La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

MARZO

XX. GIORNO

San Gioachino.

Di ciò che costituisce la vera Santità.

 

« Filii Sanctorum sumus, et vitam illam expectamus, quam Deus daturus est his, qui fidem suam numquam mutant ab eo.— Noi siamo figli di Santi, e aspettiamo quella vita, che Dio a quelli darà, i quali giammai non mancano a lui di fede » (Tobia 2, 18).

 

I.

Considera, che cosa alla fin sia stata la vita di tutti i Santi su questa Terra: una aspettazione continua: « Dies multos expectabis me. — Tu mi aspetterai molti giorni » (Osea 3, 3). Quelli, che furono innanzi la venuta di Cristo, che fecero altro mai, che aspettare l’adempimento delle promesse lor fatte? Alcuni videro queste promesse da lungi, e non potendo far altro, le salutarono: « Defuncti sunt non acceptis repromissionibus, sed a longe eas aspicientes, et salutantes. — Morirono senza aver conseguito le promesse, ma da lungi le videro e salutaronle » (Lettera agli Ebrei 11, 13), come fanno quei Pellegrini, che veggono da lontano la Terra santa, ma non essendo permesso loro d’inoltrarvisi, la salutano. Altri le videro più d’appresso, e non solo le salutarono, ma vi aspirarono, vi anelarono, e in certo modo diedero alla Terra l’assalto per inoltrarvisi ancora a forza, tanto eran infocate quelle preghiere, che unitamente mandavano sempre al Cielo quasi saette. Dopo la venuta di Cristo non però riman tolta l’aspettazione, perchè rimane tuttavia il suo ritorno: « Populus meus pendebit ad reditum meum. — Il mio popolo aspetterà ansiosamente il mio ritorno » (Osea 11, 7). Prima il Signore è venuto come Autor della fede, a redimerci dal peccato, ad ammaestrarci colla predicazione, ad avvalorarci coll’esempio. Ora egli ha da tornare come consumatore .della medesima fede a glorificarci. E però se i Santi della Legge vecchia sono stati « aspicientes in auctorem — mirando all’autore », quei della nuova sono stati « aspicientes in consummatorem fidei Christum Jesum — mirando al consumatore della fede Cristo Gesù » (Lettera agli Ebrei 12, 2). Vedi pertanto quale ha da essere la tua vita? Aspettare: « Et vos similes hominibus, disse Cristo, expectantibus dominum suum, quando revertatur a nuptiis. — E fate voi come coloro, che aspettano il lor padrone, che torni da nozze » (Vangelo di Luca 12, 36). L’aspettare un padrone, che torni da un bel festino, è alquanto molesto, perchè la cosa può andar molto alla lunga, e frattanto ai servi è necessario di starsene chiusi in casa, bisogna privarsi delle soddisfazioni, bisogna perdere il sonno. Ma che può farsi? Si hanno da accomodare i servi al padrone: non si ha da accomodare il padrone ai servi.

II.

Considera per qual ragione questi Santi, che sono stati aspettando in questa maniera, sono stati chiamati Santi. Perchè erano, per dir così, segregati da tutto il resto del comun genere umano: si riputavano di non aver punto che fare con questo Mondo, sempre aspiravano al Cielo, sempre anelavano al Cielo, sempre dimoravano qua come Pellegrini, i quali vanno alla Patria. « Quot sunt dies annorum vitae tuae? — Quanti sono i tuoi anni? » fu dimandato da Faraone a Giacobbe là nell’Egitto; ed egli rispose: « Dies peregrinationis mex centum triginta. — I giorni del mio pellegrinaggio sono cento trent’anni »: (Guarda che neppur nel linguaggio si volle accomodare all’uso del Mondo). « Et non pervenerunt usque ad dies Patrum meorum, quibus peregrinati sunt. — E non uguagliano il tempo del pellegrinaggio de’ Padri miei » (Genesi 47, 8, 9). Ecco però quello a che devi giugnere ancora tu nello stato tuo: a vivere in questa terra da Pellegrino. « Qui enim hoc dicunt, significant se patriam inquirere. — Imperocchè quelli, che così parlano, dimostrano, che cercan la patria » (Lettera agli Ebrei 11, 14). Non è una vergogna, che ti attacchi tanto alle cose di quel paese, che non è tuo? « Filii Sanctorum sumus. — Noi siamo figli di Santi », ch’è quanto dire, « Filii Peregrinorum — Figli di Pellegrini », come Isaia c’intitolò, quando disse: « Aedificabunt filii Peregrinorum muros tuos. — I figli de’ Pellegrini edificheranno le tue mura » (Isaia 60, 10). Non convien dunque, che tu da loro sì vilmente degeneri. Che vale al rivo vantare la purità della fonte, s’egli è frattanto tutto oppresso dal loto? Sei figliuolo di Pellegrini, d’uomini tutti distaccati dal Mondo, d’uomini sacri, d’uomini spirituali, d’uomini santi. Tale adunque ricercasi, che sii tu, affinché quando nell’orazion poi ti metti al cospetto del tuo Signore, possa dirgli con verità, che benchè trattando cogli uomini sii costretto in molte cose a parlare come un di loro, e portarti come un di loro, contuttociò dinanzi a lui non sei tale; sei Pellegrino. « Advena ego sum apud te, et Peregrinus sicut omnes Patres mei. — Forestiero e Pellegrino son io davanti a te, come tutti i Padri miei » (Salmo 38, 13).

III.

Considera quanto chiaro apparisce, che in questo testo « Filii Sanctorum — Figli di Santi », è quanto dire « Filii Peregrinorum — Figli di Pellegrini », mentre immediatamente si seguita: « Et vitam illam expectamus, quam Deus daturus est his, qui fidem suam numquam mutant ab eo — Ed aspettiamo quella vita, che Dio a quelli darà, i quali giammai non mancano a lui di fede ». Ti par però, mentre questo bene è sì grande, di non poterlo aspettare? Ma tu piuttosto vorresti entrare in possesso innanzi al tuo tempo, e però che fai? Cerchi di qua quello, che solo è riservato di là, ch’è il godere. Non è questa la buona regola: « Qui timent Dominum, custodiunt mandata illius — Que’ che temono il Signore osservano i suoi comandamenti », che tutti sono indirizzati al patire, « et patientiam habebunt — e conserveranno la pazienza », dice l’Ecclesiastico. Ma sino a quando? « usque ad inspectionem illius — fino al dì della visione di lui » (Ecclesiastico o Siracide 2, 17). Non aver fretta, perchè non puoi commettere error maggiore, che voler ora attendere a procurare le tue vane soddisfazioni. Fai come i ghiotti, i quali invitati a qualche regio convito non hanno pazienza di aspettar l’ora de’ Grandi, che sempre è tarda: e così empitosi il ventre delle loro vivande più grossolane, si rendono poco atti a cibarsi di quelle tanto più soavi, e più splendide, alle quali furono eletti. Chi è, che in queste ha veramente diletto maraviglioso? L’ha chi vi giunge digiuno. Oh se sapessi, che cosa siano tutti i tuoi passatempi! Son tanti furti di quei piaceri tanto più inesplicabili, che tu verresti con un sommo vantaggio a goder di là. Contentati di aspettare: questo è da savio; e piuttosto metti frattanto, come si suol dire, a moltiplico ciò, che tralasci di tirare di rendita, perché « Haereditas ad quam festinatur in principio — L’eredità cui si vuole anzi tempo godere », ch’è quando ancora non è ben maturata, « in novissimo benedictione carebit — si troverà in fine priva di benedizione ». La tua eredità è il Paradiso, ch’è l’eredità parimente de’ tuoi maggiori. Aspetta che si maturi, e frattanto attendi piuttosto ad avvantaggiarla coi patimenti.

IV.

Considera quanto il Signore ricerchi una tal pazienza, mentre si dice ch’egli darà la sua gloria, ma solo a quelli qui fidem suam nunquam mutant ab eo, cioè che sono contenti di credere unicamente alle sue promesse, e non vogliono il premio, quando non è tempo, se non che di sperarlo. Adesso è tempo di vivere sol di fede; che vuol dire consolarsi colla fede, animarsi colla fede, aiutarsi colla fede, contentarsi che la fede supplisca ad ogni altro gaudio: « Scio cui credidi — So a chi ho prestato fede ». E così tu mai non la perdere, mai, mai: nunquam, cioè dire non la perdere nelle cose prospere, non la perdere nelle cose avverse, ma sempre con egual animo proseguisci a pellegrinare. E’ impossibile, che nel servizio divino le cose tue ti succedano sempre a un modo: « Si irritum potest fieri pactum meum cum die, et pactum meum cum nocte, disse il Signore, ut non sit dies, et nox in tempore suo. — Non verrà che rotto sia l’ordine da me stabilito pel giorno, e per la notte, sicchè non sia il giorno e la notte al suo tempo » (Geremia 33, 20). Ora avrai lumi, ora starai quasi in tenebre, ora avrai godimenti, ora patirai desolazioni, ora avrai gloria, ora proverai de’ disprezzi, or sarai sano, or sarai travagliato da infermità. Però comunque ti trovi, convien che sappi egualmente servire a Dio, esser fedele, esser forte, e ancor di notte tirare innanzi il tuo viaggio alla Patria. Non sarebbe assai dilicato quel Pellegrino, che non volesse mai camminare, se non è giorno?

V.

Considera, che questa gloria, che il Signore ti promette, è chiamata Vita, perchè la Vita è quel bene, a cui sta l’uomo maggiormente attaccato su questa terra. Però quand’anche in qualunque modo convengati dar la tua vita per Dio, servendo ai poveri infermi negli spedali, studiando per Dio, stentando per Dio, consumandoti tutto in onor di Dio, non, hai punto da sbigottirti, perchè ne riceverai tosto un’altra migliore assai, la qual ti sta apparecchiata sopra le stelle. Altra vita è quella, che godesi nella patria, altra vita è quella “che menasi sulle strade. Questa è penosa, è povera, è affaticata per i continui disagi. E però non è giusto apprezzarla tanto. Comunque siasi, chi è Pellegrino convien che più d’una volta si metta a rischio di morir sulle strade, per arrivare a menar la vita in patria.

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