La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

AGOSTO

 

II. GIORNO

La parola del Signore dicesi vero cibo di vita.

 

« Amen, amen dico vobis: Si quis sermonem meum servaverit, mortem non videbit in aeternum. — In verità, in verità vi dico : se taluno serberà i miei detti, non vedrà morte in eterno » (Vangelo di Giovanni 8, 51).

 

I.

Considera la gran differenza, che corre tra un pastorello inerudito, e inesperto, il qual non ha mai conosciuta ai suoi dì la virtù dell’erbe, e un semplicista bravissimo, il qual sa tutte distinguerle ad una ad una. Passano ambi di state su per un monte fiorito di erbe elettissime, e il pastorello non degnale di un suo sguardo, ma camminando su per esse, con pari facilità le calpesta tutte : laddove il semplicista, fermatosi ad ammirare la lor bellezza, le cerca, le coglie, le lega in un caro fascio, e tornato a casa, le serba con sommo studio, per valersene ad usi di suo gran pro. Ora così appunto figurati, che succeda intorno ai dettami di Cristo. Vi sono alcuni, che non conoscono punto la loro virtù; e però non ne fanno niente più di caso, di quel che facciano d’altri detti ordinarli : « Praeterierunt sermones meos pessime. — Hanno violati pessimamente i miei comandi » (Geremia 6, 28). Altri molto ben la conoscono; e però oh come gli serbano attentamente! E questo è quello a che vuol Cristo incitarti quando egli dice : « Amen, amen dico vobis: Si quis sermonem meum servaverit, mortem non videbit in aeternum — In verità, in verità vi dico : se taluno serberà i miei detti, non vedrà morte in eterno ». Di’; se vi fosse un’erba, che avesse forza di tenere la morte da te lontana per dieci secoli, non daresti a lei nei tuoi scrigni il luogo più nobile, cavandone fuor per essa ancor i diamanti, non che perle, o piropi? Con quanto maggiore studio hai dunque tu da serbare i detti di Cristo, mentre posseggono una virtù sì maggiore? La virtù loro ti farà sì, che tu non muoia in eterno.

II.

Considera come sia vero, che i detti del Signore posseggano tal virtù. La morte è doppia. Una è del corpo, l’altra è dell’anima. Quanto alla morte del corpo, dice il Signore,. che chi serberà i suoi detti, « mortem non videbit in aeternum — non vedrà morte in eterno », non perchè ei non abbia a morire (mentre ciò fu comune a Cristo medesimo), ma perchè morto, tornerà a vivere un dì più bello che mai, più perfezionato, più prospero, qual frumento marcito alcun breve tempo sotto la Terra per rifiorire; e così se « videbit mortem — vedrà la morte », la vedrà sì, ma non la vedrà eternamente, non videbit in a’ternum, come pur troppo la vedranno i dannati che sempre l’avran su gli occhi, e se pur vivranno, sarà sol quanto basti a far sì che gl’infelici provino ognor quella pena, che dà il morire. Quanto poi alla morte dell’Anima, ch’è la colpa, dice il Signore, che chi serberà i detti suoi, « mortem non videbit in aeternum — non vedrà morte in eterno », perchè mai non peccherà mortalmente. E in che consiste una morte sì luttuosa, se non in questo, in non serbare i suoi detti? Chi vive secondo ciò, che il Signore insegna, è certo di non perdere mai la grazia; e così nè anche la vita di cui parliamo : « Fili, serva mandata mea, et vives. — Figlio, serba i miei comandamenti, ed avrai vita » (Proverbio 7, 2). Di più, come la morte del corpo può avvenire da tre cagioni, da infermità naturale, da accidenti fortuiti (quali sono quei di caduta, d’inondazione, d’incendio, e d’altri sì fatti), e da assalti violenti; così da tre cagioni può facilmente avvenir la morte dell’anima. Può avvenire da infermità naturale, voglio dire, da interna indisposizione, commossa in noi dal disordinamento delle passioni; e i detti del Signore riducono queste a segno, e così non permettono, che dian morte. Può avvenire da accidenti fortuiti, quali sono i pericoli, che s’incontrano, non volendo, tra le occasioni cattive; e i detti del Signore preservano, sicchè in essi non venga l’uomo a perire. Può avvenire da assalti violenti, quali sono le tentazioni diaboliche; e i detti del Signore han possanza di rigettarli, sicchè tutti vadano a vuoto. Mira però quanta stima abbiasi veramente a far di quei detti, che tanto vagliono! « Fili mi, ad eloquia mea inclina aurem tuam; vita enim sunt invenientibus ea. — Figliuol mio, porgi le orecchie ai miei parlari; perciocchè son vita per quelli, che li serbano » (Proverbio 4, 20).

III.

Considera in qual modo abbi tu a serbar questi detti del tuo Signore, per trarne utilità di così gran peso. Hai da serbarli in tre modi: « corde, ore, et opere — nel cuore, nella lingua, e nelle mani ». Quanto al cuore, corde, gli hai da serbare nell’intelletto, con meditarli ai debiti tempi, qual è spezialmente quello della mattina, in cui l’intelletto è più limpido: nella volontà, con amarli continuamente: e nella memoria, con rammemorartene spesso, ma soprattutto nei rischi, che ti succedono di peccare: « In corde meo abscondi eloquia tua, ut non peccem tibi. — Nel mio cuore io riposi le tue parole, per non peccare contro di te » (Salmo 118, 11). Quanto alla lingua, ore, gli hai da serbare non solo con discorrerne volentieri, ma con dimostrare, che gli apprezzi; nè sii di quei, che si recano tra le conversazioni a vergogna di professarli: « In labiis meis pronunciavi omnia judicia oris lui. —Colle mie labbra ho annunziati tutti i giudizi di tua bocca » (Salmo 118, 13). Quanto alle mani, opere, gli hai da serbare, con porli fedelmente in esecuzione: « Levavi manus meas ad mandata tua, quae dilexi. — Stesi le mie mani a tuoi comandamenti da me amati » (Salmo 118, 48); cioè « ad exequenda mandata tua — per eseguire i tuoi comandamenti ». Esamina ora diligentemente te stesso, e rimira un poco, come in tutti e tre questi modi sei diligente in serbare i detti divini. Forse par a te, che ciò sia di qualche fatica? Ma se pure è di fatica, è assai più di frutto. Ricordati, che son detti di vita eterna : Verba vitae. Che sia però di te, se tu gli trascuri? Come serbandoli hai vita, così non gli serbando, che può restarti? un’eterna morte.

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