La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

MAGGIO

XXIV. GIORNO

Della Misericordia di Dio verso il peccatore.

 

« Deus, qui dives est in misericordia, propter nimiam charitatem suam, qua dilexit nos, cum essemus mortui peccatis, convivificetvit nos in Christo. — Dio, ch’è ricco in misericordia, per la troppa sua carità, con cui ci amò, essendo noi morti per i peccati, ci ravvivò in Cristo » (Lettera agli Efesini 2, 4).

 

I.

Considera, che a cagion de’ peccati da te commessi tu eri morto, sicchè non altro ,restava più, che mandarti alla sepoltura, ch’è quanto dire, precipitarti all’Inferno. Il Signore ti ha risuscitato, come io presuppongo, con chiamarti a rivivere. Capisci però tu, come si conviene, che benefizio ti ha fatto? Se lo capissi, oh come andresti estatico di stupore, come attonito, come assorto, più che non dovette far Lazzaro, allor che die’ sulla Terra i suoi primi passi, tornato a vita, benchè tanto men nobile della tua! Avea Dio forse bisogno alcuno di te? non era appieno grande? non era appieno glorioso? Che gli mancava ad esser sì beato, quanto egli è di presente con te? E pure « cum esses mortuus peccatis, cioè pro peccatis, convivificavit te in Christo — essendo tu morto per i peccati, ti ravvivò in Cristo ». Non ti ha voluto lasciare in questo stato di morte in cui meritavi di starne eternamente, mercè la tua infedeltà, mercè la tua ingratitudine, mercè che s’eri morto, eri morto di voglia tua; ma ti ha richiamato a vivere in un con Cristo; che però non dice semplicemente l’Apostolo, che « vivificavit in Christo — avvivò in Cristo », ma che « convivificavit — ravvivò». Ed in qual maniera ti ha richiamato a vivere una tal vita? Forse come fu fatto con Lazzaro, comandando? No : ma pregando : « Laboravi rogans — Mi stancai a pregarti » (Geremia 15, 6); perchè ha dovuto con mille modi adescarti a tornare a lui, ha dovuto usar tali ispirazioni, ha dovuto valersi di tali inviti, ha dovuto procedere con maniere così dimesse, affine di non violar la tua libertà, che giustamente si possono dir preghiere. Oh carità infinita! oh carità inesplicabile! Non ti par che abbia ogni ragione chi esclama, ch’è stata troppa? « Propter nimiam charitatem suam, qua dilexit nos. — Per la troppa sua carità, con cui ci amò ».

II.

Considera, che altra ragione non si può dare di questa carità, che il Signore ti ha usata, se non perchè « dives est in misericordia — è ricco in misericordia ». Non si dice « in justitia — in giustizia », si dice « in misericordia — in misericordia », perchè se avesse fatto secondo ciò, ch’egli potea di giustizia, misero te! Ma ha fatto secondo ciò che potea di misericordia, che questo è fare secondo le sue ricchezze: dar doni proporzionati, non a chi riceve, ma a chi gli dà. Però la sua carità è stata, no’l niego, troppa, rispetto a te, ma non è stata già troppa rispetto a lui. E per qual cagione? perchè amaci per misericordia, non amaci per giustizia. Colui ama per misericordia, il quale non trova il merito, ma lo dà. E così appunto ha fatto Dio verso te: « Largitus est eis secundum indulgentiam suam. — Donò loro conforme la sua benignità ». « Indulgentia sua redemit eos. — Per la sua benignità li riscattò » (Isaia 63, 9). Ond’è, che qui dall’Apostolo la misericordia si adduce in Dio, come radice di quell’amore, che lo determina a volerci giustificare. Non dice « Deus qui dives est in charitate, propter nimiam misericordiam suam convivificavit nos. — Dio che è ricco in carità per la troppa sua misericordia ci ravvivò »; ma dice « Deus qui dives est in misericordia, propter nimiam charitatem suam convivificavit nos — Dio, ch’è ricco in misericordia, per la troppa sua carità ci ravvivò ». La misericordia fa, che il Signore ci pigli amore; e l’amore fa, che poi ci usi misericordia. Ecco a chi dunque tu devi la tua vivificazione; prima alla Misericordia, poi alla Carità. La giustizia non v’ebbe parte, se non quando pretese, che alla tua vivificazione dovessi un poco ancora tu corrispondere per te stesso. Nel resto, quando si tratta di cavare alcun’anima dal peccato, non s’ingerisce, non s’intromette, non opera, lascia fare. Troverai tu però nelle divine Scritture, che Iddio nella giustizia sia detto ricco; « Dives in justitia — Ricco in giustizia »? Non già. Si esaltano le ricchezze della sua longanimità, si esaltano le ricchezze della sua grazia, si esaltano le ricchezze della sua gloria, si esaltano le ricchezze della sua sapienza infinita, ma le ricchezze della sua giustizia si tacciono totalmente. Se ci sono, non si ritrovano. Perchè o si tratta della giustizia, ch’egli esercita nel punire, o nel premiare: nel premiare non è ricco nella giustizia, perchè dà sopra ogni merito, e nel punire non è ricco nella giustizia, perchè dà meno. E ancor non ardi di vero amor verso un Dio, ch’altra maggior inclinazione non ha, che di farti grazie?

III.

Considera, per qual ragione si attribuisce a Dio questo titolo così bello, di essere non solo misericordioso, ma ricco nella misericordia: Dives est in misericordia. Per differenziarlo dagli uomini, a cui mai non può essere attribuito sì fatto titolo. Si può ben dire di loro, che « sint misericordes — siano misericordiosi », mentr’essi donano; ma non si può dire, che « divites sint in misericordia — siano ricchi in misericordia ». E non vedi tu, come nel donare han ad essere limitati? « Quomodo potueris, ita esto misericors — Sii misericordioso in quel modo che puoi » (Tobia 4, 8), disse Tobia al figliuoletto. Se donano troppo a uno, non possono dipoi niente donare all’altro. Dio solo è quegli, che può donare a tutti, e donare in modo, come se niente non avesse mai più donato ad alcuno : « Dives in omnes qui invocant illum. — Ricco verso tutti quelli che l’invocano ». E questo è l’esser vero ricco in donare; non lasciar mai d’esser ricco per quanto donisi. Dipoi, quando gli uomini ancor ti donino di moltissimo, saranno « divites — ricchi », ma non « divites in misericordia — ricchi in misericordia », perchè hanno sempre qualche obbligo di donare, almeno per carità, e così più danno, che donino. Iddio solo è quegli, che non ha obbligo alcuno, perchè egli è sopra ogni legge : « Quis ei dicere potest: cur ita facis? — Chi potrà dirgli: perchè fai così? » (Giobbe 9, 12). Di più, quando gli uomini ancora non abbiano verun obbligo di donare, sempre nel donare più guadagnano, che non danno; perchè danno, a cagion d’esempio, danari, danno sogli, danno scettri, danno corone, e guadagnano quell’atto, il quale frattanto esercitano, di virtù, che val più di quanto mai danno : ond’è che il Signore disse di loro, che « beatius est magis dare, quam accipere — è maggior ventura il dare, che il ricevere », perchè il ricevere dagli altri uomini, mai non ti rende beato, ti rende il dare. Ma Dio non guadagna nemmeno questo atto medesimo, perchè tanto egli è virtuoso se dà, quanto se lascia di dare. Adunque di’, che guadagna? Forse le adorazioni? forse gli applausi? Ma questa è una gloria estrinseca, la quale non rende il Signore niente più ricco. E poi qual dubbio, che tutte le adorazioni, tutti gli applausi, tutte le lodi del Mondo, in tanto si hanno da stimare in quanto sono giustamente segni di merito nel lodato? Ma Dio non merita meno lode, mentre lasci d’usare misericordia, di quello, ch’egli si meriti, mentre 1′ usi. Finalmente vuoi scorgere quanto egli daddovero sia ricco nella misericordia? Mira quanto egli arrivi lontano, allorchè versa i tesori suoi sulla Terra. Gli uomini non possono mai versare se non sono vicini assai; perchè sempre gli versano sui loro prossimi. Iddio non ha prossimo alcuno, e così versandogli, non può versargli se non sopra creature che distano da lui tutte infinitamente. E se ciò è vero, non pare a te, che parlasse bene l’Apostolo, quando disse, che il Signor tuo « dives est in misericordia — è ricco in misericordia » ? Benchè a mio credere non sono queste le principali cagioni, per cui ciò disse. La primaria fu per mostrare, che all’opera della giustificazione, qual è questa, di cui si tratta nella sentenza presente, non basta una misericordia ordinaria, vuol essere ridondante : mercechè quando tu eri morto a cagione de’ tuoi peccati, mortuus peccatis, non solo non avevi alcun merito, nè condegno, nè congruo, ad ottener che il Signore ti avvivasse, vivificaret te; ma avevi un sommo demerito. Sicchè, a titolo di tanta inesplicabile sproporzione, Iddio fa più, quando rende a uno scellerato la grazia, che non fa, quando dona a un Santo la gloria. E tu ancora non apprendi la sublimità del favore, che hai ricevuto?

IV.

Considera, che tu forse puoi stimar meno questa misericordia, che Dio ti ha usata, per questa ragion medesima, cioè perchè è ricco; Dives est, e così l’usartela non ha costato a lui niente: « Subest enim illi cum voluerit posse. — Perciocchè ha pronto il potere come il volere » (Sapienza 12, 18). Ma quando prendi tu la misura del benefizio da quello solo, che costa a chi te lo fa? Se così è, sarai più dunque obbligato ad un zappatore, che suda nella tua vigna a vangar la terra, di quel che sii obbligato al Principe, che ti dona un cavalierato, obbligato al Medico, obbligato al Maestro, obbligato al tuo stesso Padre. So, che in parità di altre circostanze devi stimar più, chi si toglie il pane di bocca per darlo a te, come già Tobia solea fare per darlo a’ poveri. Ma perchè più devi stimarlo? Solo perchè è indizio di tanto maggior amore. Ma quando chi ti dà un Regno, te lo dà con quell’amore medesimo di chi si toglie il pan di bocca per dartelo, non gli sei di ragione obbligato più? Ora questo è il caso nostro. Dipoi, perchè tu non avessi a usar con Dio questi termini sì scortesi, pur troppo egli ha voluto, che a lui costasse il richiamarti da morte. Però senti come parla l’Apostolo. Non dice solo, che « convivificavit nos — ci ravvivò », ma che « convivificavit in Christo — ci ravvivò in Cristo ». Per salvar te, mira a che è giunto il tuo Dio: « Proprio filio suo non pepercit. —.Non perdonò al proprio Figlio ». E mentre non ha perdonato al figliuolo, si può dire, che non ha perdonato nemmeno a sè. E tu dirai, che non gli sia costato niente il salvarti? Mira quella faccia coperta di lividure, quegli occhi smorti, quegli omeri squarciati, quel lato aperto da crudelissima lancia, quelle mani, quei piedi, quel petto, quel capo coronato di spine sì dolorose; e di poi torna a dir se puoi, che il salvarti non gli è costato niente, perchè egli è ricco : Dives est in misericordia. Affin. chè tu non dovessi in eterno dir più così, ecco ch’egli di ricco si è fatto povero : Cum dives esset, pro nobis factus est egenus. Benchè non mai ha più davvero mostrato, quanto sia ricco nella misericordia, che quando si è fatto povero per tuo amore, fino a morir nudo in Croce fra due ladroni. E così torna a conchiudere, che la carità, dimostratati dal Signore, è stata pur troppa, nimia; ma non più già solamente rispetto a te. E’ stata troppa rispetto ancora a lui stesso. Perchè colui si può dir, che ami troppo, che fa più di quello, che sia di necessità per ottenere il ben, che brama all’amato. E pur così ha fatto Dio. Potea rivivificarti semplicemente; e nondimeno l’ha voluto fare anche in Christo, e in Cristo sì malconcio, in Cristo sì maltrattato. Grande pertanto fu la sua carità nel crearti; maggiore nell’elevarti allo stato di grazia; massima nel ripararti, quando ti scorse caduto da un tale stato. Che resta dunque, mentre ti riparò con tanto più di quel ch’erati di bisogno? Resta, che sia stata troppa, nimia. In questo ha quasi dimostrato di amarti più di se stesso, perciocchè « tradidit semetipsum pro te. — Diede se stesso per te » (Lettera agli Efesini 5). E così, qual dubbio, che ha fatto più del dovere? Però poni mente a ciò, che dice l’Apostolo : « Propter nimiam charitatem suam, qua dilexit nos. — Per la troppa sua carità, con cui ci amò ». Non bastava dire, « Propter nimiam charitatem, qua dilexit nos — Per la troppa carità, con cui ci amò »? No, ha voluto aggiungervi « suam — sua », perchè tu sappia, che almeno con quel medesimo amore, col quale Dio ama se stesso, con quello ha amato anche te, mentre ti ha amato quasi più di se stesso.

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