AGOSTO
XXVII. GIORNO
Gastighi co’ quali saranno puniti i malvagi.
« Introibunt in inferiora terrae tradentur in manus gladii: partes vulpium erunt.— Entreranno nelle cupe viscere della terra: saran dati in poter della spada: saran preda delle volpi » (Salmo 63, 10, 11).
I.
Considera come quello, che fa sì malamente prevaricare tanto di Mondo, son quei tre affetti mille volte già replicati, ma non mai sin or detestati bastantemente : amore alla gloria, amore al piacere, amore ai guadagni. Ora affinchè tali affetti non alzino i lor germogli, almeno troppo densi, dentro il cuor tuo, avvezzati a risecarli frequentemente, giacchè non è mai possibile di sbarbarli dalle radici. A questo fine pondererai le parole del Salmo, qui registrate, giacchè da esse tu verrai tosto a conoscere, dove andranno su l’ultimo a terminare quei miserabili, che lasciano possedersi da tali affetti più del dovere. Sono essi stati troppo vaghi di gloria, e però si dice che « introibunt in inferiora Terrae — entreranno nelle cupe viscere della Terra ». Sono stati troppo avidi di piacere, e però si dice che « tradentur in manus gladii — saran dati in poter della spada ». Sono di più stati troppo attaccati ai guadagni, con succhiare a tal fine il sangue de’ poveri, e con usare mille falsità, mille fraudi, e però si dice finalmente che « partes vulpium erunt — saran preda delle volpi ». Prega il Signore che ti dia lume ad intendere, con modo anche più distinto, la qualità di tutti e tre questi gastighi ora detti, a cui soggiaceranno i dannati, affinchè tu ne possa star più lontano.
II.
Considera in primo luogo, come i dannati « introibunt in interiora Terrae — entreranno nelle cupe viscere della Terra », cioè nel centro più intimo della Terra, dove è più giusto di credere che l’Inferno sia collocato, affinchè da tutte le parti sia così più lungi egualmente dal Cielo Empireo : « Omnes traditi sunt in mortem ad terrarn ultimam. — Tutti sono dati in poter di morte nell’infima terra » (Ezechiele 31, 14). Però quando quivi non altro provassero i miseri di supplizio, che starsi chiusi eternamente in un baratro sì profondo, e per conseguenza sì puzzolente, sì tetro, sì tenebroso, quanto sarebbe! Una prigionia data in vita, si stima ancora sulla Terra una pena equivalente alla morte: ancorchè talvolta per carcere si conceda una casa comoda, o una camera conveniente. Che sarà dunque lo stare in una segreta, ch’è la più orribile che possa giammai dipingersi col pensiero? Conciossiachè, se l’inferno ha per sito il cuore intimo della Terra, conviene ch’egli sia la cloaca massima di tutto il Genere umano, dove però vadano d’ogni parte a scolare tutte le fecce che si formano al Mondo, le quali di presente sono grandissime, ma senza paragone saranno ancora maggiori dopo il dì del Giudizio : perciocchè allora nella purgazion generale che si farà di tutti gli elementi, con chiarificarli di modo che la Terra nella sua superficie divenga lucida come il vetro, l’acqua come il cristallo, l’aria come il cielo, il fuoco come le stelle; uscirà da essi tuttociò che hanno al presente di escrementizio, cioè di lutulento, di feccioso, di fetido, di fumoso, e tutto andrà come a piovere sui dannati a cumulo di tormento. Quindi è, che nelle Scritture tante volte l’Inferno vien appellato col titolo di lacuna: « Detraheris in profundum laci. — Sarai precipitato nel profondo della lacuna » (Isaia 14, 15). « Congregabuntur congregatione unius fascis in lacum. — Saran riuniti tutti in un fascio nella lacuna » (Isaia 24, 22). Perchè tutte quelle lordure, che laggiù colano, non potranno ivi scorrere, come fanno quassù tra noi, ma convien che a forza ivi facciano posatura. E però mira se sarà l’Inferno una fogna possibile ad abitarsi ! E pur così è: in questa fogna sì fecciosa, e sì fetida, in questa avranno ad abitare i dannati per tutti i secoli, come in segreta, non già scavata per sicurezza nel fondo di alcuna rupe, ma degli abissi : che però dopo essersi detto : « Congregabuntur congregatione unius fascis in lacum — Saran riuniti tutti in un fascio nella lacuna », si aggiugne subito, « et claudentur ibi in carcere — ed ivi saran chiusi in prigione ». Oh te meschino se mai sarai condotto in prigione così funesta Benchè una cosa ti può dar ora conforto: ed è, che questa è una prigione, a cui non è mai veruno condotto a forza. Chiunque vi va, vi va perchè vuole andarvi. Che però, se badi, si dice bensì de’ reprobi, che « tradentur in manus gladii — saran dati in poter della spada », che « partes vulpium erunt —saranno preda delle volpi » ; ma non si dice, che « tradentur in inferiora Terrae — saran dati alle cupe viscere della Terra », si dice sol, che « introibunt — entreranno »; perciocchè posto che una volta essi trovinsi nell’Inferno, qual dubbio v’è che a marcio loro dispetto proveran tutte le pene, che laggiù stanno già in ordine ai pari loro : ma quanto al resto essi possono non trovarsi, perchè dipende dal loro libero arbitrio, sì l’entrare là dentro, sì il non entrarvi. Basta che qui si guardino dal peccare, o che se peccano, se ne pentano tosto, e che si ravveggano. Quando hai commesso un delitto contro il tuo Principe, ancorchè poi te ne penti, ti fa prigione. Ma Dio non già. Allora solo ti fa egli prigione, quando tu commetti il delitto contro di esso, nè vuoi dolertene. E però chi non vede, che se ti danni, ti danni sol perchè vuoi? « Ibunt hi in supplicium aeternum. — Andranno questi al supplizio eterno » (Vangelo di Matteo 25, 46).
III.
Considera in secondo luogo, come i dannati « tradentur in manus gladii —saran dati in poter della spada »; il che vuol dire che saran dati quanti sono in potere al divin Giudizio, che quale implacabile spada dovrà fare di essi uno scempio eterno: « Fugite a facie gladii, quoniam ultor iniquitatum gladius est; et scitote esse judicium — Fuggite il lampeggiar della spada, perocchè ultrice dell’iniquità è la spada, e sappiate che v’è un giudizio » : cioè « scitote hunc gladium esse judicium Dei — sappiate che questa spada è il giudizio di Dio ». Chi può però neppure in parte spiegare, che spada sarà mai questa? Spada che forerà, taglierà, trincerà, svenerà, farà di tutti i dannati come un macello: « Hic est gladius occisionis magnae, qui obstupescere eos faciet — Questa è la spada del gran macello, che li renderà stupidi » (Ezechiele 21, 14), per lo stupor di mali da loro mai non ‘creduti neppur possibili; « et corde tabescere — e farà scoppiar il cuore », per lo dolore. Sarà per tanto questa una spada (affinchè ella trafigga più crudelmente) di doppio taglio: Gladius ex utraque parte acutus, perchè da una ferirà il corpo con la pena di senso, dall’altra l’animo con la pena di danno. Che se una spada tanto è più formidabile, quanto chi la maneggia ha braccio più forte; figurati quali colpi farà mai questa spada, ch’è maneggiata da un Principe onnipotente! Resistere a spada tale non è possibile: che però si dice che i dannati « tradentur in manus gladii — saran dati in poter della spada ». E così ella farà con ogni libertà quella strage, che più conviensi, conforme all’ampia facoltà, che Dio diedele, dove disse: « Exacuere, vade ad dexteram, sive ad sinistram, quocumque faciei tuae est appetitus. — Aguzzati, o spada, va a destra, e a sinistra, dovunque a te piaccia di volgerti » (Ezechiele 21, 16). Dunque due soli rimedi potrebbono ancor restare. O che il Signore rimettesse un giorno nel fodero questa spada, o che i dannati potessero con la fuga da lei sottrarsi. Ma il primo non può sperarsi in maniera alcuna, perchè a ciò mirano quelle espresse parole, che Dio già disse: « Sciat omnis caro, quia ego Dominus eduxi gladium meum de vagina sua irrevocabilem. —Sappia ognuno (confinato all’Inferno per le sue colpe) che io, il Signore, ho tratta dal suo fodero la mia spada, nè più ve la rimetterò » (Ezechiele 21, 5). E niente più si può sperare il secondo, perchè dovunque i dannati giammai si volgano per fuggire da’ loro abissi, da per tutto essi mirano questa spada all’istessa forma : e però « non credit quod reverti possit de tenebris ad lucem, circumspectans undique gladium — non crede (chiunque mai siasi tra essi) di poter ritornare dal buio alla luce, veggendo la spada da tutti i lati » (Giobbe 15, 22). L’unico rimedio si è fuggire al presente, quando una spada tale ancor non ferisce, ma solo folgora per incitare alla fuga : « Haec dicit Dominus: Loquere; gladius, gladius exacutus est, et limatus: Ut caedat victimas, exacutus est; ut splendeat, limatus est. — Queste cose dice il Signore: Parla; la spada, la spada è tagliente, e limata: è tagliente per uccidere le vittime; è limata affinchè risplenda » (Ezechiele 21, 9, 10). E certamente se ora il Signore ti nascondesse a bello studio la spada, potresti crederti, ch’egli abbia voglia di adoperarla a tuo danno. Ma mentre a questo effetto egli fa lustrarla da tante lime, quante sono le lingue de’ suoi ministri, affinchè tu la scorga ancor da lon tano; se tu non ti salvi opportunamente da essa, la colpa è tua. Non odi quante volte i Predicatori da’ pergami non fan altro che gridare affannosamente: « gladius, gladius — la spada, la spada »? Che aspetti dunque a mutar vita, se credi?
IV.
Considera come in terzo luogo si dice che i dannati « partes vulpium erunt —saran preda delle volpi ». Per volpi da tutti gli Espositori sono qui intesi comunemente i Demonii, i quali ora da noi sulla Terra sono con troppa loro onorevolezza creduti leoni, creduti lupi; ma nell’Inferno vedrassi chiaro, che furono assai più volpi, perchè non ci superarono con la forza, ma con l’inganno: « Egressus est autem Spiritus: et stetit coram Domino, et ait: Ego decipiam illum. Uscì uno Spirito, e si presentò dinanzi al Signore, e disse: io lo ingan,nerò ». Ora di queste volpi, che son le pessime di quante vivano al Mondo, saranno parti i dannati : partes vulpium erunt; perchè saranno dati in preda a’ Demonii, come a’ carnefici tanto più abbominevoli, quanto più diedero occasione un tempo a quel male, che poi puniscono. Internati dunque un poco a pensar fra te, che sarebbe di te medesimo, quando mai nell’Inferno avessi a vedere (che a Dio non piaccia) come quegl’istessi Demonii, i quali in vita ti furono tentatori così amichevoli, nè fecero altro, che adularti, che allettarti, e che continuamente invitarti al vizio con mille belle lusinghe, ti si fossero poi laggiù cambiati tutti in manigoldi sì crudi, sì impetuosi, sì inesorabili? Ah volpi maledette, diresti ad essi con implacabile smania; ah maliziose ! ah maligne! Queste sono le belle promesse di contentezza che mi faceste, guai fedelissimi amici? « Vocavi amicos meos, et ipsi deceperunt me. — Gli chiamai miei amici, ed eglino m’ingannarono » (Lamentazioni 1, 19). Ma giacchè tali rimproveri, tutti allora sarebbono senza frutto; apri gli occhi al presente, e non t’ingannare: imperciocchè que’ Demonii i quali ora sono tuoi tentatori speziali, questi medesimi, se tu ti lascierai sedurre da essi, questi dico ti verranno assegnati poi nell’Inferno per tuoi speziali tormentatori; giacchè il Signore sa molto bene chi fu l’ingannatore, e chi l’ingannato : « Ipse novit et decipientem, et eum qui decipitur. —Egli conosce l’ ingannatore e colui che è ingannato » (Giobbe 12, 16). E così per questo ancora si dice che i dannati laggiù « partes vulpium erunt — son preda delle volpi », perchè i Demonii si ripartiranno quella ciurmaglia tra sè, come appunto i corsari si ripartiscono in ultimo quella gente ch’han fatta schiava. Ed oh che festa tartarea sarà mai quella! « Laetabuntur, sicut exultant victores capta praeda, quando dividunt spolia. —Si rallegreranno, come esultano i vincitori, fatta preda, quando dividono le spoglie » (Isaia 9, 3). Se non che’ per questo sarà una festa tartarea, perchè non si può saper di che sorta sia, se lieta, o se lagrimevole. Da una parte, par ch’ella debba esser lieta, atteso l’odio che i Demonii portano a quei dannati, i quali hanno da tormentare. E dall’altra parte sarà lagrimevolissima, atteso l’odio ancor, ch’essi portano alla Giustizia Divina, cui pur si veggono necessitati a servire di esecutori per renderla più gloriosa. Sarà però una festa, tutta di rabbia, che finalmente si verrà a sfogare con furia terribilissima sui dannati, e più su quelli di essi, che in Terra furono ai loro Demonii i più cari. Or va tu adesso a curare la loro iniqua amicizia, se a tanto giova.
V.
Considera come in queste parole ch’hai meditate, si scorgono unite insieme quelle tre cose, le quali concorrono a rendere l’Inferno sì formidabile. La profondità del luogo, introibunt in inferiora Terrae; l’acerbità delle pene, tradentur in manus gladii; e la compagnia de’ Demonii, partes, vulpium erunt. Tutti e tre questi mali saranno senza dubbio comuni a tutti i dannati. Contuttociò affliggeranno con modo ancora più proprio ciascun di questi, secondo i loro delitti. Si dee però presuppor per indubitato, come i dannati si porteranno seco giù nell’Inferno quegli affetti scorretti che ebbero in Terra : « Descenderunt ad Infernum cum armis suis. — Scesero nell’Inferno colle loro armi » (Ezechiele 32, 27). E posto ciò, qual pena sarà a coloro, i quali in vita aspirarono sempre ai posti più eccelsi, a crescere, a comandare, il vedersi giù risospinti in sì cupi abissi? In inferiora Terrae. Oh allora sì, che non potranno i miseri più innalzarsi, quando Iddio dirà loro, come a Lucifero : « Detracta est ad inferos superbia tua. — E’ stata cacciata nell’Inferno la tua superbia » (Isaia 14, 11). E a quei che amarono tanto i loro piaceri, che pena sarà vedersi condannati ad una carnificina sì cruda di corpo ed animo, qual sarà quella che di loro farà la Giustizia Divina con la sua spada, allora ch’essi « tradentur in manus gladii — saran dati in poter della spada »? E’ questa una spada la quale abbraccia nel suo significato ogni genere di supplizio; perchè secondo quell’ordine, ch’ella riceverà dal voler Divino, secondo quello ella sarà tosto prontissima ad operare. Che però dove gli uomini tengono nelle mani la lor spada qualor l’adoperano; di Dio si dice, che la tien sulla bocca : « De ore ejus gladius exibat. — Dalla bocca di lui usciva una spada » (Apocalisse di Giovanni 1, 16). « De ore ejus procedit gladius. — Dalla bocca di lui esce una spada » (Apocalisse di Giovanni 19, 15). « Pugnabo cum illis in gladio oris mei. — Combatterò con essi colla spada della mia bocca » (Apocalisse di Giovanni 2, 16). Perciocchè gli uomini hanno a durar di sicuro fatica somma, se vogliono maneggiare la loro spada con gagliardezza; a Dio basta solo il parlare. E così mira che sarà l’essere tutte l’ore acciaccato da tale spada! E finalmente qual pena ancora sarà fra tutti coloro, i quali fecero sulla Terra da volpi, succhiando tutto giorno il sangue de’ poveri, e soverchiandoli con mille furberie, e con mille fallacie, vedersi dati alla fine in preda a’ Demonii, come a volpi, ma molto peggior di loro ! « Vae qui praedaris, nonne et ipse praedaberis? — Guai a te che saccheggi, non sarai tu pure saccheggiato? » (Isaia 33, 1). Da quanto poi si è detto hai pure da cavare quanto sia vero, che alla qualità del delitto risponde sempre la qualità del gastigo : « Visitabo super vos juxta fructum studiorum vestrorum. — Io vi renderò il frutto de’ vostri desiderii » (Geremia 21, 14). Affinchè così tanto più scorgasi nella Divina giustizia, non solamente la severità, ma il sapere: « Domine exercituum nomen tibi: magnus consilio, et incomprehensibilis cogitatu: cujus oculi aperti sunt super omnes vias filiorum Adam, ut reddas unicuique secundum vias suas. — Signore degli eserciti è il tuo nome : grande ne’ tuoi consigli, e incomprensibile ne’ tuoi disegni, gli occhi del quale sono aperti sopra tutti gli andamenti de’ figliuoli d’Adamo, affine di rendere ad ognuno secondo le opere sue » (Geremia 32, 19).