FEBBRAIO
IV. GIORNO
Il peccato come deformi l’Anima.
«Facti sunt abominabiles sicut ea quае dilexerunt. – Divennero abbominevoli a par di ciò che amarono» (Osea 9, 10).
I.
Considera la differenza ammirabile, la quale passa tra l’intelletto e la volontà. Che se un pensiero di qualche abbominevole oggetto ti molesti contro tua voglia, sia di bestemmia, sia di fraude, sia di furore, sia di lascivia, non però mai diventi tu abbominevole. Allora solo diventi abbominevole, quando l’ami. Mercecchè l’intelletto non esce per mezzo de’ suoi atti fuori di sè, ma riceve in sè quelle spezie che vengono a lui trasmesse, sicchè non può non riceverle. E’ potenza, come la chiamano, necessaria. La volontà va a portarsi per mezzo degli atti suoi nell’oggetto amato, tanto che trasformasi in esso. Guarda però che brutta trasformazione succede in te, quando tu ami ciò ch’è diabolico, o animalesco, o terreno. Allora è quando tu diventi terreno, animalesco, diabolico.
II.
Considera, che in questa trasformazione sta collocata quell’alta deformità, che resta dopo il peccato impressa nell’anima. E però oh quanto verresti tu ad atterrirti, se ti potessi mirare in un tale stato Allora vedresti, con quanta ragione il Peccatore nelle Divine Scritture è chiamato vipera, è chiamato cavallo, e chiamato cane, è chiamato porco, perchè con amar quegli sfoghi, che sono proрга di somiglianti animali, per verità si è trasformato coll’animo in uno di essi. Е tu non procuri di ricuperar quanto prima l’antica forma mediante la penitenza? Oh come ti affliggeresti, se quanto al corpo ti rimirassi trasformato in un porco, come fu già Mitridate Re dell’Armenia! e non ti affliggi, perchè in un animale sì sozzo sei trasformato, ma quanto all’animo?
III.
Considera, che siccome chi ama un oggetto abbominevole, diventa abbominevole anch’egli a par dell’oggetto; così diventa bello, diventa degno, diventa divino, chi ama efficacemente un oggetto tale, perciocchè in un tale oggetto ancor si trasforma, si trasforma anch’egli in un Dio: « Talis est quisque, qualis est ejus dilectio, così dice S. Agostino: Terram diligis? Terra es. Deum diligis? Quid dicam? Deus eris — Ciascuno è tale qual è il suo amore: Ami la Terra? Sei Terra. Anni Dio? Che dirò io mai? Sarai Dio». E tu potendo ottenere una trasformazione sì nobile, non la curi? Ma nota bene, che a ciò non basta un amore di semplice compiacenza, qual è quello, che talor hanno fino i cattivi medesimi alla virtù, mentre l’approvano in altri, la celebrano, la commendano, ma nondimeno la lasciano a chi la vuole. Dev’essere efficace, vivo, veemente, e simile a quel che provi dentro te stesso, quando sai d’amar daddovero.