La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

NOVEMBRE

 

XXVI. GIORNO

Confidenza in Dio necessaria per vincere le tentazioni.

«Dominus mihi adjutor: non timebo quid faciat mihi homo.— Il Signore è il mio aiuto: non temerò qualunque intrapresa degli uomini contro di me » (Salmo 118, 6).

 

I.

Considera come una delle maggiori inquietudini, le quali affliggano per avventura il tuo spirito nella via del Signore, è rappresentarti, che faresti mai tu, se ti ritrovassi ridotto a un cimento orribile di dover perdere quanto godi al mondo di bene, e amici, e robe, e riputazione, e parenti, e la medesima vita, per non peccare? Resisteresti generoso all’assalto, e ti lascieresti piuttosto bruciare, squarciare, straziar, scarnificare,, o ti arrenderesti? Questo è uno di quei pensieri, che mai da te non hai a risvegliar, com’è noto, nella tua mente: perchè avendo i mali appresi con distinzione, una forza molto veemente ad ispaventarci; verresti scioccamente con questo a metterti da te nella tentazione. E però basta che ti rappresenti que’ mali, i quali sono probabili ad avvenirti, o per animare il tuo spirito, o per armarlo, giacchè solo in ordine a questi scrisse l’Apostolo : « Vosmetipsos tentate, si estis in fide. — Fate saggio di voi medesimi, se siete in fede » (Seconda lettera ai Corinzi 13, 5) : non accade, che ti rappresenti ancora i possibili. Ma che pro? Se non te gli rappresenti da te, gli rappresenta talvolta da sé il nemico, tuo tentatore, per provarsi anche a vincerti con le larve. E però se tu vuoi sapere, come abbi in tali occasioni da diportarti, eccotelo qui espresso in breve. Hai da spacciarti da lui con questo versetto, che appunto in un caso tale gli scagliò contro qual fulmine un S. Martino, e gli hai da rispondere, che con l’aiuto di Dio tu non temi nulla : Dominus mihi adjutor; non timebo quid faciat mihi homo. Non vedi tu, che queste sono quelle muraglie di fuoco, le quali appariscono ne’ palazzi incantati? Se tu le apprezzi, ti arrestano per l’orrore. Se tu le assalti, ti cedono a un tratto il passo, come se fossero muraglie appunto di nebbia; cioè muraglie che non si hanno ad ascendere, o ad atterrare, come le muraglie di pietra; si han solo da trapassare : « In Deo meo transgrediar murum. — Col mio Dio trapasserò le muraglie » (Salmo 18, 30).

II.

Considera a tuo conforto, come tu non hai da confidar punto in te, ma in Dio solamente: Dominus mihi adjutor; e però la diffidenza, la quale ora in te medesimo senti delle tue forze, non significa in te mancamento di risoluzione al volere, in qualunque caso, operar come si conviene ad or.,r di Dio : significa piuttosto un conoscimento vivo, e verace della tua miseria, che giustamente ti fa temer di te tutto il peggio, che sia possibile. Basta che tu nel tempo medesimo, in eui terni tanto di te, confidi altrettanto in Dio; anzi molto più : perchè senza paragone sarà ogni volta maggiore la sua pietà, che i tuoi meriti, e la sua potenza, che la tua debolezza: « Non est qui resistat manui ejus. — Non vi è chi resista alla mano di lui » (Daniele 4, 32). Nel resto un tal sentimento di diffidenza di te medesimo, oh quanto è buono ! E’ migliore assai questo, che non è quello di stimarsi saldo e sicuro; perchè Dio volentieri confonde i presuntuosi : « de sua virtute gloriantes humiliat. — (Dio) umilia coloro che si vantano del proprio potere » (Giuditta 6, 15). E così scorgiamo che molti, i quali avevano una gran fidanza di sè, venuti a fronte dell’occasione, cederono bruttamente : « conversi sunt in die belli — nel giorno della battaglia voltaron le spalle » (Salmo 78, 9); ed altri, che palpitavano, stetter forti, perchè l’istesso sentimento, che avevano della loro fragilità, gli sollecitò a procacciarsi il Divino aiuto, ad umiliarsi, a vegliare, e ad orare con grande istanza, per non arrendersi anche essi alla tentazione; che fu la cagione, per cui l’Apostolo disse : « Cum infirmor, tunc potens sum. — Quando mi umilio, allora sto forte » (Seconda lettera ai Corinzi 12, 10). Non ti affliggere adunque se paia a te, che, posto a fronte di una gran tentazione, tu caderesti. Basta che contuttociò tu confidi di non aver a cadere : non già in virtù delle tue forze presenti, che scorgi pur troppo deboli, ma di quelle, le quali allora il Signore ti presterà corrispondenti al bisogno, nel darti aiuto.

III.

Considera a tuo conforto ancora maggiore, come nè anche non è di necessità, che tu al presente possegga in te tanto spirito di fortezza, quanto ci vuol a superar quelle specie I tentazioni, che sono sì orribili; perchè Iddio non fa cose in vano; e però non è solito di dare a noi quella grazia, che si ricerca a rimaner vittorioso in battaglie grandi, quando non ve n’è l’occasione. Ma ciò che nuoce? Se non la dà, la darà : « Dominus virtutem populo suo fit. — Il Signore darà fortezza al suo popolo » (Salmo 29, 11). Sansone fu il più forte uomo del mondo. E pur credi tu, ch’egli di continuo sentisse in sè quelle forze così eccedenti? Non già: ma quando incontrava leoni per le foreste, o quando nella città si mirava da’ suoi nemici attorniato, assaltato, o per poco oppresso, se le sentiva ad un tratto venir dall’alto. Però qualunque volta egli fece qualche opera eccelsa, costumò dire la Scrittura di lui, che sorpreso fu dallo Spirito del Signore : « Irruit in eum Spiritus Domini, et dilaceravit leonem. — Lo Spirito del Signore lo investi, e sbranò il leone » (Giudici 14, 6). « Irruit in eum Spiritus Domini, et percussit triginta viros. — Lo Spirito del Signore lo investì, e uccise trenta uomini » (Giudici 14, 19). « Irruit in eum Spiritus Domini, et sicut solent ad odorem ignis fina consumi, ita vincula quibus ligatus erat, dissipata sunt, et soluta. — Lo investì lo Spirito del Signore, e come suole all’odore del fuoco consumarsi il lino, così le funi, onde egli era legato, furono rotte e sciolte » (Giudici 15, 14); mercecchè forze così soprannaturali gli venivano date secondo le occorrenze di porle in uso. Tu non ti spaventare a nulla di ciò, che presentemente il nemico ti suggerisca per farti cader di cuore : ma spera in Dio, perchè egli però è chiamato aiutatore nelle opportunità, adjutor in opportunitatibus (Salmo 10, 10), perchè all’arrivo di queste ti darà questa lena ch’ora a te manca : « Insiliet in te Spiritus Domini, et mutaberis in virum alium. — Lo Spirito del Signore t’investirà, e sarai mutato in altro uomo » (Primo libro di Samuele 10, 6). Non ti rimembra ciò, che sta scritto de’ Santi, i quali ebbero fede in Dio? Sta scritto, che per tal fede « fortes fatti sunt in bello — si resero forti in guerra » (Lettera agli Ebrei 11, 34). Non solo « fortes ad bellum — forti alla guerra », ma « fortes in bello — forti in guerra », perchè in quel punto medesimo di dovere adoperare le forze ad onor Divino, in quel punto le conseguirono : « convaluerunt de infirmitate — guarirono dalle malattie ». Ond’è, che la speranza in Dio non si ha da fondare principalmente su quella grazia, la quale abbiamo già conseguita da lui; si ha da fondare in Dio stesso, il qual, bisognando, ci darà grazia maggiore ancor senza paragone di quella, che n’ha già data : « Ego ero fidens in eum. — Io mi affiderò a lui » (Lettera agli Ebrei 2, 13).

IV.

Considera, che diversa cosa è la speranza in Dio, diversa è la presunzione. La presunzione è quella, che nel confidare in Dio trapassa i termini delle leggi da lui prescritte : la speranza è quella che egli ritiene. Ora le leggi da lui prescritte nel confidare in lui sono queste, che quando ci conosciamo poveri di grazia per venire a battaglie grandi, la desideriamo e procuriamo frattanto più che si può di addestrarci nelle battaglie minori con quella grazia, che per esse non manca giammai di darci « Exerce teipsum ad pietatem. — Esèrcitati nella pietà » (Prima lettera a Timoteo 4, 7). Dissi, più che si può, perché se in queste ancora non di rado cadiam per fragilità, non ci abbiamo a disanimare: quasi che il perdere le battaglie minori, sia demeritare la grazia per le maggiori. Il perdere non è sempre demeritare : demeritare è il perdere per infedeltà, è il perdere per infingardaggine, è il perdere perché non si vuol combattere in modo alcuno, ma si vuol che Dio vinca da sè per noi, senza noi. Questo è ciò, che dispiace a Dio : perché questo appunto è il confidar pernicioso di chi presume. Non odi qui quello, che dice il Salmista: « Deus meus, adjutor meus — O Dio, mio aiuto »? Ma, s’egli aiutaci, dunque alcuna cosa vuol egli che facciam anche noi dalla parte nostra : altrimenti non ci aiuterebbe di verità, ma farebbe il tutto. Se però ti sembra di non sentire al presente in te quelle forze, che ci vorrebbono a superare tante difficoltà, quante son quelle, che ti rappresenta il nemico, potere un di sovrastarti da qualunque uomo ancora indiavolato : desidera di averle, e dimanda di averle, eh’ è cosa facile, e poi frattanto adopera quelle poche, le quali Iddio ti comparte, proporzionate a’ cimenti quotidiani, perchè di Sansone stesso, che solo in ordine alla debellazione de’ Filistei conseguì da Dio forze sì prodigiose, si dice tuttavia, che da fanciulletto die’ nel suo popolo non lievi saggi del suo futuro valore: « Crevit puer, et benedixit ei Dominus, ccepitque Spiritus Domini esse cum eo in castris Dan — Crebbe il fanciullo, e il Signore lo benedisse, e lo Spirito del Signore cominciò ad operar in lui negli alloggiamenti di Dan » (Giudici 13, 24): prima « in castris Dan — negli alloggiamenti di Dan », che fu l’agone di giostra, e poi « in castris Philistinorum — negli alloggiamenti de’ Filistei », che fu il campo della battaglia.

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