La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

GIUGNO

 

XXIV. GIORNO

Per la nascita di S. Gio. Battista.

Chi debba stimarsi veramente grande tra gli uomini.

 

«Quanto magnus es, humilia te in omnibus, et coram Deo invenies gratiam. — Quanto più sei grande, umiliati in tutte le cose, e troverai grazia dinanzi a Dio » (Ecclesiastico o Siracide 3, 20).

 

I.

Considera, che tre sorta ci sono d’uomini grandi; alcuni sono grandi dinanzi a sè, altri dinanzi agli uomini, altri dinanzi a Dio. Dinanzi a sè sono grandi tutti coloro, che si stimano grandi; gli ambiziosi, gli altieri. Ma a dire il vero si stimano : nel resto non sono grandi, sono grandiosi; tanto più stanno al basso, quanto si credono di aver poggiato più Alto « Dicis, quod dives sum, et nescis, quia tu es maser, et miserabilis. — Vai dicendo : son ricco, e non sai, che tu sei meschino, e miserabile » (Apocalisse di Giovanni 3, 17). Dinanzi agli uomini sono grandi coloro, che per le loro prerogative sono apprezzati da tutti, sono amati, sono adorati. Ma nemmeno questi, a dir vero, sono veri grandi, perchè non sono grandi assolutamente; ma solo in ordine a quei, che gli tengon tali; non sono in ordine a quei, che non gli tengono. E così questa grandezza non è stimabile per tre capi. Prima perchè gli uomini spesso costituiscono la grandezza in ciò, ch’è grandezza di fumo, voglio dir nelle vanità, ne’ sogli, ne’ scettri, nelle corone, e però non è sussistente. Dipoi, perchè quando ancor la costituiscano in ciò, ch’è grandezza vera, qual è la santità, qual è la saviezza, non danno sempre la stima a chi se la merita, mentre più di una volta stimano Santo, stimano savio, chi non è tale. Finalmente, perchè quando anche diano la stima a chi se la merita, non sanno togliere in ciò la misura giusta; danno meno lode a chi ne merita più; . danno più lode a chi ne merita meno : Mendaces filii hominum in stateris. Quelli pertanto in verità sono grandi, che sono grandi dinanzi a Dio, perchè Dio stiro an doli grandi, gli rende tali. Oh quanto differente è il suo detto da quel d’altrui! L’altrui presuppone il merito ne’ lodati, ma il suo lo dà: Ipse dixit, et facta sunt (Salmo 149, 5). Or di queste tre grandezze qui dette, qual è la tua? Piaccia a Dio, che non sia quella del primo genere, sicchè non sia tutta solo nella tua mente : « Contemptibilis tu es valde; superbia cordis tui extulit te habitantem. — Tu sei assai dispregevole; la superbia del tuo cuore, ha innalzato te, che stai » (Abdia 1), dove? forse, come devi ornai crederti, al terzo Cielo? no, nelle grotte, habitantem in scissuris petrarum.

II.

Considera, che a questi grandi del primo genere il Savio qui non ragiona, perchè egli dice: « Quanto magnus es — Quanto più sei grande », e questi non sono grandi : non sunt magni, son piccolissimi. Così ne anche è possibile, ch’egli ragioni a quei del secondo genere; perchè egli dice, « quanto magnus es — quanto più sei grande », e quelli non sunt, ma putantur; non sono grandi, sono creduti. Resta dunque, che parli a coloro del terzo genere, che « sunt magni — sono grandi », e se tu sei, per gran felicità, di costoro, ti hai punto a compiacere di te medesimo? Anzi tutto il contrario. Sei grande per verità? tanto più dunque vien a te comandato, che tu ti umilii : « Quanto magnus es — Quanto più sei grande » : non dice « putaris — sei creduto », dice « es — tu sei » : « quanto magnus es, humilia te in omnibus — quanto più sei grande, umiliati in tutte le cose ». E per qual cagione? per due: prima, perchè tanto è più giusto, che tu ti umilii : dipoi, perchè tanto è più necessario. E’ tanto più giusto, perchè quanto più sono eccelsi quei beni, che in te si trovano, tanto ancora è più certo, che non son tuoi : « Quid habes, quod non accepisti? — Che hai tu, che non abbi ricevuto? ». Se la tua virtù fosse virtù comunale, saresti degno di qualche scusa maggiore nel compiacertene : ma mentre è punto esimia, punto eccedente, se la riconosci punto da te, tu sei stolto. Dipoi è tanto ancora più necessario: perchè non ti avvedi, che tanto più hai da guardare, che Dio non si sdegni contro di te, quanto è più ciò, che sdegnandosi può levarti? Ma se mai facilissimo è, che si sdegni, è quando tu ti vanaglorii di ciò, che tanto chiaramente puoi scorgere tutto suo. Se tu, vestito per compassione un mendìco signorilmente, sapessi, ch’egli in compagnia d’altri poveri si pavoneggia superbo, e si preferisce, non gli andresti a strappar di dosso quell’abito per furore? Così fa Dio. Quando ti dà qualche abito di virtù, non può negarsi, che ti abbellisce, ti adorna, ti fa pomposo, ma finalmente egli ti dà appunto un abito : « Sedete in civitate, cosi diss’egli agli Apostoli, sedete, donec induamini virtute ex alto. — Trattenetevi in città, fin a tanto, che siate rivestiti di virtù dall’alto » (Vangelo di Luca 24, 49). Però come ti vestì, così ancor di subito può spogliarti. E non hai dunque tanto più da temer, quanto più ricco è quell’abito, che tu rechi? Se non vuoi perderlo è necessario umiliarsi : Quanto major es, humilia te in omnibus. Senza che è certo, che quanto più crescono i doni, tanto più cresce quel conto, che si ha da rendere : Cui plus datum est, plus requiretur ab eo. E che sai però tu? come corrispondi? Tu puoi scorgere i doni, che Dio ti dà, conforme a quello : « Nos quidem non spiritum hujus mundi accepimus, sed spiritum, qui ex Deo est, ut sciamus quae a Deo donata sunt nobis. — Noi abbiamo ricevuto non lo spirito di questo mondo, ma lo spirito, che è da Dio, affinché conosciamo le cose, che da Dio sono state donate a noi »; ma non puoi sapere qual sia la corrispondenza, che tu gli renda. Dirai : « Nihil mihi conscius sum — Non sono a me consapevole di cosa alcuna » : ma sei costretto parimente a soggiun gere: « sed non in hoc justificatus sum — ma non per questo sono giustificato ».

III.

Considera, che come non basta umiliarsi in un dono solo, ma bisogna umiliarsi « in omnibus — in tutti »; così non basta umiliarsi in un solo modo. Vedi quanti sono i modi di umiliazione? tutti, figurati, che qui sieno prescritti con dirti « in omnibus — in tutte le cose ». Ti hai da umiliare ne’ pensieri, umiliare nelle parole, umiliarti nelle opere. Quanto a’ pensieri, internati più che puoi nella cognizion del tuo nulla, che tal è la vera umiltà. E se talora ti sorgono pensieri vani, scacciali, sdegnali, o se non altro non porgere loro udienza : sicché se alcuno ricercati come vada la vanagloria, possa prontamente rispondere ancora tu con San Vincenzo Ferreri : Va. e viene la maliziosa, ma non si ferma : Non adhaesit mihi cor pravum (Salmo 101, 3). Ouanto alle parole, schiva sì bene l’affettata umiltà (per non far, come coloro, i quali ribattono studiosamente la lode, che senton darsi, per farla tornare in dietro, come una palla tanto più forte, quanto più ribattuta), ma ritieni ancor sempre l’umiltà vera, lascia cader la lode a terra, e morire, come la palla da se medesima. Loda volentieri coloro, che ne son degni, e più volentieri ascoltali ancor lodare; perchè il lodarli può talor anche nascere da superbia; ma non così il sentir lodarli, e godere. Parla di te men che puoi, perché i tesori, come si scoprono, sono mezzo perduti: Aperti sunt thesauri, et evolaverunt nebulae sicut aves (Ecclesiastico o Siracide 43, 15). E quando pure sia conveniente di parlarne, siegui il linguaggio, perduto oggimai nel Mondo, dei Santi antichi, i quali non attribuivano le cose direttamente a se stessi, indirettamente a Dio; ma direttamente a Dio, indirettamente a se stessi. Non dire: col favor del Signore mi è riuscito di guadagnare quest’anima : di’, il Signore l’ha guadagnata. « Filli mei sunt, quos donavit mihi Deus, disse Giuseppe. — Sono i miei figliuoli donatimi da Dio » (Genesi 48, 9). « Parvuli sunt, quos donavit mihi Deus, disse Giacobbe. — Sono i fanciulli, che Dio ha donati a me » (Genesi 33, 5). « Dominus Deus Israel prolubuit me, ne malum facerem tibi, disse Davidde ad Abigaille sollecita per Nabale. — il Signore Dio d’Israele mi ha proibito di fargli del male » (Secondo libro dei Re 25, 34). E così potrebbe discorrersi in infinito per le Scritture, tanto era allora frequente questo linguaggio. Oggi egli è quasi smarrito. Tu questo seguita, perchè questo è il vero linguaggio dell’umiltà. Quanto alle opere, procura ogni giorno di far qualche atto di umiliazione, almen piccolo, per rammemorare a te stesso la tua viltà. Sai che all’umiltà fa la strada la umiliazione. Ma questo è nulla rispetto a ciò, che puoi fare. Chi dice « Humilia te in omnibus — Umiliati in tutte le cose », dice tutto. E se tu abbracci ogni genere di umiltà, non avrai compito ogni genere di Giustizia? Così pretende, chi dottamente affermò, che quando Cristo disse al suo Precursore : « Sine modo: sic enim decet nos implere omnem justitiam — Lascia fare per ora : poichè così conviene a noi d’adempire ogni giustizia » (Vangelo di Matteo 3, 15), volle significare, « decet implere omnem humilitatem — conviene a noi d’adempire ogni umiltà ». La superbia contiene ogni genere d’ingiustizia rispetto a Dio : Superbi inique agebant usquequaque. Così l’umiltà contiene per contrario ogni genere di giustizia.

IV.

Considera l’alto premio, che t’è promesso, se ciò farai: troverai dinanzi al tuo Signore la grazia : Coram Deo invenies gratiam: ma qual sarà questa grazia, che troverai? Quella di certo, che hanno tanti perduta per la superbia : quella, che perdè Adamo : quella, che perdè Saulle: quella, che perdè Salomone: quella, che perdè già l’istesso Lucifero : grazia somma. Nè temer punto di non avere a trovarla : ella ti è promessa di certo : che però non dice « reperies — scoprirai », dice « invenies — troverai ». E perchè non dice « reperies —scoprirai »? perchè non sarà caso, se la ritrovi, ma sarà merito dell’averla cercata. Nè devi maravigliarti. Gli umili sono appunto coloro, ai quali Iddio volentieri dà la sua grazia : humilibus dat gratiam, mercecchè gli umili sono servi fedeli, ch’è quanto dire, non rubano. E non sai, ch’ai servi fedeli si consegnano in mano i più ricchi scrigni, le più riposte scritture? Così Dio costuma con gl’umili. Però Mosè fu già onorato da Dio sopra tutti i Santi del vecchio Testamento, con somma podestà, con sommi prodigi, perchè servo fu fedelissimo : Moyses in omni domo men fidelissimus est (Numeri 12, 7). Ed in che consiste la sua fedeltà? in non arrogarsi mai nulla di tanta podestà, di tanti prodigi, anzi neppure di tanta dimestichezza, che Dio gli usava, parlandogli a faccia a faccia; ma in render tutto a Dio : Dominus solus Dux ejus fuit (Deuteronomio 32, 12). Dice, che Dio solo era stato il Capitano del Popolo da sè retto con tanti stenti : di sè non fece menzione. Vuoi dunque tu, che Dio ti colmi di grazia più che non ha fatto teco per lo passato? sii più fedele.

V.

Considera, che non ti accade in questo giorno ricorrere al vecchio Testamento per trovare un servo fedele a cui conformarti: l’hai già nel nuovo. Come disse Dio di Mosè: « In omni domo mea fidelissimus est — In tutta la mia casa è fedelissimo »; così potea Cristo ancora dir di Giovanni : perchè qual fedeltà maggior della sua, ch’è quanto dire qual maggiore umiltà? Fu Giovanni, senza dubbio, grandissimo innanzi a Dio : Erit magnus coram Domino (Vangelo di Luca 1, 15). Così di lui disse l’Angelo a Zaccaria. Ma non meno ancora fu grande dinanzi agli uomini, e grande ancora messo al confronto di Cristo. Onde è, che ancora in questo senso avverossi la predizione. Tu sai la stima, che di lui tutti tenevano in una forma. Benchè fosse noto ch’egli non era della Tribù di Giuda, pur lo volevano credere il vero Messia: benchè mai non rendesse a un losco la vista, benchè mai non donasse a un sordo l’udito, lo volevano ancora senza miracoli stimar Santo, più del medesimo Cristo, che svegliava infimo i cadaveri dalle tombe. E che lucerna luminosa fu quella, che potè non solo ardere, ma risplendere in faccia al Sole? Coram Domino. E pur fu così: « Ille erat Lucerna ardens, et lucens. —Egli era lampada ardente, e luminosa » (Vangelo di Giovanni 5, 34). Con tutto ciò, chi può dire la fedeltà, con cui trattò gl’interessi del suo Signore? Sprezzò le offerte, sdegnò gli onori, ributtò il Messiato, nè si diede altro titolo, che di voce: Ego Vox. Poteva dire ch’egli era anzi quell’Angelo profetato per Malachia : « Ecce ego mitto Angelum meum qui praeparabit viam tuam ante te. — Ecco che io mando il mio Angelo, che preparerà la strada innanzi a te » (Malachia 3, 1), perchè se non era Angelo per natura, era per uffizio, era Messaggiere di Dio. Angelo, perchè se non fu creato, almen nacque con l’uso della ragione: Angelo perchè menò quasi in terra vita Angelica, senza vitto, senza vestito: Angelo, perchè non perdè mai quella prima grazia, la quale avea ricevuta, ma ben l’accrebbe: Angelo per la somma vigilanza : Angelo per la somma virginità: Angelo, che sempre vide la faccia del suo Signore, non perdendo mai neppur tra le turbe quell’alto dono di contemplazione, che godea nella solitudine. Contuttociò dissimulando egli sì nobili testimonianze, recò solo quella d’Isaia: « Ego vox clamantis — Io son voce di uno che grida », per dimostrare, che egli non ambiva di fare in terra altr’uffizio, se non che di voce. E ben l’ottenne anche a pieno. Perchè siccome la voce è fedelissima in palesare a tutti il concetto, ch’è nella mente, ma non pretende di aver però parte alcuna nella beltà, nella bontà, nella gloria di un tal concetto; così fece anche Giovanni, rispetto a Cristo, cioè rispetto a quel Verbo, di cui fu voce. Egli sì fu solo voce in manifestarlo. Voce sonora, è verissimo, voce grande, voce gagliarda, qual si doveva alla sordità di quel Popolo, che l’udiva : « vox clamantis — voce di uno che grida ». Ma finalmente egli si fe’ solo voce di Banditore : « Vox clamantis: parate viam Domini. — Voce di uno che grida : preparate la via del Signore »; cioè pretese di essere quella voce, ch’è la più faticante, ma la più ingloria. Beato lui nondimeno, beato lui ! Quanto più si umiliò, tanto più parimente trovò di grazia nel venir da Cristo esaltato : «Inter natos mulierum non surrexit major Joanne Baptista. — Tra i nati di donna non comparì uno, che fosse maggiore di Giovanni Battista ». Se bene, che altro vuol dir Giovanni, che Grazia? Trovò però sempre più ciò, che possedea. Tu proponti questo gran Santo per esemplare, se non nella grandezza, almeno nell’umiltà; e così tu pure a proporzione ritroverai quella grazia, che trovò egli : Quanto magnus es, humilia te in omnibus, et coram Deo invenies gratiam.

VI.

Considera finalmente per qual ragione non dicasi « quanto major es — quanto sei maggiore », ma dicasi, « quanto magnus — quanto più sei grande ». Non par che sarebbe stato meglio dire: « Quanto major — Quanto sei maggiore »? No certamente. E perchè? Perchè tu hai da stimarti, come appunto ti stima Dio, che tal è la vera grandezza. Ora Dio non ti stima con metterti in paragone a questo, ed a quello : ti stima solo per ciò, che sei in te medesimo. Così hai da fare tu ancora. Se ti paragoni massimamente coi minori di te, fai nell’istesso tempo una cosa iniqua, ed inutile. Inutile, perchè tu non puoi fare, se non come quegli Apostoli, i quali disputavano fra di loro, « quis eorum videretur esse major — chi di loro sembrasse maggiore» : ma non potevano disputare, «quis esset — chi fosse ». Iniqua, perchè non puoi mai preferirti a veruno per quello, che non è tuo. Se ti preferirai, piaccia a Dio, che subito non diventi minore ancor di coloro, ai quali ti preferisci; come succedè al Fariseo, che subito restò minor di quel Publicano, di cui si stimò maggiore.

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