GIUGNO
XXIII. GIORNO
Come Dio purghi gli uomini con l’uso della tribolazione.
« Frustra conflavit conflator; mclitiae enim eorum non sunt consumplae: argentum reprobum vocate eos, quia Dominus projecit Mos. —Inutilmente il chimico ;gli ha fusi; poichè le malizie loro non sono consunte: chiamateli argento reprobo, perchè il Signore gli ha rigettati » (Geremia 6, 29, 30).
I.
Considera, che questo chimico, di cui tu senti qui ragionare, è il Signore, il quale in moltissimi luoghi delle Divine Scritture comparisce sotto quest’abito, per mostrare, che quell’industria egli mette a purgar gli uomini dalle loro malvagità, quella sollecitudine, quello studio, che mette un chimico a purgare l’argento nel suo crogiuolo : Convertam manum meam ad te, et excoquam ad pitrum scoriam tuam (Isaia 1, 25). Che se vuoi sapere qual sia principalmente questo crogiuolo, di cui il Signore si serve, si è la tribolazione : Caminus humiliationis (Ecclesiastico o Siracide 2, 5), non vi essendo cosa, la qual riesca più atta a riformare i costumi già depravati: Cum feceris judicia tua in terra, justitiam discent habitatores orbis (Isaia 26, 9). Quando neppur essa giovi, è perduta l’opera. E però questo è ciò, di cui qui con parole sì spaventose il Signore si duole; di avere invano consumata già l’arte somma a favor de’ Reprobi: Frustra conflavit conflator: mentre con essi non ha neppure giovato l’ardor del fuoco, ch’è il mezzo più poderoso: Vane fortitudinem meam consumpsi (Isaia 49, 4). 0 quanto hai tu da temere, se a sorte conosci di esser di coloro, i quali ne’ gastighi, che da Dio ricevono per i loro peccati, nelle ignominie, nelle infermità, ne’ disastri, in cambio di migliorare, imperversano! Questo è probabilissimo segno, che sii spedito, perchè il Signore ha teco già consumata la sua fortezza, ma senza pro: Frustra conflavit conflator.
II.
Considera, che questo appunto è un prodigio sommo, che prima si consumi, per così dire, la fortezza divina in percuoter l’uomo, che l’umana malizia da Dio percossa. E pur è così: Malitiae eorum non sunt consumptae. Dal che si vede quanta sia la forza del tuo libero arbitrio; mentre tu puoi quasi arrivare a stancare un Dio, tutto intento a purgar da te quella scoria, che ti deprava. E però nota, come il Profeta ha parlato. Ha detto «malitiae eorum non sunt consumptae — le loro malizie non sono consunte »; non ha detto « rubigo eorum —la loro ruggine », perchè la ruggine è nell’argento un gran male, ma tutto estrinseco: e però al fine si leva, e si leva in modo, che l’argento rimane argento purissimo: Auferte rubiginem de argento; et egredietur vas purissimum (Proverbio 25, 4). Ma non così la malizia. La malizia è quel difetto intrinseco, ch’ha l’argento nelle sue vene: e questo mai non si toglie, perocchè nasce dall’essere un tal argento non solamente rugginoso, ma reo. Così figurati, che parimenti succeda nel caso nostro. Se in te il peccato nasce quasi al di fuori, nasce dalla forza degli estrinseci allettamenti, dalle cattive compagnie, dalle cattive conversazioni, dalle suggestioni moleste dell’inimico, in te il peccato è appunto come una ruggine, che sta in te, ma quasi attaccato; v’è speranza di toglierlo, benchè talvolta può essere questa ruggine tanto grande, che neppur essa si tolga : « Multo labore sudatum est, et non exivit de ea nimia rubigo ejus, neque per ignem. — Si sudò con molta fatica, e non vi si potè togliere la ruggine, neppur a forza di fuoco » (Ezechiele 24, 12). Ma questo è caso assai raro; per ordinario la ruggine cede al fuoco : e però qualor Dio ti ponga, come l’argento, dentro il crogiuolo di una tribolazione assai forte, ti purgherà. Non così quando il peccato provien piuttosto dall’intimo del cuor tuo, cioè quando pecchi per mala disposizione di volontà, perchè il peccare ti piace, perchè ne godi, perchè ne giubili, perchè l’ami a segno sì alto, che se non hai l’occasione pronta di far male, la cerchi. Allora il peccato in te non è già ruggine solamente, è malizia, vien dalle viscere: Prodiit quasi ex adipe iniquitas eorum (Salmo 73, 7). E però purgarti come l’argento rugginoso è difficile, perchè il difetto sta nel tuo libero arbitrio inclinato al male. Ma chi non sa, che « perversi difficile corriguntur — i malvagi difficilmente si emendano »? (Qoèlet 1, 15). Conviene adunque, che tu incominci di qui: dal depor quell’affetto perverso all’iniquità, dall’averla in odio, dall’averla in orrore; perchè allora ancora per te ci sarà speranza di salvazione: altrimenti, oh quanto riuscirà malagevole, che ti emendi, ancor nel mezzo de’ castighi divini! « Percussisti eos, et non doluerunt; attrivisti eos, et renuerunt accipere disciplinam. — Li hai percossi, e non sentiron dolore; li flagellasti, e ricusarono la correzione » (Geremia 5, 3). Hai posto mente a quella parola orribile, « Renuerunt — Ricusarono »? Questa è la forza del tuo libero arbitrio, che può non cedere anche ai gastighi più gravi, che Dio ti mandi: « Malitiae eorum non sunt consumptae. — Le di loro malizie non sono state consunte ».
III.
Considera, che in prova di ciò il Profeta dà contro di questi ostinati sentenza aperta di eterna condannazione; e però conchiude « Argentum reprobum vocate eos, quia Dominus projecit illos. —Chiamateli argento reprobo, perchè il Signore gli ha rigettati ». Questo è l’argento reprobo, quell’argento, che non può purgarsi, neppure a forza di fuoco. E di qui nasce, che Iddio poi lasci di tribolare questi empi, che non si emendano neppur tra le ignominie, neppur tra le infermità, neppur tra quei disastri, che basterebbono ad umiliar poco meno, che un Faraone. Lascia di tribolarti, perchè già vede, che il fuoco con un argento sì tristo riesce inutile. E questo è ciò, che vuol dire : « Projecit illos — Li ha rigettati »; vuol dire, che non si piglia più di essi quella sollecitudine, quello studio, che si pigliava allora, che gastigava di subito ogni lor fallo. Gli lascia molto più vivere a modo loro : Dimisit eos secundum desideria cordis eorum (Salmo 81, 13). E però guarda quanto importa, che apprezzi quelle tribolazioni, che Dio ti manda, con valerti di esse a tua emendazione; altrimenti lascierà di mandartele totalmente : Erudire, Jerusalem, ne forte recedat anima mea a te (Geremia 6, 8). Oh che gastìgo tremendo è il non gastigare! questo è il maggior che Dio scarichi su verun peccatore sopra la Terra, questo, è il più fiero, questo è il più furibondo : perchè allora è segno chiarissimo, che il Signore projecit illum, lo rigettò via di sè: « Auferetur zelus meus a te, nec irascar amplius. — Cesserà la gelosia, che io avea per te. nè più mi adirerò » (Ezechiele 16, 42). Fino che il Signore ti gastiga, ha zelo di te, ch’è (manto dire, n’ha gelosia, n’è sollecito, n’è studioso, e conseguentemente dimostra, che egli ancor si promette di guadagnarti. Ma quando per contrario egli lascia di gastigarti, benché tu segua a peccare: Non irascitur amplius; è segno, che ti riserba a fuoco peggiore, ti riserba a quel dell’Inferno, dove l’argento reprobo non si getta più, come argento, ma come scoria, che non si ha da purgare, ma si ha da intendere : Excoxi te, sed non quasi argentum (Isaia 48, 10). Vero è, che « projecit illos — li ha rigettati » può essere qui detto ad uso profetico, in vece di « projiciet illos — li rigetterà »; perché a’ Profeti è frequentissimo adoperare il preterito invece del futuro, affine di esprimere tanto più vivamente la sicurezza di quello, ch’essi predicono. E posto ciò, tanto varrebbe qui il dire, « projiciet illos — li rigetterà » quanto « projecit illos — li ha rigettati », cioè, che il Signore nel dì del Giudizio rigetterà da sè questi sfortunati : projiciet illos, con gridar loro : « Discedite a me maledicti in ignem aeternum — Lontani da me maledetti al fuoco eterno », giacchè il fuoco eterno è quel fuoco, ch’è destinato puramente ad incendere, non è destinato a purgare.