NOVEMBRE
IV. GIORNO
San Carlo.
Sopra la fiducia che devesi avere nella Divina assistenza.
« Omnia possum in eo qui me confortat. — Tutto io posso in colui, che mi conforta » (Lettera ai Filippesi 4, 13).
I.
Considera, che grand’animo mostrò in queste parole I’ Apostolo mentre disse : Omnia possum in eo qui me confortat. Mostrò in un certo modo di credersi Onnipotente : Omnia possum. Contuttociò, perchè si riputò tale non in virtù propria, ma in virtù di quel Dio, che solamente lo potea render tale, però non fu superbo, fu coraggioso. L’umiltà non consiste in credere di non poter operar nulla per Dio : altrimenti gli infingardi, i paurosi, i pusillanimi, gli accidiosi, sarebbono i più umili uomini della terra. L’umiltà consiste in credere di non poterlo operar da sè come sè. A te talvolta sembra impossibile il vincere quel difetto che ti predomina, il fuggir que’ pericoli, il far quelle penitenze, l’adempire quel debito del tuo ufficio con perfezione, e ti quieti in mi tal pensiero, quasi che in esso la tua umiltà trovi un pascolo saporoso. Non è umiltà, se ben la osservi, è pigrizia: « Dicit piger: Leo est in via, et Leoena in itineribus. In medio platearum occidendus sum. — Il pigro dice : Nella strada havvi un lione, e al capo della strada una lionessa. Sarò ucciso in mezzo alla piazza » (Proverbio 26, 13; 22, 13). Anzi guarda ben che piuttosto non sia superbia, ricoperta da maschera di umiltà. Tu metti gli occhi in te, non altrimenti che se tutto il tuo bene abbia a dipendere dalle forze tue naturali : e però diffidi, quasi che tu con le tue semplici braccia abbi a strangolare i lioni, a strozzare le lionesse. Rimovi gli occhi da te : mettigli in Dio solo : procura vivamente di credere e di capire, che tutto hai tu da operare in virtù di colui, il quale per questo istesso si vuole valer di te, e di te inetto, di te ignobile, di te infermo, per mostrar, ch’egli è l’Autore dell’opere che t’impone: e allor di che temerai? Venganti pure incontro quanti mai vogliono ad atterrirti, non solo i lioni, non solo le lionesse, ma ancor gli eserciti delle furie infernali, tu sei sicuro di vincerli : « Si ambulavero in medio umbrae mortis, non timebo quoniam tu mecum es. — Se camminassi in mezzo all’ombra di morte, non temerei disastri, perchè meco sei tu » (Salmo 23, 4). Credi tu, che di nulla temesse punto nel suo cuore l’Apostolo quando disse: « Omnia possum in eo qui me confortai —Tutto io posso in colui, che mi conforta »? Di nulla affatto.
II.
Considera come non disse l’Apostolo « Omnia potest in me qui confortai me — Tutto può in me colui, che mi conforta », ma « Omnia possum in eo —Tutto io posso in lui » : non perchè egli non intendesse assai bene che la gloria dell’opera si deve tutta al principale operante, conforme mostrò d’intendere dove disse: « Non ego, sed gratia Dei mecum — Non io, ma la grazia di Dio che è con me »; ma perchè veramente egli volea concedere di potere. Non di potere in virtù delle proprie forze sue naturali : perchè in tal caso avrebbe detto solamente « Omnia possum — Tutto io posso », ma di potere in virtù di chi gl’infondeva in tali forze un vigor sopra la natura. « Gratia Dei sum id quod sum. — Per la grazia del Signore son quello che sono » (Prima lettera ai Corinzi 15, 10). Se non che qui ancora, se bene ne avverti, egli diede al principale operante la gloria piena. Che però non disse: « Omnia possum cum eo qui me confortai — Tutto io posso con colui, che mi conforta », ma disse « in eo — in colui » per dimostrare, ch’egli non solo operava unitamente con Dio, ma in virtù di Dio. Quello, che ti dee dar coraggio a far cose grandi, non è il pensare, che tu hai da farle con Dio : perchè in tal caso, per quello che spetta a te, tu potresti disanimarti come un pigmeo, il quale avesse da spingere per metà qualche masso, o qualche macigno con un gigante. Quello che ti dee dar coraggio a far cose grandi, è il pensar ch’hai da farle in virtù di Dio; come un pigmeo, in cui trasfondesse il gigante la sua gran lena a spignere unitamente con esso sè quella mole intera. « Qui sperant in Domino mutabunt fortitudinem. — Coloro, che sperano nel Signore, cambieranno la loro fortezza » (Isaia 40, 31). Non solo « augebunt — accresceranno » la fortezza lor naturale, ma ancor « mutabunt — la cambieranno » in soprannaturale; perchè dove prima non potean nulla, che non fosse dentro l’ordine solo della natura; avvalorati dalla fiducia ch’han essi riposta in Dio, passeranno ad un ordine superiore, e faran cose, che sono sopra la natura.
III.
Considera quanto fu geloso l’Apostolo di mostrare, che Dio non solamente operava in lui, ma che lo faceva operare quasi trasfondendo in lui la medesima onnipotenza. Però consigliatamente par ch’egli si astenesse di dire : « Omnia possum in eo qui me regit, qui me sustinet, qui me substentat — Tutto io posso in colui, che mi regge, che mi conserva, che mi sostiene », e volesse dir anzi « qui me confortai — che mi conforta », per dimostrare, ch’egli operava senza dubbio in virtù della grazia, ma operava, come chi dalla grazia è confortato a operare, non è costretto. « Confortare, et fac. — Fatti animo, e opera » (Esdra 10, 4). Il conforto suppone che il confortato concorra di suo talento a parte dell’opera, alla quale è indirizzato il conforto. Che però non si dice che uno scalpello è confortato a scolpire, un pennello a dipignere, una penna a delineare. E’ confortato chi nell’opera ha parte di tal maniera, che a lui dentro il suo genere sia imputabile. Ond’è che quando all’asina di Balaam fu già sciolta la lingua in accenti umani, si potè ben dir ch’ ella fosse fatta parlar dall’Angelo, ma non che fosse confortata a parlare. Vedi però qual sia l’effetto, che fa la grazia negli uomini? gli conforta. Cioè gli rinvigorisce, gli rinfranca, gli aiuta. « Ego Deus tuus confortavi te, et auxiliatus sum tibi. — Io sono il tuo Dio, ti ho fortificato, e ti ho aiutato » (Isaia 41, 10). E con ciò dà a conoscere, ch’essi fanno altresì dalla parte loro spontaneamente quelle opere a cui si stende il divin conforto : perchè non si può dire ch’è confortato a fare chi non fa nulla da sè, ma dee dirsi piuttosto, ch’è fatto fare. Tu non aspettare, che in virtù della grazia Iddio mai ti faccia operar di necessità, come fu fatta favellar già l’asina di Balaam. Hai da concorrere col tuo libero arbitrio di tal maniera che l’opera ha da potersi attribuire, ed ascrivere ancora a te, ma a te in virtù del conforto. « Dominus astitit mihi, et confortavit me, ut per me prwdicatio impleretur. — Il Signore mi assistè, e mi confortò, affinchè sia per me compiuta la predicazione » (Seconda lettera a Timoteo 4, 17). Potea l’Apostolo dirlo con più chiarezza?
IV.
Considera quali sien quelle cose, di cui l’Apostolo intese qui singolarmente di favellar dove disse: « Omnia possum in eo qui me confortat — Tutto io posso in colui, che mi conforta » : intese i dispregi, intese la povertà, intese i pellegrinaggi, intese i tanti accidenti variissimi che incontrava nella predicazion del Vangelo, e benchè questi sembrassero insuperabili alle forze della natura, contuttociò protestava di non temerli per la virtù della Grazia. Sicchè tu scorgi, che in virtù del conforto, non lasciava l’Apostolo di patir, ma pativa animosamente. Che se vuoi tu vedere a’ dì nostri un Santo, il quale abbia potuto dir veramente come già disse l’Apostolo, che in virtù della Grazia egli si confidava di poter tutto, tal è di certo il glorioso San Carlo. Parv’egli da Dio donato al secolo nostro, per questo appunto, per far conoscere agli uomini delicati, quanto possa mai la fiacchezza della natura, avvalorata dal vigor della Grazia. Egli, nobilissimo di natali, allevato fra le comodità, avvezzo al comando, ridursi in una tal gentilezza di complessione, a durare sì gran fatiche, di prediche, di viaggi, di udienze, di visite, di processioni, di studi, di sinodi, di riforme, ed infin di servizio tra gli appestati. Ed egli a tante fatiche unir tante penitenze, in qualunque genere, di fame, di sete, di sonno, di maltrattamento delle carni sue virginali, penitenze non già interrotte, ed instabili, quali facilmente tutte le tue soglion essere, ma perpetue. Credi tu che in un tale accoppiamento di cose egli non patisse di modo, che si conoscesse per se stesso uomo fragile come gli altri? Ma pure non si perdè mai di cuore. E per qual cagione? perchè sapeva che la Grazia può tutto in chi non pone impedimento alla Grazia : « Omnia possum in eo qui me confortat — Tutto io posso in colui, che mi conforta ». Fidati ancora tu del tuo Dio, e potrai al fin de’ tuoi giorni dire anche tu come potea dire un S. Carlo : « Gratia ejus in me vacua non fuit, sed abundantius illis omnibus laboravi: non ego autem, sed gratia Dei mecum. — La grazia di lui, che è in me, non è stata infruttifera, ma ho travagliato più di tutti loro : non io però, m a la grazia di Dio, che è con me » (Prima lettera ai Corinzi 15, 10).