La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

MAGGIO

II. GIORNO

Come e quanto debba ciascuno esser sollecito in operar la salute propria.

 

«Cum metu et tremore vestram salutem operamini: Deus est enim, qui operatur in vobis et velle, et perficere pro bona voluntate. — Con timore e tremore operate la vostra salute: poichè è Dio, che opera iu voi e il volere, e il fare secondo la buona volontà » (Lettera ai Filippesi 2, 12, 13).

 

I.

Considera, che la tua salute è opera di fatica perseverante. Però, se vuoi guadagnartela, non bisogna darsi al sonno, darsi agli spassi: bisogna travagliare costantemente sino alla morte. Che però l’Apostolo dice in prima « operamini — operate », nè sol « pro vestra salute —per la vostra salute », ma « vestram salutem — la vostra salute » perchè la salute tua non è un’opera, parte di cui tocchi a te, parte tocchi a Dio: ma tocca insieme tutta a Dio, tutta a te: e così conviene, che tu l’operi tutta, cioè a dire, incessantemente: « Qui perseveraverit usque in finem, hic sulvus erit. — Chi persevererà sino alla fine, questi sarà salvo » (Vangelo di Matteo 24, 13).

II.

Considera, che non solo devi operare la tua salute sino alla fine, ma che te la devi ancora operare con un’alta sollecitudine: perchè siccome sino alla fine sei incerto, se l’otterrai, così sino alla fine devi anche star palpitante, ch’è quanto dire, con timore, e tremore: Timens, et tremens (Vangelo di Marco 5, 33). Però l’Apostolo aggiunge: « cum metu et tremore — con timore, e tremore ». Il timore ha da nascere dalla gravità del pericolo, e il tremore dalla facilità. Rimira in prima la gravità del pericolo. Oh di che alto punto si tratta! Se tu non l’accerti, è finita per tutti i Secoli: non v’è rimedio, non v’è riparo : eternamente hai da fremere nell’Inferno. « Oculi impiorum deficient. — Gli occhi degli empii mancheranno », in guardar d’ogn’intorno, se mai scorgessero alcuna apertura, alcun adito a porsi in fuga da un baratro sì penoso: ma è già perduto ogni scampo; « Oculi impiorum deficient, et effugium peribit ab eis. — Gli occhi degli empii mancheranno, ed essi non troveran più scampo » (Giobbe 11, 20). Dipoi, dato un guardo alla gravità del pericolo, la quale con ragione farà che temi, dà l’altro guardo alla somma facilità; perocchè questa non solo ti farà temere, ma ancor tremare, e tremar di modo, che il terrore ti penetri infimo all’ossa: « Pavor tenuit me, et tremor, et omnia ossa mea perterrita sunt. — Fui preso da timore, e da tremore, e tutte le mie ossa furono commosse » (Giobbe 4, 14). Sotto di te rimiri l’Inferno aperto, che a schiere a schiere spinge di là neri spiriti ad assaltarti. Intorno a te vedi il Mondo ingannevole, ch’è tutto pieno di lacci ancora nascosti, con cui t’insidia. Sopra di te scorgi il Cielo, che giustamente adirato può lasciar d’intercedere a favor tuo. S’entri dentro a te stesso, ritrovi subito i tuoi tumultuanti appetiti, che congiurano anch’essi contro il tuo spirito, perchè ceda in tanta battaglia. E posto ciò, chi non colmisi di spavento? Conviene avere perduta affatto la fede, se « in his omnibus insensatum est cor — in tutte queste cose il cuore è insensibile » (Ecclesiastico o Siracide 16, 20).

III.

Considera in che cosa questo spavento avrà da consistere, mentre tu per altro ti eserciti in far del bene, come vien qui presupposto, dove si parla con coloro, che operano. Ha da consistere in tenerti tutto afflitto? ha da consistere in tenerti tutto accorato? No, perchè l’angoscia tocca a coloro che non operano, o se pur operano, non operano se non male: « Angustia in omnem animam hominis operantis malum. — L’angustia sarà per l’anima di qualunque uomo, che opera male » (Lettera ai Romani 2, 9). Ha da consistere in tenerti tutto umile. E per qual cagione? Perchè, per quanto tu operi, sempre hai bisogno, che Dio ti faccia operare. E però segue l’Apostolo: « Deus est enim, qui operatur in vobis, et velle, et perficere pro bona voluntate. — Poichè Dio è che opera in voi, e il volere, e il fare secondo la buona volontà ». Tanto tu operi, quanto Dio ti dà di grazia sua ad operare. Da te solo tu non puoi niente, e però vedi se daddovero tu devi temere, e tremare al suo gran cospetto, riconoscendo, che quanto bene tu operi, vien da lui! « Si continuerit aquas, omnia siccabuntur. — Se tratterrà le acque, tutto s’inaridirà » (Giobbe 12, 15). Aggiungi, che questa grazia, ch’egli ti dà, non te la dà per alcuna sorta di obbligo, che lo stringa, ma per sua carità, per sua cortesia, pro bona voluntate: altrimenti non saria grazia; e però può lasciare ancora di pioverla nel tuo seno, quando egli vuole: « Transtulit Austrum de Coelo, et induxit in virtute sua Africum. — Rimosse dal Cielo l’Austro, e vi menò nella sua forza l’Affrico » (Salmo 77, 26).

IV.

Considera, che quantunque il Signore possa, quando vuole, lasciare senza dubbio di darti questa sua grazia, la quale fa, che tu operi, cioè la grazia efficace; contuttociò non lascierà mai di dartela, quando tu dalla tua parte lo serva con fedeltà: perchè è vero, che te la dà « pro voluntate — secondo la volontà », ma pro voluntate anche bona, che è quanto dir non malevola, non maligna, non permalosa, ma sommamente inclinata a beneficarti. « Expectat Dominus, ut misereatur vestri. — Il Signore aspetta a fine d’usarvi misericordia » (Isaia 30, 18). Basta però, che tu non manchi a te stesso, che ti adoperi, che ti aiuti, e che singolarmente a lui sempre ti raccomandi. Perchè questo alfine è ciò, che sopra tutto egli vuol cavare dal tuo timore, e dal tuo tremore, che tu gli stia sempre intorno. E così, se tu ben avverti, questo timore, e questo tremore è richiesto in te per tua maggior sicurezza: perchè di ragione questo ti dee far ricorrere tosto a Dio: « Josaphat timore perterritus totum se contulit ad rogandum Dominum. — Giosafatte pieno di spavento tutto si rivolse a pregare il Signore » (Secondo libro delle Cronache 20, 3). Questo ha da far, che l’invochi, questo ha da far, che lo svegli, questo ha da fare, che lo supplichi, e così questo ha da fare alfin, che ti salvi tra le tempeste. Qualunque volta tu lasci di ritornare a raccomandarti, tu sei perduto. La prima grazia si dà ancora a chi non la chiede: ma dopo la prima grazia, se credi a S. Agostino, non se ne dà più altre, se non a chi l’addimanda: « Petite, et dabitur vobis. — Chiedete, e vi sarà dato » (Vangelo di Matteo 7, 7). Ond’ è, che il Signore promise, che in egual forma avrebbe diffuso sulla Chiesa lo spirito della grazia, e Io spirito dell’Orazione: « Effundam super habitatores Jerusalem spiritum gratiae, et precum. — Io verserò sopra gli abitanti di Gerusalemme lo spirito di grazia, e di Orazione » : perchè senza lo spirito della grazia nemmeno vi sarebbe lo spirito dell’Orazione: spiritus precum: e senza lo spirito dell’Orazione nemmeno vi sarebbe lo spirito della grazia: spiritus gratiae. Che cosa pertanto è quella, la quale fa che ti salvi? Questo timore, e questo tremore; perchè questo fa, che tu ori, scorgendo ad ogni momento il sommo pericolo, in cui stai di naufragare. E però se temi, e se tremi, buona nuova, mentre lo Spirito Santo è quegli che dice: « Beatus homo, qui semper est pavidus. — Beato l’uomo, che sempre teme » (Proverbio 28, 14).

V.

Considera, che questa necessità di orare cresce in immenso, mentre Dio è quegli, che ugualmente « operatur in nobis vette, et perficere — opera in noi il volere, e il fare »: « operatur velle — opera il volere » colla grazia preveniente; « operatur perficere — opera il fare » colla grazia concomitante. La grazia preveniente è quella, colla quale egli il primo ti eccita al bene. E come ti eccita? In due maniere. Con illuminarti l’intelletto, e con infiammarti la volontà. T’illumina l’intelletto con farti apprendere al vivo la necessità, che tu hai di bene operare, le congruenze, i vantaggi, le utilità; e t’infiamma la volontà con infonderti in cuore quei movimenti, che ti fanno invaghire efficacemente di ciò che apprendi. E questo è il modo, col quale in te il Signore « operatur velle — opera il volere », forzandoti al bene, è vero, ma con una forza, la quale sia degna di te, con forza di amore. La grazia concomitante è quella, la quale poi ti accompagna di mano in mano alla perfezione dell’opera. E però in sostanza è un mantenimento di quelle illustrazioni, e di quegl’impulsi, che da principio il Signore ti diede a operare, se non anche un accrescimento; mentre con affetto mirabile egli ti sta sempre intorno con detta grazia, ti governa, ti guarda, sicchè fra tante tempeste, che sotto e sopra si svegliano al legno instabile del tuo libero arbitrio, non si smorzino quelle illustrazioni, e non s’indeboliscano quegl’impulsi, che lo sostengono. E in questo modo « operator — opera » in te non solo il « velle — il volere », ma parimente il « perficere — il fare », e così opera tutto il tuo stesso operare: « Omnia opera nostra operatus es nobis, Domine Deus noster. — Tutte le nostre opere tu hai fatte per noi, o Signore Dio nostro » (Isaia 26, 12). Ma s’è così, non pare a te, che davvero tu viva in una continua necessità di raccomandarti? O ti prevenga colla sua grazia, o ti segua, ti fa sempre ciò, che non è tenuto di fare, mentre ti fa sempre ugualmente misericordia; « Misericordia tua praeveniet me. — La tua misericordia mi preverrà » (Salmo 58, 11). « Misericordia tua subsequetur me. — La tua misericordia mi seguirà » (Salmo 22, 6).

VI.

Considera, che questo luogo, il qual mediti dell’Apostolo, benchè egli consti di così poche parole, è stato a guisa di una faretra ricchissima, d’onde si sono cavati continui dardi a sconfiggere i mostri di tanti errori, che sono nati nel Popolo Cristiano, e tutt’ora nascono. Dicono alcuni, che le opere non sono necessarie di salvarsi, ma che basta solo la fede. Ma come ciò, se l’Apostolo con termini così espressi richiede l’opere? « Vestram salutem operamini. —Operate la vostra salute ». Dicono altri, che ciascun deve tener per cosa ferma di stare in grazia dinanzi a Dio, di essergli gradito, di esser giustificato, d’essere eletto infallibilmente alla gloria. Ma come ciò, se l’Apostolo a quegli stessi, che attendono ad operare la loro salute, impone non solo timore, ma ancor tremore? « Cum metu et tremore vestram salutem operamini. — Con timore e tremore operate la vostra salute ». Dicono altri, che senza aiuto Divino l’uomo può salvarsi in virtù solo del suo libero arbitrio. Ma come ciò, se l’Apostolo dice, che « Deus est, qui operator in nobis. — Dio è che opera in noi »? Dicono altri, che per contrario l’uomo non ha libero arbitrio, ma ch’è forzato dalle stelle, dalla fortuna, dal fato, o dalla necessità della Provvidenza. Ma come ciò, se l’Apostolo dice, che « Deus operatur in nobis —Dio opera in noi », non « extra nos —fuori di noi »? Dicono altri, che il proseguimento delle buone opere vien da Dio, ma che da noi soli procede il cominciàmento. Ma come ciò, se l’Apostolo dice, che « Deus operatur — Dio opera », non solamente il « perficere — il fare », ma anche il « velle — il volere »? Dicono altri, che per contrario il cominciamento dell’opera vien da Dio, ma che a noi poi si deve il proseguimento. Ma come ciò, se l’Apostolo dice, che « Deus operatur — Dio opera » non solo il « velle — il volere », ma parimente il « perficere — il fare »? Dicono altri alla fine, che Dio veramente opera in noi tutto il bene, ma per i meriti nostri. Ma come ciò, se l’Apostolo ancora afferma, che « operatur pro borsa voluntate — opera secondo la buona volontà »? Non si può in noi presupporre merito alcuno antecedente alla Grazia, mentre dalla Grazia dipende ogni nostro merito. E però vedi, che quante son le parole, tante sono ancor le saette, apprestate qui dall’Apostolo contro i mostri, che col suo spirito prevedea già nascenti. Tu accogli questo detto, apprezzalo, adoralo, e tienlo pur riposto nell’intimo della mente, affin di operare con tanto maggior studio ciò, che solo importa operare, ch’è la salute. Che se ancora operandola, hai da temere, hai da tremare, hai da star così palpitante, che saria, misero te! se non la operassi? « Si justus vix salvabitur, impius et peccator ubi parebunt? — Se il giusto appena si salverà, che fia dell’empio e del peccatore? » (Prima lettera di Pietro 4, 18).

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