La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

MARZO

XXV. GIORNO

L’Incarnazione dell’Eterno Verbo.

L’Amor di Dio verso il Genere umano.

 

« Sic Deus dilexit Mundum, ut Filium suum Unigenitum daret.— Dio amò il mondo a segno di dare il Figliuol suo Unigenito » (Vangelo di Giovanni 3, 16).

 

I.

Considera attentamente l’altezza somma di questa sentenza, la quale, uscita dalla bocca di Cristo, contiene in sè più miracoli, che parole. Che Dio ami se stesso, non è mirabile, anzi è di necessità ch’egli si ami: ma che ami niente fuori di sè, è stupendissimo, mentre egli in sè contiene quanto di buono ha fuori di sè, e con molto maggior vantaggio, che non si contiene nell’oro il valor del piombo; perchè quelle cose medesime, che in sè sono morte, come i metalli, le pietre, le perle, in Dio sono vive: Quod factum est, in ipso vita erat (Vangelo di Giovanni 1, 3); quelle, che in sè sono miste, in lui sono pure; quelle, che in sè sono manchevoli, in lui sono perenni; ond’è, ch’egli da sè, senza alcuna d’esse, può fare al pari ciò che farebbe con esse. Può illuminar senza il Sole, può refrigerar senza l’acqua, può ristorar senza l’aria, può riscaldar senza il fuoco, può germogliar quanto vuole senza la terra, perchè ha in se stesso la perfezione di tutte queste creature medesime: e, se si serve comunemente di esse, è per bontà sua, non è per necessità. Che gran prodigio è dunque, ch’egli ami niente fuori di sè! E pur è così: « Deus dilexit — Dio amò ». Solo un prodigio si trova maggior di questo. E qual è? Che tu non avendo niente di bene in te stesso, ma tutto in Dio, con tuttociò non sappi niente amar Dio, sol ami te stesso.

II.

Considera, che « Deus dilexit — Dio amò », e « dilexit Mundum — amò il Mondo », il genere umano. Or guarda, se ciò è ammirabile. Si sa, che alcuni s’innamorano talor di cose strane, di uccelli, di cani, di cavalli, di bisce. Vi fu chi s’innamorò di un tronco di platano. Ma finalmente questi avevano ricevuto da cose tali qualche servitù, qualche sollievo, qualche specie di benefizio. Ma Dio, che aveva mai ricevuto dall’uomo? o che sperava riceverne? La gloria sua? Ma come, se egli era stato già non meno beato, ancor senza di essa, per tutti i secoli? Piuttosto mira, ch’egli amò il genere umano, non solo senz’alcun merito antecedente, che in lui scorgesse, ma ancor con molto demerito conseguente, mentre vedeva, che la maggior parte gli doveva essere ingrata. Eppure ciò non ha potuto impedire, che l’amor suo non si sia egualmente disteso sopra di tutti. « Dilexit Mundum — amò il Mondo », non « aliquos in Mundo — alcuni nel Mondo », ma « Mundum — il Mondo », perchè non esclude veruno: « Deus vult omnes homines salvos fieri. — Dio vuole, che tutti gli uomini si salvino » (Prima lettera a Timoteo 2, 4). E sebbene con particolar modo egli ama i predestinati, « Jacob dilexi — Ho amato Giacobbe », a paragon de’ quali si dice, che ha odiato i reprobi, « Esau autem odio habui — Ed ho odiato Esaù »; contuttociò assolutamente ama tutti con una carità sviscerata di vero Padre, facendo però che il suo Divino Figliuolo, Sol di giustizia, nascesse per i buoni, e peri cattivi, e che la pioggia della sua Celeste dottrina si diffondesse sui giusti, e sui peccatori. Ecco però che in questa parola « Mundum — il Mondo » si contiene la prima misura, che riconobbe l’Apostolo nell’amor del Signore che è la larghezza, latitudo, la qual si stende ad amare ancora i nemici, ancora gl’indegni, ancora gl’ingrati. V’è questa stessa misura nell’amor tuo, mentre neppur ami colui, ch’ha potuto sin giugnere ad amar te?

III.

Considera, che non dice « diligit — ama », ma « dilexit — amò ». Perchè l’amor del Signore verso l’uomo non ebbe principio, fu fin dall’eternità. Solo ebbe principio l’effetto di un tal amore. Nel resto sai tu quant’è, da che il Signor ti sta amando? Da che sta amando se stesso. Come poi questo suo amore non ebbe principio, cosi nemmeno dalla sua parte avrà fine per tutta l’eternità: « Misericordia Domini ab aeterno, et usque in aeternum super timentes eum. —La misericordia del Signore ab eterno, e fino in eterno sopra coloro che lo temono » (Salmo 102, 17). Anzi, giunge tant’oltre la durevolezza di questo amore, che quando mai per colpa nostra si rompa quell’amicizia, che passa tra noi e lui, egli sta fermissimo sempre in desiderare coll’infinita carità sua, che torniamo a riattaccarla « nunquam excidit — mai non vien meno » (Prima lettera ai Corinzi 13, 8), e sta apparecchiato ogni momento ad ammetterci in grazia sua, come s’egli avesse bisogno de’ fatti nostri. Basta che gli chiediamo perdono, si dimentica a un tratto le ingiurie fattegli: « Fornicata es cum amatoribus multis, tamen revertere ad me, et ego suscipiam te. — Con molti amatori hai peccato, e con tutto questo ritorna a me, ed io ti riceverò » (Geremia 3,1). E’ l’amor del Signore in sè perfettissimo: non v’è pericolo ch’egli mai possa aver fine, mentre è quell’istesso, che mai non ebbe principio. E’ amar intrinseco in Dio. « Deus dilexit — Dio amò »? dunque « diligit — ama », dunque « diliget — amerà », dunque per quanto è in sè non mancherà mai: « Ego Dominus, et non mutor. — Io sono il Signore, nè mai mi muto » (Malachia 3, 6). Ed ecco, come queste voci « Deus dilexit — Dio amò », ci scuoprono la seconda misura, che riconobbe l’Apostolo nell’amor del Signore, ch’è la lunghezza, longitudo. Ed è questa stessa misura nell’amor tuo, mentre non sai neppure amare un dì solo chi ti ha amato un’eternità?

IV.

Considera, che il Signore non solo « dilexit Mundum — amò il Mondo», ma «sic dilexit, ut Filium suum Unigenitum daret — lo amò a segno di dare il Figliuol suo unigenito ». Nota in quel sic la veemenza di quell’amore, che ha trasportato il Signore a sì strani eccessi. E quali furono? La sublimità de’ doni. Ti par forse poco, che « Filium suum Unigenitum daret — Desse il Figliuol suo Unigenito »? « Filium — Il Figliuolo », non un suddito, non un servo, non un uomo, come sei tu, anzi nemmen un Angelo, un Arcangelo, un Serafino, « Filium, e Filium suum — Il Figliuolo e Figliuol suo »; cioè un figliuolo non ricevuto da altri, come son quei figliuoli, che talvolta gli Uomini dicono di donare a Dio, ma piuttosto rendono: « Filium — Il Figliuolo » per tutti i titoli « suum — suo ». Senza che, negli uomini altra è la sostanza de’ figliuoli, altra è la sostanza de’ Padri. Se Abramo dava un figliuolo, che fosse suo, non però ne dava uno, che fosse sè. Ma in Dio non poteva avvenire diversamente. Doveva necessariamente dare un figliuolo che fosse sè, s’ egli voleva dare un figliuolo non adottivo, ma naturale, che fosse suo, Filium suum, perchè il Figliuolo Divino non è diverso nella sostanza dal Padre, ancorchè sia diverso nella persona. Eppur di .più questo Figliuolo fu Figliuolo unigenito, Unigenitum. S’egli avendo più figliuoli, ne avesse dato uno d’essi, ancorchè il maggiore, non sarebbe stato così ammirabile. Ma dare l’unigenito, questo è ciò, che non può capirsi. Ben si può credere agevolmente, che mentre ci ha dato il più, che potesse darci, non ci abbia negato il meno. Anzi nel darne Cristo, che non ci ha dato di ciò che potesse darci? « Qui etiam proprio Filio suo non pepercit, sed pro nobis omnibus tradidit illum, quomodo non etiam cum illo omnia nobis donavit? — Egli non risparmiò nemmeno il proprio Figliuolo, ma lo ha dato a morte per tutti noi: come non ci ha egli donate ancora con esso tutte le cose? » (Lettera ai Romani 8, 32). Ci h,a dato tuttociò, che rispetto a noi è d’ordine superiore, a goderlo, come sono le Divine Persone: ci ha dato tuttociò, ch’è d’ordine quasi eguale, a convivere, come sono le Angeliche Gerarchie: ci ha dato tuttociò, ch’è d’ordine inferiore, a valercene, come sono tutte l’altre cose create, la cui disposizion dipende da Cristo, che n’è il Padrone. Chi non vede però, che ci ha dato,tutto, mentr’egli ci ha dato Cristo? E’ già venuto quel tempo in. cui « nihil deest timentibus eum — nulla manca a quei che lo temono ». Ed ecco come in queste voci, « Filium suum Unigenitum — Il Figliuol suo Unigenito », si racchiude la terza misura, che riconobbe l’Apostolo nell’amor del Signore, che fu l’altezza, sublimitas. Ed è pur questa misura nell’amor tuo, mentre ti sollevi sì poco? Non sai neppur consagrar una vile soddisfazione a chi ti ha favorito di tanto. « In sublime erigere, et esco gloriosus — Levati in alto, e fatti glorioso » (Giobbe 40, 5).

V.

Considera l’ultima parola daret, la qual dimostra fin a qual segno quest’amor si abbassò, che fu a dare questo Unigenito. Non dice a donare, dice a dare, daret. Una gioia ricchissima si può donare ancora a un vil personaggio senza avvilirla; ma non si può senza avvilirla già dare per una cosa da niente, dar per un pomo, dar per un pane. Eppure Iddio perchè diede il proprio Figliuolo? Per aver l’uomo: Ut servum redimeres, Filium tradidisti. Se l’avesse dato, perchè regnasse gloriosamente tra gli uomini, perchè ricevesse tributi, perchè riportasse trionfi, pur sarebbe stato assaissimo. Ma averlo dato, perchè morisse, per salute degli uomini; oh che stupore! E non fu questo un abbassare il figliuolo per alzare il servo, quasi più su del figliuolo? Certo che sì. Perchè noi fossimo capaci della natura Divina, egli ha umiliata la divina all’umana. Quindi è, che qualunque volta nelle Scritture parlossi di darci Cristo, non se ne parlò mai sotto termini di dono, come è dello Spirito Santo, ma ben piuttosto di contratto, o di cambio: « Redemptionem misit populo suo. Pro nobis tradidit. Pro vobis tradetur. Venit ut daret animam suam redemptionem pro multis — Ha mandata la redenzione al suo popolo. Per noi lo diede. Per voi sarà dato. Venne per dare se stesso in redenzione per molti ». Che sembra l’ultimo eccesso di umiliazione, a cui potesse mai giugnere un Dio sì buono: donare tutto il resto fuorchè il Figliuolo; del suo Figliuolo protestar, che lo dà, quasi per fare un guadagno: « Expedit ut unus moriatur homo pro populo. — Torna conto che un uomo muoia pel popolo » (Vangelo di Giovanni 11, 50). Ed ecco finalmente, come questa voce daret ci addita la quarta misura, che riconobbe parimente l’Apostolo nell’amor del Signore: che fu la profondità, profundum. E questa misura si trova altresì nel tuo, mentre sei tanto superbo, ancor da poi ch’hai veduti questi prodigi di avvilimento nel tuo Signore?

VI.

Considera per ultimo compimento di maraviglia, che tutto questo amore sì strano, non è però stato in Dio punto irragionevole. Ma perchè? Perchè è amore appunto di un Dio: Deus dilexit. E’ sopra ogni ragione, è sopra ogni regola, ed è un amore, che ha bensì fondamento, ma in una bontà infinita. « Diligam eos spontanee. — E li amerò gratuitamente » (Osea 14, 5). Non si può dare altra risposta, che appaghi almen pienamente. Però si dice, che questo amore non può da noi finirsi mai di comprendere qual egli è, ma solo ad un certo segno « Sequor autem, si quo modo comprehendam. — Ma tengo dietro a studiarmi di comprenderlo in qualche modo » (Lettera ai Filippesi 3, 12). Solo lo comprendono i Santi, i quali già lo conoscono chiaro in Cielo. E però l’Apostolo esortava i fedeli a disporsi in modo, che un dì potessero partecipare essi ancor di sì bella sorte: « Ut possitis comprehendere cum omnibus sanctis, quae sit latitudo, et longitudo, et sublimitas, et profundum. — Perchè possiate con tutti i Santi comprendere, quale ne sia la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità » (Lettera agli Efesini 3, 18). Nel resto, finchè quasi nottole ci aggiriamo su questa terra, come possiamo mai tener dietro ad orme sì luminose, quali son quelle d’un Sol Divino? « Forsitan vestigia Dei comprehendes, fu detto a Giobbe, et usque ad perfectum Omnipotentem reperies? Excelsior Coelo est, et quid facies? profundior inferno, et unde cognosces? longior terra mensura ejus, et latior mari. — Forse che tu terrai dietro alle orme di Dio, e intenderai a perfezione l’Onnipotente? Egli è più alto del Cielo, e che farai tu? Egli è più profondo che non è l’inferno, e come potrai conoscerlo? Egli è di misura più estesa che non è la terra, e più ampio del mare » (Giobbe 11, 7, 8, 9); che son le quattro dimensioni medesime considerate da noi nell’amor Divino, conforme il lume somministratoci da queste gran parole di Cristo: « Sic Deus dilexit Mundum, ut Filium suum Unigenitum daret — Dio amò il Mondo a segno di dare il Figliuol suo Unigenito », che ben potrai meditar per tutta la vita tua con perpetuo pascolo.

Archivio delle meditazioni