DICEMBRE
XXX. GIORNO
Dignità e utilità delle Divine Scritture.
« Mirabilia testimonia tua; ideo scrutata est ea anima mea.— Le tue testimonianze sono ammirabili; perciò l’anima mia le ha investigate » (Salmo 119, 129).
I.
Considera, che se le Divine Scritture son piene di sensi tanto mirabili, che superano pur assai la capacità della nostra mente; può dunque parere a te, che il Santo Re Davidde si doveva contentare di crederli puramente, e non volere anche stare ad investigarli. Eppur egli non fe’ così. Anzi per questo medesimo dice di avere investigati già tali sensi con diligenza, perchè erano sì ammirabili : Mirabilia testimonia tua: ideo scrutata est ea anima mea. E la ragion è perchè, quando un tale investigamento proviene da poca fede a quei detti così ammirabili, allora è da detestarsi qual arrogante. Ma quando un tal investigamento proviene dall’amor portato a quei detti, allor non solo non è egli da detestarsi, ma è da lodarsi in estremo : « Susceperunt verbum cum omni aviditate, quotidie scrutantes Scripturas, si haec ita se haberent. — Ricevettero la parola con tutta avidità esaminando ogni dì, se le cose stesser così » (Atti degli Apostoli 17, 11). E qual è quel Savio, il quale mandi giammai in luce i suoi libri, perchè la gente si contenti di credere ciò che v’è? Gli manda in luce, perchè chi è capace non solamente di credere ciò che v’è, ma ancor d’intenderlo, gli legga, gli studii, gli specoli, e vegga quanto ha di peso ogni lor parola : « Verba prudentium statera ponderabuntur. — Le parole dei saggi saran pesate sulla bilancia» (Ecclesiastico o Siracide 21, 28). E perchè dunque vuoi giudicare, che un Dio di somma Sapienza abbia proceduto altramente ne’ libri sacri, da lui dettati a’ suoi servi di bocca propria? Gli ha dettati però, perchè tutto dì noi stiamo intorno ad essi scavandoli, e sviscerandoli, come si sta intorno ad una ricca miniera : « Scrutamini Scripturas. — Investigate le Scritture» (Vangelo di Giovanni 5, 39). Che sarebbe per tanto, se tu sdegnassi di fare a Dio quest’onore? Mentre tu puoi nel tempo stesso ammirare la sua Sapienza (ch’è quel grado più alto in cui termina la Contemplazione, e fa che l’anima vada per poco fuor di sè tutta attonita, tutta assorta: « Consideravi opera tua, et expavi. — Considerai le opere tue e mi spaventai »), non devi contentarti solamente di crederla, ch’è quel grado più basso da cui comincia : « Accedentem ad Deum oportet credere. — Chi a Dio si accosta, fa di mestieri che creda » (Lettera agli Ebrei 11, 6).
II.
Considera come due sono i sensi delle Divine Scritture : il letterale, e lo spirituale, il quale con altro nome è chiamato mistico : ed ambidue questi sono colmi di maraviglia : Mirabilia testimonia tua. Il senso letterale è il senso immediato, prodotto dalla forza delle parole; ed è quello che come corpo contien lo spirituale, e però sempre sta sulla sommità, sulla superficie, e per così dire, al di fuori. Il senso spirituale è il senso mediato, ed è quello che sta al di dentro, come lo spirito sta anch’egli dentro del corpo, che però vien chiamato spirituale: « Vidi in dextera sedentis supra thronum, librum scriptum intus, et foris. —Io vidi alla destra di lui, che siedeva sul trono, un libro scritto di dentro, e di fuori » (Apocalisse di Giovanni 5, 1). « Intus — Di dentro » col senso spirituale, « foris — di fuori » col letterale. E qui per ammirare il parlar Divino, osserva posseder Dio tanto di Sapienza, che con le parole può significare le cose, come facciamo noi, intendendo a cagion di esempio per Gerusalemme quella Città che fu Metropoli già della Palestina, e può con le cose, significate dalle suddette parole, significare al tempo stesso altre cose, ed altre ed altre,. secondo che piace a lui: il che se qualche volta noi possiam fare, nol possiam fare infinite, come può egli, che ha mente sì illimitata. E così per Gerusalemme ha potuto egli al tempo stesso significare altre cose, che non porta seco la scorza di tal parola, ma che ben poi vi si trovano nel midollo da chi vi sa penetrare con guardo acuto. Vero è, che come Iddio non altro ha preteso nelle Scritture, se non che rivelarci quello che dobbiam credere, che dobbiam sperare, e che dobbiam operare secondo le regole della carità a lui dovuta; così sono tre le cose, alle quali egli ha alluso nel senso spirituale. I. La Chiesa militante, che si doveva da Cristo fondare in terra come da suo sommo capo. E a ciò si riduce quello singolarmente che dobbiamo credere. II. La Chiesa trionfante, che si dovea da Cristo fondare in Cielo. E a ciò si riduce quello singolarmente che dobbiamo sperare. III. L’anima fedele, la qual doveva essere sposata da Cristo. E a ciò si riduce singolarmente quel che dobbiamo operare, o che non dobbiamo, secondo i tanti precetti, epilogatici in quel della carità. Quindi è che il senso spirituale si dirama in tre sensi, come in tre specie subordinate a un tal genere, in allegorico, in anagogico, ed in morale, o come altri lo chiamano tropologico. L’allegorico appartiene alla Chiesa militante, di cui la Legge vecchia fu già figura. L’anagogico alla Chiesa trionfante, di cui la Legge vecchia non fu figura propriamente, fu ombra. Il morale appartiene all’anima nostra. E così con questa parola Gerusalemme, che ti ho addotta già per esempio, il Signore ha sempre inteso di significar senza dubbio la città Metropoli della Palestina; ma per Gerusalemme ha di più inteso di significar talvolta la Chiesa militante, talvolta la Chiesa trionfante, talvolta l’anima fedele, e talvolta tutte e tre queste cose insieme, ch’ è stato in vero un parlare ammirabilissimo: Mirabilia testimonia tua. E tal parlare apparisce appunto nel Salmo Lauda Jerusalem Dominum; perchè con tutto quello che quivi predisse Davidde, secondo la lettera, dover conferirsi di benefizi da Dio alla città di Gerusalemme, quando finita la cattività Babilonica, sarebbe riedificata da Neemia, intese molto più di significar, secondo lo spirito, e della Chiesa militante, e della Chiesa trionfante, e dell’anima santa, divenuta, al suo modo, nell’alta contemplazione, vision di pace. Tu dunque ch’hai nelle Divine Scritture un linguaggio tanto ammirabile, com’essere può, che non te n’innamori, dicendo tu pure a Dio : Mirabilia testimonia tua; ideo scrutata est ea anima mea? Lascia andare i romanzi inutili, i quali con tutte, le lor finzioni non sono potuti arrivare a formar mai favole tali, che agguaglino in bellezza neppur quelle verità, le quali dal Signore furono scritte nel suo libro al di fuori : « Narraverunt inihi iniqui fabulationes, sed non ut lex tua. — Gli iniqui mi raccontarono delle favole, ma non sono come la tua legge » (Salmo 119, 85). E se nell’anno già scorso hai fatto al Signore questo ossequio di trattenerti con attentissima cura intorno alle sue parole, proponti di volere ancora rinnovarglielo nel futuro : « Praevenerunt oculi mei ad te diluculo, ut meditarer eloquia tua. —Prima del mattino a te si volsero gli occhi miei, per meditar la tua legge » (Salmo 119, 148).
III.
Considera come i sensi spirituali delle Scritture sono detti non solo spirituali, ma ancora mistici; e la ragion è, perchè quantunque sieno contenuti nel letterale (come lo spirito è contenuto nel corpo), non però sempre appariscono a prima giunta, come lo spirito il quale da’ movimenti del corpo, anzi dall’aspetto, dall’aria, dal color vivo, apparisce subito. Ci vuole a ricercarli alquanto di studio, siccome quelli che sono non solo ascosti, ma ancora astrusi, come sono tutti i misteri. Quindi è, che il santo Re Davidde disse a Dio : « Mirabilia testimonia tua; ideo scrutata est ea anima mea — Le tue testimonianze sono ammirabili; perciò l’anima mia le ha investigate »; non solo « consideravit ea — le ha considerate », ma « scrutata est — le ha investigate », perchè non pretendeva egli di poter subito penetrar senza stento i detti Divini : gli studiava, gli specolava, ne facea quasi una ricerca profonda, per veder tutto ciò che vi potesse trovare di senso occulto. Vero è, che tutto egli ordinava in pro dell’anima sua, e però dice : « ideo scrutata est ea anima mea — perciò l’anima mia le ha investigate », non solo « intellectus meus — il mio intelletto », ma « anima mea — l’anima mia », per abbracciare in una parola medesima l’intelletto, e la volontà: « Anima mea desideravit te in notte. — L’anima mia te bramò nella notte » (Isaia 26, 9). Se tu alla Orazione ti metti a ripensare i sensi delle Scritture per dare un puro pascolo all’intelletto, tu non fai ciò che conviensi : gli hai da ripensare per ordinare il pascolo dell’intelletto in pro della volontà, la quale deve nel tempo stesso infiammarti, o a credere con maggior fermezza, o a sperare con maggior fortezza, o ad amare con maggior fervidezza quello, che Dio ti fa rinvenir nel profondo del parlar suo. E questo è quel vero dono che chiamasi d’intelletto : quel che è ordinato non solo alla speculativa, ma ancora alla pratira : « Da mihi intellectum, et scrutabor legem tuam, et custodiam illam in toto corde meo. — Dammi intelletto, e io attentamente studierò la tua legge, e la osserverò con tutto il cuor mio » (Salmo 119, 34). Ond’è, che in virtù d’esso non solamente hai da considerare i sensi Divini per intendere quello che sono in sè, ma per intendere quello che richieggono da te, come regole di tutte le tue operazioni. Che se non hai questo dono, in grado per lo meno considerabile, eccone qual è la ragione : perchè non poni in pratica quello, che Dio ti ha fatto più di una volta conoscere in virtù di un tal dono : « Intellectus bonus omnibus facientibus eum.— Buon intelletto hanno tutti quelli che agiscono con questo timore » (Salmo 111, 10).