La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

APRILE

XXIX GIORNO

Dell’amor di dio, e sue qualità.

 

« Fortis est ut mors dilectio: dura sicut Infernus aemulatio. — La dilezione è forte a par della morte: la emulazione è dura a par dello Inferno » (Cantico dei Cantici 8, 6).

 

I.

Considera, che per dilezione s’intende qui quell’amore, che tu devi portare a Dio: per emulazione quel desiderio, il quale devi avere, che l’amino ancora gli altri: « Qui audit, dicat: veni. — Chi sente, dica: vieni » (Apocalisse di Giovanni 22, 17); perchè l’amor verso Dio è molto differente da quello verso degli uomini. Se tu ami un uomo altamente, ami ch’egli sia amato, ma non da molti: perchè hai paura, che moltiplicandosi troppo gli amatori di esso, non te lo rubino; e però spesso tu sei parco in lodare le sue prerogative, e in divulgarle, per non accrescerti da te stesso i rivali. Ma se ami Dio, non così: vorresti allora, che lo amassero tutti: Omnes genies cognoscant, quia tu es Deus, et non est alius praeter te (Giuditta 9, 19). E la ragione è, perchè l’uomo a te caro ha cuor limitato: se molti ha da riamare, tanto meno conviene, che egli ami te. Ma Dio ha cuor immenso: « Secundum magnitudinem ipsius, sic et misericordia illius cum ipso est. — Quanto egli è grande, altrettanto è pur misericordioso » (Ecclesiastico o Siracide 2, 23). Tanto v’è d’amor per un solo, s’egli ami tutti, quanto v’è di amore per tutti, s’egli ami un solo: « Dives in omnes, qui invocant illum. — Ricco per tutti coloro che lo invocano » (Lettera ai Romani 10, 12). E così tu non temi, che t’ami manco, se gli acquisti conoscitori; anzi allora confidi, che ti ami più. Ora questa dilezion verso Dio è paragonata alla morte nella fortezza: Fortis est ut mors dilectio. Questa emulazione, o vogliam dir, questo zelo della sua gloria, è paragonata nella durezza all’Inferno: Dura sicut Infernus eamulatio. E l’una e l’altra hai da procacciarti egualmente, se ti preme di esser grato a Dio. Ma ove la dilezione in te non preceda, non potrà suscitarsi l’emulazione: perchè tanto tu bramerai, che Dio venga amato cordialmente da’ popoli, quanto l’amerai con questo amor detto forte a par della morte: perciocchè prima è la morte, e dipoi l’Inferno; e non è prima l’Inferno, e dipoi la morte: «Mortuus est dives, et sepultus est in Inferno. — Morì il ricco, e fu sepolto nell’Inferno » (Vangelo di Luca 16, 22).

II.

Considera, che la fortezza terribile della morte si scorge, più che in altro, nella virtù che ha di separare: « Siccine separas, amara mors? — Sì adunque ne separi, amara morte?» (Primo libro dei Re 15, 32). Perchè non sol ti divide, ma ti distacca da tuttociò, a cui ti ritrova più strettamente legato, e ti distacca in un attimo. Ti distacca dalla patria, ti distacca da’ parenti, ti distacca dagli amici, ti distacca dalle comodità, ti distacca dalle cariche, ti distacca dagli onori: e così va discorrendo nel rimanente. Ma sopratutto ti distacca la morte da te medesimo, perchè fa quel taglio tremendo, a cui niuna altra forza può giammai giungere: quel taglio, dico, tra lo spirito, e ‘1 corpo. Oh come questi hanno fatta perfetta lega! E pur la morte gli separa. E altrettanto è quello appunto, che ha da operare in te l’amore al tuo Dio: che però disse Cristo: « Putatis, quia pacem veni dare in terram? Non, dico vobis, sed separationem. — Pensate voi, ch’io sia venuto a portar pace sopra la terra? No, vi dico, ma la divisione » (Vangelo di Luca 12, 51). Che ti par dunque? che l’abbia ancora operato? Anzi oh quanti sono gli attacchi, che tengono tuttavia legato il tuo spirito, non solo al corpo, ma alla riputazione, alla roba, a tali altri beni frivoli della terra! Qual dubbio adunque, che una dilezion così forte non ha trovato ancor adito nel cuor tuo? « Fortis est ut mors dilectio — forte è la dilezione a par della morte », non lascia niente, che da te non divida. Se un solo attacco ti resta, già ella non è tale, qual dovrebb’essere; non è morte. Perciocchè questa è la diversità tra la morte, e la malattia: che la malattia ti toglie un bene, e ti lascia l’altro: ti toglie il vedere, ma ti lascia l’udire; ti toglie l’udire, ma ti lascia il vedere; e se ti toglie ambidue questi, ti lascia qualche altro senso, almeno interiore. La morte no; la morte ti toglie tutto, e come tale ella opera in un istante. Guarda però, che falsamente non giudichi di amar Dio, se vivi ancora attaccato a qualunque sorta di creature terrene; perché la vera dilezion verso d’esso non dicesi, che sia forte, come una malattia, la quale è mortale, ma come la morte; Fortis est ut mors dilectio.

III.

Considera, che questa dilezion così forte, come or dicevasi, è di necessità, che preceda all’emulazione. Perché se tu non ti sei prima staccato da tutte le creature che ti posseggono, è impossibile, che attendi mai daddovero a guadagnare delle anime al tuo Signore. Bisogna a tal effetto non curar patria, non curar parenti, non curare amici, non curare comodità, non curar cariche, non curare onorevolezze: « Cum placuit ei, qui me segregavit ex utero matris meae, ut evangelizarem illum in gentibus: continuo (non paulatim no, ma continuo) non acquievi carni, et sanguini. — Come piacque a colui che mi segregò fin dall’utero di mia madre, affinché io lo predicassi alle genti: subitamente (non poco a poco, ma subitamente) non badai nè alla carne, nè al sangue » (Lettera ai Galati 1, 15, 16). Anzi bisogna non curar più neppur il corpo medesimo, ma esporlo con gran franchezza ad ogni patimento, ad ogni pericolo, mettendolo in mano a Dio come corpo morto, in compagnia di coloro, di cui sta scritto, che finché vissero, non lo amarono mai: « Non dilexerunt animas suas usque ad mortem. — Non amarono la vita loro sino alla morte » (Apocalisse di Giovanni 12, 11). Se tu del corpo tuo sei punto sollecito, non è possibile, che daddovero lo impieghi in andare a caccia delle anime più perdute. Vero è, che la emulazione fervente passa ancor oltre. Perchè se la dilezione è forte come la morte: Fortis est ut mors dilectio, la emulazione è dura come l’Inferno: Dura sicut Infernus aemulatio. Per Inferno intendono alcuni la sepoltura, conforme a quello: « Vita mea Inferno appropinquavit. — La vita mia si avvicina al sepolcro » (Salmo 87, 4). Ma forse non tanto bene quanto quegli altri, che intendono qui per Inferno l’Inferno vero, cioè quello, che s’intitola de’ dannati: « Infernus subter conturbatus est. — L’Inferno laggiù si è commosso » (Isaia 14, 9). Quello sì, che giustamente può dirsi un Inferno duro: « Dura sicut Infernus aemulatio. — L’emulazione è dura come I’ Inferno ». Ma se vuoi capir questo passo perfettamente, intendi per Inferno tutti i Demoni, che sono la parte di esso Più principale: « Morsus tuus ero, Inferne. — Tuo strazio sarò io, o Inferno » (Osea 13, 14). Non vedi tu quel che fanno i Demoni per rubar anime a Dio? Altrettanto è quello, che tu hai da fare in contrario per guadagnargliele. Questa per mio parere è l’intelligenza più scelta di questo luogo; ma perché richiede una attenta ponderazione, piacciati di trasmetterla al dì seguente, in cui per altro caderà molto opportuna. .

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