MAGGIO
XXI. GIORNO
Della Divina Grazia.
« Haurietis aquas in gaudio de fontibus Salvatoris. — Attignerete acque con gaudio dalle fonti del Salvatore » (Isaia 12, 3).
I.
Considera, quanto grande mai dovette essere l’allegrezza del Popolo d’Israele, allora che avendo in somma penuria di acqua camminato già lungamente per lo deserto, arrivò finalmente in un certo paese ricco di fonti che appellavasi Elim, dove ciascuno potè guazzare, ricrearsi, refrigerarsi, ed attingere a piacer suo quant’acqua bramò. Eppure che hanno a fare le fonti di Elim con quelle del Calvario? Monta là su, dove Gesù Crocifisso, da cinque piaghe sta incessantemente versando rivi di grazia, e vedrai, quanto avrai maggiore la ragione di rallegrarti. Questi fonti hanno ad esser nel deserto di questa misera terra ogni tua delizia. Però quivi posati, quivi immergiti, quivi inebbriati, quivi godi; perciocchè in tutto il deserto miglior paese di questo non può sperarsi. Singolarmente attendi pure da queste fonti ad attingere, più che puoi, quant’acqua esse versano, perché non v’è acqua simile alla grazia Divina. E pur quest’è l’acqua loro, così chiamata in mille luoghi dalle sagre Scritture, affine di esprimerci non solamente la copia con cui si dona, la pubblicità, la prontezza, ma molto più quei benefizi ammirabili, ch’ella arreca. Tre sono le qualità più benefiche, ch’abbia l’acqua donataci dalle fonti : lavare, fecondare, e dissetare. E questi tre sono i benefizi più nobili della grazia. Procura un poco d’intenderli intimamente, ed allor vedrai, se con ragione si dica, che a queste fonti del Salvatore dovrai venire ad attingere lietamente: Haurietis aquas in gaudio de fontibus Salvatoris.
II.
Considera, che il primo benefizio delle fonti è lavare; perchè la lor acqua vale a purgar le macchie. E questo pure fa in primo luogo la grazia; purga le macchie dell’anima : « Effundam super vos aquam mundam, et mundabimini ab omnibus inquinamentis vestris. — Verserò sopra voi acqua monda, e sarete purgati da tutte le vostre macchie » (Ezechiele 36, 25). Ma quanto lava meglio la grazia, che non fa l’acqua! I. L’acqua con lavarti ti toglie quelle sozzure, che trova nelle tue carni, ma non te le rende più nette di quel che fossero innanzi a tali sozzure, perchè te le lascia nel puro lor naturale, ch’è tutto loro. La grazia non sol ti rende quella mondezza, che avresti posseduta nel primo tuo naturale innanzi al peccato, ma te l’accresce, con una purità d’altro genere, cioè con una purità simile a quella della natura Divina, che a te non era dovuta : « Lavabis me, et super nivem dealbabor. — Mi laverai, e diverrò bianco più che la neve » (Salmo 51,9). II. L’acqua con lavarti, ti purga, è vero, le macchie; ma non per questo ti dona beltà veruna. Se sei brutto, ti lascia qual ti trova; se sei bello, non ti rende più bello di quello che sei. La grazia aggiunge a quella beltà, che l’Anima ha per se stessa nelle doti sue naturali, un’altra beltà di gran lunga più riguardevole, cioè una beltà che è sufficiente a far che Dio, innamoratosi di essa, le vada dietro qual perdutissimo amante, chiamandola, come tale, due volte bella: Ecce tu pulchra es, Amica mea, ecce tu pulchra es (Cantico dei Cantici 1, 14). III. L’acqua con lavarti, a lungo andar ti debilita, ti distrugge: sicchè se stessi sempre immerso nel bagno, il mondamento degenererebbe in marciume. La grazia ti lava l’anima in modo, che la corrobora, e tanto più la corrobora, quanto più ritorna a lavarla: « Tu ergo fili mi confortare in gratia. — Tu adunque, figlio mio, prendi vigore nella grazia » (Seconda lettera a Timoteo 2,1). IV. L’acqua con lavarti ti monda, ma non rimane: se ne va con quelle sozzure, che da te toglie. La grazia ti lava, con rimanerti nell’Anima stabilmente, e con rimanerti di modo, che quanto tu fai di bene, i tuoi pensieri, le tue parole, le tue opere, si attribuiscono così a te, come alla grazia; anzi più alla grazia, che a te; tanto è perfetta l’unione: « Non ego, sed gratia Dei mecum. — Non io, ma la grazia di Dio con me » (Prima lettera ai Corinzi 15, 10). E s’è così, non vedi, quanto meglio lavi la grazia di quel, che potesse fare l’acqua più limpida di tutte le fonti di Elim? Qual dubbio adunque, che alle fonti del Salvatore hai da venire ad attignere con più gaudio? Haurietis aquas in gaudio de fontibus Salvatoris.
III.
Considera, che il secondo benefizio delle fonti è fecondare, perchè la loro acqua vale a irrigare le piante. E questo pure fa in secondo luogo la grazia, feconda l’anime, sicchè sieno ognor fertili di buone opere come un orto, ch’è ricco d’ acque: Eritque anima eorum quasi hortus irriguus (Geremia 31, 12). Ma quanto meglio fa questo ancora la grazia, che non fa l’acqua! I. L’acqua feconda le piante, con alimentar solamente il lor vigore vitale; ma non le feconda, o con darlo se sono sterili, o con renderlo se sono secche. La grazia dà la vita a tutte quelle anime, che non sono capaCi di frutto, e la grazia ancora la rende: « Salvos vos fecit per lavacrum regenerationis, et renovationis Spiritus Sancti, quem effudit in nos abunde per Jesum Christum Salvatorem nostrum. — Vi fece salvi mediante la lavanda della rigenerazione, e del rinnovellamento dello Spirito Santo, cui egli diffuse in noi copiosamente per mezzo di Gesù Cristo Salvator nostro » (Lettera a Tito 3, 5). II. L’acqua feconda le piante, non le trasmuta di cattive in buone, di selvagge in domestiche, di notevoli in salutari. La grazia fa, che quell’anima, la quale dianzi produceva frutti tartarei, produca frutti divini, con operare mutazioni ammirabili in uno stante, di Sauli in Paoli, sicchè « fructificent Deo — producano frutti a Dio » quei che pur dianzi « fructificabant morti — producevano frutti alla morte ». III. L’ acqua feconda le piante, ma dentro i termini della loro virtù nafta; sicchè al melarancio non dà virtù di produrre le melagrane, nè al melagrano dà virtù di produrre le melarancie. La grazia dà all’anima, fecondandola, vigor tale, che produca frutti superiori di molto alla sua naturale capacità: « Habetis fructum vestrum in sanctificationem. — Avete per vostro frutto la santificazione » (Lettera ai Romani 6, 22). IV. L’acqua feconda le piante, ma non a ciascuna dà virtù di generare tutti i frutti possibili a qualunque altra, come se tutti in sè tenesse innestati, e i melaranci, e i melagrani, e i persici, e i cedri, e i cotogni, e quanti altri legni fruttiferi fioriscono a lei d’intorno in un istesso orto. La grazia dà virtù tanto illimitata, che non ammette eccezione: « In omni opere bono fructificantes. — Producendo frutti d’ogni buona opera » (Lettera ai Colossesi 1, 10). Di modo tale, che non v’è opera buona di verun genere, che tu non possa in vigor d’essa prometterti, al pari di qualunque altro: « Omnia possum in eo, qui me confortat — Posso tutto in colui, che mi avvalora » (Lettera ai Filippesi 4, 13). E s’è così, non conosci, quanto meglio altresì fecondi la grazia, di quel che potessero fare le acque più irrigue di tutte le fonti di Elim? Qual dubbio adunque che alle fonti del Salvatore hai da venire parimente ad attingere con più giubilo? « Haurietis aquas in gaudio de fontibus Salvatoris. — Attingerete acque con gaudio dalle fonti del Salvatore ».
IV.
Considera, che il terzo benefizio delle fonti è smorzar la sete. E questo pure fa in terzo luogo la grazia. Ma qui si vuole avvertire, che l’anima può languire di doppia sete, una cattiva, una buona. La cattiva è sete, che viene da indisposizione, e così non solo è perniciosa, e pestifera, ma ancora in sommo molesta; e tal è la sete dei lascivi, degli avari, degli ambiziosi, de’ vendicativi, e di altri somiglianti operai d’iniquità, che appetiscono di soddisfare alle loro brame scorrette: « Anima impii desiderat malum. — L’anima dell’empio desidera il male » (Proverbio 21, 10). La buona è sete, che viene da sanità, e però non solo è innocente, ma ancora soave; sicchè non reca tormento, e se lo reca, è un tormento sì caro, che non cambierebbesi con verun diletto di mondo. E tal è la sete di quelle Anime sante, che anelano al sommo Bene: « Sitivit in te Anima mea. — A te anela l’anima mia » (Salmo 63, 2). Ora la grazia smorza la sete cattiva, ma accresce la sete buona. Smorza la cattiva, perchè toglie tutti i desiderii non solo scellerati, ma ancor superflui; o se non altro, gli reprime di modo, che non inquietino : « Quae mihi fuerunt lucra, haec arbitratus sum propter Christum detrimenta. — Ciò ch’era mio guadagno, stimai per cagione di Cristo mia perdita » (Lettera ai Filippesi 3, 7). Accresce la buona, perchè dà sempre più voglia di veder Dio, di amarlo, di glorificarlo, di goderlo, di stare unito con esso per tutti i secoli : Qui bibunt me, adhuc sitient (Ecclesiastico o Siracide 24,29). E qual altr’acqua puoi giammai ritrovare d’egual virtù? La sete, che ti può smorzare l’acqua ordinaria, non è mai buona (e così in ciò non può correre il paragone) è sete cattiva, benchè meno cattiva è la naturale, peggiore è quella, che proviene da indigestione, pessima è quella che procede da infermità. Ma qualunque siasi questa sete, vedi che l’acqua te la smorza bensì, ma per breve tempo : « Qui bibit ex aqua hac, sitiet iterum. — Colui, che beve di quest’ acqua, tornerà ad aver sete » (Vangelo di Giovanni 4, 13). Anzi talor fa, ch’ella torni più tormentosa, siccome avviene o a un indigesto, o a un infermo, che beve appunto nel colmo della sua arsura. Ma non così fa la grazia. Ella ti estingue la sete cattiva di modo che non torni più a molestarti, almen gravemente: « Qui biberit ex equa, quam ego dabo ei, non sitiet in aeternum. — Chi berrà di quell’acqua, che gli darò io, non avrà più sete in eterno ». Nè è maraviglia, perchè l’ acqua che tu bevi assetato, svanisce presto : la grazia rimane in te stabilmente colla sua vena : « Aqua, quam ego dabo ei, fiet in eo fons aquae salientis in vitam aeternam. — L’acqua, che io gli darò, diventerà in esso fontana d’acqua, che zampillerà sino alla vita eterna » (Salmo 14,3). E qual sete può più patire chi ha in sè 1′ ampolla dell’acqua, e di un’acqua tale, ch’è acqua di Paradiso? Dico di Paradiso, perchè se sale tant’alto, che giugne « in vitam wternam — sino alla vita eterna », bisogna dunque che ancora da tant’ alto ella sia discesa, perchè questo è proprio dell’acqua : non può salire, se non quant’ella discende. Ed ecco, in qual maniera la grazia, a smorzar la sete, vaglia assai più di quel, che potesse fare l’acqua più gelida di tutte le fonti di Elim. Qual dubbio adunque che alle fonti del Salvatore hai da venire ancor per questo ad attinger con più gioia? « Haurietis aquas in gaudio de fontibus Salvatoris. — Attingerete acque con gaudio dalle fonti del Salvatore ».
V.
Considera, che udite le prerogative ammirabili di un’ acqua tanto perfetta, qual è la grazia, dovrai dir subito ancora tu colla Donna Samaritana: « Domine, da mihi hanc aquam. — Signore, porgi a me di quest’acqua » (Vangelo di Giovanni 4,15). Ma non hai ragione di dirlo, perchè se tu non abbondi ancor di quest’acqua, tu non ti puoi dolere se non di te. E non odi, che questa è acqua di fonti? e di fonti palesi? di fonti pubbliche? « Fons patens domui David. — Fontana aperta per la casa di David.de » (Zaccaria 13, 1). Che scusa hai dunque, mentre nemmeno hai da durare quella fatica in attingerla, che si dura d’intorno ai pozzi? E perciò ancora figurati, che si dica : « Haurietis aquas in gaudio de fontibus Salvatoris — Attingerete acque con gaudio dalle fonti del Salvatore », perchè l’acque de’ pozzi, non tanto « hauriuntur in gaudio — si attingono con gaudio », quanto « in labore, in lassitudine, in defatigatione — con fatica, con istento, con istanchezza ». « In gaudio hauriuntur — Con gaudio si attingono » quelle che scorrono con facilità dalle fonti, perchè ivi non v’è stento, non v’è sudore, ogni donnicciuola è capace di trarne in copia. Benchè, dove troverai fonti simili a queste del Salvatore? Sai che ci vuole ad ottener acqua da queste fonti, ancora abbondante? Basta, che tu ad esse la chiegga. E ciò è tutto l’attingere, ch’hai sentito già tante volte: non è altro, che il domandare: « O mulier, si scires donum Dei, tu forsitan petiisses ab eo, et dedisset tibi aquam vivam. — O donna, se tu conoscessi il dono di Dio, tu forse avresti chiesto a lui, ed egli avrebbe dato a te d’un’acqua viva » (Vangelo di Giovanni 4,10). Ah che queste fonti hanno più sete di te, che non hai tu sete di esse! Però non è da temere, ch’esse ti neghino l’acqua, soltanto che tu la richiegga di vero cuore. E’ da temere, che tu non ti disponga a richiederla : ch’è la ragione appunto per cui Cristo non disse alla Samaritana: « Tu petiisses, et forsitan Deus dedisset — Tu avresti chiesto, e forse Dio ti avrebbe dato »; ma disse « Tu forsitan petiisses, et Deus dedisset — Tu forse avresti chiesto, e Dio ti avrebbe dato »; perchè il dubbio tutto è dalla parte di coloro, che vanno ad attinger l’ acqua ; dalla parte delle fonti non v’è dl che dubitare. Queste piuttosto, con l’alto versar che fanno, par che del continuo t’invitino “d accostarti : « Qui vult, accipiat aquam vitae gratis. — Chi vuole, prenda dell’acqua di vita gratuitamente » (Apocalisse di Giovanni 22, 17). Dunque risolviti a fare intorno di esse il tuo perpetuo soggiorno, giacchè son fonti di così somma virtù. Abbi sempre teco Gesù per te crocifisso, invocalo, adoralo, abbraccialo, bacialo spesso, più caramente che puoi, perchè da questo ha da derivarti ogni bene. Tutto il bene, che al Mondo tu puoi bramare, se operi saviamente, si riduce a tre cose. A deporre i vizi, ad acquistar le virtù, e a non voler altro sopra la terra, se non Dio solo. E tutto ciò ti daranno appunto le piaghe del Salvatore. Con lavarti, faran che deponga i vizi; con fecondarti, faranno che acquisti le virtù, e con estinguerti la sete cattiva, e aumentarti la buona, faranno, che non vogli altro, se non Dio solo. Però alle Piaghe de’ santi piedi dimanda la prima grazia, con supplicarle a lavarti : alle Piaghe delle sante mani dimanda la seconda, con supplicarle a fecondarti : e alla Piaga del Sacrosanto costato chiedi la terza, con supplicarlo a smorzar in te tutti gli affetti terreni; e non dubitare di non doverle conseguir tutte tre, se le chiedi costantemente, perchè già ti è stato promesso : « Haurietis aquas in gaudio de fontibus Salvatoris. — Attingerete acque con gaudio dalle fonti del Salvatore ».