DICEMBRE
XXVII. GIORNO
San Giovanni Apostolo.
Giorno di S. Giovanni apostolo: sopra i gradi della Contemplazione.
« Nunquid ad prxceptum tuum elevabitur Aquila, et in arduis ponet nidum suum? In petris nzanet, et in praeruptis silicibus commoratur, atque inaccessis rupibu. Inde contemplatur escam, et de longe oculi ejus prospiciunt. Pulii ejus lambent sanguinem, et ubicumque cadaver fuerit, statim adest.— Forse al tuo comando si leverà in alto l’Aquila, e in luoghi ardui farà suo nido? Se ne sta ella sui massi, e dimora nei dirupi precipitosi, e nelle rupi inaccessibili. Di là ella contempla la preda, e i suoi occhi veggono in gran lontananza. I suoi aquilotti leccano il sangue, e dovunque sia un cadavere, tosto ella si trova » (Giobbe 39, 27, 28, 29, 30).
I.
Considera come tutti gl’ Interpreti intendon qui misticamente per l’Aquila il vero contemplativo, paragonato all’ Aquila per l’istinto. E qual è l’istinto dell’Aquila? Volar alto? Non solo ciò, ma goder de’ gioghi più ardui. Così è di lui: più che va su, più vi trova di contentezza : In arduis ponet nidurn suum. Non solo « in altis — in luoghi alti », ma « in arduis — ardui ». Sei sono i gradi della Contemplazione. Il primo è nella semplice immaginazione. Ed è quello in cui noi contempliamo le creature visibili, ammirando la moltitudine d’esse, la varietà, la vaghezza, ed altre loro doti, che i puri sensi ci rappresentano, e in quelle lodiamo Dio: « Quam magnificata sunt opera tua, Dominel omnia in sapientia fecisti. — Quanto grandiose son le opere tue, o Signore? ogni cosa hai tu fatto con sapienza ? (Salmo 104, 24). Il secondo è nella immaginaone aiutata dalla ragione; ed è quello, in cui non pur contempliamo le cose visibili al modo detto, ma di più con la ragion ci aiutiamo ad investigare le doti occulte: il fine per cui furon prodotte, la disposizione, la differenza, l’utilità, ed altre loro condizioni, le quali non appariscono al primo guardo: « Mirabilia opera tua, et anima mea cognoscit nimis. — Le opere tue son mirabili, e troppo bene il conosce l’anima mia » (Salmo 139, 14). Il terzo è nella ragione aiutata dalla immaginazione; ed è quello, in cui dalle cose visibili ci solleviamo ad intendere le invisibili: « Invisibilia Dei, per ea quae fatta sunt, intellecta conspiciuntur. — Le invisibili cose di Dio, per le cose fatte comprendendosi, si veggono » (Lettera ai Romani 1, 20). Nè solamente dalle creature argomentiamo il Creatore; il che è farci noi di esse quasi una scala, ma di più nelle proprietà che miriamo a cagion d’esempio, nell’acqua, nei semi, nelle Stelle, nel Sole, contempliam quasi di riflesso le proprietà della Grazia quando santifica, delle ispirazioni quando allignano, delle intelligenze quando assistono, di Cristo quando porta al inondo ogni bene; il che è farci noi di esse quasi uno specchio: « Interroga jumenta, et docebunt te, etc. — Interroga i giumenti e t’insegneranno, ecc. » (Giobbe 12, 7). Il quarto è nella ragione aiutata dalla ragione; ed è quello in cui la ragione, rilb mosso da sè più che può l’ufficio de’ sensi, si ferma a contemplare le verità puramente spirituali: e quelle ch’ella intende mira in sè sole direttamente, quelle che non intende, deduce da altre simili ch’ella intende; come per esempio, dal diletto che danno le scienze umane, deduce quel che darà la visione beatifica « Creavit illis scientiarn spiritus. — Creò in essi la scienza dello spirito » (Ecclesiastico o Siracide 17, 6). Il quinto è sopra la ragione, ma non l’è avverso. Ed è quello in cui contempliamo quelle verità, che la ragione non può interamente raggiungere da se stessa, ma non ha però difficoltà di approvare quando sieno a lei rivelate, anzi se ne appaga. E tali sono la semplicità della essenza divina, l’immensità, l’infinità, ed altre prerogative di essa, superiori alla ragion naturale, ma non contrarie, che ci discuopre la fede : « Audi, Israel: Dominus Deus noster, Dominus unus est. — Ascolta, o Israele : Il Signore Dio nostro è un Dio solo » (Deuteronomio 6, 4). Il sesto non solo è sopra la ragione, ma la calpesta : e come tale contien quelle verità di fede appartenenti alla Trinità delle persone divine, ed altri misteri simili, cui la ragione di sua natura è inclinata a ricalcitrare: eppure, illuminata da Dio, non solo non vi ricalcitra, ma vi gode più che nell’altre; amando in vedersi vinta all’istesso tempo, ed avvalorata « Ecce Deus magnus, vincens scientiain nostrani. — Certamente Iddio è grande, e sorpassa ogni nostro sapere » (Giobbe 36, 26). I due primi gradi si riferiscono alle cose sensibili, i secondi alle intelligibili, i terzi alle incomprensibili. E però i primi sono agevoli, i secondi alti, i terzi ardui. E qui è dove l’Aquila pone volentieri il suo nido. Perché lo spirito del Contemplativo passa per li colli, posa sui monti, ma fa il suo nido sui gioghi, in arduis ponit nidum suum; cioè in quelle verità si trattiene più di proposito, le quali ha discoperte la fede, ed or gode di vedere quanto esse si conformino alla ragione, or gode di vedere quanto la eccedano. Tu in ascoltare un istinto sì nobile, qual è questo donato all’Aquila, puoi capir subito ciò che hai da fare, se Dio si degni giammai di chiamarti a tanto. E fra questo mezzo anche osserva, che se fra tutti i beati Contemplativi la maggior Aquila vien riputato l’Evangelista Giovanni, la ragion è perchè niuno i suoi primi voli spiccò più in su. Gli spiccò dove altri gli sogliono terminare: « In principio erat Verbum, etc. — Nei principio era il Verbo, ecc. » (Vangelo di Giovanni 1, 1).
II.
Considera, che l’Aquila vuole i gioghi, ma non qualunque, gli vuol di sasso : in petris manet, perchè il vero Contemplativo non si compiace semplicemente degli arcani rivelati a noi dalla fede, perché sono sublimi assai. Se ne compiace, perchè sono di fede, cioè sodi, saldi, sicuri, ed incontrastabili. Questa è la sublimità a lui più gradita : « Munimenta saxorum sublimitas ejus. — La sua sublimità sarà sopra una rocca di vivo sasso » (Isaia 33, 16). Se non che i misteri rivelati a noi dalla fede vengono ripartiti in due classi: alcuni appartengono alla Divinità del Signore, altri all’umanità. E però vedi ancora, che di due sorta son quelle pietre, eccelsissime, tra le quali l’Aquila fa il suo soggiorno più caro. Alcune sono inaccessibili per l’altezza, altre inaccessibili, non solo per l’altezza, ma per lo dirupamento: In praeruptis silicibus commorabitur, ei inaccessis rupibus. Nelle rupi inaccessibili sono figurati i misteri della Divinità, i quali, è ver che atterriscono per l’altezza gl’intelletti de’ men Fedeli: ma se non si capiscono, almen si ammirano : « Digne eum invenire non possumus: magnus fortitudine, et judicio, et justitia, et enarrari non potest. Ideo timebunt eum viri, et non audebunt contemplari omnes qui se dicunt esse sapientes. — Noi non siam degni di raggiungerlo; egli è grande in sua possanza, ne’ suoi giudizi e nella giustizia, ed è ineffabile. Per questo gli uomini lo temeranno, e nessuno di quelli che si dicono saggi ardirà di contemplarlo » (Giobbe 37, 23, 24). Nei dirupi precipitosi sono figurati i misteri dell’umanità, i quali a tanti sono tuttora occasione di rompicollo : « Offenderunt enim in lapidem offensionis — Imperocchè urtarono nella pietra d’inciampo » (Lettera ai Romani 9, 32), mentre i superbi, perché non gli capiscono, gli deridono : « Nos autem praedicamus Christum Crucifixum, Judaeis quidem scandalum, Gentibus autem stultitiam. — Ma noi predichiamo Cristo Crocifisso, scandalo pe’ Giudei, stoltezza pe’ Gentili » (Prima lettera ai Corinzi 1, 23). Il vero Contemplativo, imitando l’Aquila, fa il suo nido egualmente « in praeruptis silicibus, et in inaccessis rupibus — nei dirupi precipitosi, e nelle rupi inaccessibili ».Vero è, che prima il fa « in praeruptis silicibus — nei dirupi precipitosi », perchè prima si trattiene assai ne’ misteri dell’umanità, ed indi « in inaccessis rupibus — nelle rupi inaccessibili », perchè poi passa a quei della Divinità. Ma in progresso di tempo, passa dagli uni agli altri, e dagli altri agli uni, come fa l’Aquila adulta, trovando in tutti una pietra egualmente ferma, ove dimorare: « In inaccessis rupibus — nelle rupi inaccessibili » ha ella libero il campo a mirare il Sole nel colmo de’ suoi splendori : « In praeruptis silicibus — nei dirupi precipitosi », ha riparo da’ venti, dalle tempeste, dai turbini, dalle pioggie, qualor si abbui. E tu a tuo profitto anche impara, che se ne’ misteri della Divinità emuli quasi i Beati in vedere Dio, ne’ misteri dell’umanità ti ripari singolarmente dalle burrasche, a cui d’improvviso son sottoposte sui loro gioghi anche l’Aquile. Vengono i tempi di desolazioni, di tristezze, di tedii, di traversie. Allor ch’hai da fare? Vola tra le piaghe di Cristo per te squarciate: « Ingredietur scissuras petrarum, et in cavcrnas saxorum, a facie formidinis Domini. — Entrerà nelle spaccature delle pietre, e nelle caverne de’ massi, per la paura del Signore » (Isaia 2, 21).
III.
Considera, che l’Aquila « commoratur in inaccessis rupibus — dimora nelle rupi inaccessibili », per non aver lassù molestia dagli uomini; e « commoratur in praeruptis silicibus — dimora nei dirupi precipitosi », per non averla nemmeno dagli animali, massimamente voraci, con cui mal volentieri ella fa contrasto senza grave necessità. E questi due emolumenti riporterai parimente tu, dimorando all’usanza di Aquila, ora « in inaccessis rupibus — nelle rupi inaccessibili », ora « in praruptis silicibus — nei dirupi precipitosi ». Quando vuoi sfuggire la conversazione degli uomini a te molesta, va su le rupi, mettiti a contemplare i gaudi ineffabili di chi sta mirando la faccia di Dio svelato, e sdegnerai tutto il consorzio di quei, ch’hai lasciati al basso : « Nostra autem conversatio in Coelis est. — Ma noi siam cittadini del Cielo » (Lettera ai Filippesi 3, 20). Quando vuoi sfuggir le persecuzioni de’ diavoli a te insidiosi, va tra dirupi, internati ne’ misteri di Cristo povero, disprezzato, deforme, scarnificato, perchè allor è quando i diavoli hanno meno ardimento di avvicinartisi.
IV.
Considera, che il vero contemplativo non si lascia rapir di modo dal diletto ch’egli ha nella solitudine, che non pensi ad uscirne, quando si tratti di poter cavare qualche anima dal peccato. Anzi questo è quel cibo, di cui si nutre : « Esca Justorum est conversio Peccatorum. —Il cibo dei Giusti è la conversione dei Peccatori » (San Gregorio, in hunc locum). Però fin da’ gioghi sommi egli lo rimira: Inde contemplatur escam; e siccome ha occhi a mirare anche da lontano le miserie de’ peccatori non solo morti a Dio, ma marciti ne’ loro vizi : De longe oculi ejus prospiciunt; così stimolato dal grande zelo ch’egli ha, quasi da fame acutissima, va con volo rapido, e retto, anche a farne preda : Ubicunque cadaver fuerit statico adest. Questo è far da Aquila eccelsa : pensar non solo alla Contemplazione, ma alla caccia. E così fe’ anch’egli l’Evangelista l’Evangelista Giovanni in sì vari modi. Però se lo ammiri, quando lo scorgi sulla cima de’ monti fissare i guardi nella rota del Sole, qual Aquila solitaria; non meno il devi ammirare, quando lo scorgi di età decrepita precipitarsi giù per burroni e per balze, non ad altro fine, che di arrivare un giovine scapestrato, e di guadagnarlo, qual Aquila predatrice : « Sicut Aquila volans ad escam. — Come Aquila che vola alla preda » (Giobbe 9, 26). Questa è la bella vita, t la vita mista: unire insieme la Contemplativa, e l’Attiva. E questa è la vita di Aquila : « In arduis ponit nidum suum — in luoghi ardui fa il suo nido », e contuttociò « ubicunque cadaver fuerit, statim adest — dovunque sia un cadavere, tosto ella si trova ».
V.
Considera, che ciò non è nel vero di semplici principianti. E però se il contemplativo già adulto, va come l’Aquila dalla Contemplazione all’Azione, e dall’Azione alla Contemplazione, non però ciò permette egli al pari di subito tra’ suoi allievi. Questi fa, che più sieno dati da principio alla solitudine, al silenzio, ed alla orazione; e della caccia fa bensì loro ad ora ad ora assaporar qualche saggio, ma non mai lauto. Però si dice: « Pulii ejus lambent sanguinem — I suoi aquilotti leccano il sangue ». Non è poco, che questi comincino su’ principii ad avvezzare il palato a quel gran diletto, che porta un’anima cavata fuor del peccato a dispetto di Satanasso. Verrà poi tempo in cui, dal lambire il sangue, passeranno a trovarsene tutti intrisi il petto, e le penne, tanto sarà stata fiera la caccia, che avranno fatta per torre dall’ugne dei demoni il cadavere più fetente, che dall’alto mirassero andar dannato. Ma fin che questo tempo non giunga, basta invogliargli di sangue così gustoso. E ciò è quel che faceva l’Aquila odierna co’ suoi figliuoli diletti : « Quoniam ille animam suam pro nobis posuit, debemus et nos pro fratribus animas ponere. — Perchè egli, diceva, ha posto la sua vita per noi; e noi pure dobbiamo porre la vita pe’ fratelli » (Prima lettera di Giovanni 3, 16). Gl’invitava qual Aquila generosa a lambire il sangue, almeno col desiderio.
VI.
Considera, che siccome per Aquila intendon qui i sacri interpreti unitamente il contemplativo; così pur osservano, che alla Contemplazione niuno può venire elevato per via di leggi : Nunquid ad prxceplum tuum elevabitur Aquila? Convien che Dio da sè solo c’innalzi a tanto : « Sustollam te super altitudines terrae. — Io t’innalzerò sopra ogni elevazion della terra.» (Isaia 58, 14). Verran de’ giorni, in cui l’Aquila anch’ella è lassa, nè sente in sè più virtù, nè vigore a’ suoi voli soliti. E però allor che dee fare? Dee aspettare umilmente il precetto del suo Signore che la ravvalori. E se frattanto non può volar sino a’ gioghi, si fermi ai monti. E se non può arrivar sino ai monti, non passi i colli : giacchè Dio vuole che ancora l’Aquila intenda, che s’ella nella Contemplazione ha due ali per altro sì poderose, quali sono la cognizione, e l’amore, non le ha da sè: « Datae sunt mulieri alae duae Aquilae magnae, ut volaret in desertum. — Furon date alla donna due ali di grossa Aquila, perchè volasse nel deserto » (Apocalisse di Giovanni 12, 14). Né dire, che de’ giusti, i quali specialmente confidano molto in Dio, qui sperant in Domino, si trova scritto, che « assument pennas sicut Aquile — prenderanno ali di Aquila » (Isaia 40, 31), perchè è vero che « assument — le prenderanno », ma « assument — le prenderanno » quando saranno loro offerte da Dio. E con ciò si vuole indicare la differenza tra quegli che confidano molto in Dio, e quegli che non confidano : perciocchè color che confidano, quando potranno fare un giorno da Aquile, assecondando i voli alti cui Dio gl’invita, sì con la cognizione, sì con l’amore; non vorranno per pusillanimità, per paura, o per affetto ai loro metodi antichi restare al basso; come fanno coloro che non confidano. Nel rimanente se « assument pennas sicut — prenderanno ali di aquila », per se stessi tutti quei che « sperant in Domino — confidano nel Signore »; non però le potranno cucir sulle spalle agli altri : assument sibi, non assument aliis. E però a quello, ch’è dono, è necessario aspettar l’offerta divina, anche manifesta, innanzi di passare ad esercitarlo. E quantunque a Dio, ciò ch’è dono, si possa talvolta chiedere onestamente, contuttociò nelle Scritture si ritrova bensì chi abbia chieste a Dio ali di colomba: « Quis dabit mihi pennas sicut Columbae, et volabo, et requiescain? — Chi mi darà ali come di Colomba, e volerò e avrò riposo? » (Salmo 55, 7), ma chi abbia chieste ali di Aquila, non si trova : perchè alla colomba l’ali sue così rapide sono date per rifuggire alla regione dell’aria, tanto che le basti a salvarsi; all’Aquila sono date per dominarla.