OTTOBRE
XXIII. GIORNO
Sopra le parole « Panem nostrum quotidianum da nobis hodie ».
« Panem nostrum quotidianum da nobis hodie. — Dacci oggi il nostro pane quotidiano ».
I.
Considera, ch’ogni padre, siccome giustamente ricerca da’ suoi figliuoli l’ossequio debito, a costituirli suoi eredi; così, affinchè i figliuoli comodamente gli prestino un tale ossequio, dee pensare ancor egli ai loro alimenti quotidiani, massimamente quand’egli è per se stesso un padre ricchissimo, ed essi non hanno nulla. Ma qual Padre più ricco trovar si può, che il nostro Padre Celeste? e quali figliuoli senza d’esso più poveri, o per dir meglio, più miseri, più mendici, di ognuno di noi? Però a farti sicuro, che questo tuo sì gran Padre non mancherà di porgere ancor a te tutti gli alimenti, di cui tu sia bisognoso; ecco qui Cristo, che terminate le prime tre petizioni, che solo in Cielo ci saran concedute perfettamente, t’ invita ad addimandarglieli : non perchè il Padre non sia da sè molto pronto a somministrarli, ma per avvezzarti a conoscere, che da lui solo alla fine ti viene il tutto. Due sorta però si trovano di alimenti. Altri corporali, altri spirituali. Gli spirituali sono ordinati a mantener la vita dell’anima; i corporali a quella del corpo. E siccome gli uni, e gli altri un padre terreno dee porgere a’ suoi figliuoli, provvedendogli più ch’egli può, quanto al corpo, di vitto, di vestito, di abitazione, e di quel di più, che loro conviene a vivere; e quanto all’anima, di tutto ciò che convien loro a ben vivere così molto più dee farlo il Padre Celeste. Di qui è proceduto, che queste istesse parole, « Panem nostrum quotidianum da nobis hodie — Dacci oggi il nostro pane quotidiano » da alcuni vengono interpretate in ordine agli alimenti spirituali : giacchè quel pane, che da un Evangelista è qui detto quotidiano, dall’altro è detto soprasostanziale. Da altri per contrario vengono interpretate in ordine a’ corporali, giacchè quel pane, che da un Evangelista è qui detto soprasostanziale, dall’altro è detto quotidiano. E da altri finalmente vengono interpretate nell’uno e nell’altro senso : giacchè l’istesso vocabolo, dalla radice onde pullula in lingua greca, ammette ambedue le predette significazioni, di quotidiano, e di soprasostanziale. Ed al parere di questi ancor tu ti atterrai, come al più sicuro, intendendo per detto pane ambidue gli alimenti di corpo, e di anima; sì perchè un buon padre è tenuto dare ambidue: sì perchè un buon figliuolo è tenuto a ricercare ambidue, e sì perchè tutte quelle parole, di cui si forma la presente petizione, egualmente ancora si adattano ad ambidue. Tu prega Dio, che ti dia lume d’intendere il tutto bene, affinchè quando chiedi a Dio questo pane, non l’abbi a chiedere come i giumenti gli chieggon la lor esca.
II.
Considera in primo luogo queste parole nel loro senso più nobile, ch’è quello che le determina agli alimenti spirituali. E qui che vedrai? Vedrai, che questi son qui compresi sotto nome di Pane, Panem: prima perchè il precipuo di tutti questi alimenti è quel del cibo Eucaristico, che sopra ogni altro dinotasi per tal nome : « Hic est panis, qui de Coelo descendit. — Questo è quel pane, che è disceso dal Cielo » (Vangelo di Giovanni 6, 59). E di poi; perchè con questo nome medesimo si esprimono tutti gli altri alimenti simili, che sono, a cagion d’esempio, la parola Divina, le consolazioni, che accompagnano l’orazione, i lumi, le lagrime, e sopra tutto que’ soccorsi di grazia detti attuali, i quali a guisa di vigorosi conforti ci rendon abili ad eseguir la volontà del Signore con facilità, e a quietarci in essa. Questi conforti però non sono a Dio qui richiesti sotto altro nome, che sotto questo di pane, panem; non perchè in sè non sieno deliziosissimi, ma perchè noi non gli dobbiam a Dio chiedere come tali, ma sol come atti a corroborare lo spirito, e a confermarlo : « Panis cor hominis confirmat. — Il pane corrobora il cuore dell’uomo » (Salmo 104, 15). E con ciò, ecco che il Signore ha qui tolto primieramente quell’ appetito smoderato, ch’han tanti, di alimentare lo spirito con le delizie. Ci basti il pane, Panem. Dipoi siegue in secondo luogo « nostrum — nostro ». E ciò segue appunto, affinchè non vogliamo come i rapaci anelare anche al pane altrui, ma ci contentiamo del proprio; cioè di quel ch’è dovuto allo stato nostro. Tu per ventura con occhi poco amorevoli miri in altri quel comunicarsi ogni giorno, che a te si nega da quel medesimo Padre spirituale, che il permette a quelli. Invidii i doni d’orazion più sublimi, che in altri scorgi, le illustrazioni, le intelligenze, per non dir anche l’estasi, i ratti, le rivelazioni, e più ancora certi conforti prodigiosi di grazia, i quali Iddio a te non porge, o perchè tu non gli meriti, o perchè non son essi proporzionati al tuo stato. Questo non è più voler solo il pan tuo. Contentati di quello, che Dio dee darti, come a te convenevole, nè ti doler mai di lui, quasi che ad altri egli dia pan di farina, e a te di crusca. Di’ « Panem nostrum — Il nostro pane », ed aggiugni in terzo luogo « quotidianum —quotidiano », cioè, « qui quotidie sumi solet — quello, che si suol prendere ogni giorno », non perchè questi sieno tutti alimenti da pigliarsi necessariamente ogni giorno, ma perchè ogni giorno sono soliti di pigliarsi almeno col desiderio. E tale specialmente si è quello della Santissima Eucaristia, che da te può essere ricevuto al pari ogni giorno, se non sagramentalmente, almeno spiritualmente; come fe’ Cristo medesimo, che per trentatre anni soltanto il desiderò : « Desiderio desideravi hoc Pascha manducare vobiscum anteguam patiar. — Ardentemente ho desiderato di mangiar questa Pasqua con voi prima della mia passione » (Vangelo di Luca 22, 15) : non « omne Pascha — ogni Pasqua », ma « hoc — questa », cioè quella in cui egli istituì la Santissima Comunione, e, com’è più probabile, il primo la ricevette, per far di sè un ospizio degno a se stesso : « Pueri communicaverunt carni et sanguini, et ipse similiter participavit eisdem. —I figliuoli hanno comune la carne ed il sangue, egli pure partecipò similmente alle medesime cose » (Lettera agli Ebrei 2, 14). Che se in vece di chiamar questo pane quotidiano, lo vuoi piuttosto chiamar soprasostanziale, già tu sai bene perchè vien detto così. Perchè è ordinato ad alimentar la sostanza più riguardevole, ch’abbia l’uomo, cioè lo spirito. Dipoi succede in quarto luogo « da nobis — dacci » affinchè tu da ciò cavi la gran fiducia con la quale hai da chiedere gli alimenti a un Padre sì buono. Hai da dir, da, non dir dona; perchè così si parla appunto, parlandosi di alimenti. Gli alimenti non si donano, ma si danno, massimamente da un padre. Sol da ciò si raccoglie, che tu però non hai da vivere ozioso. Perchè è vero che un padre ricco dà volentieri gli alimenti ai figliuoli, i quali per se medesimi non han nulla, ma non già quando vede, che questi stanno con le mani alla cintola, nè vogliono in cosa alcuna aiutar la casa. E ti par giusto, che Iddio ti pasca fin ogni giorno di sè col cibo Eucaristico e che ti dia contentezze spirituali, e lumi, e lagrime, ed abbondanza di aiuti più che comuni, mentre tu non lo servi in nulla? Son cose queste, che discordano troppo, richiedere gli alimenti, e non faticare: « Si quis non vult operari, nec manducet. — Chi non vuol lavorare, non mangi » (Seconda lettera ai Tessalonicesi 3, 10). Finalmente in quinto luogo si dice : « Hodie — Oggi », cioè « ad hunc diem — per quest’oggi », affinchè si rintuzzi in te l’eccessiva sollecitudine, che ti fa pensare al futuro. Tu spesso ti perdi di animo, e non ti applichi come dovresti alla vita spirituale, per timor che presto ti manchino que’ conforti che da principio la rendono sì soave. Non far così. Pensa solo al di d’oggi, ad hunc diem, che però Cristo ci ha qui insegnato a dir « Hodie — Oggi ». Domani penserai a quel di domani. Ma chi sa dirti, se tu dimani sarai vivo? « Nolite solliciti esse in crastinum. — Non vogliate mettervi in pena pel dì di domane » (Vangelo di Matteo 6, 34).
III.
Considera come all’istesso modo queste parole qui ponderate si adattano facilmente a quegli alimenti, che sono ordinati alla sostentazione del corpo. I. Si dicono Pane: Panem, perchè se neppure si hanno a cercar nello spirito le delizie, quanto men nella carne, che fra tre dì sarà vil esca de’ vermi? Vero è, che sotto il nome di pane, non s’intende il pan solo, ma tutto ciò che, giusta la frase ebrea, si pigli per cibo: « Vocale eum, ut comedat panem — Chiamatelo a mangiare del pane » (Esodo 2, 20), anzi tutto ciò che in qualunque modo ci sia di necessità per tenerci in vita: « Qui aufert in sudore panem, quasi qui occidit proximum suum. — Chi a uno toglie il pane del sudore, è come chi ammazza il suo prossimo » (Ecclesiastico o Siracide 34, 26). Ma si addimanda sotto nome di pane per ricordarci, che siccome del pane non siamo soliti di mangiar troppo più di quel che ci basti (da che rarissimo è chi lo mangi per gola), così dobbiamo far altresì di tutti i beni terreni, che a Dio chiediamo: non gli usar con intemperanza: « Utere quasi homo frugi his, quae tibi apponuntur. — Serviti da uomo frugale di quelle cose, che ti son messe davanti » (Ecclesiastico o Siracide 31, 19). II. Si dicono nostro : Panem nostrum, perchè di questo pane medesimo, detto dianzi, dobbiamo contentarci di chiedere solo il nostro : « Panem nostrum comedemus — Mangeremo il nostro pane » (Isaia 4, 1): giacchè pur troppi son quegli al mondo ch’aspirano al pane altrui, il che se nemmen deve farsi nel pane spirituale, che per quanto in molti ripartasi, non si scema, quanto più nel corporale, ch’è sì ristretto? III. Si dicono quotidiano: Panem nostrum quotidianum, affinchè intendasi che niun dee fare, come que’ ricconi insaziabili che non rubano, è vero, ma nel restante attendono a radunar quanto basterebbe ad sostentamento di più famiglie, che non hanno a fatica di che cibarsi: « Argentum thesaurizant et aurum, et non est finis acquisitionis eorum. — Tesoreggiano argento e oro, nè mai finiscono di procacciarsene » (Baruc 3, 18). Ciò non è volere alimenti, è volere entrate. Che se di più vuoi sapere come questo pane, il qual ci significa gli alimenti ordinati al corpo, sia detto non solo quotidiano, ma ancor soprasostanziale, è perchè tu pur impari qual sia quel fine, per cui questi alimenti stessi hai da chiedere al tuo gran Padre. Non gli hai da chiedere per conservar puramente il tuo corpo, ch’è la sostanza inferiore, ma gli hai da chiedere, per far sì che il tuo corpo, conservato da essi, e consolidato, serva allo spirito, ch’è la sostanza superiore, qui detta sopra sostanza. IV. Si dice di questo pane « da nobis — dacci », non si dice dona. Perché questi beni medesimi corporali, se si chieggon solo come alimenti, e alimenti ordinati a così buon fine, qual è di far servire il corpo allo spirito, si hanno a chieder con fiducia. Hai tu paura che Iddio neghi i suoi giusti alimenti ad un come te, che gli sei figliuolo, mentre gli dà sin a’ bruti? « Dat jumentis escam ipsorum, et pullis corvorum invocantibus eum. — Dà il loro cibo a’ giumenti, e a’ teneri corvi che lo invocano » (Salmo 147, 9). Oh che gran torto gli fai, quando, non ti fidando di lui, te gli vai procacciando per vie sinistre! Basta che tu procuri di meritarteli, portandoti da figliuol che non vive in ozio. Nel resto egli ha mille modi da provvederti. V. Si dice oggi, Hodie, e si dice in ordine anche a un tal genere di alimenti; prima perché presupponsi, che tu ogni giorno debba ricorrere a Dio per addimandarglieli, come fanno i figliuoli ben costumati, i quali non van per casa a pigliar da sè il pane per le credenze, ma l’addimandano al padre; e poi, perchè tu li chiegga senz’ansia del dì seguente, come al lor padre chieggono pur il pane i figliuoli, che or abbiam detti. Se questi glielo chiedessero un dì per l’altro, dimostrerebbono di non fidarsi, che quanti dì faranno ad esso ricorso, tanti lo troveranno un istesso padre. La Manna si die’ al popolo di dì in dì. E pur però in quarant’anni mancò giammai?
IV.
Considera come in questa petizione, per altro sì salutare, posson due sorta d’uomini urtar con facilità, quasi in uno scoglio, da parti opposte bensì, ma di pari danno : i ricchi, ed i poveri. Se tu sei ricco, eccoti qui in uno scoglio, perchè puoi credere, che per te sia superfluo il frequentare ogni giorno quest’ orazione: « Panem nostrum quotidianum da nobis hodie — Dacci oggi il nostro pane quotidiano », mentre tu stai provveduto, non solo a giorni, ma poco meno che a secoli : « Anima, habes multa bona posita in annos plurimos. — O anima, tu hai messo da parte dei beni per moltissimi anni » (Vangelo di Luca 12, 19). Hai piene le tue grotte, hai colmi i granai. Che dunque aver tu bisogno di dire a Dio, come fanno i poveri : « Panem nostrum quotidianum da nobis hodie — Dacci oggi il nostro pane quotidiano »? O per pane s’intendano gli alimenti spirituali di cui sei ricco, o s’intendano i corporali. Ma non conosci l’errore? Se hai molto, puoi perdere ancora molto, ed in uno stante. Però come ogni giorno puoi perdere con somma facilità quanto mai possiedi; così ogni giorno hai da pregare anche Dio, che te lo conservi; almeno fin a ciò che ti sia bastevole ad onesto sostentamento. Nè tu per questo hai da cambiar punto formole, e dir, come ricco, a Dio : Conserva, non da. Perciocchè Dio tanti momenti ti dà diò che tu possiedi, quanti momenti son quei che te lo conserva, sicchè non ti vada a male. E così fa ciò che tu vuoi. Sei necessitato di presentarti ancora tu giornalmente, qual misero, qual mendico, innanzi al tuo Dio, per chiedergli tanto pane, che ti sostenti. Che se tu sei povero, eccoti pur nello scoglio, ma dal1 opposto : che sarà, non curarti di travagliare in guadagnarti il tuo pane quotidiano, ma sol di chiederlo, da che, chiedendolo, è certo che l’otterrai. Ma non è questa sciocchezza? Nessun padre pretende, con alimentare i figliuoli, di fomentarli, come s’ è detto, nell’ ozio, ma di levarneli, con porgere loro forza da faticare. Nè dir : Se dunque io travaglio in guadagnarmi il mio pane quotidiano, che serve chiederlo? Perchè se tu no ‘l chiedessi, inutile sarebbe il suo travagliare. Iddio potrebbe scaricarti addosso gragnuole, pioggie, procelle, che ti mandassero in nulla le tue fatiche, e così potresti travagliar bensì, ma non guadagnare. Quando però tu dici a Dio : « Patrem nostrum quotidianum da nobis hodie — Dacci oggi il nostro pane quotidiano », in qualunque senso tu il dica dei due spiegati, o in pro dello spirito, o in pro del corpo, non gli hai con questo da chiedere di venir esentato da quella legge universalissima la qual dice : « in sudore vultus fui vesceris pane tuo —mediante il sudore della tua faccia mangerai il tuo pane » (Genesi 3, 19). Ma gli hai da chiedere, che i tuoi sudori riescano fruttuosi sin a qual segno, che ti bisogna per vivere; già che poco vale a te piantar l’albero, ed inaffiarlo, se Dio non lo impingua interiormente dal Cielo: « Neque qui piantai est aliquid, neque qui rigai: sed qui incrementum dat, Deus. — Non è nulla nè colui che pianta, nè colui che inaffia : ma Dio, che dà il crescere ». Sicchè tu vedi, che per povero, o ricco che tu ti sia, sempre hai da dir a Dio nell’istesso modo queste parole: « Panem nostrum quotidianum da nobis hodie — Dacci oggi il nostro pane quotidiano », che sono quelle, in vigor di cui ti si porgono gli alimenti.