APRILE
II. GIORNO
Vantaggi della Meditazione sopra i Novissimi.
«In omnibus operibus tuis memorare novissima tua, et in aeternum non peccabis. — In tutte le opere tue ricordati de’ tuoi novissimi, e non peccherai in eterno » (Ecclesiastico o Siracide 7, 36).
I.
Considera quanto su questa misera terra sia da stimarsi il non peccar mai mortalmente. Questo è quel dono per ottenere il quale hanno i Santi affaticato il Cielo con tante suppliche. E pur è di fede, che se tu vuoi questo dono medesimo, sta in tua mano. Basta, che tu risolva, non dico a fare del tuo corpo un macello, ma a praticar questo agevole documento, che ti dà il Savio, ch’è ricordarti in tutte le opere tue de’ Novissimi, a te sì noti: In omnibus operibus tuis memorare novissima tua. E se ciò farai, guarda che ti promette: In aeternum non peccabis. Se campassi un’eternità, un’eternità ti preserveresti anche libero da peccato. Che sciocchezza dunque è la tua, se te ne dimentichi ! Ti ricerca egli forse, che tu stii sempre immerso in considerarli? meditare: nemmeno ciò, perchè sa, che non ti sarebbe sì facile in tutte le opere, in omnibus operibus. Quello che ti ricerca si è, che almeno te ne rammemori: memorare, presupponendo che gli abbi già meditati di tempo in tempo, com’è dovere.
II.
Considera, che la morte è il primo Novissimo. Ma tanto è lungi, che il pensiero di essa abbia servito di freno a ritenere alcune anime dalla colpa, che anzi ha servito di stimolo ad incitarvele : « Transibit vita nostra tamquam vestigium nubis, et sicut nebula dissolvetur. — Passerà la nostra vita come traccia di nuvola, e si scioglierà come nebbia» (Sapienza 2, 3), disser quegli empi già ricordandosi della morte a loro imminente. Eppure, che conseguenza al fin ne cavarono? Non altra che di sollecitare a darsi bel tempo: «Venite ergo, et fruamur bonis, quae sunt, et utamur creatura tamquam in juventute celeriter. — Su via dunque godiam de’ beni presenti, e, come fossimo giovani, delle creature facciamo uso frettolosamente » (ivi) mercecchè questi credevano follemente, che colla morte finisse il tutto: «Cinis erit corpus nostrum, et spiritus diffundetur tamquam mollis aer. — Il corpo nostro sarà cenere, e lo spirito si dissiperà come un aere leggero » (ivi). Ecco però la ragione, per cui non ti dice il Savio, « memorare novissimum tuum, — ricordati del tuo novissimo », ma « novissima tua — de’ tuoi novissimi », perchè a volere, che il pensiero della morte riescati profittevole, bisogna che ti rammemori, come alla morte succederà un duro Giudizio: « Statutum est hominibus semel mori, et post hoc judicium. — E’ stabilito che gli uomini muoiano una sol volta, e dopo di ciò il Giudizio » (Lettera agli Ebrei 9, 27); nè questo solo, ma che al giudizio andrà connessa una sentenza sì orribile, qual è quella o di eterna pena, o di eterno premio: «Et ibunt hi in supplicium veternum, justi autem in vitam aeternam. — E anderanno questi all’eterna pena: i giusti poi all’eterno premio » (Vangelo di Matteo 25, 46). Qui sta l’efficacia di tanto preservativo. Non può negarsi, che tutti e quattro i suoi ingredienti non sieno vigorosissimi. Contuttociò non hanno mai somma forza, se non uniti: « Memorare novissima tua. — Ricordati de’ tuoi novissimi ».
III.
Considera d’onde nasca così gran forza: ed è perchè fin a tanto, che in te prevalgano quelle quattro virtù, che si chiamano principali, Prudenza, Giustizia, Temperanza, Fortezza, non vi sarà mai pericolo, che tu pecchi, essendo queste quelle virtù, le quali ordinano tutto l’uomo. La Prudenza gli ordina la ragione, sicché nelle sue consultazioni sia saggio. La Giustizia gli ordina la volontà, sicché nelle sue esecuzioni sia retto. La Temperanza gli ordina il concupiscibile, sicché sprezzi tuttociò, che lo alletta al dolce del vizio. La Fortezza gli ordina l’irascibile, sicché superi tuttociò, che lo spaventa dall’arduo della virtù. Ora se veruna cosa può fare, che in te prevalgano queste quattro sì nobili perfezioni, è la memoria de’ tuoi quattro Novissimi dianzi detti. Perchè la memoria della morte ti toglie di testa i fumi dell’ambizione, e dell’alterigia, che sono quei, che più offuscano l’intelletto, e così ti dà la Prudenza. La memoria del Giudizio ti pone innanzi agli occhi quel Giudice rigoroso, il quale ha da rivedere tutti i tuoi conti, e così ti dà la Giustizia. La memoria dell’Inferno reprime in te l’appetito di quei diletti, i quali si hanno a cambiare in sì gravi pene, e così ti avvalora la Temperanza. La memoria del Paradiso diminuisce presso te l’apprensione di quei patimenti, i quali si hanno a cambiare in sì gran diletti, e così ti aggiunge la Fortezza. E se è così, come dunque è possibile, che tu pecchi in un tale stato? « Memorare novissima tua, et in aeternum non peccabis. — Ricordati de’ tuoi novissimi, ecc. ».
IV.
Considera, che non ostante quanto si è detto, pare che questa promessa dell’Ecclesiastico sia fallace: perchè quanti ci sono, che pensano ai Novissimi ancora spesso, ora discorrendone nelle Chiese, ora disputandone dalle Cattedre, ed ora ancor figurandoli con grand’arte o su delicate membrane, o su duri marmi, e pur non tutti già menano vita santa? Contuttociò, se sottilmente tu ponderi, vedrai presto, che questi trattano tali materie in astratto. Però non ti dice « memorare novissima — ricordati de’ novissimi » solamente, ma « novissima tua — de’ tuoi novissimi ». Bisogna a non peccare, che sempre ti rimembri, che tu sei quegli, che ti hai da ridurre dentro brevissimo tempo a quel capezzale, a quel cataletto, a quella fossa, ricetto di sozzi vermi: che quel Giudizio tremendo appartiene a te: che per te sono quelle pene, se cedi alla tentazione: che per te sono quei premii se le resisti. Diversa forza hanno queste cose medesime considerate negli altri, e applicate a sè. Dipoi chi non vede, che non vuol essere questa una rimembranza speculativa, vuol essere pratica? Però si dice « in operibus — nelle opere ». Che vale, che tu abbia belle immagini de’ Novissimi sulle mura delle tue camere, ne’ tuoi scritti, nè tuoi sermoni? queste sono immagini morte. Convienti averle vive nell’atto del tuo operare, in operibus tuis.
V.
Considera donde avvenga, ch’essendo questo preservativo del Savio sì facile a praticarsi, tuttavia non sia praticato se non da pochi. La ragion è, perchè sembra un rimedio acerbo. Ma non è tale, anzi in progresso di tempo egli è soavissimo. Perchè è vero, che i pensieri dell’altra vita sembrano molesti, sembrano malinconici, ma non sono. Questi, come hai sentito, son quei pensieri, che conferiscono più d’ogn’altro a tener la coscienza netta: « Memorare novissima tua, et in aeternum non peccabis. — Ricordati de’ tuoi novissimi, e non peccherai in eterno »: e così questi portano ancor seco quell’alto gaudio, che non è d’occhi, o di orecchi, o di altro senso più ignobile, ma di cuore, e conseguentemente è il maggior di tutti: «Non est oblectamentum super cordis gaudium. — Non è maggior piacere che il gaudio di cuore » (Ecclesiastico o Siracide 30, 16). Però l’istesso Ecclesiastico, quando disse: «Ne dederis in tristitia cor tuum, sed repelle eam a te. — Non dare in preda il tuo cuore alla tristezza, ma cacciala da te» (Ecclesiastico o Siracide 38, 21); soggiunse subito, « et memento novissimorum — e ricordati de’ novissimi », quasi che il pensare ai Novissimi fosse il mezzo più certo a tener lungi dal cuore umano quei nuvoli, che più d’ogni altro ingombrano il suo sereno, cioè le colpe.