La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

LUGLIO

 

XXIII. GIORNO

Quanto velocemente trascorra il tempo, e quanto salutevol cosa sia la meditazione dell’eternità.

 

«Cogitavi dies antiquos, et annos aeternos in mente habui. — Pensai ai giorni passati, ed ebbi in mente gli anni eterni » (Salmo 77, 6).

 

I.

Considera, che secondo il nostro modo grosso d’intendere, tre sono i tempi: Passato, presente, e futuro. Ma in verità non sono più che due soli, passato, e futuro; perchè il presente, se tu rimiri sottilmente, non v’è. Quando tu affermi che v’è, non v’è più, v’è stato. Fingiti di trovarti assiso alle sponde di un fiume rapido, qualor tu quivi determini un punto fisso con dire: quest’acqua è qui; tu non dici il vero, perchè quell’acqua, la qual tu dici esser quivi, è già scorsa innanzi a gran passi. Il tempo corre più rapido d’ogni fiume; non puoi arrestarlo. Qualor tu affermi, arrestandolo, ch’è presente, ti scappa subito su quell’atto medesimo, in cui lo arresti, e già si è fatto passato. Il presente vero non trovasi che in Dio solo, in cui non v’è mutamento : apud quem non est transmutatio (Lettera di Giacomo 1, 17). Non ti dia però maraviglia, se qui il Salmista, favellando del tempo, non fa menzione fuorchè di due tempi soli: passato e futuro : Cogitavi dies antiquos, ecco il passato; et annos aeternos in mente habui, ecco il futuro. Al presente egli non applicava il pensiero, o perchè non v’è, o perchè non è da prezzarsi, tanto egli è tenue. Che cosa è ciò ch’è presente in riguardo nostro? Se pur egli è, non è più che un momento solo, cioè dire, un punto: « Gaudium hypocritae ad instar puncti. — Il gaudio dell’ipocrita fu come di un istante » (Giobbe 20, 5). Vedi però a quanto poco si riduce quel tempo, che tu possiedi di mano in mano : a un momento solo. Tuttociò che antecede un momento tale, è il passato; e tuttociò che gli succede, è il futuro. Però dicea l’Ecclesiaste: « Quodcumque facere potest manus tua, instanter operare. — Tuttociò, che può far la tua mano, fallo all’istante » (Qoèlet 9, 10). Sì, dico, « instanter — all’istante », perchè il passato non è più in poter tuo, sicchè tu ne possa disporre a tuo benefizio; ed il futuro non puoi sapere se sarà. Vero è, che a discorrere ancor meglio, il Salmista non tanto pensava qui al passato, ed al futuro, quanto al passato ed all’eterno : « Cogitavi dies antiquos — Pensai a’ giorni passati », cioè « qui fuerunt ante — che già furono » diceva egli, « et annos — e gli anni » non « futuros — futuri », ma « mternos in mente habui — eterni ebbi in mente ». Tutti quegli anni, che saran per noi eterni, sono futuri, non ve n’ha dubbio : ma non tutti i futuri saranno eterni. Gli anni, che ci rimangono ancor di vita sopra la terra, sono futuri, chi non lo sa? Contuttociò, chi gli può mai dire eterni, se dentro il numero di sessanta al più, o di settanta, saran finiti? Gli eterni son solo quei, che succedono dopo la nostra morte, perchè il numero non avrà giammai fine. Ed a questi pensava Davidde. Beato te, se ancora tu sarai solito di pensarvi : giacchè questo è forse il pensiero più salutevole, che mai possa albergar nella nostra mente, quello de’ dì passati, e degli anni eterni; de’ dì passati, per rimirare con quanta velocità son trascorsi via, degli eterni, per ricordarsi che questi mai non finiran di trascorrere: Cogitavi dies antiquos, et annos aeternos in mente habui.

II.

Considera, qual sia la ragione, per cui questo pensiero ora detto ti dovrà riuscire sì salutevole. La ragion è, perchè il pensiero de’ dì passati farà che tanto maggiormente tu faccia stima degli anni eterni, che, come udisti, non finiscono mai; e il pensiero degli anni eterni farà vicendevolmente, che tanto meno tu faccia stima de’ dì passati, che son volati sì presto, e così pur di quei tutti che passeranno. Solo io ti avverto, che a volere che un tal pensiero riesca anche più efficace, non devi pensare, nè solamente al passato, nè solamente all’eterno, ma all’uno, ed all’altro insieme, come tu scorgi, che qui faceva il buon Davidde: « Cogitavi dies antiquos, et annos aeternos in mente habui — Pensai a’ giorni passati, e gli anni eterni ebbi in mente ». Nota la particella « et — e », che ti scuopre la congiunzione. Vuoi tu conoscere quanto poco si abbia a prezzar tuttociò, che passa? Mettilo a fronte di ciò, che non passa mai, e di’ teco stesso: Quando ancor io vivessi, non dirò gli anni miei, che neppur forse arriveranno agli ottanta, ma quei di Noè, ma quei di Nacor, ma quei di Matusalem, che giunsero quasi a mille, che saranno essi mai rispetto a quei tanti milioni, e milioni, e milioni, che nel suo corso assorbisce l’eternità? Saranno simili a un nulla: « Tamquam dies hesterna, qui praeteriit. — Come il dì di ieri, che è trapassato » (Salmo 90, 4). E come dunque ho da anteporre quegli anni, che tanto subito avranno da terminare, agli interminabili? Vuoi tu conoscere quanto abbi parimente a stimar l’eterno? Misuralo col passato, e di’ pur fra te: Quando saran già compiti questi milioni di anni, e milioni, e milioni, pur ora detti, che sarà al fine di me? che trattar di fine? Converrà sempre tornare a contar da capo, come se pur allora si principiasse. E come dunque ho da pospor quello stato, che non ha fine, a quello che tanto presto dovrà finire? Questa è la vera regola per formare e dell’uno, e dell’altro una stima giusta. Però pensa al passato, pensa all’eterno, ma pensavi sempre insieme : Cogitavi dies antiquos, et annos aeternos in mente habui.

III.

Considera, come il Salmista dice de’ giorni antichi « cogitavi — pensai », degli anni eterni « in mente habui — ebbi in mente ». Perciocchè quanto al passato, puoi tutto insieme agitarlo nella tua mente quanto a te piace, puoi stritolarlo, puoi sminuzzarlo, ma non così puoi già fare quanto all’eterno. In questo non sarà poco, che tu arrivi ad averlo nella tua mente, non che a discuterlo. Anzi nemmeno può egli quivi star tutto insieme, ma a parte, a parte, secondo ciò che noi miseri il concepiamo. Quindi è, che puoi ben aver gli anni eterni nella tua mente, annos aeternos, cioè quegli anni, che come ora si è detto, dovranno di mano in mano trascorrere senza numero, ma non così puoi avervi l’eternità: aeternitatem. Questa è troppo vasta. Non abita in mente alcuna delle nostrali, abita solo nella mente di Dio, che mentre in sè la contiene, la vede tutta. Tu nella mente tua tieni sempre fissi, come facea già Davidde, gli anni eterni, annos aeternos, che ciò ti sarà bastevole; e torna spesso a ridire : dappoi che già saran dell’eternità passati tanti anni, quante son le fronde degli alberi a primavera, quante san le arene dell’acque, quanti son gli atomi dell’aria, quante sono le stelle del firmamento : quanto di questa eternità, che si predica, sarà veramente trascorso, sicchè più non abbia a tornare? Neppure un punto. Ne tornerà sempre tanto, quanto è trascorso. Nel rimanente, chi di noi può capir ciò che siasi l’eternità? Finchè ella sarà infinita, sarà anche incognita. Noi ce la dobbiam qui passare con rivolger per l’animo gli anni eterni, annos aternos, che sono quegli, i quali a noi si appartengono. Però conchiudi tutto il discorso così: nel tempo di questa vita non v’è presente, sol v’è o passato, o futuro, com’è nell’acque correnti, che velocemente succedono le une all’altre. Ed a queste hai da figurarti, che siamo qui tutti simili noi mortali : « Omnes quasi aquae dilabimur. — Tutti ci sperdiamo come l’acqua » (Secondo libro di Samuele 14, 14). Nell’eternità per contrario non v’è nè futuro, nè passato, tutto è presente; siccom’è nella vena, che sgorga l’acque. E tale hai da figurarti, ch’ è Dio : « Tu autem idem ipse es, et anni tui non deficient. — Ma tu sei l’istessissimo, e gli anni tuoi non verran meno » (Lettera agli Ebrei 1, 12). Quello che nell’ eternità si dice passato, e quello che nell’eternità si dice futuro, non è 1′ istessa eternità, solo è il tempo, che in essa corre. E questo è quello, che sarà proprio nostro, com’è pur ora; se non che ora è per poco, ed allora sarà per sempre : « Et erit tempus eorum in saecula. — E verrà il loro tempo che sarà eterno » (Salmo 81, 16). Ed a questo, come già tante volte si è replicato, tu devi pensare, affine di veder se ti torna conto di godere per poco, e penar per sempre, o godere per sempre, e penar per poco.

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