OTTOBRE
XX. GIORNO
Sopra le parole « Sanctificetur nomen tuum »
« Sanctificetur nonzen tuum.— Sia santificato il tuo nome ».
I.
Considera come tu, chiamando Padre in questa Orazione il tuo Dio, sei tenuto in tutte le suppliche, che gli porgi, a mostrargli, che ti diporti da figliuol vero. Ma ch’altro può in primo luogo desiderare un figliuol savio, costumato, cordiale, se non che quello, che torna in pro del suo medesimo padre? E però non altro in primo luogo hai da chiedere ancora tu al tuo Padre Celeste, se non ciò, che torna in pro suo : « Sanctificetur nomen tuum. — Sia santificato il tuo nome ». Questa è pertanto la petizione più nobile, che facciamo in questa eccelsa Orazione Dominicale. Perciocchè in questa spogliati d’ogni interesse, amiam Dio per Dio, non amiam Dio per verun utile, che torni a noi dall’amarlo. Contuttociò si pon’ella sul bel principio, affìnchè intendiamo, eh’ una tal supplica ha da esser l’ultimo fine di tutte l’altre, che succedon appresso. Se chiederemo a Dio, che venga il suo Regno, che adempiasi il suo volere, ch’egli ci dia il nostro pane quotidiano, che ci perdoni le colpe, o ce ne preservi, o che finalmente ci liberi d’ogni male; perchè dobbiamo noi chiedergli tutto questo, come per ultimo fine? Per nostro pro? No di certo. Ma per pro suo. Questo è operar da figliuolo: non fare come i paludi nati dal mare, che quant’acqua da lui ricevono, tanta ancora ne ritengono sozzamente a loro grassezza; ma come i fiumi, che tutta a lui la rivolgono per tributo. Vedi però, che a formar questa petizione, come si dovrebbe, ricercherebbesi un cuore di Serafino, il quale ama Dio per Dio, nè gode in amarlo, se non perchè l’amarlo ritorna ancor esso in ultimo a pro di Dio. Tu non sei Serafino : ma puoi forzarti di essere : e in qual maniera? Con lanciare a Dio questo priego in tutte le opere, che alla giornata tu fai, ma con lanciarlo dal cuore: « Sanctificetur nomen tuum — Sia santificato il tuo nome ». Questo è il dardo d’amore, su cui, qualunque offerta tu drizzi a Dio, sia della cosa più pregiata, che abbi, sia della più dispregiata, gli piaci a un modo. « Vulnerasli me — Tu mi hai ferito », al modo stesso « in uno oculorum tuorum — con uno degli occhi tuoi », ch’è una cosa di somma stima, « et in uno crine colli tui — e con una treccia del tuo collo » (Cantico dei Cantici 4, 9), ch’è cosa di niuna stima.
II.
Considera come Dio non è capace in sè certamente di pro veruno, perchè egli è ricco di tutto. Solo in qualche maniera lo può egli ricevere fuor di sè. E questo è unicamente la gloria sua. La quale, siccome fu giustamente l’ultimo fine, per cui egli ci pose al Mondo, conforme a quello: « Omnem, qui invocat nomen meum, in gloriam meam creavi eum, formavi eum, et feci eum. — Tutti quelli che invocano il nome mio, per gloria mia gli ho creati, gli ho formati, e gli ho fatti » (Isaia 43, 7). « Creavi — Gli ho creati », per la creazione dell’ anima, « formavi — gli ho formati », per la formazione del corpo, « et feci — e gli ho fatti », per quel composto sì nobile, che risulta dall’anima unita al corpo : così vuol egli, che sia pur l’ultimo fine di quelle opere tutte, che noi imprendiamo; siccome giustamente ogni artefice vuol che la gloria sua sia l’ultimo fine di tutto ciò, che produce agli altri di bene ogni suo lavoro. Dobbiamo noi però mai far niente per gloria nostra? Dio ce ne liberi. Tutto a maggior gloria di Dio : « Tibi, Domine, justitia — A te, o Signore, la giustizia », cioè « gloria — la gloria », « nobis autem confusio faciei —ma a noi il rossore del volto » (Daniele 9, 7). E’ questa gloria a lui sempre dovuta sì giustamente, che però è chiamata giustizia, questa dico si è quella, che da lui qui chiediamo : perchè egli solo può fare che a lui si dia come si conviene. Non glie la domandiamo però sotto nome di glorificazione, come potremmo addimandarla anche bene, ma di santificazione; perchè questa è la gloria a Dio più gradita. « Sanctus, Sanctus, Sanctus Dominus Deus exercituum. — Santo, Santo, Santo il Signore Dio degli eserciti ». E quando in terra ciò tutti esclamino unitamente, come si fa in Paradiso, non ci vuol più : « Plena est omnis Terra gloria ejus. — Della gloria di lui è piena tutta la Terra » (Isaia 6, 3). Devi presupporre frattanto, che questo termine di santificare ha nelle Scritture due sensi. Il primo è far santo, il secondo è trattar da santo. Nel primo senso si dice, che Dio santificò il giorno di Sabbato « Benedixit diei septimo et sanctificavit illum — Benedisse il settimo giorno, e lo santificò » (Genesi 2, 3), perchè lo serbò per sè. Nel secondo si dice, che Dio comandò, che un tal dì si santificasse : « Memento, ut diem Sabbati sanctifices — Ricordati di santificare il giorno di Sabbato » (Esodo 20, 8), perchè lo fe’ rispettar come giorno sue. Ora il nome di Dio non può esser santificato nel primo senso, perchè in se stesso non può esser più santo di quel ch’egli è: è santo infinitamente: « Sanctum nomen ejus. —Santo è il nome di lui » (Vangelo di Luca 1, 49). Può esser santificato sol nel secondo. Ed in qual maniera? Con quella, che ci voleva già a santificare il Sabbato, e che ci vuol ora a santificar la Domenica, e qualunque altro giorno a Dio consacrato. Questi si santificano prima coll’astenersi dal profanarli con opere o servili, o indegne, od inique; ch’è una pura santificazion negativa : « Custodiens Sabbatum, ne polluat illud. — Osservando iì Sabbato, affinchè non sia profanato » (Isaia 56, 6). E poi si santificano con vari atti santi di Religione, ch’è la santificazione ancor positiva. Con una tal proporzione, quando chiediamo al Signore, che il santo nome suo sia santificato, noi gli chiediamo in prima, di non voler lui permettere, che il suo nome sia profanato, cioè disonorato, o deriso, come pur troppo fanno tanti infedeli, che un tal nome comunicano ancora ai sassi, ancora agli stipiti, ancora ai più sozzi diavoli dell’ Inferno; come fanno tanti ancor tra i fedeli, che arrivano a bestemmiarlo come diavoli; e poi gli chiediamo di far sì, che venga di più onorato con atti di Religione, e sopra tutto di adorazione, di amore, e di lode immensa. Vedi però quanto meglio parliamo a Dio, dicendo « sanctificetur nomen tuum — sia santificato il nome tuo », che se dicessimo : « laudetur, manifestetur, rnagnificetur, glorificetur —sia lodato, manifestato, magnificato, glorificato ». In una sola parola diciamo tutto, e lo diciamo in oltre sotto que’ termini, che sono a Dio più graditi. « Psallite Domino Sancii ejus, et confitemini — Santi del Signore, cantate inni a lui, e celebrate », sopra ogni cosa « memoriae Sanctitatis ejus — la memoria della di lui Santità », non « Potentiae — della Potenza », non « Providentiae — della Provvidenza », ma « Sanctitatis — della Santità » (Salmo 30, 5).
III.
Considera qual sia la ragione, per cui qui non chiediamo a Dio, ch’egli venga santificato, ma soltanto, che venga santificato il suo sacro nome: Sanctificetur nomen tuum. Non si dee forse bramar, che nella persona egli resti glorificato co’ modi detti, più ancor che nel nome solo? Sì certamente: « Deus sanctus sanctificabitur. — Il Dio santo sarà santificato » (Isaia 5, 16). Ma per questo medesimo, chi desidera, che Dio resti cotanto glorificato nel nome stesso, molto più dimostra altresì di desiderare, che resti glorificato nella persona. Contuttociò non diciam qui « Sanctificeris tu, Pater — Sii tu santificato, o Padre », ma « sanctificetur nomen tuum — sia santificato il nome tuo », perchè un figliuol buono, non sol non può tollerare di vedere il Padre vilipeso nella persona, ma nè pur nel nome medesimo, ch’egli porta : « Glorificabo nomen tuum in aeternum. — In eterno glorificherò il nome tuo » (Salmo 86, 12). Senza che, al nome, che si ascolta di uno, suol corrispondere d’ordinario la lode, che a lui si porge. Se ha nome di magnifico, si loda per magnificenza, se ha nome di mansueto, si loda per mansuetudine, e così nel resto. Però quando bramiamo a Dio, che il suo nome in lui venga glorificato, o egli nel nome, non bramiam noi che egli venga glorificato semplicemente, ma che venga glorificato secondo qualunque nome che egli possiede, cioè secondo quello di Signore, quello di potente, quello di provvido, quello di giusto, quello di buono, quello di benigno, quello di santo, e così discorrendo per infinito. « Cognoscant quia nomen tibi Dominus, Potens, Providens etc. — Conoscano che tu ti nomi il Signore, il Potente, il Provvidente ecc. » (Salmo 83, 19). Quindi è che il Salmista non fu contento di dire : « Afferte Domino, filii Dei, afferte. Domino gloriam — Presentate al Signore, o figliuoli di Dio, presentate al Signore la gloria », ma volle aggiugnere, afferte Domino gloriam nomini ejus (Salmo 29, 1); cioè « gloriam debitam nomini ejus — Presentate al Signore la gloria dovuta al suo nome »; perchè secondo ogni nome proprio di Dio, egli desiderò, che Dio fosse glorificato : Secundum nomen tuum, Deus, sic et laus tua in fines terrae— Come il tuo nome, o Dio, così la tua gloria sino a’ confini della terra » (Salmo 48, 11). Vero è, che con tutto questo non dobbiamo qui dire a Dio : « Sanctificetur nomen tuum potentis, nomen tuum providentis, etc. —Sia santificato il nome tuo di potente, il nome tuo di provvido, ecc. », ma assolutamente dir « nomen tuum — il nome tuo » senz’aggiugner altro. E per qual ragione? Perchè questo ci dee bastare a desiderare, che qualunque nome di Dio sia glorificato : il saper che sia nome suo. Quando tu ami, che Dio resti glorificato secondo il nome di potente, di provvido, ecc. può essere, che tu ami, che resti come tale glorificato in riguardo a quei benefizi, che come tale egli ha fatti alla tua persona. Ma in questa supplica tu devi dimenticarti affatto di te, e così dire a Dio : « Sanctificetur nomen tuum — Sia santificato il tuo nome », cioè « tuum, ut tuum est — tuo, in quanto è tuo », senza curar altro di più, che potesse aggiugnersi. Questo è procedere da figliuolo, che sa amare il suo Padre come si deve, ed amarne il nome : « Gloriabuntur in te omnes, qui diligunt nomen tuum — In te si glorieranno tutti coloro che amano il tuo nome » (Salmo 6, 13), in te, non « in donis tuis — ne’ tuoi doni ».
IV.
Considera come i figliuoli, se sono amanti, non solo bramano ardentissimamente, che si glorifichi il nome del loro padre, ma braman di essere ancor essi quei, che il glorifichino sopra tutti : « Narrabo nomen tuum fratribus meis. —Annunzierò il nome tuo a’ miei fratelli » (Salmo 22, 23). Onde parea, che tu qui per dimostrarti al tuo Padre un figliuolo amante, non avresti dovuto dire: « Sanctificetur nomen tuum — Sia santificato il nome tuo », ma « sanctificem nomen tuum — santifichi io il nome tuo », o al più dovendo pregare con tutti gli altri, « sanctificemus — santifichiamo noi ». Ma t’inganni a partito. Dovevi, e devi dir sempre: « sanctificetur— sia santificato ». E per qual ragione? perchè così tu farai da figliuolo amante. Un figliuolo amante è vero, che dee desiderare d’essere lui quello, che sopra tutti dia gloria al padre; ma non dee ciò desiderar sopra tutto. Sopra tutto egli deve desiderar, che il suo padre rimanga glorificato, o per sè, o per altri : prima per sè, se tanto gli sia donato; se no, almen per altri. E però non si avvera, che tu qui orando dovessi a Dio dir piuttosto : « Sanctificem nomen tuum — Santifichi io il nome tuo », o « sanctificemus — santifichiamo noi ». Dovevi dire, come tu appunto qui dici « Sanctificetur — Sia santificato », per dimostrare, che sopra tutto desideri quel che chiedi. E non sai tu, che non puoi mai dar gloria in qualche modo segnalato al Signore, senza che ciò ridondi in grande onor tuo? « Gloria hominis ex honore Patris sui. — La gloria di un uomo sta nella buona riputazione del Padre suo » (Ecclesiastico o Siracide 3, 13). Quanto è facil però, che tu ti lasci bruttamente ingannare dall’amor proprio, e che nell’istesso cercar la gloria del Padre, tu cerchi te? Anzi quante volte pur troppo tu cerchi te nel cercar la gloria del Padre? Ornai vorresti tu esser solo al mondo quel, che glorifichi Dio; tu il primo a ridurre daddovero l’anime a penitenza, tu il primo nel predicare, tu il primo nell’interpretare, tu il primo nell’insegnare, tu il primo nel governare, tu il primo ad andartene sempre ricco di belle palme, e fai tu pure, come già quei Discepoli ancora rozzi, i quali volevano soli al mondo dar gloria al nome di Cristo, con cacciare in virtù d’esso i demoni da’ corpi umani: « Praeceptor, vidimus quemdam in nomine tuo ejicientem damonia, et prohibuimus eum, quia non sequitur nobiscum. — Maestro, abbiamo veduto un tale, che nel nome tuo cacciava i demoni, e glielo abbiamo proibito, perchè non segue te insieme con noi » (Vangelo di Luca 9, 49). Non far così, ma ricordati, che Cristo rispose subito a quei Discepoli : « Nolite prohibere: qui enim non est adversum vos, pro vobis est. — Non vogliate proibirglielo; imperocchè chi non è contro di voi, è per voi » . E però esercitati tutto dì in ridire al tuo Dio: « Sanctif icetur nomen tuum. — Sia santificato il nome tuo ». Non « sanclificem — santifichi io », non « sanctificemus — santifichiamo noi », no, ma « sanctificetur —sia santificato ». Questo è quello, che sopra tutto, hai tu da desiderare; non d’esser tu quel che glorifichi il nome di Dio più di tutti, ma bensì, che il nome di Dio sia da tutti glorificato: e così questo parimente hai da chiedere sopra tutto. Quindi è, che se per quanto pur tu procuri con le tue deboli forze di dargli gloria al pari d’ogni altro, non ti riesce, non hai però da attristarti, nè da avvilirti: godi che sieno al mondo infiniti di te più giovani, che sanno supplire per te, e desidera, che suppliscano: « Laudate, pueri, Dominum, laudate nomen Domini. — Fanciulli, lodate il Signore, lodate il nome del Signore » (Salmo 113, 1). Sol parrebbe, che qui si fosse piuttosto dovuto dire a Dio, non « sanctificetur nomen tuum — sia santificato il nome tuo », ma « sanctifices — santifica »; perchè Dio solo può dare al nome suo quella gloria che si conviene: Da gloriam nomini tuo. Contuttociò nemmen dee dirsi « sanctifices — santifica », più che « sanctificetur — sia santificato ». Perciocchè se Dio vuol esser glorificato, vuol esser parimente glorificato per mezzo nostro, non da sè solo. E però dobbiamo in astratto dirgli « Sanctificetur — Sia santificato », ch’è un termine, il quale include sì lui, sì noi; perchè noi senza Dio non possiamo niente a sua gloria, e Dio da noi senza noi non vuol niente.