AGOSTO
XXIII. GIORNO
Astuzia del Demonio per distoglierci dal bene.
« Multos errare fecerunt somnia, et exciderunt sperantes in illis.— I sogni trassero molti in inganno, e coloro, che posero in essi lor fiducia, si perdettero » (Ecclesiastico o Siracide 34, 7).
I.
Considera come tanta è la somiglianza che passa tra i beni temporali, ed i sogni, che i sagri interpreti liberamente per sogni intendono in questo passo i suddetti beni. E certamente siccome i sogni sono puramente apprezzati da quei che dormono; laddove da quei che vegliano son derisi: così è de’ beni di questa misera Terra. Chi son coloro, che gli apprezzano tanto? Son quei che dormono : cioè coloro, che per aver l’intelletto ingombrato da rei vapori, giudicano delle cose, non secondo ciò ch’elle sono per verità, ma secondo ciò che la fantasia variamente le rappresenta. Laddove rimira i Santi, che secondo l’ordine inculcato tanto da Cristo, stan sempre desti, cioè non permettono che il loro intendimento giammai si annuvoli; oh come gli tengono a vile! Tu ch’hai da fare, per dispregiarli anche tu come si conviene? Hai da vegliare: « Igitur non dormiamus sicut et ceteri, sed vigilemus. — Non dormiamo adunque come gli altri, ma vegliamo » (Prima lettera ai Tessalonicesi 5, 6). Il Demonio si aiuta più ch’egli può, a conciliare nel tuo spirito un sonno che tanto nuoce. Però fa lasciarti lo studio dell’Orazione mentale, che sopra ogni altro è abile ad iscacciarlo; però ti mette in odio le penitenze; però t’invita a mangiamenti, a trastulli, a trattenimenti; perché i vapori che vanno al capo si accrescano, e finalmente ti facciano chiuder gli occhi a dispetto tuo. Anzi no : Fa l’opposto di questo medesimo, che il Demonio da te vorrebbe. E così mantenendoti ognora desto, sprezzerai ciò, che tanto correrai risico di apprezzare, se ti addormenti. Non hai sentito chi sian coloro che tanto amano i sogni? Sono quei che dormono ; « Dormientes, disse Isaia, et amantes somnia. — Addormentati, e amanti dei sonni » (Isaia 56, 10). Tanto van queste cose tra lor connesse!
II.
Considera, che de’ sogni si dice, che hanno ingannati frequentemente di molti : Multos errare fecerunt somnia. E così di molti hanno parimente ingannati i beni di questa Terra. Anzi, oh quanti anche seguono ad ingannare, e ad ingannare con una tal forma appunto d’illusione qual è ne’ sogni! I sogni più soavi t’ingannano per due vie. O con darti a credere, che tu talor sii felice mentre sei misero : com’era di quel pezzente il qual si sognava, che quante navi approdavano al porto, tutte eran sue; o con prometterti che almeno tal diverrai; com’è di tanti che tutto giorno si sognano di dover divenire Prelati, o Papi, e giunti a Roma, nemmeno poi trovan adito in una Corte. E così fanno anche i beni di questo Mondo, le ricchezze, le aderenze, gli applausi, le dignità: ti dànno tosto a pensar che tu sii felice. Ma non è vero. Anzi allor tu sei misero più che mai; perchè sei in un sommo pericolo di perire, e non lo conosci: « Somnia extollunt imprudentes — I sogni trasportano gl’imprudenti » (Ecclesiastico o Siracide 34, 1), cioè extra se tollunt, tanto di repente gli cavano fuor di sè. Che se talvolta non possono per ancora arrivare a tanto, di farti fra te stesso stimar felice, tante son le inquietudini che tu provi in detti beni, e le amarezze, e le angosce: contuttociò ti promettono che sarai. Ma non lo credere: perchè se ti potessero far felice, già ti farebbono : « Qui nititur mendaciis — Chi si appoggia alle menzogne », sai tu che fa? « hic pascit ventos — si pasce di venti », che sono i suoi spiriti ambiziosi: ma « idem ipse sequitur aver volantes — egli pure va dietro agli uccelli che volano » (Proverbio 10, 4) : perchè non è possibile che mai giunga dov’egli aspira. Anzi non sai ciò che suol dirsi de’ sogni, che ti predicono d’ordinario il rovescio di ciò che accade? Così pure è de’ beni di questo Mondo. Ti promettono darti felicità, e poi ti danno miseria. Che però dicesi appunto, che « exciderunt speratites in ipsis — coloro che posero in essi lor fiducia si perdettero », cioè « exciderunt a spe, quam falso conceperant — perdettero la fiducia, che falsamente aveano concepita ». Così fu di uno riferito da San Gregorio il qual sognossi di avere ancora a campare degli anni assai, e così datosi a radunare, a raccorre, ad accumulare, per timor che un dì non gli mancasse viatico sufficiente alla sua pellegrinazione, per quelle stesse fatiche lo sventurato morì fra tempo brevissimo, e si trovò con alto scorno di avere con sè troppo più di viatico, che di via. Guardati che l’istesso non sia di te. Tu sogni di avere a vivere lungamente : « Anima, habes bona posita in annos plurimos — Anima, tu hai messo da parte de’ beni per molti anni ». E però vivi parimente a disegno, quasi che tu sii sicurissimo di dover giugnere a ciò, che ti sei prefisso nella tua immaginazione. Orsù dunque sta attento, che questa notte medesima non risuoni anche alle tue orecchie una voce spaventosissima, la qual gridi : « Stulte, hac nocte animam tuam repetunt a te, et haec, quae parasti, cujus erunt? — Stolto, in questa notte ridomandano a te l’anima tua, e quel, che hai messo da parte, di chi sarà? » (Vangelo di Luca 12, 20). Tale è la sorte di chi dà credito ai sogni.
III.
Considera, come dicendosi qui dal Savio, che « Multos errare fecerunt somnia — I sogni trassero molti in inganno », non si soggiugne però, che « exciderunt habentes ipsa — si perdettero coloro, che gli ebbero », ma bensì « sperantes in ipsis — coloro che posero in essi lor fiducia ». Perchè il male non istà nell’avere de’ sogni assai, benchè lusinghevolissimi: sta nel prestar loro fede. Così figurati, che succeda altresì ne’ beni terreni. E’ vero, che « ubi multa sunt somnia, plurimae sunt vanitates — Dove sono molti sogni (comunemente) vi sono moltissime vanità » (Qoèlet 5, 6); perchè è difficile non far mai di essi alcuna stima, per minima ch’ella sia. Contuttociò il male non consiste alla fine in posseder tali beni, quantunque in copia. Gli possedette un Arrigo, Imperator sì famoso per santità, un Gregorio, un Carlo, un Casimiro, un Luigi Re della Francia : e pur niuno d’essi ne cavò danno, ma pro; perchè gli seppero utilmente impiegar per Dio. Il mal consiste nel mettere la sua fiducia su tali beni, quasi che abbiano forza di far beato chi più ne abbonda. E questo è ciò da cui singolarmente hai tu da guardarti. Che però parlando de’ sogni qui dice il Savio : « Multos enim errare fecerunt somnia. — I sogni trassero molti in inganno ». E così nota a maggior prova di ciò, che il Savio non dice : « Multos enim deceperunt somnia — I sogni ingannarono molti », ma dice « errare fecerunt — trassero in inganno » ; perchè a favellare giustamente i sogni non ingannano mai veruno, come noi favellando più grossamente, ci lasciammo poc’anzi scappar di bocca; ma bensì danno occasione altrui d’ingannarsi. Ond’è, che disse il Signore : « Non sit in te, qui observet somnia. — Tra voi non sia chi dia retta ai sogni » (Deuteronomio 18, 10). Non sono i beni terreni quei che t’ingannano : perchè essi lasciano che tu creda di loro ciò che a te piace, conforme appunto sì variamente ne credono i più sciocchi, ne credono i più sensati. Sei tu, che t’inganni in essi : perchè dormendo gli reputi assai da più di quel ch’essi sono. Apri gli occhi, e gli schernirai : «Velut somnium surgentium, Domine, in civitate tua imaginem ipsorum ad nihilum rediges. — Come il sogno di uno che si sveglia, tu, o Signore, nella tua città ridurrai al nulla l’immagine di costoro » (Salmo 73, 20). Qual è questa immagine di cui qui si ragiona? E’ la felicità de’ mondani, felicità non reale, ma immaginaria. Ora questa felicità, che pure a tanti par mole sì sussistente, questa, se vuoi, ti sparirà di subito come un sogno, sol che ti svegli. Ma dove ti sveglierai? Nell’Orazione. Questa è quella Gerusalemme, ove Dio dà a conoscersi sulla Terra con vivo lume; e però quivi chi dormiva si sveglia, e svegliandosi a un tratto deride ciò che già dormendo teneva in sì grande stima; e confessa ancor egli, che la felicità de’ mondani va tutta in nulla : « Gaudium hypocritae ad instar puncti. Velut somnium avolans non invenietur; transiet sicut visio nocturna. — Di un istante è il gaudio dell’ipocrita. Qual sogno che vola non troverassi ; svanirà come fantasma notturno » (Giobbe 20, 8).