OTTOBRE
XXII. GIORNO
Sopra le parole « Fiat voluntas tua sicut in Coelo, et in terra ».
« Fiat voluntas tua sicut in Coelo, et in terra. — Sia fatta la tua volontà come nel Cielo, così anche in terra ».
I.
Considera come un figliuolo giustissimamente aspira all’eredità : ma con un patto, ch’egli col poco ossequio, che va mostrando ad ora ad ora al suo padre, non la demeriti. Anzi se la dee meritare con la soggezion positiva in tutte le cose al voler paterno. Però dappoi che abbiam detto al nostro Padre Celeste: « Adveniat Regnum tuum — Venga il tuo Regno », chiedendogli con tal priego l’eredità; non ti par giusto, che gli aggiunghiamo anche subito : « Fiat voluntas tua — Sia fatta la tua volontà », mostrandoci con ciò pronti a quanto egli vuole? Noi non diciamo tuttavia al Padre nostro, « faciamus voluntatem tuam — facciamo la tua volontà », per, non attribuire a noi con tal formola più di quello che si conviene. Gli diciamo « fiat — sia fatta », perchè così, con un parlar più modesto, discopriam da una parte la prontezza, che come liberi abbiamo dal canto nostro ad eseguire il suo santo voler divino, e indichiamo dall’altra la necessità, che a ciò abbiamo, della sua grazia. Vero è, che dicendo « fiat voluntas tua — sia fatta la tua volontà », nemmeno vogliamo intendere puramente, che « fiat a nobis —sia fatta da noi » ; ma che « fiat a nobis — sia fatta da noi », e che « fiat de nobis — sia fatta intorno a noi ». Un igliuol buono non solo è tenuto a far tutto ciò che il suo padre gli ordina nelle cose particolari, qualor gli dice, che vada, che venga, che lasci a cagion d’esempio di più giuocare; ma dee voler di vantaggio, che si faccia di lui ciò che vuole il padre nella disposizion generale di lui medesimo, com’ è applicarlo al tal convitto, alla tal corte, o al tal genere di mestiere. E questo è ciò, che qui intendiamo di volere noi pure con questo « fiat — sia fatta » in ordine al Padre nostro, che regna in Cielo. Prima, che si faccia da noi la sua volontà : Fiat a nobis voluntas tua, cioè, che da noi si eseguiscano i suoi comandi, i suoi consigli, e tutte le sue più intime ispirazioni : « In capite libri scriptuni est de me, ut facerem voluntatem tuam. — Nel capo del libro di me sta scritto, che faccia la tua volontà » (Salmo 40, 8). Secondo, che si faccia la sua volontà intorno a noi : Fiat de nobis, cioè, che egli disponga di noi come più gli piace in tutte le cose nostre, o prospere, o avverse : « Verumtamen non mea voluntas, sed tua fiat. — Per altro facciasi non la mia volontà, ma la tua » (Vangelo di Luca 22, 42). Pare a te però di trattare il tuo Dio da Padre, e di meritarti così quell’eredità ch’egli ti apparecchia, se ad ambedue queste sue volontà tanto poco sai star soggetto, che non adempi l’una, e non ami l’altra? « Qui fecerit voluntatem Patris mei, qui in Coelis est, ipse intrabit in Regnum Coelorum. — Colui che fa la volontà del Padre mio, che è ne’ Cieli, questi entrerà nel Regno de’ Cieli » (Vangelo di Matteo 7, 21).
II.
Considera come la prima di queste due volontà, qui accennate, è quella volontà, ch’è detta di segno, ovvero significata : ond’è, che questa non è in Dio volontà di determinazione sull’opera da lui chiesta, ma solo di desiderio, manifestataci da’ comandi, da’ consigli, e da altri sì fatti segni, per cui ci scuopre ciò ch’ei da noi bramerebbe : « Notas fecit filiis Israel voluntates suas. — Fe’ conoscere ai figliuoli d’Israele le sue volontà » (Salmo 103, 7). La seconda è detta di beneplacito, ed è quella volontà assoluta, con la qual ha Dio stabilito già onninamente di voler disporre di noi piuttosto in una maniera, che in un’altra, senza pericolo, che verun mai gli resista : « Omnis voluntas mea fiet. — Ogni mia volontà sarà. adempiuta » (Isaia 46, 10). Alla prima volontà, parlando propriamente, si dice che noi ubbidiamo. Alla seconda si dice che ei conformiamo. E però quando in dire «fiat voluntas tua — sia fatta la tua volontà », vogliamo intendere « fiat a nobis — sia fatta da noi », allora preghiamo Dio a far sì che gli prestiamo una perfetta ubbidienza : « Doce me facere voluntatem tuam, quia Deus meus es tu. — Insegnami a fare la tua volontà, poichè tu sei il mio Dio » (Salmo 143, 10). E quando vogliamo intendere « fiat de nobis — sia fatta intorno a noi », allora gli dedichiamo una intera conformità della nostra volontà con la sua : « Non sicut ego volo, sed sicut tu. — Non come voglio io, ma come vuoi tu » (Vangelo di Matteo 26, 39). Nèdir che questa non è petizione altrimenti, è rassegnazione : perchè quello stesso, che risolutamente ha decretato Dio di operare a nostra salute, ha decretato per lo più d’operarlo col mezzo nostro, e specialmente coll’intervento delle nostre orazioni : e però queste intendiamo allor d’interporre a sì grand’effetto. E quando vogliamo intendere l’uno e l’altro, cioè « fiat a nobis, et fiat de nobis — sia fatta da noi, e sia fatta intorno a noi », allor facciamo l’uno, e l’altro ad un’ora; gli addimandiamo una perfetta ubbidienza, e gli dedichiamo un’ intera conformità. Mira però, che priego eccelso è mai questo. Si può dir, che questo è un epilogo, o un estratto di tutta insieme la Santità, messa in oro. Perchè certa cosa è, che affin di conseguire il Regno de’ Cieli, ch’è l’eredità apparecchiata a ciascun di noi, ci vogliono, quali mezzi necessarissimi, tutte le virtù cristiane, adoperate prontamente a’ suoi tempi, quasi tante monete usuali, e varie, per dir così, spicciolate. La Pazienza, la Mortificazione, la Mansuetudine, l’Umiltà, la Castità, la Carità, la Fortezza, e così altre in tal numero, che senza dubbio avanzano tutti i generi di monete, che vanno in piazza. Ma chi non vede, che il chiedere queste a Dio sì frequentemente, come ci fa di bisogno, e il chiederle ad una ad una coi nomi proprii, ci riuscirebbe una pratica molestissima? Però che ha fatto Gesù, Sapienza infinita? Le ha ridotte in una : ma in una, che, quasi ricca moneta d’oro, equivale a tutte nell’adempimento del Santo voler Divino. E così mentre diciamo « fiat voluntas tua — sia fatta la tua volontà », par che noi gli chiediamo una cosa sola, qual è questa, che facciasi il suo volere, ma per verità gliene chiediamo infinite. E qual è mai la volontà del Signore, se non che questa: ch’ esercitiamo tutte quelle virtù, come han fatto i Santi? « Haec est voluntas Dei, sanctificatio vestra. — Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione » (Prima lettera ai Tessalonicesi 4, 3). E questo ha operato qui Cristo, che addimandiamo. E tu nondimeno non hai tuttor sulla bocca parole tali, mentre sai che vagliono tanto?
III.
Considera quanto sia giusto, che noi abbiam sempre in bocca queste parole nel primo senso di chiedere grazia a Dio di eseguire la sua volontà: « Inclinet corda nostra ad se, ut ambulemus in viis ejus. — (Iddio) inclini i nostri cuori verso di lui, affinchè camminiamo nelle sue vie». E’ giusto per l’onore, che in eseguirla rendiamo a Dio; ed è giusto per l’utile altresì, che dall’eseguirla ne riportiamo a ben nostro. I. E’ giusto per l’onore, che in eseguirla rendiamo a Dio, perchè questo è il primo onor, che qualunque padre ricerchi da’ suoi figliuoli, che gli ubbidiscano : « Quid vocatis me, Domine, Domine, et non facitis qume dico? — Perchè dite voi a me: Signore, Signore, e non fate quel che io vi dico? » (Vangelo di Luca 6, 46). Quindi affermò di sè Cristo, che questo era il precipuo fine, per cui si era egli portato dal Cielo in terra : per fare in tutto la volontà del suo Padre: « Descendi de Coelo, non ut faciam voluntatem meam, sed voluntatem ejus, qui misit me, Patris. — Son disceso dal Cielo, non a fare la mia volontà, ma la volontà di lui, che mi ha mandato, del Padre » (Vangelo di Giovanni 6, 38). Che sarebbe però, se tu fossi al contrario sì mal disposto, che dove prima avessi fatta senza difficoltà qualche opera buona, come sarebbe l’andar ad un ospedale, il digiunare, il disciplinarti, perchè era di tuo capriccio; perdessi dipoi tosto l’amore a farla, sol perchè ti vien comandata? Questo non è certamente onorare il Padre. II. E’ giusto per l’utile, che del pari ne riportiamo per noi: perchè ogni padre nessun figliuolo ama più, che un figliuolo ubbidiente assai: questo abbraccia, questo accarezza, a questo più si comunica ne’ favori. Così fa Dio : « Inveni David filium Jesse, virum secundum cor meum, qui faciet omnes voluntates meas. — Ho trovato Davidde, figliuolo di lesse, uomo secondo il cuor mio, il quale farà tutti i miei voleri » (Atti degli Apostoli 13, 22). Laddove que’ figliuoli, che vogliono tutto dì ripugnar al padre, non hanno bene; tanto conviene, che con lui vengano del continuo alle rotte. E tu dipoi ti stupisci, se neppur tu mai vivi in pace con Dio? Gli ripugni troppo. « Quis restitit ei, et pacem habuit? — Chi mai a lui contradisse, e potè aver pace? » (Giobbe 9, 4).
IV.
Considera quanto sia giusto, che sempre abbiam pure in bocca queste parole : « Fiat voluntas tua — Sia fatta la tua volontà », nel secondo senso di amare, che la volontà del Signore sia fatta in noi : « Dominus est: quod bonum est in oculis suis faciat — Egli è il Signore; faccia quello che negli occhi suoi è ben fatto» (Primo libro di Samuele 3, 18); e ciò per tre capi. I. Per l’onor, che ne vien al nostro gran Padre. Conciossiachè quel totale impero assoluto, che volentieri gli diamo sopra di noi, dimostra quanto ci fidiamo di lui, del suo amore, della sua potenza, della sua pietà, della sua provvidenza, del suo sapere: « Dominus regit me, et nihil mihi deerit. — Il Signore mi governa, e niuna cosa a me mancherà » (Salmo 23, 1). E questo è il maggior onore, ch’egli possa da noi ricevere. I naviganti non possono fare maggior onore al pilota, assiso al timone, che quando stanno quieti a dormire ne’ loro letti. Quando gli stanno ognor solleciti intorno, a voler sapere, perchè lo pieghi più a sinistra che a destra, l’offendono al fin di modo, che lo fanno montare in furore altissimo. Tu non puoi fare maggior onta al Signore, che in obbligarlo, per dir così, a darti conto del suo governo : « Quare jejunavimus, et non aspexisti? — Perchè abbiam noi digiunato, e tu non ne hai fatto conto? » (Isaia 58, 3). Gli vuoi far onor daddovero? Digli ognor fra te stesso, ma cordialmente: « Fiat voluntas tua, tua ut tua est — Sia fatta la tua volontà, la tua cioè in quanto è tua ». Non già per altra ragione, ch’io non la cerco. II. E’ giusto per quell’ utile sommo, che a noi ridonda, com’a figliuoli ignoranti, che, se non lasciam guidarci, in tutto dal Padre con libertà, corriam rischio di perderci ad ogni passo. Quella pecorella, che va da sè vagabonda per le foreste, va palpitante, va pavida. E perchè ciò? Perchè, sì stolida com’ell’è, ben intende la gran necessità ch’ha di essere governata. Allor va quieta, quando ella va dietro l’orme del suo pastore. Così sarà pur di noi. Vogliamo camminar sulla terra con sicurezza? Ecco il modo. Lasciarci a guisa di semplici pecorelle guidar da Dio. Questo solo può torre ogni turbazione : « Et ego non sum turbatus, te Pastorem sequens. — Ma io non mi son turbato, seguendo te mio Pastore » (Geremia 17, 16).
V.
Considera come il volere ciò che Dio vuole in qualunque modo, o da noi, o di noi, è opera sì importante, che si dee procurare di praticarla nella più perfetta maniera che sia possibile. Però Cristo ha ordinato, che quando diciamo al Padre « fiat voluntas tua — sia fatta la tua volontà », in qual si sia de’ due sensi finora addotti, sempre aggiugniamo « sicut in Cielo, et in terra — come nel Cielo, così anche in terra ». Sicuramente non è possibile, che la volontà del Signore sia sulla terra da tutti apprezzata, e adorata, com’è nel Cielo, dove a par del conoscere va l’amare. Contuttociò si dee prendere la mira alta, per arrivare a quel segno più che si può: « Excellentiorem viam vobis demonstro. — Vi insegno una via più sublime » (Prima lettera ai Corinzi 12, 31). E questo è voler ciò che si osserva in Cielo. In Cielo si fa quella volontà del Signore ch’è detta di segno, e si fa quella ch’è detta di beneplacito. Quella di segno si fa specialmente dagli Angeli, i quali, come infaticabili messi del Signor loro, stan sempre snelli sulle lor ali per correr, dove sieno da lui spediti: « Benedicite Domino, omnes Angeli ejus, potentes virtute, qui facitis voluntdtem ejus. —Benedite il Signore voi tutti, o Angeli di lui, possenti in virtù, che fate la sua volontà » (Salmo 103, 20). Ma come si fa da loro una simile volontà? Prontamente? Puntualmente? non basta. Si fa per pura ubbidienza: ad audiendam voce sermonum ejus, cioè non solo « statim ac ipsi audiunt vocem — subito ch’essi senton la voce », come spiegano alcuni, ma « ad hunc merum finem, ut audiant vocem — a questo puro fine di sentir la voce », cioè « ut obediant voci — di ubbidir alla voce » : come sopra tutto vuol che s’interpreti il Bellarmino, secondo la proprietà dell’originale. Perciocchè gli Angeli non obbediscono per verun proprio interesse. Ubbidiscono solo per ubbidire. E quella di beneplacito, non sol si fa dagli Angeli, ma si fa da tutti insieme i Beati incessantemente. E come si fa ancor ella? Si fa con tutto lo spirito. Cioè con somma adesione dell’intelletto, determinato a stimar, che il meglio di tutto, in qualunque genere, sia quello che vuole Iddio. E si fa con somma adesione della volontà, determinata a voler anch’ella il medesimo, come il meglio : « Adhaesit anima mea post te. — Dietro a te va anelando l’anima mia » (Salmo 63, 9). E questa è la bella pratica da eseguire ancor sulla terra. Noi sulla terra ubbidiamo talvolta a Dio con prontezza, e con puntualità, ma gli ubbidiamo all’istesso tempo per utile, che ci torna dall’ubbidire. Questo non è ubbidire come gli Angeli. E noi talvolta ci conformiamo sulla terra al voler Divino, ma all’istesso tempo vorremmo, se fosse possibile, che Dio volesse altramente. Questo non è conformarsi a par de’ Beati. I Beati non solo vogliono tutto ciò che Dio vuole, ma lo vogliono di maniera, che se fosse riposto in loro elezione, nemmen vorrebbono che Dio volesse altramente da ciò che vuole. Ond’è che la volontà de’ Beati è trasformata a tal segno in quella di Dio, che non si distingue : « Qui adhaeret Deo, unus spiritus est cum eo. — Chi sta unito con Dio, è un solo spirito con lui » (Prima lettera ai Corinzi 6, 17). E da ciò avviene, che quantunque i Beati non sian tra loro nella Beatitudine tutti eguali, sono però paghi egualmente. La ragion è, perciocchè tutti, come figliuoli amorosi, non solo non vogliono una minima parte di eredità, maggiore, o minore, di quella che il loro Padre volle fino ab eterno determinare a ciascun di loro : ma nemmen possono desiderare, che volesse determinargliela. Il che tu qui non sai forse finir d’intendere, mercè che qui la natura ne’ moti suoi naturali vince la grazia : ma l’intenderai in Paradiso, dove la grazia supera la natura. Iddio non può desiderare di aver mai voluto altro più di ciò ch’egli volle, intorno a qualsisia de’ Beati, e così i Beati, ch’hanno uno spirito stesso con quel di Dio, nemmeno essi possono desiderar che il volesse. Ecco per tanto quel che colma il Paradiso di tanta felicità: questo breve detto : « Fiat voluntas tua Sia fatta la tua volontà ». Che però siccome, se dall’Inferno ne potesse uscir mai la volontà propria, l’Inferno non sarebbe quasi più Inferno: « Cesset propria voluntas, et Infernus non erit — Cessi la propria volontà, e non vi sarà più Inferno »; così, se la volontà propria potesse mettere giammai piè in Paradiso, il Paradiso non sarebbe egli nemmeno più Paradiso, perchè non vi regnerebbe più quella quiete somma che vi trionfa, dal non si ritrovare ivi se non una sola e semplice volontà, qual è la Divina : « Vocaberis voluntas mea in ea. — Sarai detta mia volontà in quella » (Isaia 62, 4). Vuoi tu sapere per qual cagione il tuo cuore in vece di esser un piccolo Paradiso di piacere, e dì pace, ti riesce spesso un Inferno di confusione? Vi sta la volontà propria : « Confundetur Israel in voluntate sua. — Israele sarà confusa nella sua volontà » (Osea 10, 6).