chi divorare : a cui resistete forti nella fede » (Prima lettera di Pietro 5, 8).
I.
Considera come affine di non si arrendere ad assalti così feroci, quali sono i diabolici, non bisogna aspettare a ribatterli con vigore, allorchè verranno : bisogna ancor prevenirli con accortezza. Però qui dice in primo luogo S. Pietro : « Sobrii estote, et vigilate — Siate sobrii, e vegliate » : perchè avendosi a fare con un nimico sì formidabile, quel che bisogna in primo luogo si è : non si lasciar da lui cogliere alla sprovvista. Ed ecco ciò che significa un tal vegliare: Vigilate. Significa lo star bene sopra di sè, come fa chi teme d’imboscate, o d’insidie, che gli sian tese, quand’egli men se le aspetta. E così un tal vegliare appartiene all’animo. Ma ben è vero, ch’egli non può conseguirsi, se il corpo non vi concorre. E però non solo dice l’Apostolo: « vigilate — vegliate », ma « sobrii estote — siate sobrii ». Anzi prima dice « sobrii estote — siate sobrii », e poi « vigilate — vegliate » ; perchè quello che vale segnalatamente a tenere la mente desta, è la sobrietà : « Cibi non sunt allati coram Rege. — Dinanzi al Re non furono apprestati cibi » (Daniele 6, 18); e perciò che avvenne? « Insuper et somnus recessit ab eo. —Non potè prender sonno ». Là ove l’intemperanza l’aggrava in modo, che presto ancor lo necessita a chiuder gli occhi in un alto sonno: « Porro Holophernes jacebat in letto nimia ebrietate sopitus. — Oloferne era sdraiato nel letto, pieno di sonno pel troppo vino » (Giuditta 13, 4). Che pare a te frattanto su questo affare di te medesimo? Pare a te di vegliar come si dovrebbe? Se non vegli, cioè se non istai bene sopra di te, esamina le tue cose, e vedrai di certo, che la cagion principale, onde ciò procede, è l’amor che porti al tuo ventre. Attendi a mortificarlo, come hanno fatto con uno studio indicibile tutti i Santi : « Prohibe panes illi dori. — Impedisci che siagli dato del pane » (Ecclesiastico o Siracide 12, 6). E vedrai quanto ti sarà men difficile lo star desto. Altrimenti più che gli farai di bene, più ne avrai male : male al corpo, male allo spirito: « Nam duplicia mala invenies in omnibus bonis, quaecumque feceris — Perocchè tu troverai doppio male per tutto il bene che gli farai ».
II.
Considera, che se una tal vigilanza è alquanto molesta, non ti viene ingiunta però senza fondamento : perciocchè troppo ella è altresì necessaria. Oh con che tremendo nimicc si ha mai da fare! Si ha da far con Lucifero. Questi è colui, che ti vien qui descritto sì orribilmente in queste parole : « Quia adversarius vester diabolus, tamquam Leo rugiens, circuit quaerens quem devoret — Perchè il diavolo vostro avversario, come Leone, che ruggisce, si aggira cercando chi divorare ». Perchè quantunque sia vero, che standosi egli rilegato di sua stanza giù negli abissi, non gira sopra la terra in persona propria, vi gira però in persona di quegli innumerabili suoi ministri, che qua su tiene. E questo è ancor tanto peggio. Nota però qual sia quel capo, per cui singolarmente egli rendesi formidabile. E’ la voglia di nuocere. Questa non si può dir quanto in lui sia grande. E perciò l’Apostolo dice prima di lui : « Adversarius vester diabolus — Il diavolo vostro avversario », e poi dice, « tamquam leo rugiens — come leone che ruggisce », e poi dice, « circuit quaerens quem devoret — si aggira cercando chi divorare ». Dice prima : « adversarius vester diabolus — il diavolo vostro avversario », perchè tu sappia, che il demonio non è un nimico, il quale si contenti di odiarti. Se questo fosse, si sarebbe l’Apostolo contentato ancor egli d’intitolarlo puramente nimico, non avversario. E’ un nimico il qual ti fa sempre contra, sempre t’insidia, sempre t’infesta, e sempre sta, per quanto può, procurando la tua ruina: « Tota die impugnans tribulavit me. — Tutto giorno assalendomi mi ha afflitto » (Salmo 56, 1). E però l’Apostolo dice: « adversarius vester diabolus — il diavolo vostro avversario », non dice « inimicus — inimico ». Dipoi passa l’Apostolo a dire per questa ragione stessa, « tamquam leo rugiens — come leone che ruggisce », non « tamquam leo — come leone », che pur sarebbe di molto, ma « leo rugiens — leone che ruggisce », affinchè intendasi che il demonio non solo è fiero, robusto, risoluto, superbo al pari d’ogni leone che si trovi al Mondo, ma ch’oltre a ciò egli è un leone affamato. Il leone allora ruggisce, quando tormentato assai nelle viscere dalla fame, ha dato d’ occhi alla preda che egli desidera, e già la divora con la speranza di farla sua. E da ciò avviene, che sia il demonio un leone che sempre rugge, leo rugiens, perché sempre egli ha una fame di anime, che si spasima; sempre ancora ha speranza, per quanto pur da lui queste fuggano, di arrivarle. Anzi però egli ruggisce perché non fuggano; che tal è il fine, che il leone ha nel ruggire, veduta ch’egli ha la preda, quando parrebbe che dovesse star cheto, affin di non iscoprirsi. Il suo fine è di atterrirla tanto altamente, che perda subito ogni fiato, ogni forza da porsi in fuga; come di fatto egli ottiene, mentre si scrive, che al solo udirlo le fiere, quasi tutte, rimangono come stupide. E tal è il fine che ha pur esso il demonio nel ruggir tanto. Oh quanto sa di spaventar egli l’anime specialmente spirituali (che sono quelle, di cui più suole ire a caccia) con le sue tentazioni di diffidenza, con le ansietà, con le angustie, che manda al cuore! « Leo rugiet, quis non timebit? — Rugge il leone, chi non temerà? » (Amos 3, 8). E però prima si fa sentir d’ordinario con questi ruggiti, che fan cadere il coraggio, e di poi passa agli altri, con dir che adunque il meglio è darsi bel tempo, finchè si può, e scapricciarsi, e sfogarsi, giacché il pensare a far bene tutto è gettato. E questo è ciò che fe’ poi soggiugnere in terzo luogo all’Apostolo, « circuit quaerens quem devoret — si aggira cercando chi divorare » perchè al fin sappiasi, che il demonio nemmeno è pago di farci qualunque male, ma anela a farci il maggior che gli sia possibile, « circuit quaerens —si aggira cercando », non « quem mordeat — chi mordere », non « quem mactet — chi uccidere », ma « quem devoret —chi divorare » : voce, che rispetto al demonio, non ha altra forza, se non di spiegare la rabbia somma, con cui egli fa strage d’anime. Basti dir, che s’egli potesse, se le vorrebbe ingoiar tutte di subito in un boccone. Quindi è che se il leone, dopo aver mangiato ben bene, al fine si sazia, il diavolo più che mangia, più sempre ha fame. Ha fame insaziabilissima; e però è vano sperare, che mai si mitighi, o che mai si ammansisca come fa il leone satollo. Ma s’è così, non v’è dunque bisogno di vigilanza continua contro un nimico, che tanto aspira ad offendere?
III.
Considera, che se la terribilità del demonio finisse solo nella voglia di nuocere, sarebbe più comportabile. Ma il peggio è che alla brama di nuocere, si aggiugne ancora la sagacità, l’accortezza, l’astuzia con cui sa farlo. E però l’Apostolo dice di lui con grandissima avvedutezza, non sol che « quaerit quem devoret — cerca chi divorare », ma che « circuit quaerens — si aggira cercando ». Egli è un leone furioso; e contuttociò non va ad investire dirittamente la preda, come potrebbe suggerire la baldanza di se medesimo; ma la va ad investire insidiosamente; ch’è ciò ch’esprimesi con questi giri tortuosi : « Circuivi terreni, et perambulavi eam. — Ho fatto il giro della terra, e l’ho scorsa » (Giobbe 1, 7). Vero è, che tre sono i sensi principalissimi, i quali traggono i Santi da questa voce. Il primo, che il demonio fa come quel cacciatore, il quale affine d’ingannar meglio la fiera, non si pon sempre a tender le sue reti nel sito stesso; ma muta sito, con trapassarsene, ora dall’aperto al chiuso, or dall’alto al basso. Però dice l’Apostolo, che egli « circuit — s’aggira », perchè tu sappia, che ti cercherà in tutti i luoghi, e in casa, e in Chiesa, e per le strade, e nelle corti, e ne’ chiostri, e negli orti ascosi, ma variamente ; che però non ti è facile indovinare ove più ti aspetti, ma bensì devi argomentare da ciò, che la tua vigilanza contro di esso necessariamente ha da stendersi a tutti i luoghi, perchè egli gira : Circuit quaerens quem devoret. Il secondo è, che il demonio fa come quel Capitano, il quale innanzi di dar l’assalto alla piazza ch’ha in animo di espugnare, va prima intorno osservandola a parte a parte, affine di assaltarla da quella ch’è la più debole. E però dice l’Apostolo, che egli « circuit — s’aggira », perchè tu intenda, che ti saprà molto bene girar d’intorno per osservarti. Anzi qual dubbio, che del continuo ti osservi? Ti osserva nella mente, ti osserva negli occhi, ti osserva negli orecchi, ti osserva nella lingua, ti osserva in qualunque banda che sia di te, e dove scorge, che tu sei appunto più debole, là ti assalta: « Observabit peccator justum, et stridebit super eum dentibus suis. — Il peccatore mirerà di mal occhio il giusto, e digrignerà i denti contro di lui » (Salmo 37, 12). Sicchè la tua vigilanza contro di esso ha sì bene ad essere universale di tutto te, ma più speciale parimenti ha da essere in ordine a quella parte di te medesimo, ove è più speciale il bisogno, attesa la tua fiacchezza. Il terzo è, che il demonio fa come quell’assassino, il quale, se potesse, ti vorrebbe di notte entrar fino in casa, per ammazzarti, e così guadagnarsi la mancia, offertagli da chi tanto brama il tuo sangue. Ma perchè tu stai ben guardato, ti aspetta fuori, aggirandosi intorno intorno al tuo vicinato, con animo di attentarti alla vita, sol ch’esci un passo. E però dice l’Apostolo, ch’egli, « circuit — s’aggira », perchè se tu stai ben racchiuso ne’ tuoi ripari, Iddio non gli dà comunemente licenza di penetrarvi: ma che? se il traditor non va « intro — dentro », va bensì « circum — intorno », perchè egli aggirasi sempre attento a vedere se d’alcun lato tu metti mai piede fuora, per correrti tosto addosso. Questi ripari sono que’ prescritti speciali, che ti circondano secondo lo stato tuo, le tue regole, la direzion del tuo padre spirituale, la frequenza de’ Sagramenti, l’esame, la solitudine, il silenzio, le penitenze, ed altre sì fatte cose, che al demonio troppo impediscono l’accostarsi. E a questo devesi ordinar altresì la tua vigilanza, e non uscire a chius’occhi da queste mura con la rilassazion di tali esercizi pur ora detti : altrimenti tu sei spedito. Ecco il demonio già « Sicut leo paratus ad praedam. — Come un leone attento in predare » (Salmo 17, 12). E tu che farai? Potrai schivar la sua forza?
IV.
Considera, che quando, o per tua colpa, o no, pur al fin succeda, che il demonio, leone sì malizioso, ti corra addosso per far di te crudo scempio, non hai per quanto ho detto, a darti per vinto, perchè quantunque sia molto meglio il prevenire gli assalti, come si accennò da principio, che il dover essere di poi forzato a ribatterli; contuttociò conviene al certo ribatterli, quando vengono, perchè il demonio è finalmente un leone, che tanto può, quanto noi lasciam ch’egli possa. E però conchiude S. Pietro : « Cui resistite fortes in fide — A cui resistete forti nella fede », perchè ben sa, che noi gli potrem resistere, se vorremo. Ma con che dovrassi resistere? L’hai sentito. Con fede forte : o per dir meglio, con istar forte di fede. Perché la fede è sempre in sè forte a un modo, ma non a un modo noi sempre siam forti in essa. E da ciò è facile che sia indotto l’Apostolo a non dir qui : « resistite fide forti — resistete con fede forte » ; ma a dir piuttosto « resistite fortes in fide — resistete forti nella fede ». Convien dunque che quando senti che il demonio ti assalta, subito tu ravvivi nella tua mente quelle gran massime che sono dette di fede : « Haec est enim vittoria, quae vincit mundum, fides nostra. — Perciocchè in questo sta la vittoria, che vince il mondo, nella nostra fede » (Prima lettera di Giovanni 5, 4). Che la vera gloria è il dispregio : che la vera ricreazione è il patire; che la vera ricchezza è la povertà; che la vera saviezza è dar gusto a Dio; che una cosa sola rileva sopra la terra, ch’è salvar l’anima : e così va tu discorrendo per l’altre massime, che più specialmente si oppongono a quella tentazion che t’infesta più specialmente. E poi bisogna, che su questa fede stii forte : non dando orecchie a ciò che il demonio ti suggerisce in contrario per ingannarti, ma a ciò, che ti dice Cristo, il quale sta aspettator della tua battaglia, per poi premiarti, secondo il merito, per tutta un’eternità. Ma perchè fede vuol dire ancora fiducia, però nell’istesso tempo hai da far ricorso a questo istesso Signore, che ti riguarda, affimchè porgati aiuto. E in questa fede hai finalmente a star forte, con tener per indubitato, che il demonio può ruggir quanto vuole, come un leone, può infierir, può infuriarsi, può strepitare, ma non può nulla, solo che tu resistendo con questa tua doppia fede, pur ora detta, gli dica animosamente: Va alla malora : « Resistite diabolo, et fugiet a vobis. — Fate resistenza al diavolo, ed ei fuggirà da voi » (Lettera di Giacomo 4, 7).