MARZO
XXVIII. GIORNO
Premi del Giusto.
« Sedebit populus meus in pulchritudine pacis, et in tabernaculis fiduciae, et in requie opulenta. — Sederà il popol mio nella bellezza della pace, e ne’ tabernacoli della confidanza, e in requie opulenta » (Isaia 32, 18).
I.
Considera, che questo beato popolo, del quale qui ragionasi, non può già essere un popolo, qual è quello degl’imperfetti, ma uno assai spirituale, assai santo, populus peculiaris, perchè già si presuppone, che non abbia più di bisogno di stare tutto dì combattendo affannosamente, ma che già goda riposo, mentre incontanente si dice, che sederà « Sedebit populus meus etc. — Sederà il mio popolo ecc. ». Ma chi sono coloro, che arrivino a questa sorte? Pochi al certo. Son quelli soli, i quali signoreggiano le lor voglie. Chi n’è signoreggiato, non può sedere, convien che stia sempre in arme. Perchè però tu intenda bene la rara felicità di chi, avendo già combattuto animosamente per lungo tempo, arriva a questo dominio di se medesimo, mira che seder sarà il suo: « Sedebit in pulchritudine pacis, in tabernaculis fiduciae, et in requie opulenta — Sederà nella bellezza della pace, e ne’ tabernacoli della confidanza, e in requie opulenta ».
II.
Considera, che chi ha atteso a domare le sue passioni assai virilmente, « sedebit — sederà » per lo più tutto il resto della sua vita « in pulchritudine pacis — nella bellezza della pace », perchè la pace altro non è, come dice Sant’Agostino, che « tranquillitas ordinis — tranquillità dell’ordine »: che però vedi, che la perturbazione dell’ordine è la distruzion della pace. Ora che bell’ordine è quello, che gode un giusto, qual si diceva! E’ ordinato col prossimo, perchè subito cede alle voglie altrui, non invidia, non presume, non litiga, non perseguita, non ambisce, e sa vivere in pace ancor con coloro, che sono amanti di guerra: « Cum his, qui oderunt pacem, eram pacificus. — Fui pacifico con que’ che odiavan la pace » (Salmo 119, 6). E’ ordinato in se stesso, perchè gli appetiti in lui servono alla ragione, e così gode la bellissima pace della coscienza: « Pax multa diligentibus legem tuam — Pace molta per quelli che amano la tua legge » (Salmo 118, 165), e mai non pruova quelle sollecitudini, quelle smanie, in cui suol prorompere una volontà sregolata. E’ ordinato con Dio, perchè a lui sempre in tutto si sottomette, e così ha quell’alta pace, di cui si dice, che supera qualsivoglia diletto umano, Pax Dei, quae exuperat omnem sensum (Lettera ai Filippesi 4, 7), nè più patendo perturbazioni di mente, almeno notabili, lo fa godere felicemente nell’ozio di una beata contemplazione. Vero è che l’ordine va al contrario di quello, che qui ho descritto, perchè prima è quella pace, la quale il giusto ha con Dio: da questa ridonda poi quella, la quale ha in sè: e da questa poi nasce quella, la quale sa mantener con tutti i suoi prossimi. Oh te beato, se ti sapessi pur una volta invaghir di sì degna pace! Non vedi tu s’ella è bella? « Sedebit populus in pulchritudine pacis — Sederà il mio popolo nella bellezza della pace ».
III.
Considera, che questo medesimo giusto, dopo avere in vita ssedùto « in pulchritudine pacis — nella bellezza della pace, sedebit — sederà » alla morte « in tabernaculis fiduciae — ne’ tabernacoli della confidanza ». Non sarà allora agitato, ansante, affannoso, come è degli empii, ma starà quieto, sedebit: in che? in se medesimo? questo no: in tabernaculis fiduciae, ch’è quanto dir, nelle piaghe del suo Signore: perchè egli non riporrà la sua confidanza nel ben che ha fatto, ma solo in quei tormenti, che Cristo ha per lui patiti. E’ vero, ch’egli, se non è per qualche speziale favor Divino, non si stimerà sino all’ultimo mai sicuro; che però non si dice « in tabernaculis securitatis — ne’ tabernacoli della sicurezza », ma « in tabernaculis fiduciae — nè tabernacoli della confidanza ». Contuttociò proverà confidanza tanto maggiore nel suo Signore, quanto fu maggiore il timore riverenziale, che in vita n’ebbe, perchè sa, che un Padre sì buono non lo dovrà abbandonar nel maggior bisogno. E perchè questo maggior bisogno proviene dai grandi assalti, che allora muove l’Inferno, il giusto non uscirà da’ suoi padiglioni, sedebit in tabernaculis; non combatterà coll’inferno, lo sprezzerà, e solo attenderà ad invocare il suo buon Signore, perchè in quelle sagre piaghe lo voglia tener difeso: come Colomba, la qual non esce a combattere ad aria aperta collo Sparviero, ma solo ritirasi in buchi impenetrabili ad esso, e così si salva: Columba mea in foraminibus petrae (Cantico dei Cantici 2, 14).
IV.
Considera come questo giusto medesimo, dappoi che avrà in morte seduto « in tabernaculis fiduciae — ne’ tabernacoli della confidanza », « sedebit — sederà » dopo la morte in requie opulenta, che sarà quella, la quale goderà nella gloria del Paradiso. Oh quella sì sarà requie, e requie in vero opulenta! Che cosa è requie? Non altro se non che solamente un cessar dal moto. Ma questa requie in Terra non si ritrova, o non si ritrova opulenta, perchè i beni temporali non appagano; gli spirituali appagano sì, ma non totalmente, dandosi qui tutti a misura; e così l’animo sempre ha che più bramare; laddove in Cielo non solamente sarà pago, ma sazio: « Satiabor, cum apparuerit gloria tua. — Sarò sazio all’apparir della tua gloria » (Salmo 17, 15). Sazio nella memoria, la quale immersa in un sì dilettevole oggetto, qual è il suo Dio, l’avrà ognor presente. Sazio nell’intelletto, il quale in Dio vedrà tutto, intenderà tutto, imparerà tutto, nè sarà più soggetto ad oscurità, non che ad ignoranza. Sazio nella volontà, la quale piena di Dio per via d’amore si compiacerà sì altamente di quella beatitudine, che in lui scorge, che la farà come sua, e così avrà quanto vuole, perchè vorrà tuttociò che gode Dio. Sazio nell’esercizio delle virtù, perchè l’eserciterà quivi tutte in perfetto grado, salvo quelle, che, come proprie de’ viatori, e così miste o di tristezza, o di timore, si lasciano nell’esilio. Eserciterà la carità, eserciterà l’ubbidienza, eserciterà l’umiltà, eserciterà la Religione, e sopra tutto eserciterà del continuo la gratitudine, non mai cessando di rendere lodi a Dio. Sazio nel bene, ch’egli vedrà parteciparsi ancora al suo corpo per la chiarezza che lo rende così bello, per l’agilità che lo rende così spedito, per l’impassibilità che lo rende sì inalterabile, e per la sottigliezza che lo viene a spiritualizzare, cioè a fare ch’egli operi come spirito. Sazio per la total sazietà, che ha in tutti i suoi sensi. Sazio nella vista per la perpetua contemplazione di oggetti vaghissimi, vezzosissimi, splendidissimi, ma nella loro perpetuità sempre nuovi. Sazio nell’udito per le armonie sì soavi, che da per tutto egli udirà risuonare. Sazio nell’odorato per la fragranza, che uscirà da ciascun de’ corpi gloriosi, ma spezialmente da quel di Cristo, intorno al quale andranno tutti a congregarsi, quali aquile, ma non vili, come le nostre, che solamente innamoransi di cadaveri. Sazio nel gusto per quella celeste manna la quale conterrà tanto meglio della terrestre, la moltiplicità di tutti i sapori. Sazio nel tatto per quel piacere a lui proprio, ma tutto puro, che gli farà dimenticar tutti i pristini patimenti. Sazio nella conversazione, la quale avrà con tanta moltitudine di Spiriti sublimissimi, di Santi, e di Sante, i cui discorsi saranno sempre sì affettuosi, sì prudenti, sì pii, sì spiritosi, sì carichi di delizie. E finalmente sazio per quella sorta di sazietà, la quale è in Dio stesso, perchè come Dio non ha fuori di sè bisogno di niente, così il Beato non avrà bisogno di niente fuori di sè, perchè in se stesso avrà Dio, con sicurezza di non poterlo mai perdere in tutti i secoli. Questa è la requie opulenta: quella che nasce da una ricchezza totale.
V.
Considera, che se tu vuoi giungere a questo stato, convien che sii di quel Popolo, che qui il Signore con modo tanto speziale ha chiamato suo: « Sedebit Populus meus etc. — Sederà il mio popolo ecc. », e che però tu non voglia più essere di te stesso, ma di Dio solo. Procura quanto puoi di servirlo con fedeltà, non volendo porti a sedere innanzi al tuo tempo. Se vuoi pace in vita, convien, che alla pace preceda prima la guerra, e che però tu sottometta assai bene le tue passioni, mortificandoti; « Opus justitiae pax. — Opera della giustizia è la pace » (Isaia 32, 17). Se vuoi fiducia in morte, conviene, che alla fiducia preceda ora il timore, e che però tu viva molto sollecito di nQn disgustare chi allora ti ha da difendere; ma che quanto puoi te ‘1 guadagni, con ricordartene spesso, e col raccomandartegli spesso: « Timenti Dominum bene erit in extremis. — Chi teme il Signore sarà beato nel fine » (Ecclesiastico o Siracide 1, 13). Se vuoi requie dopo la morte, con, vien, che alla requie preceda or la fatica, sicchè ti spenda per Dio, ti strugga per Dio, e ti curi poco di umani sollevamenti insino a tanto, che « dicat tibi Spiritus —ti dica lo Spirito », non il corpo, « ut requiescas a laboribus tuis — che riposi dalle tue fatiche » (Apocalisse di Giovanni 14, 13).