DICEMBRE
XIX. GIORNO
Vantaggi di chi procura ridur alla via buona il suo prossimo.
«Qui converti fecerit peccatorem ab errore viae suae, salvabit animam ejus a morte, et operiet multitudinem peccatorum. — Colui, che avrà fatto convertire un peccatore dal suo traviamento, salverà l’anima di lui dalla morte, e coprirà la moltitudine de’ peccati » (Lettera di Giacomo 5, 20).
I.
Considera, quanto orrendo male è il peccato ! Est error viae. E’ un uscir di via. Ma da qual via? Da quella che mena al Cielo. E quivi sta il male orrenda. Perchè se tu esci da quella via, che ti conduce alla tua patria terrena, puoi tuttavia capitare in altra città cortese, amica, amorevole, che ti accolga, benchè straniero. Ma se tu esci da quella via, che ti conduce alla tua patria celeste, tu sei perduto : altro non v’è dove giugnere, che l’Inferno. Oh che terra barbara! « Vir qui erraverit a via doctrinae, in caetu gigantum commorabitur. — L’uomo che va lungi dalla via della dottrina, anderà a stare co’ giganti » (Proverbio 21, 16). Il capitare in un paese di uomini giganteschi, atterrì tanto gli esploratori mandati in giro dal popolo d’ Israele, che ritornarono tutti atterriti dicendo: « Ibi vidimus monstra quaedam filiorum Enac, de genere giganteo, quibus comparati, quasi locustae videbamur. — Vedemmo ivi certi mostri figli di Enac, di stirpe gigantesca, paragonati ai quali noi sembravamo locuste » (Numeri 13, 34). Or che sarà capitare giù nell’Inferno a star co’ diavoli, giganti per la mostruosità, per la. furia, per la ferocia, per l’arroganza rimasta in loro, da che gli audaci non dubitaron di muovere guerra a Dio? E pur là dovrà capitare ogni traviato, cioè chiunque erraverit a via doctrinie, ossia nella credenza, ossia nel costume. Che dici a questo? Ti trovi tu per disgrazia si fuor di via? Se ti ci trovi, fermati dunque, e pensa, com’è giusto, a salvare l’anima tua, prima che l’altrui. Non passar oltre nella sentenza proposta qui da San Giacomo a meditare, perchè ella non fa per te. Vuoi dunque tu confortar altri a ridursi sulla via buona, mentre infin tu medesimo vai fuor d’essa? « Qui alium doces, teipsum non doces? — Tu che insegni agli altri, non insegni a te stesso? » (Lettera ai Romani 2, 21). Pensa prima tu a ritornarvi, desistendo almeno da qualsisia mal esempio finora dato; poi di’ agli altri, che vi ritornino : « Qui audit, dicat: Veni. — Chi ascolta, dica : Vieni » (Apocalisse di Giovanni 22, 17).
II.
Considera, che siccome andando tu per la via cattiva, non puoi sperare di ritrarvene gli altri, così puoi sperarlo, andando per la via buona, e conseguentemente hai da procurarlo. E allora chi può spiegar quanto ben farai? Salverai dalla morte l’anima del tuo prossimo : Salvabis animam ejus a morte. Ed oh da qual morte ! Da morte doppia, qual è quella, che toglie all’anima doppia la vita, la vita di grazia, e la vita di gloria. Nè guardare, che il male di una tal morte agli occhi della tua immaginazione non apparisca. Basta ch’ella apparisca a quei della fede : « Quae, in deliciis est, vivens mortua est. — Quella che sta in delizie, vivendo è morta » (Prima lettera a Timoteo 5, 6). Vuoi tu capire ciò che sia l’anima senza la sua vita, ch’è Dio? Rimira un poco ciò che sia il corpo senza anima. Perduta l’anima, il corpo non ha più moto in alcuna parte, non colore, non venustà, non vigore, non sussistenza, e a poco a poco s’infradicia di maniera, che appesta l’aria, e fa fuggire da sè tutti i suoi più cari. Così, anzi peggio assai sopra d’ogni credere, avviene all’anima, perduto ch’ella ha il suo Dio. Se non che il corpo, perduta l’anima, non conosce i suoi mali. L’ anima per contrario, perduto Dio, se non li conosce sì tosto, li conoscerà quando la misera si desterà, per dir così, da quel sonno, il quale or la opprime. E allor vedrà, che vorrà dire esser morta, quanto alla perdita da lei fatta di Dio; ed esser immortale sol quanto basti a sentire i danni, l’afflizione, la rabbia, l’ambascia, la disperazion generata da sì gran perdita. E tu non intendi quanto sia salvar l’anima del tuo prossimo da tal morte? Salvabis animam ejus a morte. E’ altro ciò che un essere Salvatore, qual fu un Ottoniello, o un Giosuè, o un Gedeone, o altri tali, che già con l’armi mantennero in vita i corpi de’ loro popoli. Questo è un essere Salvator similissimo a Gesù Cristo, il quale con la parola die’ vita all’anime: « Ascendent Salvatores in montem Sion. — Saliranno al monte di Sion i Salvatori » (Abdia 1, 21). Gli altri Salvatori stettero per così dire alle falde del monte Sion, per custodirlo a Gesù, il qual doveva venirvi ad alzare il suo nobil trono, cioè dire, il pergamo : « Ego autem constitutus sum Rex ab eo super Sion montem sanctum ejus, praedicans praeceptum ejus. — Ma io da lui sono stato costituito Re sopra Sionne, (sopra) il monte santo di lui, affine di annunziare i suoi precetti » (Salmo 3, 6). Questi vi sono ascesi a predicare in compagnia di Gesù: « Dei enim sumus adjutores. — Iinperocchè noi siamo cooperatori di Dio » (Prima lettera ai Corinzi 3, 9).
III.
Considera, che quantunque la semplice carità dovrebbe già stimolarti bastantemente a sovvenire i traviati, ed a richiamarli da quella via, che li mena a sì orrenda morte, qual è la loro, contuttociò ha voluto Dio, che la tua carità non sia senza premio. E però ti fa noto, che « qui converti fecerit peccatorein ab errore viae suae — colui che avrà fatto convertire un peccatore dal suo traviamento » non solo salverà l’anima del suo prossimo dalla morte, salvabit animam ejus a morte; ma di più coprirà la moltitudine de’ peccati da sè commessi, operiet multitudinem peccatorum. Dissi, da sè commessi, perchè quantunque la lezion nostra dica sol « peccatorum — de’ peccati », e non vi aggiunga « suorum suoi », contuttociò ve l’ha sottinteso la esposizione comune de’ sacri interpreti; e più Pontefici ancora ve l’hanno espresso, quando si sono nell’ epistole loro valuti di tal sentenza per chiamare altri in aiuto a salvar dell’anime. Ma non è ciò un premio sommo? Ecco adempito quello che disse Giobbe « Benedíclio perituri super me veniebat — La benedizione di chi era per perire venivasopra di me » (Giobbe 29, 13), perchè quel bene, che tu fai al prossimo sì vicino a perire, ritorna a te. Vero è, che di più peccati può parlarsi, quando si dice « operiet multitudinem peccatorum suorum — coprirà la moltitudine de’ suoi peccati ». Si può parlar de’ passati, e si può parlar de’ presenti. I passati « operiuntur — si cuoprono » quanto alla pena, che tuttavia rimarrebbe a scontar per essi nel Purgatorio. E i presenti « operiuntur — si cuoprono » ancora quanto alla colpa. Perché se sono mortali, Iddio vuol muoversi, per quell’atto di carità, a dar grazia di detestarli, di ravvedersene, e così di ottenerne la remissione per via diretta. E se sono veniali, Iddio per quell’atto si muove ancora a rimetterli immantinente: « Ante omnia autem, mutuam in vobismetipsis charitatem continuam habentes: quia charitas operit multitudinem peccatorum. — Sopra tutto poi abbiate perseverante tra voi stessi la mutua carità; perchè la carità copre la moltitudine dei peccati » (Prima lettera di Pietro 4, 8). Almeno tu puoi sperare, che Dio per essi non ti punisca con quelle pene spirituali, che sono sì formidabili. E non sai tu che per i peccati veniali, ove sieno molti, Iddio se non rivolta da te la faccia con ira piena, ti priva almeno di mille cortesie, che per altro egli ti farebbe, o nel darti aiuti più efficaci ad amarlo, o nel preservarti dalle tentazioni, o nel proteggerti fra i travagli, o nel visitarti al tempo dell’Orazione? Ora per quell’atto di carità che tu fai, soccorrendo il prossimo, par che Dio quasi non vegga que’ peccati veniali, che in te pur sono, e ti tratta da più senza paragone, di quel che per altro tu ti meriteresti. E ciò principalmente sembra che dir voglia l’Apostolo quando dice: « Qui converti fecerit peccatorum ab errore vile suze, salvabit animam ejus a morte, et operiet multitudinem peccatorum — Colui che avrà fatto convertire un peccatore dal suo traviamento, salverà l’anima di lui dalla morte, e coprirà la moltitudine dei peccati ». Benchè può dirsi parimente che il giusto (del qual è proprio impiegarsi in salvare altrui) « operiet multitudinem peccatorum suorum — coprirà la moltitudine de’ suoi peccati », perchè se n’emenderà, scemando almeno il lor numero, multitudinem, mercè la grazia, che riporterà da Dio copiosissima a farsi santo: tanto che se anch’egli ha de’ peccati leggieri, non ne abbia molti. E questo è ‘l vero ricoprir de’ peccati: quello che si ottiene da Dio in virtù della grazia santificante: « Operuisti omnia peccata eorum. — Hai ricoperti tutti i loro peccati » (Salmo 85, 3). Perciocchè diversamente noi copriamo i nostri peccati con gli atti di carità: diversamente gli copre Dio con la grazia, che ci santifica. Noi gli copriamo con gli atti di carità verso il prossimo, quasi con un panno di cocco, il qual asconde bensì le piaghe di modo, che non muovano a orrore, ma ve le lascia. Iddio con la grazia santificante gli cuopre, quasi con un impiastro vivifico, il quale asconde le piaghe al tempo medesimo, e, le risana : « Beati, quorum remissae sunt iniquitates, et quorum tecla sunt peccata. — Beati coloro ai quali sono state rimesse le iniquità, e i peccati dei quali sono stati ricoperti » (Salmo 32, 1). E questo ancor otterrai se di professione procurerai di ritrarre, o i pericolanti, o i perduti, dai loro errori.
IV.
Considera, che la forma prossima, e per così dire, immediata, di ritrarre altri da’ loro errori, si è quella senza dubbio del predicare, del correggere, del consigliare, dell’avvisare, e molto più del porgere buon esempio. Ve n’è nondimeno un’altra, ch’è la rimota, e per così dire, mediata; ed è quella di pregar per coloro che sono intenti ad esercitare la prossima. Però tu vedi, che non dice solo l’Apostolo : « Qui converterit peccatorem ab errore via suae, salvabit animam ejus a morte, et operiet multitudinem peccatorum — Colui che convertirà un peccatore dal suo traviamento, salverà l’anima di lui dalla morte, e coprirà la moltitudine de’ peccati », ma ancor « Qui converti fecerit — Colui, che avrà fatto convertire » : perchè non tutti possono impiegarsi egualmente in ridurre al ben credere i traviati, o al ben operare; ma tutti possono almeno prestar soccorso a chi gli riduce, come fanno quei che dal lido mirano i marinari intenti a gettar dalla nave or assi, or aste, ora canapi a’ naufraganti, e pregan Dio che feliciti il loro ardore : « De caetero, fratres, orate pro nobis, ut senno Dei currat, et clarificetur, sicut et apud vos. — Del rimanente, fratelli, pregate per noi, affinchè la parola di Dio corra, e sia glorificata, come già tra di voi » (Seconda lettera ai Tessalonicesi 3, 1). Anzi, perchè non puoi tu pregare per quei traviati medesimi, e ottenere da Dio la lor riduzione? Questo è il modo di ridurli più certo, se non è parimente il più meritorio. Perchè chi tratta la conversione co’ peccatori, bene spesso fatica in vano : chi la tratta con Dio, secondo le leggi debite, l’ottiene sempre. Quale scusa hai però tu, se non potendo andare tu ancor per Palpi a richiamare un numero senza fine di traviati, che corrono al precipizio, non preghi Dio, che apra loro gli occhi a conoscerlo innanzi sera, quando spirato il tempo già di potere tornare indietro, non altro più resta al fine che traboccarvi? «Orate pro invicem ut salvemini: multum enim valet deprecatio justi assidua — Pregate l’un per l’altro, per esser salvati : imperocchè molto può l’assidua preghiera del giusto » (Lettera di Giacomo 5, 16).