DICEMBRE
XXI. GIORNO
San Tommaso Apostolo.
Qual beatitudine presti la cieca credenza ai dogmi della Fede.
« Beati qui non viderunt, et crediderunt. —Beati coloro, che non hanno veduto e han creduto » (Vangelo di Giovanni 20, 29).
I.
Considera, che la Beatitudine è come il centro: quieta il desiderio del cuore. Però non potrai capire come da Cristo qui si chiami beato, chi crede, e non vede. Perché chi più crede, più ancora desidera di veder ciò ch’egli crede (conforme a quello: « Abraham desideravit ut videret diem meum — Abramo sospirò di vedere il mio giorno »), e conseguentemente egli non è quieto. Quieto è chi vede ciò, che credendo desiderò di vedere; perchè allora il desiderio si volta in gaudio, conforme a quello del medesimo Abramo : « Vidit, et gavisus est — Lo vide, e ne tripudiò » (Vangelo di Giovanni 8, 56), e però chi vede è beato, non è chi crede. Ma devi qui ricordarti che due sono le Beatitudini, come si è detto già in più altre occasioni. Una « in re — in realtà », l’altra « in spe — in speranza » : una di frutto, l’altra di fiore; una perfetta, l’altra imperfetta. E però chi crede, non è sicuramente beato « in re — in realtà », perchè non vede ancora quello che crede; ma è almeno beato « in spe — in speranza », perchè credendolo, egli si dispone al vederlo, come fu appunto di Abramo. Beato in re è chi lo vede: « Beati oculi qui vident qua vos videtis. — Beati gli occhi che veggono quello che voi vedete » (Vangelo di Luca 10, 23). Ma questa Beatitudine a noi si serba per l’altra vita, dove si maturano i frutti. Nella presente, dove solo spuntano i fiori, convien che ci contentiamo di « spe — speranza »; la quale benchè imperfetta si chiama non pertanto Beatitudine, perchè il bene sperato con gran certezza è già già mezzo posseduto. E non sai tu, che l’Apostolo attribuisce alla speranza anche il gaudio, ch’è proprio del ben presente? « Spe gaudentes. — Lieti per la speranza » (Lettera ai Romani 12, 12). E perchè glielo attribuisce? Perché la speranza d’un fedel vero è sì certa, che se non porta in sè il Paradiso, ne porta i saggi. Eccoti dunque qui la ragion per cui disse Cristo, « Beati qui non viderunt, et crediderunt — Beati coloro che non hanno veduto, ed han creduto ». La ragion è, perchè la visione è il premio proprio, corrispondente alla fede. Chi può però più promettersi la visione, che chi più crede, se crede come dee credersi? Si dice « Beati qui non viderunt, et crediderunt — Beati coloro, che non hanno veduto, e han creduto », come si dice « Beati pauperes, Beati mites, Beati misericordes, Beati qui lugent — Beati i poveri, Beati i mansueti, Beati i misericordiosi, Beati quelli, che piangono », per la certezza ch’hanno tutti questi del premio corrispondente a sì gran virtù, se saranno costanti in esercitarle.
II.
Considera, che se la Beatitudine propria di questa vita, non è vedere, ma credere, stimerai dunque, che meglio sia per te non curarti di saper mai quanto retto è ciò che tu credi, quanto buono, quanto bello, quanto degno d’esser creduto; ma crederlo ciecamente nell’Orazione, e non ponderarlo, nè penetrarlo : quasi che tuttociò, che si aggiugne al vedere, si scemi al credere. Ma che? Non istinti tu, che gli altri servi di Dio intendessero come te, che la Beatitudine propria di questa vita, non è vedere ma credere? Eppure tutti, o quasi tutti, hanno fatto sempre il possibile, affine di capir bene ciò che credevano : « Servus tuus sum ego: da mini intellectum, ut scialli testimonia tua — Tuo servo son io : dammi intelletto, affinchè intenda i tuoi precetti » (Salmo 119, 125), non solo « ut credam — affinchè io creda », ma « ut sciam — affinchè io intenda ». Se il tuo discorso valesse, converrebbe dunque ad accrescere il merito de’ fedeli, lasciare ormai nella Chiesa due cose sole : la ignoranza, e la fede. E pur, che altro amerebbono i suoi ribelli debellati, e distrutti ognora, da chi? dalla fede? Sì, ma dalla fede unita alla scienza. Convien pertanto che tu qui ponga mente a chi disse Cristo : « Beati qui non viderunt, et crediderunt — Beati coloro che non hanno veduto, ed han creduto ». Lo disse a un Tommaso incredulo. Altra cosa è cercar ragioni per credere; altra è credere, e perchè si crede, però cercar tanto più ragioni da intendere quanto retto, quanto buono, quanto bello, e quanto sempre più degno d’esser creduto, è ciò che si crede. Il primo è quello che dannò Cristo in Tommaso, ed in lui parimente in tutti coloro, che non vogliono credere se non veggono : « Nisi videro non credam. —Se non vedrò non crederò ». Il secondo è quello che han sempre fatto quasi tutti i servi di Dio. Questi han cercato tutti a gara ragioni da provare le verità da loro credute, da schiararle, da stabilirle come oro al saggio. Ma non lo hanno fatto mossi da infedeltà. L’ han fatto mossi da amor portato alla fede. E così hai da fare tu pur nello stato tuo, pregando Dio che faccia degno nell’Orazione anche te di quel vivo lume che folgora dal suo volto : « Faciem tuam illumina super servum tuum, et doce me justificationes tuas. — Fa risplendere sopra il tuo servo la luce della tua faccia, e insegnami le tue giustificazioni » (Salmo 119, 135). Però alla Fede corrisponde il Dono dell’Intelletto: perchè chi crede, procuri ancora d’intendere, fino a quel segno che è giusto.
III.
Considera come il demonio t’inganna in ciò con darti ad immaginare che tante ragioni ti diminuiscono il merito della fede. Ti diminuirebbono il merito, se a proporzion della forza che fanno alla tua mente tali ragioni, tu credessi or più, ed ora meno. Ma tu sempre hai da credere « super omnia — sopra tutto », come quegli che credi a Dio; cioè hai da credere in modo, che credi al pari, quando ti si oscurino tutte le tue ragioni, e tu resti in tenebre : « Vespere, et mane, et meridie narrabo et annuntiabo — La sera, e la mattina, e al mezzo giorno narrerò al mondo medesimo, e annunzierò » (Salmo 55, 18). « Narrabo quanta fecit Deus anima mete; annuntiabo quanta promisit — Narrerò quanto Dio fece all’anima mia; annunzierò quanto promise ». Nel rimanente diminuì forse il merito della fede a un S. Gregorio, a un S. Ambrogio, a un S. Agostino, e a tanti altri sacri Dottori, il gran lume che ebbero? Piuttosto l’aumentò. Perchè chiunque intende bene quello che crede, è di sua natura disposto ad amarlo più. Però se la fede allora ha in sè meno di merito per un verso, ne ha più per l’altro. Ne ha meno per la facilità, ne ha più per l’amore. E non sai tu, che la fede allora è migliore, quando maggiore è la carità, che la rende per così dir animata? Ma la carità dove infervorasi più, che ad un lume vivo? « Domus Jacob, venite, et ambulemus in lumine Domini. — Casa di Giacobbe, venite, e camminiamo nella luce del Signore » (Isaia 2, 5). Non voler dunque abusar delle parole dette da Cristo a Tommaso, « Beati qui non viderunt, et cre.diderunt — Beati coloro che non hanno veduto, ed han creduto », per condannare chi non contento nell’Orazione di credere, cerca intendere : perocchè Cristo non le indirizzò contro questi. Le indirizzò contro chi non vuol credere, se non quello che intende. Piuttosto a favor di chi, non contento di credere, cerca intendere, sono quelle : « Beati oculi qui vident qute vos videtis — Beati gli occhi, che veggono quello, che voi vedete ». E qual maggiore Beatitudine in terra, ch’esser quasi simile ai beati ancora del Cielo, che tanto veggono? « Beati sumus, Israel, quia quae Deo placent manifesta sunt nobis — Beati siam noi, o Israele, perchè mani testo è a noi quello, che piace a Dio » (Baruc 4, 4). Se Dio però non ti dà questa specie di Beatitudine quasi « in re — in realtà », e tu sta pago pienamente di quella ch’è solo « in spe — in speranza » ; ma se te la dà, e tu ringrazialo.
IV.
Considera come Iddio sa molto bene quello, che a te più convengasi. Però, se tu nello stato tuo non sei capace d’intendere ciò che credi a cagion della oscurità, nella quale abitualmente ritrovasi la tua mente, ossia per ignoranza, ossia per infermità, ossia perchè Dio, per tua prova, ti vuole in tenebre; allora hai da applicare a te questo detto : « Beati qui non viderunt et crediderunt — Beati coloro che non hanno veduto, ed han creduto», quasi che sia tutto al tuo dosso. Questo è l’altissimo beneficio a noi fatto dal nostro Dio. Ha voluto sì, che la fede tra noi richiesta, non consista in intendere le verità da lui rivelate, consista in acconsentirvi. Se consistesse in intenderle, come potrebbono far tanti de’ Cristiani, che non hanno a ciò nè mezzi, nè talento, nè tempo da conseguirlo? Basta che chi non le intende, conformi la sua mente a ciò ch’han creduto tutti quei sacri Dottori, che le hanno intese, e il Signore è già soddisfatto : « Boves arabant, et pascebantur juxta eos. — I buoi aravano, e le asine pascevano vicino a quelli » (Giobbe 1, 14). Però applicando tu a tua umiliazione queste parole medesime, pensa, che se agli uomini dotti tocca il coltivare tutto dì con tante loro fatiche il campo della Chiesa, e spezzarlo, e solcarlo, e disporlo a ricevere la sementa, che Dio poi gli sparge nel cuore; a te è bastevole non allontanarti da essi con la intenzione, quantunque al tempo che quegli tanto si stancano, tu riposi. E non è tuo gran vantaggio che Dio richiegga da te, che tu solo creda, dove non arrivi a capire? Adunque quando il demonio ti inquieti mai con tentazioni di fede, rappresentandoti la difficoltà de’ misteri, a cui dai l’assenso, digli tosto a sua confusione: « Beati qui non viderunt, et crediderunt — Beati coloro che non hanno veduto, ed han creduto », e lo avrai con ciò messo in fuga. Senza che, non ti accorgi, come per questo medesimo hai tu da credere tanto più volentieri quel che Dio dice; perchè tu non lo intendi? « Ecce Deus magnus vincens scientiam nostram. — Certamente Iddio è grande e sorpassa ogni nostro sapere » (Giobbe 36, 26). E che gran vanto sarebbe quello d’un Dio, se il suo potere, il suo sapere, il suo senno, la sua provvidenza nel reggere l’ universo, non trascendesser l’umana capacità? A credere, che Dio è quello da cui procede la religion Cristiana, hai già tanti segni, che se vi badi, non puoi dubitare, se non che pazzissimamente. Adunque non cercar più; pensa solo a credere. Nè si dice già che non pensi frequentemente anche a segni tali. Pensavi pure. Ma non li pigliare per motivo di credere. Pigliali per motivo di compatire piuttosto la cecità di coloro, i quali non credono. E non sono questi di verità infelicissimi? Hanno sempre i meschini dinanzi agli occhi la città di salute posta sul monte : super montem posita (Vangelo di Matteo 5, 14) e non si vergognano ancora di andare tuttavia addimandando, or a questo, or a quello, ove si ritrovi : « Multi dicunt: Quis ostendit nobis bona? — Molti dicono : Chi farà a noi vedere il bene? » (Salmo 5, 6).