LUGLIO
III. GIORNO
Dio autore della natura e della grazia è il solo dator d’ogni bene.
« Omne datum optimum, et omne donum perf ectum desursum est, descendens a Patre luminum, apud quem non est transmutatio, nec vicissitudinis obumbratio. — Ogni dato ottimo, e ogni dono perfetto viene dall’alto, scendendo da quel Padre de’ lumi, in cui non v’è mutazione, nè ombra di vicissitudine » (Lettera di Giacomo 1, 17).
I.
Considera come ciò, che qui singolarmente intende S. Giacomo, è, che ti ecciti a dimandare a Dio tuttociò, che più ti fa di bisogno, giacchè da Dio viene il tutto : Omne datum optimum, et omne donum perfectum desursum est. Tutto il bene, che ti può venire da Dio, ti può da lui venire, o come da autor della natura, o come da autor della grazia. Se lo riguardi come autore della natura, da lui viene « omne datum optimum — ogni dato ottimo ». Se lo riguardi come autor della grazia, da lui viene « omne donum perfectum — ogni dono perfetto », Il bene della natura si dice « datum — dato »; perché quantunque in radice fu dono anch’esso, contuttociò ha qualche proporzion con chi lo riceve. Il bene della Grazia si dice « donum — dono », perchè non ha proporzione di sorta alcuna, è tutto gratuito : « Alioquin gratia jam non est gratia. — Altrimenti la grazia non è più grazia » (Lettera ai Romani 11, 6). Al dato si pone qui l’aggiunto di ottimo, datum optimum; perché tre sono i gradi di un simil bene, cioè del ben di natura; l’essere, il vivere, e l’intendere. L’essere è buono, ma è comune anche ai sassi; il vivere è meglio, ma è comune anche agli animali; l’intendere è ottimo, e questo è il proprio dell’uomo. E questo è quello, che tu devi chiedere a Dio, giacché questo è il bene più esimio, che ti possa dar come autore della natura: chiedere, che ti faccia intendere ben le cose: Da mihi intelligentiam. Perchè dal bene intendere dipende in molta parte il bene operare: noluit intelligere ut bene ageret (Salmo 36, 4). E così vedi che qui di questo solo si fa menzione, dell’ottimo : Omne datum optimum. Del buono, e del meglio non si favella, perchè l’essere, ch’è il buono, non si addimanda; e il vivere, ch’è il meglio, non si dee addimandare. Del vivere più, o meno, devi totalmente lasciare la cura a Dio. Al dono poi si dà l’aggiunto di perfetto: donum perfectum, perché il ben, che abbiam da Dio come autor della grazia, contiene in sè quattro gradi; l’elevazione, la redenzione, la giustificazione, e la glorificazione. L’elevazione allo stato soprannaturale tu vedi subito, se fu buona per noi. La redenzione fu ancor migliore; perchè che ci valea dopo la nostra caduta l’elevazione ad un tale stato, se Cristo non ci riparava col proprio sangue? La giustificazione è ottima; perché che ci vale esser redenti da Cristo, se non siam giusti? La glorificazione è perfetta; perché che ci vale esser giusti, se mediante la perseveranza non siamo ancor coronati? E questa è quella, che tu singolarmente devi chiedere sempre a Dio, la perseveranza finale, giacché questo è il bene più esimio, che possa darti come autor della grazia. Il bene dell’elevazione, e della redenzione, non si addimanda: e quello della giustificazione viene in te già dall’Apostolo presupposto, mentre t’invita a dimandar quel dono, ch’è ancor perfetto: altrimenti come vuoi tu chieder a Dio di perseverare nello stato di giusto sin alla fine, se ancora non ti ritrovi in un tale stato? E con ciò scorgi la qualità di quel bene ch’hai da domandare a Dio. L’uno è « datum optimum — il dato ottimo », ch’è intender bene tutto ciò che ti giovi, massimamente a bene operare : l’altro è « donum perfectum — il dono perfetto », ch’è di perseverare nel bene sino alla morte, con aumento maggiore, e maggiore di grazia.
II.
Considera, come « Omne datum optimum — Ogni dato ottimo », che si trovi in qualunque uomo mortale, « et omne donum perfectum — e ogni dono perfetto » veramente vien da Dio solo, desursum est. Perchè tu da te che puoi? non puoi niente; e perciò troppa è la necessità, che ti stringe di chiedere il tutto a Dio. Sei necessitato a chiedere « datum optimum — il dato ottimo », ch’è l’intendere, perchè quantunque abbia Iddio già data a te la potenza, ch’è l’intelletto, ha riserbato a sè l’atto, ch’è l’intelligenza : « Inspiratio Omnipotentis dal intelligentiam, — Dall’ ispirazione dell’ Onnipotente viene 1′ intelligenza » (Giobbe 32, 8). E più ancora sei necessitato a chiedere « donum perfectum — il dono perfetto », ch’è la perseveranza finale, perchè quantunque mentre Iddio ti ha dato esser giusto, ti ha data già la potenza a perseverare, che è la grazia giustificante, non ti ha però dato l’atto, ch’è il perseverare. Questo, come insegna Sant’Agostino de Bono perseveranti, ricerca un’altra grazia distinta dalla giustificante, ed è quella grazia, con la quale Iddio ti accompagna soavemente di passo in passo sino alla morte, rimovendo da te tutti quegli inciampi, che possono far caderti da quello stato sì nobile in cui ti trovi, e stimolandoti al bene, confortandoti, corroborandoti, proteggendoti; il che, come vedi, è una grazia, la quale, ne abbraccia molte, nè si può mai meritare, almeno condegnamente, com’è di fede, ma si può bene ottenere con l’Orazione incessante, la quale a questo è ordinata : è ordinata a impetrare da Dio per misericordia quello, che in nessun modo dovrebbeci per giustizia. « Neque enim in justificationibus nostris prosternimus preces ante faciem tuam, sed in miserationibus tuis multis. — Imperciocchè sulla fidanza non della nostra giustizia, ma delle molte vostre misericordie, umiliamo le nostre preci davanti alla vostra faccia » (Daniele 9, 18). E così vedi se tanto « datum optimum —il dato ottimo », quanto « donum perfectum desursum est, descendens a Patre luminum — il dono perfetto viene dall’alto, scendendo dal Padre de’ lumi ». Vien però qui Dio chiamato singolarmente con questo titolo di Padre de’ lumi, a Patre luminum, perchè a lui, come a Padre de’ lumi naturali, appartiene datum optimum, ch’è l’intendere; e a lui, come a Padre de’ lumi soprannaturali, appartiene dare donum perfectum, ch’è il perseverare; mentre questa perseveranza si ha dalla grazia, la quale singolarmente consiste nel buon pensiero. Vero è, che come il Sol non solamente illumina, ma riscalda, nè solamente riscalda, ma invigorisce; così fa Dio (molto miglior Padre de’ lumi, che non è il Sole) con la sua grazia. Non solamente t’illumina l’intelletto, ma t’infiamma la volontà; nè solamente t’infiamma la volontà, ma ti dà vigore, perchè tu così e sappia, e vogli, e possa eseguir con facilità quel bene, a cui sei tenuto sino alla fine, ch’è per verità « donum perfectum — il dono perfetto ».
III.
Considera, che veduta la qualità di quello, che hai a dimandare da Dio, e veduta la necessità, che ti obbliga a dimandarlo, resta a vedere la facilità, che tu abbi di conseguire ciò che addimandi, perchè così tanto maggiormente ti ecciti a dimandare. Ma qual cosa più facile su la terra, che ottener lume dal Sole, a Patre luminum? E tal tu odi, ch’è Dio. Anzi egli è un Sole molto migliore di quello, che tu vagheggi con gli occhi. Perchè quantunque questo Sol materiale non patisca in sè mai mutazione alcuna, ma sempre a un modo sia fontana di luce affatto inesausta, contuttociò, se non patisce mai mutazione in sè, patisce vicissitudine nel suo effetto, mentre ora ti sorge su l’Orizzonte, ed or ti tramonta; or si allontana, or si avvicina; or si alza, or si abbassa; e così non puoi sempre egualmente da esso ottener la luce, che brami. Il Sole Divino non è così. Egli non solo non ha mutazione in sè (perchè sempre « idem ipse est — è l’istessissimo ») (Lettera agli Ebrei 1, 12), ma nemmeno ha vicissitudine. E ciò vuol dire: apud quem non est transmutatio, nec vicissitudinis obumbratio: vuol dire, « apud quem non solum non est transmutatio — in cui non solamente non v’è mutazione », come è nel Sol materiale; « sed nec vicissitudinis obumbratio — ma neppure ombra di vicissitudine », come è pur troppo in tal Sole, il quale però vien detto, alter, et idem, non idem ipse. E’ vero, che ancor nel Sol Divino « est obumbratio — v’è ombra », e v’è ancora frequente assai: ma non est obumbratio vicissitudinis: non è ombreggiamento che nasca, come nel Sol materiale, dalle vicende, che fa a cagion del suo corso; ma nasce puramente da quelle nuvole, che gli si levano innanzi; nasce dalle ingratitudini spesse, che noi gli usiamo: « Opposuisti nubem tibi ne transeat Oratio. — Ti ponesti da, vanti una nuvola, perchè l’Orazione non passasse » (Lamentazioni 3, 44). Vedi però che l’ostacolo, il qual ti toglie il lume, non vien dal Sole, ma vien da te. Tu da te stesso ti metti innanzi la nuvola, che ti para : opposuisti nubem tibi: « tibi — a te », non « illi — ad esso »; perchè obumbratio — l’ombra » non solo « non est in illo — non è in esso », ma nemmeno « est apud illum, est apud te — è appo lui, ell’è appresso di te ». Rimuovi in tempo la nuvola, con lasciar di mostrarti ingrato al Signore de’ benefizi, che di mano in mano ricevi, e vedrai se ti sarà sempre agevole ottener tutto.
IV.
Considera, come finalmente si dice, che « Omne datum optimum, et omne donum perfectum desursum est, descendens a Patre luminum. — Ogni dato ottimo, e ogni dono perfetto viene dall’alto, scendendo dal Padre de’ lumi ». Hai tu osservata quella parola « descendens — che scende »? non dice « cadens —che cade », dice « descendens — che scende », perchè il bene del Cielo non casca a caso, come gli sciocchi si pensano, ma discende con gran considerazione, e così ancora discende giù a grado a grado, ch’è il significato più proprio in cui possa usarsi questa parola discendere. La pioggia casca dal Cielo : il lume dal Sole non casca, è vero, come la pioggia, ma cala, almen secondo il nostr’occhio; non però scende, perchè non vien quasi a gradino a gradino, vien tutto insieme. Non così il lume Divino. Questo discende, come discendevano gli Angeli, che il recavano all’addormentato Giacobbe nella sua famosa visione, per una scala : perchè conforme tu corrispondi al primo benefizio ricevuto da Dio, ch’è il primo gradino, Iddio passa a farti il secondo, e poi l’altro, e poi l’altro, e poi l’altro, di mano in mano. Troppo però andresti ingannato, se ti credessi di potere il tutto ricevere in una volta : « Omne datum optimum, et omne donum perfectum desursum est. — Ogni dato ottimo, e ogni dono perfetto viene dall’alto», ma « descendens — discendendo». E con ciò tu devi conchiudere, che due cose son quelle, che ti facilitano l’ottener da Dio quei benefizi, che chiedi nell’Orazione: l’una non essergli ingrato di quei benefizi, ch’egli ti ha fatti, perchè cioè porti da te stesso la nuvola innanzi al Sole: l’altra è non sol non essergl’ingrato di tali benefizi, ma essergli ancora grato, con usar positiva corrispondenza, perocchè questa è la scala, per cui detti benefizi discendono a grado a grado.