La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

FEBBRAIO

XIX. GIORNO

Amor divino, e sue qualità.

 

« In charitate perpetua dilexi te: ideo attraxi te miserans. — Per puro amore io ti amai al, eterno: per questo a me ti trassi misericordiosamente » (Geremia 31, 3).

 

I.

Considera la differenza notabile, la quale passa tra il nostro amore, e il Divino. Noi ci moviamo ad amare uno, perchè egli è buono; Iddio si move ad amarlo, non perchè è buono, ma perchè la vuole far buono. E’ egli la prima origine d’ogni bene, e così non può presupporre il bene in alcuno, mentr’egli lo conferisce. Uno Statuario, che vede un tronco, passando per una selva, se ne compiace, e non per ciò, che il tronco è in se stesso, essendo ruvido, disadatto, deforme: ma per ciò, ch’egli co’ suoi dotti scalpelli ne vuol formare. Così fa Dio, anzi fa molto più: perchè dà al tronco anche l’attitudine ad esser lavorato, la quale non gli può dare lo Statuario. Ecco però la ragione per cui Dio ti dice: « In charitate perpetua dilexi te — per puro amore io ti amai ab eterno ». Vuol dimostrarti alla fine qual sia la base, su cui fondi il suo amore, l’amor medesimo. Tu « diligis — ami » il tuo prossimo « charitate — con amore », ma « non diligis in charitate — non l’ami per amore », perchè l’amor, che a lui porti, ha molti altri sostegni da sè distinti, su cui si tiene. L’ha « in pulchritudine —nella bellezza » del medesimo prossimo, l’ha « in doctrina — nel sapere », l’ha « in divitiis — nelle ricchezze », l’ha « in bonitate — nella bontà ». Non così l’amor del Signore: questo non ha il suo principio, se non in sè, « in charitate — nell’amore »: e però egli solo può dire per verità: « In charitate perpetua dilexi te — per puro amore io ti amai ab eterno ».

II.

Considera, che questo amore è stato perpetuo; cioè tanto antico, quanto il medesimo Dio. Dacchè egli è Dio, è stato sempre innamorato di te, nè già di te, conosciuto come in confuso, ma di te qual tu sei, particolarmente, precisamente, « Dilexi te — ti amai » nel tuo distinto individuo. E fino ab eterno egli è stato pensando a te. Or come sarà dunque possibile, che a ciò tutto non ti commovi? Tu ti senti tanto commovere verso di uno, il quale ti ha amato, quando tu di lui non avevi contezza alcuna; e infin d’allora ti favoriva col Principe, benchè tu non sapessi niente, e portava i tuoi vantaggi, e parlava del tuo valore. Che dovresti far dunque verso il tuo Dio, che ti amò sin da quando non eri al Mondo, anzi che ti amò fin da quando non v’era Mondo? Sarà dunque vero, ch’egli ab eterno abbia dovuto amar te, e che tu nemmeno ti sappi un poco risolvere ad amar lui dopo tanto tempo? Va pure, va, lascia un amico, qual è questo, sì vecchio, per altri nuovi. Vedrai a tuo grave costo la tua sciocchezza : « Ne derelinquas amicum antiquum: novus enim non erit similis illi. — Non abbandonare il vecchio amico: perocchè il nuovo non sarà come quello » (Ecclesiastico o Siracide 9, 14).

III.

Considera, che come il Signore per puro amore ti ha eletto sino ab eterno; così fin ab eterno è stato ancora per puro amore ordinando la esecuzione di questa elezione da lui fatta, con divisare ad uno ad uno que’ mezzi, con che tu vedi, ch’egli ti ha fin a quest’ora tirato a sè. « In charitate perpetua dilexi te: ideo attraxi te, miserans. — Per puro amore io ti amai ab eterno: per questo a me ti trassi misericordiosamente ». Ma chi può esprimere, quanti mezzi giammai sieno stati questi? Contemplali attentamente. Rimira un poco, come il Signore ha disposto dalla sua parte la serie delle tue cose sin al dì d’oggi; la comodità, che ti ha data di far del bene, le inspirazioni, gli impulsi, la varietà di quei modi, ch’egli ha tenuti per farti suo, or adoperando le austere, or adoperando le amabili, i tanti benefizi indicibili, che ti ha fatti. Ben ti può dire con verità, « attraxi te — ti trassi », non già a cagione di quella forza, ch’egli abbia posto al tirare, perchè egli tira solo « in vinculis charitatis — coi lacci dell’amore »; ma ben di quella, che hai posta tu nel resistere. Pregalo pure cordialissiniamente a volerla usare in futuro, non rispettando più la tua ribelle volontà, ma sforzandola.

IV

Considera la infinita misericordia, che il Signore t’ha usata in tirarti a sè, come pur or si diceva. Perchè, vedendo la resistenza, che tu da principio facevi ai suoi dolci lacci: « vinculis charitatis —ai lacci dell’amore », egli ben poteva di subito abbandonarti, benchè dovessi trascorrere in perdizione. E pur non l’ ha fatto. Ma ha seguitato per tante vie diversissime a sostenerti, a commoverti, a confortarti, che bene ti può dire: « attraxi te miserans — a me ti trassi misericordiosamente ». Vedi, che non limita punto il genere in cui ti ha usata misericordia, perchè 1′ ha usata in ciascuno; « miserans — compatendo » la tua ignoranza, « miserans — compatendo » la tua fragilità, «miserans compatendo» la tua pervicacia, « miserans — compatendo » la tua presunzione, « miserans — compatendo » tanti mali, di cui ti ha veduto colmo. E tu da tanti atti di misericordia non resti più che forzato? Ah che bisogna un dì cedere, e dire a Dio: « trahe me, curremus — tirami a te, correremo »: non « curram — correrò », no, ma « curremus — correremo », perchè non è giusto, che essendo tu tanto stato beneficato, sii solo a corrergli dietro; convien che teco gli meni ancora degli altri. Che però forse per questo istesso non dice, « miserans tui — avendo misericordia di te », ma dice: « miserans — avendo misericordia », perchè tu intenda che, mentre ha tirato te con amor sì grande, non ha preteso di salvar solo te, ma di salvare con esso te molti altri, che tu poi tirato devi tirare a lui. Nè credere, che per ciò ti abbia amato meno. Perchè in qual forma ti poteva egli mostrare maggior affetto, che mentre ti ha salvato per renderti salvatore? Questa sì, ch’è stata un’eccelsa misericordia.

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