APRILE
XXI. GIORNO
Come debbasi trattar il corpo da’ Cristiani.
« Cibaria, et virga, et onus Asino; panis, et disciplina, et opus servo. Operatur in disciplina, et quaerit requiescere: laxa manus illi, et quaerit libertatem. — Fieno, sferza, e soma all’Asino; pane, disciplina e fatica al Servo. Questi, quando ancora è ben regolato, cerca di scansar la fatica, e di riposarsi: rallenta la mano dal regolarlo, ed ei cercherà di mettersi in libertà » (Ecclesiastico o Siracide 33, 25, 26).
I.
Considera, che questo Servo, di cui qui trattasi, (a favellar moralmente) altro non è, che il tuo corpo. Servo, perchè non è nato libero, ma soggetto. Vero è, ch’è Servo ribelle: e però se tu vuoi procedere, com’è giusto, conviene che tu rimettalo in servitù. Ma come potrai far ciò? con accarezzarlo? tutto il contrario., con abbatterlo, con avvilirlo, con incominciare a trattarlo da quel, ch’egli è, ch’è quanto dire, come si tratta un vil Asino. Vedi s’è mal costumato? pretende di sovrastare ancora allo spirito suo Signore. E pure tu gli permetterai, che gli sovrasti? Ah che bisogna intendere, qual è il modo da tener umile un Servo ch’è sì restio! « Non decet Servum dominari Principibus. — Non conviene che un Servo comandi a Principi » (Proverbio 19, 10).
II.
Considera, che il modo di tener basso un tal Servo è ricordargli frequéntemente ch’è un Asino. Così hanno fatto innumerabili Santi, ma specialmente il Serafico S. Francesco, che parve nato a rimettere il corpo umano in vera ubbidienza. Ma ricordarglielo colle parole non basta, perchè « Servus verbis non potest erudiri — per sottomettere un Servo non bastano parole ». Convien, che tu glie lo ricordi coll’opere: cioè con fare al t o corpo quei trattamenti, che si us o a un tal giumento : « Cibaria, virga, et onus Asino — Fieno, sferza e soma all’Asino »; e così « Panis et disciplina, et onus. Servo — Pane disciplina e fatica al Servo ». A un tal giumento certo si dà da mangiare, altrimenti non può servirti. Ma che si dà? cibo vile: Cibaria; e cibo vile hai pur da dare comunemente al tuo corpo: « Panis Servo — Pane al Servo »; non dice « altilia — impinguate carni »; dice un cibo volgare: « Non decent stultum deliciae. — Non si addice a servo vivere dilicatamente ». Ma che val, che egli mangi, se non fatica? Però convien che lo carichi. Ma non ti credere, che a ciò tu possa ridurlo, se prima tu non lo domi. E’ ricalcitrante, è ritroso; e così è necessario d’ usar la sferza, perchè l’insolente chini il dorso alla soma: Virga in dorso imprudentium. Ed eccoti la ragione, per la quale in secondo luogo si dice « virga — sferza ». E questa devi usare ancora tu col tuo corpo, massimamente ne’ principii della tua vita spirituale, ch’è quando appunto devi sottometterlo al peso: Disciplina servo. Una tal disciplina è la penitenza, che chiamasi corporale. Ma quale sarà la regola da osservarsi nel praticarla? quella che si osserva coll’Asino. Si frusta questo, affine che non ripugni a portare il carico; e però si frusta di modo, che s’inciti a portarlo, non s’inabiliti. E tale appunto è la regola da tenere nella penitenza del corpo. Una penitenza, la quale ti renda inetto all’uffizio tuo, non fu mai stimata lodevole; e però dicesi virga, rispetto all’Asino; e dicesi disciplina, rispetto al Servo, perchè gli stessi vocaboli sian discreti. Quello, che importa si è, che ciascun di loro fatichi, ma di proposito, e però si dice « onus Asino, opus Servo — soma all’Asino, fatica al Servo ». Al giumento s’impone tutto quel peso, che può portare, e così dee farsi col corpo: « Servum inclinant operationes assiduae. — Assidua fatica sottomette il Servo » (Ecclesiastico o Siracide 33, 27). Ora esamina un poco, qual sia lo stile, che tieni tu col tuo corpo, e dipoi confonditi, se tu sei dato, come il più della gente, ad accarezzarlo, sicchè non solo sia nitido, ma risplendente. Non guardare a ciò che costumi lo sciocco Mondo. Imperciocchè non ti pare anzi cosa degna di altissima derisione, vedere che quivi ciascuno a gara affatichisi di tenere anche splendido il suo giumento? Qui ascenditis super nitentes Asinos (Giudici 5, 10).
III.
Considera quanto un tale accarezzamento del corpo sia pernicioso; e la ragione è quella istessa, perchè egli è un Asino: sempre tende alla libertà. E però che bisogna? tenerlo basso. Vuoi scorgerlo chiaramente? Quando il giumento ancora è ben regolato, pur cerca in mille modi di scuotere il peso odiato, e di riposarsi: Operatur in disciplina, et quaerit requiescere. Or che sarà se tu rallenti la mano dal regolarlo? Laxa manus illi, et quaerit libertatem. Oh come allora scuoterà a forza il peso, e n’andrà va, gando! onde è, che sempre con lui ci vogliono tutte e tre queste cose: « cibaria, virga, et onus — fieno, sferza e soma ». Cibaria, perchè si sostenga; virga, perchè ubbidisca; onus, perchè lavori: così figurati, che pur avvenga al tuo corpo. Non vedi tu, che quando ancora l’hai domo, va cercando ogni dì nuovi diverticoli, affine di scansar la fatica, che tu gl’imponi? Oh quante scuse, oh quanti sotterfugi, oh quanti pretesti ancor di gloria divina! Operatur in disciplina, come si vede ancor negli uomini santi, operatur in disciplina, et quaaerit requiescere. Vuoi più sonno, vuol più sollievo, vuol più vacanza da tanti studi indefessi. Or pensa un poco che sarà, quando tu in qualunque cosa lo regoli a piacer suo: vorrà alla fine una libertà sì perversa, e sì perniciosa, che dirà affatto, « non serviam — non vo’ servire ». « Laxa manus illi, et quaerit libertatem.— Rallenta con lui la mano, ed ei cercherà di porsi in libertà ». Però tu attendi a tenerlo pur più soggetto, che sia possibile: perché in tal caso il peggio che ti avverrà, sarà che chiegga riposo: quaeret requiescere. Ma se nol tieni soggetto, non chiederà più riposo, chiederà sfogo, chiederà spassi, chiederà di andarsene ancora lussureggiando per ogni prato, « quaeret libertatem — cercherà libertà »; nè solo « quaeret — la cercherà », perché modesto la chiegga; ma « quaeret — la cercherà », perchè insolente la cercherà da se stesso con porsi in fuga. Tieni pur per indebitato, che tale è sempre il nostro corpo, se veggasi far carezze; subito « in superbiam erigitur, et quasi pullum onagri se liberum natum putat — si leva in superbia, e qual asinello salvatico si crede nato a libertà » (Giobbe 11, 12). Però ricordati di tjuelle tre cose, che debbonsi ancor ad esso che sono « panis et disciplina, et opus — pane, disciplina, e fatica »; panis, perchè non sia impotente; disciplina, perchè non sia irriverente; opus, perchè non sia inutile.