APRILE
III. GIORNO
Della vera conversione.
« Convertimini sicut in profundum recesseratis, filii Israel. — Convertitevi a Dio, o figli d’Israele, come profondamente vi eravate allontanati da lui » (Isaia 31, 6).
I.
Considera, che se vuoi sapere, qual sia la norma d’una conversione perfetta, qui ti si mostra. Conviene, che altrettanto ti appressi a Dio, quanto già te ne allontanasti: « Convertimini sicut in profundum recesseratis, filii Israel — Convertitevi, ecc. ». Sembra, che questa regola non sia giusta, perché di ragione dovresti fare assai più per placare Iddio, di quello che facesti per irritarlo. Ma guarda quanto il Signore vuol essere buono con te! Si placherà, sol che tu faccia altrettanto. Che dissi, si placherà? Ti accoglierà, ti accarezzerà, ti farà quanto di bene saprai richiedergli. Vuoi scorgerlo chiaramente? Mira da che stato ti chiama! fin dal profondo. Se dunque mentre ti trovi ridotto in un tale stato, « in profundum — nel profondo », egli pensa a te, ti cerca, ti conforta, t’invita giungendo a dire con affetto sì tenero: « Convertimini — Convertitevi », come se appunto egli avesse di te bisogno; che farà quando ti abbia tra le sue braccia? Oh come ti terrà caro! Non toccherà più a te di star nel profondo; toccherà a’ peccati, ch’hai fatti: « Projiciet in profundum maris omnia peccata vestra. — Getterà tutti i vostri peccati nel profondo del mare » (Michea 7, 19). E tu non vuoi corrispondere alla chiamata?
II.
Considera, che peccando diversa cosa è l’andare da Dio lontano, diversa cosa è l’andarsene nel profondo. Va lontano chiunque pecca gravemente; va nel profondo chi non sol pecca gravemente, ma ancora profondamente: « Profunde peccaverunt sicut in diebus Gabaa. — Hanno peccato profondamente come ne’ loro dì que’ di Gabaa » (Osea 9, 9). E qual è questo peccare profondamente? è peccare a caso pensato, ordire il male, tesserlo, tracciarlo, studiarlo, siccome fecero quegli infami di Gabaa, i quali ad arte aspettarono, che 1′ Levita, di cui si parla al decimonono dei Giudici, fosse a mensa; e allora cintogli a un tratto l’alloggiamento, sicchè non potesse scappare, lo necessitarono a dar loro in preda la moglie per abusarne. Questa è specie pessima di peccato; perchè questo è vedere il male alla scoperta, e volerlo; nè sol volerlo, ma studiarsi di far sì, che sortisca felicemente, a dispetto di quel Signore, che tanto l’odia: « Iniquitatem meditatus est in cubili suo. — Meditò nel suo letto l’iniquità » (Salmo 35, 5). Or chi ha proceduto così, che dovrà fare, tornando a Dio, per soddisfare al suo debito? Porre altrettanto di studio in pensare al modo di servirlo con fedeltà, quanto ne pose in pensare al modo di offenderlo. Non dire, che tralasci di fare Orazione, perchè non sai farla; che non sai quali divozioni abbi da praticare, quando assisti alla santa Messa; che non sai quali disposizioni abbi da premettere, quando ti accosti ai Santissimi Sagramenti. Se non lo sai, e tu mettiti di proposito ad impararlo: « In hoc et ipse studeo sine offendiculo conscientiam habere ad Deum, et ad homines semper. — Per questo io mi studio di conservar sempre incontaminata la coscienza dinanzi a Dio, e agli uomini » (Atti degli Apostoli 24, 16), disse l’Apostolo: non disse « curo — procuro », disse « studeo — mi studio » e disse anche « semper — sempre ». Non vedi quanto di studio impiegasti già intorno al male? Altrettanto ora impiegane intorno al bene: « Convertimini sicut in profundum recesseratis, filii Israel. — Convertitevi a Dio, o figli d’Israele, come profondamente vi eravate allontanati da lui ».
III.
Considera, che sotto questo profondo, di meditare l’iniquità, v’è un altro profondo ancora più cupo qual è sprezzarla. Perchè dappoi che uno ha peccato in quella forma bruttissima, che si è detta, contuttociò non ne fa stima veruna: « Impius cum in profundurn venerit peccatorum contemnit. — L’empio, quando è caduto nel profondo del peccato, lo disprezza » (Proverbio 18, 3). E’ però questo un profondo difficilissimo a uscirne fuora, perchè non sol presuppone la volontà pervertita, come accadeva nel primo, ma l’intelletto. Contuttociò se pur alcuno ottien grazia di uscirne, a guisa di un Lazzaro dalla tomba, e di ritornare al suo Dio, che ha da fare per corrispondergli? Tenere in conto vile il bene, che opera, come tenne il male; e però non chiamarsi mai soddisfatto: « Cum feceritis omnia, quae praecepta sunt vobis, dicite: servi inutiles sumus. — Quando avrete fatto tutto quello, che vi è stato comandato, dite: siam servi inutili » (Vangelo di Luca 17, 10). Ma molti non fan così. Prima non prezzavano niente tante trufferie, tante crapole, tante carnalità, tante sorti di spassi infami; e di poi se pentiti si danno a fare la disciplina una volta la settimana, si persuadono di operare prodigi di santità: « Convertimini sicut in profundum recesseratis, fluii Israel. — Convertitevi a Dio, o figli d’Israele, come profondamente vi eravate allontanati da lui ».
IV.
Considera, che il peccator non finisce di andare al basso, sinchè non trova non solamente il profondo della scelleratezza, ma ancora il centro: « Descenderunt in profundum quasi lapis. — Son caduti nel profondo qual pietra » (Esodo 15, 15). Qual è però questo baratro sì funesto? è non solamente macchinare il peccato, non solamente sprezzarlo, ma gloriarsene: « Gloriati sunt, qui oderunt te. — Color che ti odiano se ne vantarono» (Salmo 73, 4). Chi è caduto in questo profondo, si può dir, che sia giunto « in profundissimum infernum — nel più profondo dell’inferno » (Giobbe 17, 16), perchè convien, s’egli vanta il peccato, che follemente se lo ascriva a virtù; e però non solo ha l’intelletto pervertito, ma guasto, perchè opera da infedele. Gl’infedeli son quelli, che chiaman gloria ciò, che da G. Cristo s’intitola confusione: Quorum gloria in confusione ipsorum (Lettera ai Filippesi 3, 19). E pur questo è ciò, che non temono di far tanti, i quali son Cristiani, ma quanto basti a renderli inescusabili nella vita, che menano da infedeli. Se però Dio, ch’è sì copioso nella misericordia, anzi ricco, conceda grazia ad alcun di questi di campar ancor egli da tanto baratro; che avrà da fare per essere grato a Dio? Superar con animo sommo i rispetti umani, nè contentarsi sol d’essere penitente, ma d’apparire, con por la gloria nella umiltà, nella mansuetudine, nella mortificazione, nel pianto, com’egli già la ripose nell’empietà. Far ciò non è di supererogazione, ma di obbligo, perchè è dovere, che soddisfaccia con un tal atto non solamente al gran torto, che recò a Dio chi vantossi de’ suoi strapazzi; ma parimente allo scandalo, che diè al prossimo: « Convertimini sicut in profundum recesseratis, filii Israel. — Convertitevi a Dia, o figli d’Israele, come profondamente vi eravate allontanati da lui ».
V.
Considera, ch’essendo questi profondi sì luttuosi, pare impossibile, che tanti Cristiani vi caschino. E pure non sol vi cascano, ma vi cascano, perchè vi voglion cascare. E che ciò sia vero, nota quella parola, che a questi miserabili è sì obbrobriosa, « recesseratis — vi eravate allontanati »: perchè nessuno potè dar loro la spinta a precipitarli da Dio lontani, vi andarono da se stessi. E però non dice, « lapsi eratis, cecideratis, corrueratis — eravate sdrucciolati, caduti, precipitati »: dice « recesseratis — vi eravate allontanati », ch’è un termine di chi si parte avvedutamente: « Quasi de industria recesserunt ab eo — Quasi avvedutamente si allontanarono da lui ». E forse che non erano uomini talor di molta coscienza, di saviezza, di spirito, di pietà? Certissimo: « fui Israel — Figliuoli d’Israele », che si può dir di vantaggio? e nondimeno volontariamente ne andarono tanto giù! Come mai poterono andarvi? Per questo medesimo, perchè « recesserunt — se ne andarono lontani », ch’è quanto dire, v’andarono a poco a poco: v’andarono a guisa di chi cammina, non vi andarono a guisa di chi precipita. Se quasi in un salto avessero furiosamente dovuto là giù buttarsi, qual dubbio c’è, che da principio sarebbonsi inorriditi? ma perchè piuttosto essi sceser al precipizio, in profundum recesserunt, non solamente non ne concepirono orrore, ma neppur temenza. Mira però quanto poco ognuno si possa di sè promettere, se a passo a passo si ritira da Dio, recedit. Può giungere a quei profondi, che hai qui scoperti, ancorchè fosse ancor egli « de filiis Israel — de’ Figli d’Israele », non che di Manasse, o di Menfi. A te talor non par niente lasciare le tue divozioni, cominciare a distrarti, cominciare a discioglierti, tentare al fin di commettere alcun peccato. Oh se sapessi quanto giù potrai scendere a passi tali! sino a gloriarti un giorno di quel peccato, che appena or tenti commettere: « Vae eis, quoniam recesserunt a me. — Guai a coloro, che si sono ritirati da me » (Osea 7, 13).
VI.
Considera, che quantunque il partirsi, che il peccatore fece da Dio, fosse a poco a poco, non ha da essere a poco a poco il ritorno, ma tutto insieme: perchè la particella « sicut — come », qui non è posta a ricercar proporzione di simiglianza, ma a ricercar proporzione di quantità, e però non si dice: « Convertimini sicut recesseratis — convertitevi quanto vi siete allontanati » (nel qual caso la conversione dovrebbe conformarsi al recedimento), ma si disse: « Convertimini sicut in profundum recesseratis — Convertitevi quanto profondamente vi siete allontanati »; il che dinota, che la conversione dee conformarsi al profondo; sin qui giunse chi recedette. Colui, che a poco a poco volesse montar su per dirupo sì rovinoso, difficilmente potrebbe sperar di uscirne, perchè per un passo, che desse innanzi, ne darebbe più d’uno indietro: tanta è la forza dell’abito inveterato, se con qualche atto anch’eroico non si distrugge. Convien adunque, ch’egli non cammini nel venir su; ma che corra, anzi piuttosto che voli: « Assumat pennas sicut Aquilae. — Che impenni ale a guisa d’Aquila» (Isaia 40, 31), giacchè la grazia divina è pronta a prestargliele. Queste son l’ale, con cui dal profondo dell’iniquità volarono tosto al sommo della virtù più perfetta una Pelagia, una Taide, una Teodora, un Guglielmo detto Aquitano; Pale della grazia, non l’ale della natura : e queste bisognandoti saran pronte ancora per te, sol che ti fidi di Dio, come fecer essi. Egli non vuol altro da te, se non che di proposito volti la faccia a lui, con intendimento di accostartegli tanto, quanto già te ne allontanasti: Convertimini sicut in profundum recesseratis, filii Israel. A lui starà darti di poi grazia tale, che di subito siegua ciò, che tu intendi. Se tu temi, argomentalo dall’invito, ch’egli ti fa. Non sa egli bene, che tu per te non puoi niente? E pur ti chiede, che tu faccia un passaggio, difficilissimo a farsi, come va fatto. Adunque è segno, che ti tiene anche apparecchiata la grazia, che ti è necessaria per farlo. Altrimenti, che invito sarebbe il suo? non sarebbe d’amante così amorevole, qual egli è; sarebbe di beffatore.