La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

GIUGNO

 

XXVIII. GIORNO

Nella divina Legge sino al fine bisogna sempre operare come dal principio.

 

« Ne verearis usque ad mortem justificari, quoniam merces Dei manet in adernum. — Non ti vergognare di far opere di giustizia fino alla morte, poichè la mercede di Dio dura in eterno » (Ecclesiastico o Siracide 18, 22).

 

I.

Considera, che quando ancora quella mercede, la quale Iddio tien preparata in Paradiso a’ suoi servi, fosse una mercede ordinaria. non si dovrebbe ritrovare uomo al Mondo, il quale non impiegasse per essa volentierissimo ogni sudore, ogni stento, mentr’ella è eterna. Or quanto più, mentr’ella è mercede sì grande, che s’intitola « merces Dei —mercede di Dio »? Par a te, che da un Signor di tanta maestà possa tu aspettarti mercede, che non sia segnalata, che non sia somma? Ti basti intendere, che ti darà per mercede, quanto di bene egli possiede in se stesso : « Ego merces tua magna nimis. — Io sono tua ricompensa grande oltremodo ». E come dunque tu, per mercede sì inesplicabile, non ti aiuterai, non ti affannerai, non durerai fin all’ultimo spirito di tua vita ogni gran fatica? Ne verearis usque ad mortem justificari, quoniam merces Dei manet in xternum. Di ragione ad una mercede eterna avrebbe dovuto precedere una fatica, se non eterna, perchè ciò non era possibile, almeno di molti secoli. Eppur guarda quanto ella è breve massimamente a’ dì nostri : appena ne’ più degli uomini è trenta anni; quando ella arriva a’ sessanta, a’ settanta, par già lunghissima. E tu nemmen così poco vuoi contentarti di affaticare per godere un’eternità? Il Signore con infinita pietà va del continuo scorciando la vita agli uomini, perchè tanto meno possano di lui lamentarsi, se non si salvano.

II.

Considera, che alcuni sono sì da lungi a volere durare una tal fatica per l’acquisto del Paradiso, che anzi se ne vergognano, verentur. Si vergognano di fare orazione troppo frequente, si vergognano di confessarsi spesso, si vergognano di comunicarsi spesso, si vergognano di usare a loro profitto una diligenza, la quale apparisca sollecita : «Verentur justificari usque ad mortem. — Si vergognano di far opere di giustizia sino alla morte ». E non è ciò quasi un credere di far troppo per la salute? Se tu piuttosto credessi (come hai da credere in verità) di far poco, non ti vergogneresti di esser veduto da tutti attendere a procacciarla con ogni studio. Quando la mercede è leggiera, allora è vergogna impiegar molto di sudore, molto di stento per riportarla : perchè ciò è dimostrarsi simile al ragno, il quale si sviscera per fare al fine de’ suoi lavori una preda di mosche vili; ma quando la mercede è considerabile, chi è, che si vergogni d’esser veduto per essa non solo travagliare, ma ancor morire? E pur questa è la stolidità de’ Fedeli. Non si vergognano di esser veduti correre fino all’Indie, incontrare burrasche, incontrar battaglie, esporre a mille pericoli la lor vita, perchè si sa, che se pure hanno sorte di ritornare, ritornano colmi d’oro. E poi si vergognano di esser veduti fare un digiuno di più, una confessione di più, una comunione di più, affine di conseguirsi il Regno de’ Cieli. E non è questo avere una stima vilissima di un tal Regno? « Ne verearis usque ad mortem justificari, quoniam merces Dei manet in aeternum. — Non ti vergognare di far opere di giustizia sino alla morte, poichè la mercede di Dio dura in eterno ».

III.

Considera quanto ben si dice: « ne verearis usque ad mortem justificari — non ti vergognare di far opere di giustizia sino alla morte », perchè non ti hai a vergognar di procedere sin all’ultimo di tua vita, come se ogni dì fosse quello, nel quale tu incominci a divenir giusto. E pur questo è ciò di cui le persone in progresso di tempo più si vergognano nel divino servizio, operar da principianti : mostrare quella prima alacrità, mostrare quella prima attenzione. Ma non è questo un solennissimo inganno? « Fratres, ego me non arbitror comprehendisse. — Fratelli, io non mi credo d’aver toccata la mèta », dicea l’Apostolo, che pur era tanto provetto di perfezione; e però, « quae retro sunt obliviscens — dimenticando le cose passate », quasi che in certo modo io mi rechi a rossore di ricordarmene, « ad ea, seguiva a dire, ad ea, quae sunt priora extendens me ipsum — estendendomi a quelle cose, che mi stanno davanti », con dare a me nuovi stimoli, nuove spinte, « ad destinatum persequor, ad bravium — al segno mi avanzo verso il premio » ; non altrimenti, che se ora io cominciassi da capo il corso (Lettera ai Filippesi 3, 13). E come dunque ti vuoi di ciò vergognare tu, che tanto sei dell’Apostolo men perfetto? Se ti ritrovi già vicino alla mèta, tanto più dunque hai da sforzarti di correre con quell’istesso fervore con cui lasciasti le mosse, e non vergognartene : Ne verearis usque ad mortem justificari. Benchè non è forse vero, ch’hai bisogno di giustificarti? Oh quante sono le imperfezioni, che tuttodì si commettono ! Adunque se così è, per qual ragione ti dovrai vergognare di riputarti ogni dì, non solo principiante, ma peccatore? Anzi, come tale, hai da far sempre tutto ciò per accrescere la giustizia, che da principio suol farsi per conseguirla : « Qui justus est, justificetur adhuc. — Chi è giusto, si renda tuttora più giusto » (Apocalisse di Giovanni 22, 11). Allora adempirai perfettamente quest’ordine del Signore, quando ogni giorno stimerai, che sia quello, nel quale hai da cominciare a divenir giusto.

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