OTTOBRE
XXXI. GIORNO
Danni provenienti dall’Ira.
« Ira viri justitiant Dei non operatur. — L’ira dell’ uomo non opera la giustizia di Dio » (Lettera di Giacomo 1, 20).
I.
Considera qual sia la ragione che ti adduce San Giacomo, affine di persuaderti che tu sii tardo a volerti valer dell’Ira, come si è dichiarato nella meditazion precedente, non terminata, per darti in due giornate quel pascolo, che in una facilmente ti aggraverebbe. La ragione è, perchè mai l’Ira non opera bene alcuno : Ira enim viri justitiam Dei non operatur. A prima giunta ti possono parer questi termini esagerati : ma pesali, e dal veder quanto siano giusti, impara a venerare altamente il parlar divino. Certo è che tutto quel bene a cui l’Ira tende con le sue operazioni, si riduce ad un genere di giustizia cioè dir di giustizia vendicativa. Mira attentamente, e vedrai, che questo ella vuole, vuol la vendetta : benchè non sempre ciò voglia a titolo giusto, o per fine giusto, o con forma giusta, o con circostanze di tempo che sieno giuste. Posto ciò, in queste opere, o la ragion prevale all’Ira, o l’Ira prevale alla ragione. Se l’Ira prevale alla ragione, è vero, che quelle opere si attribuiscono all’Ira, come a principale operante, e che però ancor riportano qualche scusa, come opere più d’impeto, e più di impulso, che di avvertenza. Ma non sono mai opere di giustizia : perchè giustizia non è mai quella, in cui non sono osservate tutte ad una ad una le regole di ragione. E così in tal caso ha detto ben San Giacomo, quando ha detto, che « Ira viri justitiam Dei non operatur — L’ Ira dell’ uomo non opera la giustizia di Dio », mentr’ella di vantaggio « operatur contra justitiam — opera contro la giustizia ». Che se in quelle opere la ragion per contrario prevalga all’Ira, è vero ch’elle son opere di giustizia, ma non son opere che si attribuiscano all’Ira, siccome a quella che ivi è l’operante men principale, si attribuiscono alla ragione, giacchè in qualunque genere, com’è noto, le operazioni si attribuiscono al principale operante, al capitano, non a soldati, al principe, non a’ magistrati, al padrone, non a’ ministri, all’architetto, non a’ suoi manovali. E così ancora in tal caso ha detto divinamente San Giacomo quando ha detto, che « Ira viri justitiam Dei non operatur —L’Ira dell’uomo non opera la giustizia di Dio », perchè « non est Ira viri — non è Ira d’uomo » quella, che allora « operatur justitiam Dei — opera la giustizia di Dio », « est ratio viri — è la ragione dell’uomo », la quale « utitur Ira — servesi dell’Ira ». E se così è, chi non vede quanto sia giusto, che tu « sis tardus ad iram — sii tardo all’ira », ancorchè ti paia di muoverti con buon fine, e con buona forma, attesochè non hai da mettere in essa il tuo capitale, l’hai da mettere nella ragione : il che vuol dire, che in ogni affare, benchè di gloria Divina rilevantissima, non devi guardare principalmente a quel zelo il qual provi dentro di te, a quell’impeto, a quell’impulso, ma bensì a quello ch’è più secondo il dovere della ragione; altrimenti tu crederai di fare bene spesso opere da zelante, e le farai da furioso.
II.
Considera per qual ragione San Giacomo non si è contuttociò appagato di dire : « Ira viri justitiam non operatur — L’ Ira dell’uomo non opera la giustizia », ma ha voluto aggiugnere di più ancora, « justitiam Dei — la giustizia di Dio ». La ragion è, perchè la giustizia umana, affinchè sia retta, conviene, che si assimigli più che si può alla giustizia Divina. Supposto questo, quando anche l’Ira dell’uomo fosse quella che opera la giustizia, non può ell’almeno operare una giustizia simile a quella che opera l’Ira di Dio, nè quanto al suo modo d’operare, nè quanto all’atto. Non quanto al modo, perchè l’Ira di Dio, se tal può chiamarsi, non è una passione, qual è l’Ira dell’uomo, ma è quella semplice volontà di punire chi è meritevole. E però ella sempre opera la sua giustizia con serenità, con placidezza, con posatezza, e con somma tranquillità, mercè che tal volontà non cagiona in Dio niuna minima alterazione : « Tu autem, dominator virtutis, cum tranquillitate judicas. — Ma tu, dominatore potente, giudichi senza passione » (Sapienza 12, 18). Laddove l’Ira dell’uomo è, come si sa, una passione, e passione veementissima, che non è mai senza molta commozion di sangue, e di spiriti intorno al cuore, che mandano su vapori infimo alla mente, abilissimi ad ingombrarla: e però mai nemmen non è senza molta perturbazione di tutto l’uomo: « Conturbatus est in ira oculus meus, anima mea, et venter meus. — Nell’ira è turbato il mio occhio, il mio spirito, e le mie viscere » (Salmo 31, 10). Ed ecco come l’Ira dell’uomo non può in quanto al modo operare una giustizia simile a quella di Dio, perché non la può operare tranquillamente. Anzi nemmeno la può tale operare in quanto al suo atto, perchè mentre l’Ira di Dio non è altro che quella semplice volontà di punire pur ora detta, gli lascia luogo di usare misericordia quanto egli vuole nell’istesso tempo ch’egli usa ancora giustizia, ond’è che la giustizia di Dio sempre va congiunta con molta misericordia : « Numquid continebit in Ira sua misericordias suas. — Forse tratterrà nell’ Ira sua le sue misericordie » (Salmo 77, 10). Laddove l’Ira dell’uomo non dà luogo alla compassione, ma la rigetta come sua contraria totale, finchè ella non si è sfogata sino a quel segno, che stima giusto: « Ira non habet misericordiam, nec erumpens furor. — L’ Ira, e ‘I furore che scoppia, non lascian luogo alla misericordia » (Proverbio 27, 4). Non « ira desinens — l’ira che cessa », ma « ira erumpens — l’ira che scoppia ». E però l’Ira dell’uomo non può operare, nemmen secondo il suo atto, una giustizia simile a quella di Dio, cioè una giustizia che sia pietosa, ma ne vuole una, la qual sia piena, e perfetta. Tanto che sempre è verissimo, che « Ira viri — L’Ira dell’uomo », non solo hominis, ma ancora viri (cioè di un uomo sommamente anche degno), mai non operatur justitiam Dei di maniera alcuna, sol che tu n’eccettui Gesù, il qual fu vero uomo bensì, ma ancor vero Dio. Se fosse dunque possibile, dovrebbe l’uomo bramare di poter senz’ira operare ogni sua giustizia, siccome propriamente l’opera Dio. Ma perchè di rado avverrebbe ch’ei l’operasse, mercè la sua imperfezione, con gran vigore, anzi il più delle volte sarebbe languido, ritenuto, rimesso, chiami pur l’Ira in soccorso ne’ suoi bisogni, ma la chiami men che si può, « sit tardus ad Tram — sia tardo all’Ira », cioè « ad Iram adhibendam — ad usare dell’Ira », per poter fare una giustizia più che gli sia mai possibile simile a quella di Dio, cioè placida, e pia : pia quanto all’atto, placida quanto al modo.
III.
Considera come ogni superiore, massimamente claustrale, il quale deve altrui farsi norma di perfezione, dovrebbe tener sempre scritte in sua cella queste parole: « Ira viri justitiam Dei non operatur — L’Ira dell’uomo non opera la giustizia di Dio », perchè l’averle sempre dinanzi agli occhi lo assicurasse di non doverle mai perdere di memoria. Egli è obbligato a cercar più che si può, che la sua giustizia simiglisi a quella di Dio (giacchè ne sostiene le parti) e però guardisi che l’Ira mai non gli faccia o perturbare la mente, o pesar la mano. Rare volte avviene, che un suddito resti in Religione emendato da quel castigo, ch’egli si vede dar dal suo superiore con ira d’uomo, cioè con tale scomposizione, e con tale severità, che dinotino in lui passione. Allora resta emendato, quando si accorge, ch’egli è punito sì bene, ma non con ira : « Supervenit mansuetudo, et corripiemur. — E’ venuta in aiuto la benignità, e noi sarem, emendati » (Salmo 90, 10). E ciò allora accade, quando si accorge, che se il superiore lo castiga, è solamente per non mancare, come un altro Eli, al suo debito di punire i figliuoli erranti, e che così lo castiga con modi dolci, e con mortificazioni discrete. Ma ciò è troppo difficile in tempo d’ ira. Però se tu sei superiore, mai non imporre in tal tempo castigo alcuno : aspetta che l’ira posi, ancorchè giustissima. Nè stare a oppormi, che un Finees, un Mosè, un Matatia, corsero infine a levar di vita nel colmo del lor furore quei che peccavano. Perchè tu devi in primo luogo osservare, che ciò essi fecero in casi di grave scandalo, i quali avevano espressa necessità di rimedio pronto, qual poteva solo esser quello di un gran terrore. Dipoi non credere, che questi in casi tali operassero a guisa d’uomini per puro lume di ragion naturale. Operarono per un chiaro lume celeste, che dava loro a conoscere tal essere allora allora il voler Divino. E però la loro non era altrimenti « Ira viri — Ira d’uomo ». Era un’ira di spirito superiore, che gl’incitava a far opere da ammirarsi bensì, ma non da imitarsi, massimamente da uomini come noi. Che se tu non sei superiore, ma mero suddito, non hai però da lasciare di sopportare nel tuo superiore anche un’ Ira, che gembriti irragionevole: perciocchè a questo obbliga te parimente lo stato tuo, a non ti adirare quando anche ti conosci punito con ira d’uomo; « Non vos defendentes, charissimi, sed date locum irae. —Non vi difendete, o carissimi, ma date luogo all’ira » (Lettera ai Romani 12, 19). Allora tu dai luogo all’ira del superiore, quando tu lasci ch’ella faccia il suo corso, e non te le opponi.