GENNAIO
XXIX. GIORNO
San Francesco di Sales.
Amor del prossimo come abbia da regolarsi.
«Diligere proximum tamquam se ipsum majus est omnibus holocaustomatibus, ci sacrificiis.— L’amare il prossimo come se stesso val più, di tutti gli olocausti, e i sacrificii» (Vangelo di Marco 12, 33).
I.
Considera, che non ogni atto di beneficenza, che usi verso il tuo prossimo, vestendolo, ristorandolo, ricreandolo, consolandolo, è atto di Carità soprannaturale (qual è quello, del quale in questo luogo si parla), ma solo quello, che usi verso di lui per amor di Dio, che ti ha raccomandato quel prossimo, come appunto se fosse la sua persona. E posto ciò, non ha dubbio, che « diligere proximum majus est omnibus holocaustomatibus, et sacrificiis — l’amare il prossimo val di più di tutti gli olocausti, e i sacrifizi » perchè gli atti di carità soprannaturali sono maggiori degli atti di Religione. Se pure non vogliam dire, che atti di Religione sieno ancor essi questi atti di Carità soprannaturali, perché sono ordinati ancor essi ad onorare Dio, e dall’altra parte hanno questo di vantaggioso, che sono ancora ordinati a giovare al prossimo. E però quando si afferma, che « diligere proximum majus est omnibus holocaustomatibus, et sacrificiis — l’amare il prossimo val più di tutti gli olocausti, e i sacrifizi», si ragiona di ciò, ch’ è «in eodem genere — nel medesimo genere », e per conseguente si preferiscono i sacrifizi medesimi ai sacrifizi. Così vuole S. Agostino: lib. 10, de Civ. Dei, c. 5.
II.
Considera, se così è, quanto importi, che, quando eserciti verso il tuo prossimo un atto di Carità, sollevi il tuo cuore a Dio, e che non operi per quella mera natural compassione, che ti commuove le viscere verso d’uno, che giace nudo, affamato, assetato, febbricitante. Questo è di poco valore. E però tu devi osservare trovarsi molti, i quali sono chiamati « Filii Sion inclyti — Incliti figiuoli di Sion», ma che frattanto sono solamente «amicti auro primo — vestiti dell’oro primo» (Lamentazioni 4, 2), mentre della Carità soprannaturale, ch’è l’oro primo, non hanno altro, che l’apparenza. Sian incliti agli occhi altrui, quanto si vogliono, oh come vagliono poco! «Quomodo reputati sunt in vasa testea, opus manuum figuli? — Come mai sono stimati quasi vasi di terra cotta, lavoro di un Vasaio?». Fanno opere naturali, e così similissime tutte a quelle di un vil Vasaio, che sta pochissimo attento al lavoro che fa. Uno Scultore vi attende, uno Scarpellino vi attende, un Intagliatore vi attende; ma un Vasaio nulla accompagna con la mano la mente; lascia correre la sua ruota, e così fa opere, che son di poco guadagno. Se tu vuoi guadagnar molto negli atti di Carità, avvezzati a levar sempre la mente a Dio, e non volere in certo modo far opere di Vasaio.
III.
Considera, che prescindendo ancor da ciò, che si è detto: «Diligere proximum majus est omnibus holocaustomatibus, et sacrificiis. — L’amare il prossimo val più di tutti gli olocausti, e i sacrifizi»: perchè il Signore facilmente comporta, che le opere di carità, ancorchè non fatte per fin soprannaturale, siano preferite a quelle della medesima Religione. E così vedi, che talor per assistere ad un Infermo, il quale ancora ti paghi abbondantemente, ti sarà lecito di lasciar sin la Messa in giorno di festa. Nel che, chi può non ammirare la somma bontà del Signore, mentre contentasi di pospor l’onor proprio al comodo nostro? Non già così fai tu pure, che tante volte posponi al comodo proprio l’onor Divino. Almeno impara da questo a stimare in sommo quegli atti di Carità, che tanto piacciono a Dio.
IV.
Considera, che a questi atti di Carità devono cedere ancora quei sacrifizi, che tu fai a Dio di te stesso colle penitenze corporali, perchè il Signore vuole che tu talor lasci ancora i digiuni, ancora le discipline, per non pregiudicare a quel pro, che puoi per altro arrecare al prossimo tuo. Ma quante volte tu non mostrerai di capire tal verità? e così sarai bensì amante di penitenze, ma poi nel tempo medesimo sarai ritroso a scomodarti per chi ti chiede un piacere; non vorrai perdonare al tuo prossimo una parola alquanto pungente, ma piuttosto gli risponderai con superbia, lo mortificherai, lo maltratterai, e nemmeno saprai contenerti nelle conversazioni dal condannar le azioni di chi non può, come assente, giustificarsi. Misero te ! non ti avvedi, che «diligere proximum majus est omnibus holocaustomatibus, et sacrificiis — l’amare il prossimo val più di tutti gli olocausti, e i sacrifizi »? Non può il Signore accettare i tuoi sacrifizi minori, mentre trascuri il maggior di tutti, ch’è quello della Carità.
V.
Considera fin a qual segno debba arrivare questa tua Carità verso il prossimo, ch’è ad amarlo come te stesso: tamquam te ipsum. Non dice quanto, ma come; perchè il Signore non ti comanda mai cosa alla quale tu non possa molto bene accordarti, secondo tutte le leggi dell’amor proprio, purchè sia retto. Però di quello, in che sta il tuo vero bene, come sono la grazia di Dio, l’umiltà, l’ubbidienza, le virtù interne, non ne hai da cedere un punto al prossimo tuo: anzi glie ne hai d’aver sempre una santa invidia. Ond’è che l’Apostolo dopo aver detto « sectamini caritatem — amate la carità», soggiunse subito, «aemulamini spiritualia — emulate i doni spirituali», per dimostrare, che l’emulazion dei beni spirituali non si oppone alla carità, come quella de’ temporali; perciocchè i beni spirituali son tali, che si possono possedere insieme da molti senza pregiudizio di alcuno. Di quello per contrario in che non consiste il tuo vero bene, cedine pure al tuo prossimo più che puoi, perché tanto più farai sempre il servizio proprio. Agli altri cederai spesso un bene da niente, com’è danaro, gloria, grandezze, comodità; per te sempre procurerai un bene eterno. Vero è che in tutte le cose hai da amar sempre il tuo prossimo come te stesso, tamquam te ipsum, perché gli hai da voler l’istesso beiie, che brami a te, cioè il ben vero, e colla istessa sorte d’affetto, cioè ordinato, e con l’istessa sorte d’ ardore, cioè operante. Quella carità, che non cerca l’utile proprio, non quaerit quae sua sunt, quando il cercarlo sia pregiudiziale all’altrui, è buona carità, ma non è perfetta. La perfetta non solo non vuol punto pregiudicare agli altrui interessi, ma nemmeno sa trascurargli gli tratta come suoi proprii.
VI.
Considera finalmente, che i sacrifizi comandati da Dio nell’antica legge si riducevano a tre. Uno era « sacrificium pro peccato — sacrificio per lo peccato» : e questo si dovea offerir di necessità per ottenere la remission delle colpe, e dinotava lo stato dei penitenti, che si confessano. Ond’è che una metà della vittima si abbruciava ad onor divino, e l’altra rimanevane al Sacerdote, per significare che la remissione delle colpe nel Sacramento della Penitenza s’effettuava da Dio col mezzo de’ suoi Ministri. Il secondo era « sacrificium pacificum — sacrificio di pace»: e questo si offeriva, o per ottener qualche benefizio, come pace, prosperità, sanità, o per ringraziamento dell’ottenuto: e dinotava lo stato dei proficienti, i quali attendono all’esecuzione dei Divini comandamenti; e però la vittima si divideva in tre parti, una si abbruciava ad onor Divino, l’altra andavane al Sacerdote, l’altra andavane all’offerente, per significare che la salute degli uomini viene effettuata da tre, da Dio colla sua grazia, da’ Sacerdoti colla lor direzione, e da quegli uomini stessi, i quali s’hanno a salvare colla loro industria. Il terzo era holocaustoma: L’olocausto, in cui tutta la vittima bruciavasi totalmente ad onor divino; e dinotava lo stato sublimissimo dei perfetti, che con la esccuzion non solo de’ precetti, ma de’ consigli consacrano a Dio quanto hanno di se medesimi, senza tenersene niente. Ora per tornare all’intento: «Diligere proximum tamquam seipsum, majus est omnibus holocaustomatibus, et sacrificiis — amare il prossimo come se stesso, val più di tutti gli olocausti, e i sacrifizi»: perchè questa carità è ancor ella, come da prima dicevasi, un sacrificio; ma un sacrificio il maggior di tutti, siccome quella che d’una parte è in genere di olocausto: «non quaerit quae sua sunt — non cerca le cose sue»; e d’altra parte tra gli olocausti è il più degno, perchè non solo è intieramente ordinata ad onorar Dio nella sua persona, ma parimente nella persona di quelli, ch’egli ha raccomandati, come se proprio. Sicchè se ben si considera, ella adempie tutta la legge con perfezione: « Omnis lex in uno sermone impletur: diliges proximum tuum, sicut teipsum — Tutta la legge comprendesi in questa parola : ama il tuo prossimo come te stesso» (Lettera ai Galati 5, 14): e questo fu quell’olocausto eccelsissimo, che sempre offerse a Dio quel gran Santo d’oggi, San Francesco di Sales.