La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

GIUGNO

 

XXVI. GIORNO

Come debbasi custodir la lingua, e qual uso si debba fare della stessa.

 

« Omnis sermo malus ex ore vestro non procedat: sed si quis bonus ad aedificationem fidei, ut det gratiam audientibus. — Non esca dalla vostra bocca alcun cattivo discorso: ma tale, che sia buono per l’edificazione della fede, onde dia grazia a quelli, che ascoltano » (Lettera agli Efesini 4, 29).

 

I.

Considera, che il linguaggio dimostra l’uomo: Loquela tua manifestum te facit (Vangelo di Matteo 26, 37). Perchè come all’udire di pochi tocchi tu intendi subito se l’oriuolo della torre sia savio o sia sconcertato; così all’udire di poche parole tu conosci il medesimo ancora nell’uomo. Ora in tre forme dev’esser l’uomo ordinato dentro se stesso, affinchè sia savio, anzi santo : in ordine a sè, in ordine al Prossimo, in ordine a Dio. Basta però, che tu l’oda alquanto parlare, e ti avvedi subito se gli manchi alcuna di simili ordinazioni. Perchè se l’odi prorompere in parole ardite, adulatorie, ambiziose, buffonesche, impazienti, iraconde, livide, oscene, oziose, imprudenti, ti accorgi subito, ch’egli è mal regolato in ordine a sè. Se l’odi trascorrere in parole doppie, mordaci, malediche, sovvertitrici, contenziose, contumeliose, arroganti, ti accorgi subito, ch’egli è mal regolato in ordine al Prossimo. E se lo senti finalmente avanzarsi ancora a parole bestemmiatrici, o veramente spergiuratrici, sacrileghe, e talvolta ancora ereticali, ti accorgi presto, ch’egli è mal regolato in ordine a Dio. Ora a questi tre generi si riduce « Omnis sermo malus — Ogni cattivo discorso »; e però a questi tre generi si riduce pur tutto ciò, che qui proibisce l’Apostolo, mentre dice: « Omnis sermo malus ex ore vestro non procedat. — Non esca dalla vostra bocca alcun cattivo discorso ». Tutti e tre questi sono tanti linguaggi putridi, che derivano da mala disposizione di volontà, come da mala disposizione di viscere deriva parimente quel fiato, eh’ è puzzolente: Os fatuorum ebullit stultitiam (Proverbio 15, 2). Nè dire, che un tal parlare ti scappi fuor di bocca, ebullit, senza che tu te ne avveda, come appunto ti scappa il fiato pestifero; perché affin di mettere a terra una tale scusa, ha qui l’Apostolo voluto usar questo termine, « non procedat — non esca ». Poteva dire: « Omnis senno malus ab ore vestro non proferatur. — Non si proferisca dalla vostra bocca alcun cattivo discorso ». Ma non ha detto così, ha detto : « Omnis sermo malus ex ore vestro non procedat — Non esca dalla vostra bocca alcun cattivo discorso »: perchè com’egli ti esce di bocca in qualunque modo, già tu sei reo, o per aver tu comandata una tal uscita, o per non averla impedita efficacemente. E per qual cagione credi tu, che il Signore dicesse nell’Ecclesiastico: « Ori tuo facito ostia, et seras — Metti alla tua bocca porte, e serrature »? (Ecclesiastico o Siracide 28, 28). Non bastava forse dire: « Facito ostia — Metti porte »? No, perchè le porte, che non han serratura, è segno, che non han guardia; va per esse, e viene alla libera chiunque vuole. Ha detto: « Facito seras — Metti serrature », perché tu intenda, che tocca a te preseder con la chiave in mano, sicchè non esca fuor di tua bocca una sillaba senza tua licenza speciale. Benché, vuoi far, che la lingua non si usurpi più la licenza, che non le dai? E tu gastigala, allorché se l’abbia usurpata; falla digiunare assai più, che ella non vorrebbe; amareggiala con l’assenzio, affliggila con l’arsura, affaticala in recitare quelle orazioni vocali, che a lei dispiacciono; e se non altro condannala a silenzio maggiore dell’usitato, e vedrai se dappoi sarà più modesta. Ma quando non vuoi punirla ne’ suoi delitti, che segno è ciò, se non che tu per lo meno glieli consenti?

II.

Considera, che come devi tener guardia « ori tuo — alla tua bocca », affinchè « omnis sermo malus non procedat —non n’esca alcun cattivo discorso »; così la devi tenere, affinchè « procedat si quis bonus est ad eadificationem fidei — esca discorso tale, che sia buono per l’edificazione della fede ». Perché appunto non disse il Signore, che ponessi le porte su le tue labbra, e le conficcassi, ma bensì, che loro facessi le serrature: Ori tuo facito ostia, et seras; perchè le dovessi aprire di tempo in tempo, secondo ciò, che tu reputi più opportuno : Tempus tacendi, et tempus loquendi (Qoèlet 3, 7). Posto ciò, qual è « sermo bonus — discorso buono »? « sermo bonus — discorso buono» è quello, che scopre l’uomo ben regolato in ordine a sè, in ordine al prossimo, in ordine a Dio; e qualunque siasi di questi, sempre egli edifica, e però sempre « est bonus ad aedificationem fidei — è buono per l’edificazione della fede », cioè « ad aedificationem fidelium — per l’edificazione de’ fedeli », conforme la frase solita dell’Apostolo, che amò di usare frequentemente l’astratto invece del suo concreto, come quando disse : « Circumcisionis — della Circoncisione invece di « circumcisorum — de’ circoncisi »; « carnis — della carne », invece di « carnalium — de’ carnali »; e così più altri. E questo parlare, che s’intitola buono « ad aedificationem fidei — per l’edificazione della fede », esca pur lietamente di bocca tua, procedat; non perchè non debba da te prima ottenere il consentimento, ma perchè deve uscir con naturalezza, a dinotarti, che quel ragionare, che tu vuoi fare opportunamente di cose spirituali, non sia sforzato, non sia stentato, ma vada quasi di sua natura a intromettersi ne’ discorsi, fra cui ti trovi, per interromperli allorchè sieno men pii: « Si quis loquitur quasi sermones Dei — Se alcuno parla, parli delle cose di Dio », che vanno a penetrare il fondo dell’anima, ma con somma soavità (Prima lettera di Pietro 4, 11). E ciò vuol dire : « Si quis sermo bonus est ad aedificationem fidei — Ogni discorso che sia buono per l’edificazione della fede » : si faccia innanzi, procedat, a pigliar con termine il luogo, che gli è dovuto : « non invadat, non irruat — non sorprenda, non s’avventi », ma sol con passo naturale « procedat — si faccia innanzi ». Dirai, che temi di apparir tra le genti spirituale, introducendo, benchè soavemente, tratti di cose sante. Ma perchè ne temi? perchè te ne vergogni, o perchè te ne vanaglorii? Se perchè te ne vergogni, non dubitare, perchè ciò è segno, che tu sei tanto lontano dall’essere veramente spirituale, che difficilmente veruno ti dovrà stimar tale per così poco, come è favellare di ciò, ch’ogni Cristiano dovrebbe avere per ordinario soggetto de’ suoi discorsi. Non pretendi tu di essere Cittadino del Paradiso, anche di presente, quando qual esule stai confinato in questa misera terra? E come dunque, perchè sei in Babilonia, ti vergogni usare il linguaggio di Palestina? Che se tu temi di usarlo per vanagloria, fatti pur cuore, che ciò è un timor frivolissimo. Rettifica l’intenzione, e poi non badare a che ti dica in contrario la fantasia, o scrupolosa, o stravolta. Credi tu, che per giovare ad altrui non sia conveniente lasciar, che alcuno ti vegga far non di rado di molto bene, che tu vorresti per altro tener occulto? Questo appunto fu l’ordine, che die’ nel campo Booz ai suoi mietitori: cioè, che nel mietere si lasciassero apposta di tanto in tanto cader di mano più d’una di quelle spighe, che avrebbono per altro legate nei lor manipoli, affinchè Rut, la quale andava da lontano osservandole, se le potesse chetamente raccogliere a suo profitto senza rossore : De vestris quoque manipulis projicite ex industria, ut absque rubore colligat (Rut 2, 16). Se tu sempre ti guardi da chi ti osserva, qual emolumento potrai recare al tuo prossimo in veruna sorta di bene? Basta, che parlando di cose spirituali, tu non abbia intenzione di vanità, ma di carità. E qual sarà questa? di giovare a quei, che ti ascoltano in ciò, che puoi, giusta la tua debolezza, ch’è quello appunto, zau che qui t’insegna l’Apostolo, mentre dice : « Omnis senno malus ex ore vestro non procedat; sed si quis bonus est ad aedificationem fidei — Dalla vostra bocca non esca alcun cattivo discorso; ma tale, che buono sia per l’edificazione della fede »; si sottintende : « procedat, ut det gratiam audientibus — esca, onde dia grazia a quelli, che ascoltano ».

III.

Considera di qual genere è questa grazia, che i tuoi discorsi recheranno a chi t’ode, se procederan nella forma pur ora detta. E’ di ogni genere, eccitante, coadiuvante, e coronante, o in qualunque altro modo a te piaccia di chiamarla : « Doctrina bona dabit gratiam. — I buoni insegnamenti daranno grazia » (Proverbio 13, 15). Perchè, o color, che ti ascoltano, sono in istato di dover principiare a far del bene, e a questi i ragionamenti spirituali danno grazia di compunzione, cioè una grazia, che gli eccita a maraviglia, secondo ciò, di che variamente si trovano bisognosi. O sono in istato di proficienti, e a questi danno la grazia, o di confortamento nel bene, che fanno, o di avanzamento, ch’è quella grazia, la quale aiutali a farlo. O sono in istato di perfetti, e a questi danno la grazia di lodar Dio per quello, che di lui sentono, e di goderne, ch’è quella grazia, la quale in fine compisce tutte le loro buone opere, e le coróna : Sertum exultationis (Isaia 28, 5). E tutto ciò pare, che appunto intendesse altrove l’Apostolo, dove disse: « Qui prophetat horninibus loquitur, ad aedificationern, et exhortationem, et consolationem. — Colui, che profeta (cioè, parla di cose sante), parla agli uomini per edificazione, ed esortazione, e consolazione » (Prima lettera ai Corinzi 14, 3) : cioè « ad aedificationem — per edificazione » degl’incipienti, che hanno ad innalzar l’edilizio spirituale: « ad exhortationem — per esortazione » de’ proficienti, i quali lo innalzano, e « ad consolationem — per consolazione » dei perfetti, i quali l’hanno innalzato. Non è credibile, quanto di bene cagionino in ogni genere di persone questi discorsi. Per verità non son abili a far di più, che a disporre gli animi al ricevimento di quella grazia, che tutta finalmente è data da Dio : e contuttociò dice in fine l’Apostolo, che la danno : ut audientibus det gratiam, perchè è tanto il loro valore, che in certo modo si può loro anche ascrivere il conferirla, come fanno le parole del Sacerdote, allorchè assolve con podestà così eccelsa i suoi penitenti. Però affezionati pure a questi discorsi più che tu puoi : tanto più, che non puoi giovar con essi a chi ti ode, senza che giovi altrettanto a te pur con essi, chi ti risponde : Qui inebriat, ipse quoque inebriabitur (Proverbio 11, 25), presupponendosi, che tu ragioni di cose spirituali con chi volentieri ne tratti; che però conchiuse l’Apostolo : « Ut det gratiam audientibus — Onde dia grazia a quelli, che ascoltano »; non « contemnentibus — a quelli, che disprezzano »; perchè se uno disprezza questi discorsi, qual dubbio ci è, che non gli hai da esporre alla pubblica derisione? « Est tacens non habens sensum loquelae — E chi tace, perchè non ha coraggio per parlare », e questo è da timoroso, « et est tacens sciens tempus aptum — ed è chi tace, perchè sa qual è il tempo opportuno di parlare » (Ecclesiastico o Siracide 20, 6), e questo è da saggio.

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