La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

NOVEMBRE

 

XXII. GIORNO

Che confessando il peccato, convien lasciar ancora qualunque attacco.

« Lava a malitia cor tuum, Jerusalem, ut salva fias. Usquequo morabuntur in te cogitationes noxiae? — Lava da ogni malizia il cuor tuo, o Gerusalemme, se vuoi esser salva. Fino a quando si poseranno in te pensieri nocivi? » (Geremia 4, 14).

 

I.

Considera quanto pochi sieno coloro che lavino il loro cuore dalla malizia. Molti lo nettano, perchè molti con la confessione lo purgano da quelle colpe, di cui l’hanno imbrattato. Pochi lo lavano, perchè pochi con la confessione lo purgano di maniera da tali colpe, che non vi lascino nulla ad esse di attacco. E questo è lavare il cuore, non lasciare in esso neppure l’affetto al male: Lava a malitia cor tuum, Jerusalem, ut salva fias. Tu quando ti confessi, ti accusi a cagion di esempio di aver cercata la vana stima degli uomini tante volte nelle tue operazioni : ma finisci qui : e non procuri di depor bene al tempo stesso dall’animo la stima di detta stima, con ripensare fra te, quanto è inetta, quanto è inutile, e quanto è poco degna d’esser procacciata : anzi ritieni tuttavia verso d’ essa una propension sì profonda, che ti fa credere poco men che Beato chi la possiede: « Beatum dixerunt populum, cui haec sunt. — Beato hanno detto il popolo che ha tali cose ». Mentre fai così, tu ti netti dalla malizia, ma non ti lavi. Eppur esamina il tuo cuore, e vedrai, quanto affetto ritieni, non solai lente alla vana stima degli uomini, ma alle amicizie men pie, alle delizie, alle dignità, ai passatempi, e a tutto ciò di vantaggio che il mondo adora. Se lavare il suo cuore fosse così facile a tutti, com’è il nettarlo, non si direbbe anche ad una Gerusalemme, cioè ad un’anima consagrata a Dio, che ella lo lavasse: Lava a malitia cor tuum, Jerusalem, ut salva fias. Usquequo morabuntur in te cogitationes noxiae? 

II.

Considera qual è il segno di non avere lavato il cuore dal male. Sono i pensieri nocivi, che in esso albergano. Dissi in primo luogo nocivi, non cattivi : cogitationes noxiae perchè se vi albergassero de’ pensieri cattivi, qual dubbio c’è, che il cuor non sarebbe nè anche netto? Ma se non vi albergano de’ pensieri cattivi, vi albergano de’ nocivi, cioè di quelli che non contengono grave offesa di Dio, ma possono con tutto ciò a poco a poco incitare ad essa, come sono i pensieri di glorie mondane, di grandezze mondane, di passatempi mondani. Questi senza dubbio procedono dall’affetto che rimane ancor nel tuo cuore a simile vanità; e però danno indizio, che se pur egli è netto, non è lavato. E dissi in secondo luogo albergano, non passano : usquequo morabuntur in te? perchè pensieri nocivi passano spesso per la mente di tutti : e però il passar d’essi non è argomento di affetto al male : argomento di affetto al male n’è la dimora. Quindi è, che non dice il Profeta a Gerusalemme : « usquequo accedent ad te cogitationes noxiae? — fino a quando s’accosteranno a te pensieri nocivi? » o « invadent te — t’invaderanno », o « ingredientur ad te — entreranno in te », dice « morabuntur in te — si poseranno in te », perchè quivi sta tutto il danno : non corrompendo il balsamo quelle mosche, che vanno, e vengono, ma quelle che vi si posano : « Musca morientes perdunt suavitatem unguenti.— Le mosche morte nell’unguento ne guastano la soavità ». Tu come tieni oggi mai la tua mente libera da pensieri non solamente cattivi, ma ancor nocivi? Sappi, che questo è il segno principalissimo dell’affetto, che in te predomina : il tuo pensiero : « Apparuerunt peccata vestra in omnibus cogitationibus vestris. — I peccati vostri si son fatti palesi in tutti i vostri pensieri » (Ezechiele 21, 24). E però quando ti esamini, affine di confessarli, pensa a ciò che sei solito di pensare fra di te più posatamente, e saprai dove abbi a lavarti.

III.

Considera come abbi appresso da fare a purgare il cuore non pur dalle sozzure del male, ma dall’affetto; il che propriamente è lavarlo. Hai da concepire odio a un tal male, chi non lo sa? ma un odio piccolo? No. Un odio veemente. Perchè non ritornar ad amar ciò che ha gran forza di rapire a sè la natura nostra conrotta, è difficilissimo, ove tu l’odii sì, ma di un odio debole. Se nulla più vuoi tu ritornare ad amarlo in tutti i tuoi dì, e tu odialo intensamente. Vedi tu come facea la Regina Ester, per non attaccarsi a quel diadema reale, che le circondava la fronte? lo abbominava: « Tu scis quod abominer signum superbiae meae, quod est super caput meum, in die ostentationis meae, et detester illud quasi pannum menstruata. — Tu sai ,com’ io ho in abbominazione il distintiVo della superbia, che io porto sulla testa ne’ giorni di mia comparsa, e lo ho in orrore come un panno intriso di sporco sangue ». E perchè odio sì acerbo? perchè sapeva, che se non avesse odiato il suo diadema a tal segno, sarebbe a poco a poco giunta ad amarlo, e ad amarlo forse anche più del dovere, com’era appunto avvenuto agl’Israeliti, i quali perchè usciti d’ Egitto ritennero qualche affetto alle cipolle d’esso, e ai carnaggi d’esso, arrivarono presto fuor dell’Egitto a fare anche ciò, che non aveano fatto mai nell’Egitto, che fu inchinarsi a’ suoi Idoli. Non creder dunque, che ti si richiegga una cosa di soprabbondanza, o di supererogazione, quando ti si chiede, che tu pigli al male odio sommo. Questo è il vero modo di non amarlo in maniera alcuna. E però non ti dia stupore, se il Profeta dice : « Lava a malitia cor tuum, Jerusalem, ut salva fias — Lava da ogni malizia il cuor tuo, o Gerusalemme, se vuoi esser salva », non solo « ut sancta fias  se vuoi esser santa », ma « ut salva fias — se vuoi esser salva », perchè all’istesso salvarsi è di necessità concepir contro il male un odio veemente, che è la lavanda del cuore : non perchè il non amare il male, non dovess’essere per sè solo bastevole, ma perchè presto si amerà, se non si odia sì vivamente, che ancor si abbomini: « Iniquitatem odio habui, et abominatus sum: legem autem tuam dilexi. — Ho avuto in odio e in abbominazione l’iniquità; ed ho amata la tua legge » (Salmo 119, 163). Vedi quanto ci vuole per arrivare a non più, che ad amare la legge del Signore contraria al senso? Bisogna non solo aver odio all’iniquità, ma abbominazione.

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