La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

OTTOBRE

 

IV. GIORNO

San Francesco di Assisi.

Le cose del mondo sono discapiti per la vita spirituale.

« Quae mihi fuerunt lucra, haec arbitratus saio propter Christum detrimenta. Veruntamen existimo omnia detrimentum esse propter eminentem scientiam Jesu Christi Domini mei, propter quem omnia detrimentum feci, et arbitror ut stercora, ut Christum lucrifaciam. — Quelle cose, che erano i miei guadagni, le stimai a causa di Cristo miei detrimenti. Anzi io giudico, che tutte le cose sieno discapito per la scienza eminente di Gesù Cristo mio Signore: per causa di cui ho giudicato un discapito tutte le cose, e le stimo come stereo per acquistar Cristo » (Lettera ai Filippesi 3, 7, 8).

 

I.

Considera quanto mai possa in un’anima il lume vivo. Quelle cose, in cui già 1′ Apostolo, qual mercante, che comperi perle al buio, riponeva tutti i suoi guadagni, cioè riponeva i suoi diletti maggiori, riponea le ricchezze, riponea la riputazione : quelle dico, viste a un tal lume, non solo non gli paiono più guadagni, ma detrimenti, quali appunto parerebbono le sue merci, a chi si credeva di aver comperate perle, e dipoi si avvede, ch’egli in vece di perle comperò vetri : Quae mihi fuerunt lucra, haec arbitratus sum propter Christum detrimenta. Tali cose erano l’osservanze giudaiche, imparate un tempo da lui con ardente studio, professate, protette, fin ad alzar però nel suo popolo un grido sommo di zelante Israelita. E queste rimirate al lume di fede, da lui ottenuto con la dottrina evangelica, chiaramente poi gli sembrarono detrimenti, cioè discapiti espressi; sì a ragion del lucro cessante, mentre esse a niun permettevano d’acquistare l’amor di Cristo; sì a ragion del danno emergente, mentre il toglievano a chi già l’avesse acquistato, non essendo allora più lecito il sostenerle. E così avviene a chiunque possiede un lume simile a quel dell’Apostolo. Oh com’egli stupisce di se medesimo, se amava un tempo, come gli altri, di perdersi dietro le basse massime de’ mondani, e di apprezzare ancor egli le gare inutili, le precedenze, i puntigli, i titoli, gli accompagnamenti, gli applausi, le signorie, e tutto ciò che ha lasciato per seguir Cristo, propter Christuml Se tu in un caso simile, non ti stupisci finor di te ad egual segno, che si può dire? Non può dirsi altro, se non che non vivi a un tal lume : « Justitiae lumen non luxit nobis. — Non rifulse per noi la luce della giustizia » (Sapienza 5, 6).

II.

Considera, che l’Apostolo non solo riputò discapiti quelle cose, che avea già stimato guadagni, ma passò innanzi ; e s’avanzò a riputare discapiti, per la ragion medesima, tutte 1′ altre che non erano Cristo, cioè nobiltà, eloquenza, erudizione, talenti, ed altre sì fatte doti, benchè magnifiche : mercecchè chiunque vuol curar quelle, conviene, o che mai non aspiri a seguitar Cristo, o che l’abbandoni. E ciò è quel che l’Apostolo vuol esprimere, mentr’egli seguita a dire : « Veruntamen existimo omnia detrimentum esse. — Anzi io giudico, che le cose tutte sieno discapito ». Con dir Veruntamen, ha voluto dir « Quinimo — Anzi », ch’è un avverbio con cui si dichiarò di correggere se medesimo, quasi avvedutosi ch’egli avea tuttor detto poco. E così ciò fu quanto aggiugnere: « Quinimo existimo, non solum illa quae mihi fuerunt lucra, detrimentum esse, sed omnia. — Anzi io giudico un discapito, non solamente quelle cose che erano i miei guadagni, ma qualsisia altra cosa ». Ma come passò l’Apostolo a formare un giudizio sì risoluto, dove avea contro il torrente, per dir così, di tutto il genere umano, che tenea tali beni in un pregio altissimo? Passò a formarlo per la scienza eminente da lui acquistata nella scuola, non di Gamaliele, non de’ Platonici, non de’ Peripatetici, non de’ Ginnosofisti; ma in quella di Gesù Cristo Figliuol di Dio : Propter eminentem scientiam Jesu Christi Domini mei. Tutta la scienza che ci viene da Cristo, è scienza eminente, chi non lo sa? perchè di gran lunga ella supera tutte l’altre ora dette, che non son sue. Ma se pure alcuna tra le sue si può dire che avanzi l’altre, qual è? E’ quella in cui si fa noto, che chi non rinunzia tutto il suo, tutti i suoi, tutto sè, non può giammai divenir seguace di Cristo : Qui non renunciat omnibus quae possidet non potest meus esse discipulus (Vangelo di Luca 14, 33). Questa è la scienza eminente, perchè nessuna è capita meno di questa, o nessuna è men praticata : ridursi nudo, a non voler altro più sulla terra, che il nudo Cristo. Ma ben la capì l’Apostolo, e ben anche la praticò, come puoi vedere dal vivere ch’egli tenne in tanta penuria, in tanti pellegrinaggi, in tante persecuzioni da lui sofferte per portare il nome di Cristo alle genti incredule. Ed a questa scienza tu devi cercar di giugnere: a questa ch’è l’eminente. Se vi giugnerai, tieni pur per indubitato, che non sol tutti i beni da te posseduti una volta ti appariranno quali discapiti espressi ma tutti ancora i possibili a possedersi, omnia, omnia: tutti dico, sì, tutti, tutti senza eccezione: Veruntamen existimo omnia detrimentum esse, propter eminentem scientiam Jesu Christi Domini mei. Ma qui sta la difficoltà: in giugnere daddovero a una scienza tale; cioè in giugnere a persuaderti, quando tu rinunzii a tutti i beni possibili, che ti sieno offerti dal mondo, per aver Cristo nudo sopra una Croce, ti potrà Cristo solo supplir per tutti, anzi saziar più di tutti. Oh che gran Tesoro è quel Cristo, che guadagnato equivale a tanto! E tu vuoi darlo per verun bene terreno, come fanno i bambini, quando ti dànno volentieri un diamante per una noce?

III.

Considera come per Cristo conchiude però l’Apostolo, ch’egli ha dato a tali beni caduchi un rifiuto universalissimo; ma nota com’egli parla: « Propter quem omnia detrimentum feci — Per causa di cui io ho giudicato un discapito tutte le cose »; cioè « omnia rejeci, omnia repuli, et arbitror ut stercora, ut Christum lucrifaciam — ho rifiutato tutte le cose, tutte le ho gettate via, e le stimo come sterco per acquistar Cristo ». Potea parlarne egli con maggior disprezzo? Dice egli in prima, che gli avea da sè rigettati. Contuttociò non volle mai dire: « propter quem omnium detrimentum feci — per causa di cui mi sono privato di tutte le cose »; cioè « jacturam feci — ho fatto perdita »; per non mostrare, ch’ egli avesse incorso per sorte verun discapito in rigettarli. Disse « omnia detrimentum feci — ho giudicato un discapito tutte le cose »; cioè « feci omnia, ac si essent detrimentum — ho stimato tutte le cose come se fossero un discapito », perchè fe’ di lor ciò che si fa delle cose pregiudiciali, ch’è, gettarle via. Ma perchè altri beni anche v’erano, che l’Apostolo non avea da sè rigettati, perchè non gli possedea, com’erano bastoni di comando, tributi, troni, corteggi di genti elette; però soggiunse, che quanto mai fosse al mondo di tali beni, o posseduti da lui, o solamente possibili a possedersi, tutti erano egualmente da lui riputati sterco: Propter quem omnia detrimentum feci, et arbitror ut stercora; cioè « propter quem omnia quae possidebam, detrimentum feci, et omnia quae possidere possem, arbitror ut stercora —per causa di cui ho giudicato un discapito tutte le cose che possedeva, e tutte le cose che potrei possedere le stimo come sterco ». E perchè ciò? Perchè scorgea la somma differenza, che v’era tra tutti i beni mondani, e ‘l suo solo Cristo. Vengono però tutti questi beni mondani paragonati allo sterco in più altri luoghi delle Divine Scritture: e ciò giustamente. Perchè o tali beni appartengono alla concupiscenza della carne, cioè alla lascivia, e questi son detti sterco per lo fetore, che sogliono sempre rendere, a’ lontani col mal nome, a’ vicini col mal esempio : «Computruerunt jumenta in stercore suo. — I giumenti marcirono sul loro letame » (Gioele 1, 17). O appartengono alla concupiscenza degli occhi, cioè all’avarizia; e questi sono detti sterco per le sozzure, che si contraggono in essi da’ più degli uomini: essendo troppo difficile il maneggiarli, e non imbrattarsi le mani : « De stercore bouin lapidatus est piger; et omnis qui tetigerit eum, excutiet manus. — Il pigro è lapidato con lo sterco di bue : tutti quelli che ne toccano, scuotono le mani » (Ecclesiastico o Siracide 22, 2). 0 appartengono alla superbia della vita, cioè all’ambizione, e questi sono detti sterco per lo presto marcir che fanno : « A verbis viri peccatoris ne timueritis, quia gloria ejus stercus et vermis est. Hodie extollitur, et cras non invenietur. — Non vi spaventino le parole di un uom peccatore, perocchè la gloria di lui è sterco e vermini. Oggi si leva in alto, e domani sparisce » (Primo libro dei Maccabei 2, 62). I primi sono paragonati allo sterco de’ giumenti, perchè i giumenti sono animali vili, quali sono ancor essi i libidinosi. I secondi sono paragonati allo sterco de’ buoi, perchè i buoi sono animali pigri, quali sono gli avari, che quantunque sì avidi di guadagno, contuttociò per non durare qualche maggior fatica, la quale apprendono in procacciarsi le ricchezze celesti, si chiamano soddisfatti delle terrene. I terzi sono paragonati allo sterco già inverminito, perchè tal è la gloria degli ambiziosi; marcisce a un tratto: « Nomen impiorum putrescet. — La rinomanza degli empi marcirà » (Proverbio 10, 7). Vero è, che alcuni de’ Padri, mossi dall’original della lettera, per questa parola stercora, hanno qui inteso quelle interiora più schifose, e più sozze dell’animale, che si gettano ai cani, allor che si sviscera. Però quei, che si trovano a lume vivo, qualvolta mirano que’ Cristiani, che possono aspirare ai beni celesti, far sì gran caso contuttociò de’ terreni, stimano appunto di veder tanti cani intorno a un macello, che corrono innanzi a gara, e si azzuffano, e si accaniscono, per che cosa? per aver più di quelle putride fecce, che colano sulla terra dal budellame di un animale sventrato. Se pur non vuoi dir con altri, che questa parola stercora, significhi in questo luogo non meno bene lo sterquilinio; ch’è quel che ognuno desidera che gli sia tenuto lontano da casa sua. Che sarebbe però, se si trovassero per contrario persone Cristiane, Cattoliche, Religiose, che dimenticate della lor vocazione, facessero fin talvolta tra loro a gara di averlo in casa? « Qui nutriebantur in croceis, amplexati sunt stercora. — Quelli che erano stati allevati nella porpora, hanno brancicato lo sterco » (Lamentazioni 4, 5). E tu vorrai giammai essere di costoro sì mal accorti? Mira che differenza! L’Apostolo abbandonò come sterco i beni di questa terra per aver Cristo : propter Christum, e pur si trovano tanti che abbandonano Cristo, o che non lo curano, per aver anzi i beni di questa terra, che sono sterco. Oh che mercanti diversi ! E tu, qual sei?

IV.

Considera, che mercante avveduto, qual dimostrossi l’Apostolo, fu di certo quel gran mercante di Assisi, che dato un alto rifiuto a tutti quei beni, ch’ei possedea, e a tutti quegli, che fossero mai possibili a possedersi, si presentò nudo, qual era nato, innanzi al suo Vescovo, per protestare con un tal atto, fin a quel dì nuovo al mondo, ch’egli nudo voleva seguitar Cristo, per poter così più spedito e più sciolto seguirlo in modo, che lo venisse un dì a rendere tutto suo. E forse che non l’ottenne? Nota però come favellò qui l’Apostolo. Disse, ch’egli a, guisa di sterco spregiava il tutto : e per qual cagione? « Ut Christum lucrifaciam. — Per acquistar Cristo ». Non disse, « ut amorem Christi lucrifaciam — per guadagnarmi l’amor di Cristo », come parea ch’egli avrebbe potuto dire, « ut servitutem Christi, ut sequelam Christi — per, farmi servo di Cristo, seguace di Cristo », ma « ut Christum — per acquistar Cristo », perchè egli non voleva nulla meno di tutto Cristo. Ed oh Come lo conseguì! mentre arrivò a divenir con Cristo quasi una persona medesima in modo tale, che finalmente non temè di prorompere in quelle voci così ammirabili: «Vivo ego jam non ego, vivit vero in me Christus. — Vivo io non già io, ma vivè in me Cristo » (Lettera ai Galati 2, 20). E questo è quello che ottenne anch’egli il gran Patriarca Serafico San Francesco. Guardalo, e dipoi di’, se lo sai discernere appena da Gesù Cristo : dispregiato come Cristo, povero come Cristo, piagàto come Cristo, osservatore d’ogni dottrina Evangelica in tutto ciò, che secondo la lettera disse Cristo. Ma a questo non si può giugnere con la pura scienza ordinaria, ch’apprendesi dal Vangelo. E’ necessaria, per giugnervi, l’eminente.

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