LUGLIO
XXIV. GIORNO
Terribili castighi n. chi si ribella muri.
« Volontarie peccantibus nobis, post acceptam notitiam veritatis, jam non relinquitur pro peccatis hostia; terribilis autem quaedam expectatio judicii, et ignis aemulatio, qua consumptura est adversarios. — Peccando noi volontariamente, dopo ricevuta la cognizione della verità, non ci rimane più ostia per li peccati; ma una certa terribile aspettazione del giudizio, e il sommo ardore del fuoco, che consumerà gli avversari » (Lettera agli Ebrei 10, 26).
I.
Considera chi sieno questi, di cui si dice che peccano « post acceptam notitiam veritatis — dopo ricevuta la cognizione della verità ». Sono gli apostati. Perchè gl’increduli peccano solo « post auditam notitiam veritatis — dopo udita la cognizione della verità » : gli apostati «post acceptam — dopo ricevuta ». Ora questi apostati, se tu ben rimiri, son di due classi. Alcuni si ribellano non solamente ai dettami di Cristo, ma ancora ai dogmi: come fanno coloro, che dallo stato di Cattolici passano al Gentilesimo, al Giudaismo, o all’Eresia. Altri ritengono i dogmi, ma si ribellano non per tanto ai dettami, mentre una volta conobbero molto bene la loro bellezza, gli amarono, gli approvarono, gli praticarono ancora per alcun tempo, e dipoi rilassatisi a poco a poco gli abbandonarono. Ora di ambidue questi generi di ribelli intende l’Apostolo in questo luogo di favellare: e però di ambidue dice che « volontarie peccant — volontariamente peccano », o (come dall’originale può leggersi a maggiore individuazion della colpa) « deficiunt, desciscunt — apostatano, si ribellano »; e di ambidue dice che « peccantibus — peccando », ovvero, « deficientibus, desciscentibus, jam non relinquitur pro peccatis hostia — apostatando, ribellandosi, lor non rimane più ostia per li peccati ». Però che vale a te non esser de’ primi apostati, s’entri per ventura nel numero de’ secondi?
II.
Considera, che di ambidue questi generi di apostati, si dice, che peccano volontarie, perchè ambidue peccano al pari di voglia piena. Chiunque pecca, pecca, perchè vuol peccare, chi non lo sa? Contuttociò alcuni peccano a sangue caldo, altri peccano a sangue freddo. I primi sopraffatti dalla passione, non conoscono troppo bene ciò ch’essi fanno: « Supercecidit ignis, et non viderunt solem. —Cadde il fuoco sopra di essi, e non videro più il sole » (Salmo 58, 9). I secondi superiori alla passione, il conoscono, e pur lo vogliono per la malizia, che domina ne’ loro petti: nè solo il vogliono, ma spesso ancora lo studiano, lo ripensano, lo raffinano; voltando avvedutamente le spalle al sole, perchè troppo vivo non folgori sui loro occhi: « Fuerunt rebelles lumini. — Furono ribelli alla luce » (Giobbe 24, 13). Però de’ primi si dice, che peccano più « volenter —spontaneamente », che « volontarie —volontariamente »; dei secondi, che peccano « volontarie — volontariamente », non che « volenter — spontaneamente ». E tali, se ben riguardi, sono appunto tutti gli apostati dinanzi detti: « Homo apostata pravo corde machinatur malum. — L’uomo apostata con cuore malvagio macchina il male » (Proverbio 6, 13). Qual maraviglia però, se per tutti questi affermisi parimente, che jam non relinquitur pro peccatis hostia? Non rimane più loro propiziazione di sorta alcuna. Qual è la propiziazione principalissima? È Gesù Cristo. Questa è quell’Ostia figurata in tante altre, che precederono, di tori, di agnelletti, e di arieti; e finalmente sagrificata per noi sull’altare eccelsissimo della Croce. Ora quest’ Ostia sì scelta, sì salutare, nel suo uso non rimane più per veruno : ciò non ha dubbio; mentre non v’ è da sperare, che Cristo torni più sulla Croce a morir per gli uomini : « Christus resurgens ex morluis jam non moritur. — Cristo risuscitato da morte non muore più » (Lettera ai Romani 6, 9). Ha fatto già una volta per noi tutto quello, che dovea fare: Quid debui ultra facere vineae meae, et non feci? E però non farà più altro in tal genere, perchè facendolo, non faria niente più di quello, che ha fatto. Ma che? Se quest’Ostia non rimane per veruno più nel suo uso, ch’è di lasciarsi levar la vita, rimane pur nel suo effetto, ch’è di donarcela. Ma per gli apostati non rimane neppur nel suo effetto stesso, e così per gli apostati non rimane in alcuna forma, non relinquitur, perchè con ciò, che Cristo ha fatto una volta, ch’è stato morire in Croce, non recherà a questi miseri giovamento. Per gli altri può dir Cristo all’Eterno Padre: « Pater, dimitte illis: non enim sciunt quid faciunt. — Padre perdona loro: perchè non sanno quel che si facciano » (Vangelo di Luca 23, 34); per questi non lo può dire: piuttosto converrà, che per questi dica: « Sciunt quid faciunt — Sanno quel che si facciano », e però « damna illos —condannali ». È vero, che ancora questi, assolutamente parlando, possono rientrare un giorno in se stessi, compungersi, convertirsi, e così cavare il loro pro da sì degna vittima: ma è sì raro un tal caso, che può discorrersi, come se mai non venisse: « Homo apostata subito conteretur, nec habebit ultra medicinam. —L’uomo apostata sarà percosso subitamente, nè vi sarà per lui rimedio » (Proverbio 6, 15). Degli apostati del primo genere, appena si troverà chi sia ritornato alla vera fede; e così vedrai che tra gli Eresiarchi si convertì un Berengario, che fu il primo a negare la real presenza di Cristo nel Santissimo Sagramento; nel resto Sirnon Mago, Ario, Montano, Manete, Nestorio, Pelagio, Priscilla, Lutero, Calvino, Carlostadio, Bucero, ed altri sì fatti, tutti al pari morirono impenitenti: Non habuerunt ultra medicinam. E degli apostati del secondo genere, appena v’è parimente chi torni al bene; e la ragione è chiarissima : perchè qual modo v’è da far sì, ch’ogni peccatore si riconosca? Rappresentargli l’enormità di quel male, ch’egli commette, lo scandalo, che reca al prossimo, il dispiacere, che dà a Dio, il diletto, che dà al Diavolo, l’imminente pericolo, nel quale vive di dannazione. Ma già questi conoscono tuttociò, e tuttavia lo disprezzano arditamente. Adunque, che speranza può esservi di ridurli? Non habebunt ultra medicinam. Vedi però, quanto giustamente l’Apostolo ha favellato, quand’egli ha detto: « Voluntarie peccantibus nobis, post acceptam notitiam veritatis, jam non relinquitur pro peccatis hostia — Peccando noi volontariamente dopo ricevuta la cognizione della verità, non ci rimane più ostia per li peccati », perchè come questi peccati di apostasia difficilissimamente sono ritrattati, così difficilissimamente sono mai rimessi. Tu inorridisci alla vista di un tale stato, nè ti fidare, benchè ti paia nel presente di starne lontano assai : perchè sai tu come si viene ad incorrervi? a poco, a poco.
III.
Considera come, non curando questi infelici ribelli di aver Cristo per loro propiziatore, non altro resta, se non che se lo aspettino loro Giudice. Però l’Apostolo dopo aver detto : « Voluntarie peccantibus nobis, post acceptam notitiam veritatis, jam non relinquitur pro peccatis hostia — Peccando noi volontariamente, dopo ricevuta la cognizione della verità, non ci rimane più ostia per li peccati », segue immediatamente: « terribilis autem quaedam expectatio judicii — ma una certa terribile aspettazion del giudizio ». Dice, « quaedam — una certa », perchè questi sventurati non hanno di presente tutta quella aspettazion del giudizio, che si dovrebbe: se l’avessero, « arescerent pro timore — inorridirebbero per lo spavento » ; ma ne hanno tanta, che basta ad intorbidare di tratto in tratto le loro fallaci allegrezze: e però questa medesima aspettazione si dice che riesca ad essi terribile. Benchè terribile veramente sarà, quando verrà piena. E quando verrà? All’ora della lor morte. Figurati dunque che sarà di questi infelici, quando si udiranno dir che tra poco converrà loro comparire dinanzi al Tribunale di quel Signore, a cui mancarono sì bruttamente di fede? « A udivi, et conturbatus est venter meus. — Udii, e si commossero le mie viscere » (Abacuc 3, 16). E perchè? perchè non avranno alcun animo di parlare in propria discolpa a voce contremuerunt labia mea. Un reo, che ha commesso un grave delitto, ma ha qualche scusa, trema assai, quando sa di dover comparire tra poco dinanzi al Giudice; ma non trema tanto, quanto un reo, che nè anche sa quale scusa addursi. E tali saran questi miseri, i quali apostatando dalle verità conosciute, qualunque fossero, peccarono per malizia : Voluntarie peccantes post acceptam notitiam veritatis. Ma questa aspettazione finora detta è del giudizio particolare. Vi rimane l’altra poi dell’universale. E questa quando verrà? Al tempo debito. Figurati di nuovo però che sarà di questi, quando a suono di tromba, destati da quel sepolcro, dove già avranno lungamente marcito ne’ lor cadaveri, si sentiranno a forza di urti, di pungoli, di percosse sospinger da’ Diavoli, perchè arrivino presto alla valle di loro strage : Populi, populi, in valle concisionis, quia juxta est dies Domini, in valle, concisionis — Popoli, popoli, alla valle di eccidio, perchè è vicino il giorno del Signore, alla valle di eccidio ». Oh che terribile aspettazione fia la loro! Questi appunto saranno quei peccatori, che tremeran più di tutti all’aspettazion del giudizio : perchè questi più di tutti nel giudizio hanno ad essere svergognati, siccome quei che conobbero la mostruosità della colpa; e nondimeno, quali amanti perduti, accettarono di sposarla. Però chi peccò per mancanza di cognizione, pregherà in quel dì le caverne che lo nascondano; ma chi peccò per malizia, pregherà sin l’Inferno che lo subbissi. Tanto l’aspettazione di quel giudizio, che si vedranno non lontano come ora, ma imminentissimo, gli colmerà di terrore. Questi saranno i più rimproverati da Cristo, questi i più esecrati, questi i più esosi, e questi finalmente i più maledetti. E per qual ragione? perchè, i nemici più odiosi a qualunque Principe quali sono? Sono i ribelli. E però ripensa fra te, con dire in cuor tuo : Se tanto a questi la semplice aspettazione della loro gran confusione sarà terribile, quanto sarà dolorosa, non più l’aspettazione, ma la esperienza?
IV.
Considera, che poco male a questi sarebbe l’essere da Cristo nel giorno del Giudizio rimproverati più di tutti gli altri reprobi loro compagni, se più di tutti gli altri non dovessero esser ancor puniti. Però soggiugne l’Apostolo, che per questi « relinquitur — rimane » non solo « terribilis expectatio judicii — la terribile aspettazion del Giudizio », ma ancora « terribilis ignis aemulatio — il terribile ardore del fuoco ». Quel fuoco, che data la finale sentenza di dannazione si avventerà addosso ai reprobi per cacciarli di subito negli abissi, oh come a questi si appiccherà più che agli altri, trovandoli quasi legna più acconcie ad ardere! Devi però sapere, che il fuoco elevato allora da Dio con virtù soprannaturale a punire i reprobi, non procederà come fa tra noi di presente. Di presente egli in egual modo affligge un martire, e un malfattore, un furbicello, e un assassino, un fornicatore, e un adultero; ma allora no. Allora opererà come s’egli fosse dotato d’intendimento, e tormenterà più vivamente di grado in grado, chi più si merita d’esser tormentato : ond’è che alcuni Santi hanno chiamato il fuoco infernale, fuoco, per dir cosi, ragionevole: rationalem ignem. E perchè sarà fuoco tale, però qui dice l’Apostolo, che un tal fuoco avrà quasi zelo di punir questi scellerati: Quaedam ignis aemulatio. Se non che, uno zelo tale non sarà solamente allora nel fuoco, ma in tutti gli altri elementi, che quasi a gara si armeranno a vendicare gli oltraggi, che furono in terra fatti al loro Signore. Allora si avvererà quello, che tanto bene descrisse il Savio, quando egli disse, che « pugnabit cum illo Orbis terrarum contra insensatos — combatterà con lui l’Universo intero contro gl’insensati », perchè ciascun elemento si porterà, come se fosse colmo, non sol di forza a operare, ma di furore: « Ibunt directe emissiones fulgurum. — Partiranno per retta via le scagliate folgori ». Ecco le saette focose, che non più irragionevoli come adesso, ma ragionevoli, colpiranno a diritto chi si conviene: « Ibunt directe, et tamquam a bene curvato arcu nubium exterminabuntur — Andranno a diritto, e dalle nubi come da ben curvato arco scoccate, sen voleranno al destinato bersaglio » ; cioè emittentur, vel ejicientur, et ad certum locum insilient, non più « ad incertum — ad incerto ». « Et a petrosa ira plenae mittentur grandines. — E dense grandini pioverà l’ira (di Dio) a guisa di macchina che getti pietre ». Ecco la terra, che quasi ragionevole anch’essa, e però adirata, saprà scagliare le sue tempeste di pietre, come di grandine: « Excandescet in illos aqua maris. — E contro di loro ribolliranno le acque del mare ». Ecco che quasi ragionevole l’acqua si accenderà, non altrimenti che s’ella ardesse di furia : « et flumina concurrent duriter — e i fiumi inonderanno con violenza », quasi che i fiumi tutti vogliano al mare, non sufficiente allo sbaraglio, alla strage, recar soccorso : « Contra illos stabit spiritus virtutis. — Contro di essi si leverà un vento possente ». Ecco che quasi ragionevole l’aria si ferma prima un poco a pigliar vigore : stabit; e poi « tamquam turbo venti dividet illos —come turbine li dividerà », con mandare i cattivi lontan dai buoni (Sapienza 5, 21). Ma perchè in questa battaglia, eccitata dagli elementi, il fuoco terrà quasi le parti di capitano: ignis ante ipsum prxcedei (Salmo 97, 3); però l’Apostolo non ha qui fatta menzione nè dell’aria, nè dell’acqua, nè della terra, ma sol del fuoco; tanto più ancora, che al fuoco molto più propriamente conviene lo zelo, ch’è un ardor sommo : aemulatio.
V.
Considera finalmente, che questo zelo consumerà gli avversari del tuo Signore : aemulatio quae consumptura est adversarios. Questi avversari sono singolarmente tutti gli apostati dianzi detti; perciocchè questi son quelli, che più di tutti ora muovono guerra a Dio, con rubargli dell’anime, con sedurre, con sovvertire, con tirar facilmente la gente al male. E tutti questi quel dì saran consumati, perchè saranno totalmente distrutti. Non si dice però, che « ignis emulatio consumptura est inimicos — il sommo ardore del fuoco consumerà gl’inimici » ; ma che « consumptura est adversarios — consumerà gli avversari ». E ciò molto avvedutamente. Perciocchè devi osservare, che questi infelici non dovran mai lasciare di essere a Dio nimici per tutta l’Eternità; come nimici altresì non lascieranno mai di essergli tutti gli altri, che staranno giù ad ardere nell’Inferno con esso loro tutti i Dannati, tutti i Diavoli. Ma che? Se tutti costoro rimarranno nimiei a Dio, non però più gli rimarranno avversari, perchè non potranno più porsi ad attraversare la gloria sua, come una volta sì arditamente facevano sulla terra. E perchè solo gli rimarranno nimici, non gli rimarranno avversari, però si dice che « ignis aeemulatio consumptura est adversarios — il sommo ardore del fuoco consumerà gli avversari » : e non si dice, che « consumptura est inimicos — consumerà gl’inimici ». Nel resto, come può dirsi, che « ignis aemulatio consumptura est inimicos — il sommo ardore del fuoco consumerà gl’inimici », mentre è vero sì bene, che questi miseri arderan del continuo nella fornace orribile dell’Inferno, smanieranno, spasimeranno, ma non verranno mai però consumati; mercecchè il loro fuoco gli tormenterà in maniera, che saprà insieme struggerli sino al vivo, e insieme non li distruggere; tanto sarà fuoco dotato per così dire d’intendimento. Tu, se alla sola immaginazion di un tal fuoco non ti senti colmar di orrore, temi di essere oramai divenuto dì quegli apostati, i quali non solo ardiscono ribellarsi a’ dettami di Cristo spettanti al vivere, ma ancora a’ dogmi appartenenti alla Fede.