La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

DICEMBRE

 

V. GIORNO

Che Iddio non manca de’ lumi necessari a chi glieli dimanda.

« Si quis vestrum indiget sapientia, postulet a Deo, qui dat omnibus affluenter, et non improperat: et dabitur ei. Postulet autem in fide nihil haesitans.— Se alcuno di voi è bisognoso di sapienza, la chieda a Dio, che dà a tutti abbondantemente, e nol rimprovera : e gli sarà conceduta. Ma chieda in fede senza niente esitare » (Lettera di Giacomo 1, 5).

 

I.

Considera come ogni sapienza per verità adorna l’uomo : ma non già d’ogni sapienza egli è bisognoso. Ond’è che se tu dimandassi a Dio la sapienza di un S. Tommaso, o di un Alberto, o di un Ales, non ti potresti sì agevolmente promettere di ottenerla. Ma se tu gli addimandi quella, della quale hai di necessità nello stato tuo, cioè quella la qual consiste in saperti ben regolare ne’ casi dubbi, che t’ intervengono in ordine a’ tuoi maneggi, al tuo ministerio, alla tua salute, non dubitare di non dovere ottenerla. Però dice qui S. Giacomo : « Si quis vestrum indiget sapientia, postulet a Deo, etc. — Se alcuno di voi è bisognoso di sapienza, la chieda a Dio, ecc. ». Non dice, « Si quis vestrum diligit sapientiam, o delectatur sapientia — Se alcuno di voi ama la sapienza, o si diletta della sapienza », ma « si quis vestrum indiget —se alcuno di voi n’è bisognoso » : perchè questa è quella, la qual sei certo di dover ottener da Dio con addimandarla : quella di cui sei bisognoso; e specialmente quella, senza di cui non puoi procedere con felicità nella via del Divin servizio. Tu molte volte in esso non sai come regolarti, e però t’inquieti. Ricorri a Dio: « Pete ab eo, ut vias tuas dirigat. — Pregalo, che regga i tuoi andamenti » (Tobia 4, 20) : questo è il sicuro refugio: egli non dovrà mai mancare d’illuminarti: « Cum ignoremus quid agere debeanms, hoc solum habemus residui, ut oculos nostros dirigamus ad te. — Non sapendo quel che abbiamo da fare, questo solo ci rimane, di volgere a te gli occhi nostri » (Secondo libro delle Cronache 20, 12).

II.

Considera come quello, che ti può ritardare da un tal ricorso, si è la notizia della tua indegnità. Però, affin di animarti, dice S. Giacomo : « Si quis vestrum indiget sapientia, postulet a Deo, qui dat omnibus affluenter, et non improperat: et dabitur ei — Se alcuno di voi è bisognoso di sapienza, la chieda a Dio, che dà a tutti abbondantemente, e nol rimprovera: e gli sarà conceduta ». Se Dio tal sapienza ristrignesse solo ad alcuni suoi favoriti, potresti agevolmente temer di non conseguirla. Ma egli la dà a tutti, dai omnibus, cioè « omnibus postulantibus — a tutti quelli che la dimandano », nè solo la dà, ma la dà con soprabbondanza, dat affluenter: benchè la dia con maniere sì delicate, sì dissimulate, sì tacite, che spesso non apparisce una tal sapienza venir da lui. E questo è ciò, che vuole intendere l’ Apostolo soggiugnendoti, « et non improperat — e nol rimprovera ». Gli uomini di mondo, qualor ti fanno un piacere, te lo fanno di modo, che ti voglion ancora ostentar di fartelo: nel che non vedi ciò, che sia in verità? E’ un rimproverarti il bisogno che tu hai di loro : « Exigua dabit, et multa improperabit. — Darà poco, e farà molti rimproveri ». Iddio non così. Iddio te ‘l fa, e neppur dimostra di fartelo. Fa che un amico, quasi a caso, ti porga il consiglio giusto, che tu da Dio richiedevi; fa che l’incontri in un libro; fa che il ricevi in un lume, che quando meno te lo aspetti, ti folgora nella mente. Quest’è dare senza alcun genere di rimprovero; perchè è dare, ed è insieme lasciar che l’uomo nel medesimo tempo possa attribuire poco men che a se stesso ciò, che ha da Dio. Ma tu dalla modestia del tuo Signore in beneficarti, non pigliar occasione di sì brutto abbaglio. Sappi ch’ogni sapienza (qualunque sia quel canale che la trasmette) ti vien da lui: « Omnis sapientia a Domino Deo est. — Ogni sapienza è da Dio Signore » (Ecclesiastico o Siracide 1, 1).

III.

Considera, qual sia quella condizione, la qual ci vuole per conseguir di sicuro una tal sapienza. Convien, che tu l’addimandi a Dio piamente, e perseverantemente: piamente, cioè in virtù delle promesse, ch’egli te ne ha fatte nelle sue Divine Scritture, che però l’Apostolo dice : Postulet autem in fide; e perseverantemente, cioè non mai rimanendo di addimandare, per quanto non ti scorgi esaudito, che però aggiugne l’Apostolo: nihil haesitans. Quello che ti fa più restare dall’orazione, è il vedere che chiedi da gran tempo, e ancor non ottieni. Non far così: anzi tieni per costantissimo, che otterrai; e congiugnendo la fiducia alla fede, seguita pure a dimandar nihil haesitans, e vedrai all’ultimo se le promesse Divine hanno il loro effetto. Se tu dovessi confidare nella virtù delle tue dimande, potresti giustamente disanimarti, essendo tu sì manchevole, e sì meschino. Ma hai da confidare nella virtù della parola Divina. E però, di che vuoi temere? Chi « postulat in fide — chiede in fede », cioè nella fede di questa parola ora detta, più che da Re, può facilmente « postulare —chiedere », ancor « nihil haesitans — senza niente esitare ».

IV.

Considera come a dimostrare, che da un tal esitamento procede il non perseverare nell’orazione, soggiunse qui l’ istesso S. Giacomo : « qui enim haesitat, similis est fluctui maris, qui a vento movetur, et circumfertur — imperocchè chi esita, è simile al flutto del mare mosso, e agitato dal vento ». Le onde agitate dal vento, ora vanno dirittamente verso la spiaggia, ed ora quasi pentite arrestano il corso, e non vi van più, ma lasciansi divertire di qua, e di là senza alcuna legge. Così è quando si vacilla nella fiducia di conseguir dimandando. Un poco si addimanda, ed un poco si lascia di addimandare. Chi così fa, sia sicuro di non dovere conseguir nulla : « Non aestimet homo ille quod accipiut aliquid a Domino — Non si pensi un tal uomo di ottener cosa alcuna dal Signore », perchè il Signore vuole, che la nostra fiducia in lui sia perpetua, sia permanente; e però vuole che proseguiamo a supplicare anche quando non ci esaudisce: « Sine intermissione orate — Pregate senza intermissione » (Prima lettera ai Tessalonicesi 5, 17), differendo egli molte volte le grazie per questo medesimo, cioè per provare, se ci fidiamo di lui quanto si conviene. Che gran merito avrebbe la tua Orazione, se al primo aprire di bocca ti si segnassero subito i memoriali? chiederesti allor « nihil haesitans — senza niente esitare » certamente, ma non « in fide —in fede ». Il merito consiste nel veder le istanze ributtate, rimosse, e pure iterarle, come fe’ quella Evangelica Cananea, che alla fine udì : « O mulier, magna est fides tua: fial tibi sicut vis — O donna, grande è la tua fede : ti sia fatto, come desideri » (Vangelo di Matteo 15, 28).

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